Sentenza
nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 853,
della  legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2007),  promossi  con  ricorsi  delle  Regioni  Veneto  e  Lombardia,
notificati  il 23 e il 26 febbraio 2007, depositati in cancelleria il
1°  e il 7 marzo 2007 ed iscritti ai nn. 10 e 14 del registro ricorsi
2007.
   Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  12  febbraio  2008  il giudice
relatore Giuseppe Tesauro;
   Uditi  gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione
Veneto,  Beniamino  Caravita  di  Toritto  per la Regione Lombardia e
l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  La  Regione  Veneto,  con ricorso notificato il 23 febbraio
2007,  depositato  in  cancelleria il successivo 1° marzo (r.r. n. 10
del  2007),  ha  promosso questioni di legittimita' costituzionale di
numerose   disposizioni   della   legge   27  dicembre  2006,  n. 296
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato -  legge  finanziaria  2007),  fra le quali anche quella
concernente  l'art.  1, comma 853, in riferimento agli artt. 3, 117 e
118   della   Costituzione   nonche'   al   principio   della   leale
collaborazione  di  cui  agli  artt.  5  e  120, secondo comma, della
Costituzione  e  11  della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
   In  particolare, la ricorrente sostiene che la citata norma, nella
parte   in   cui  prevede  che  gli  interventi  del  «Fondo  per  il
finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli
aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese
in  difficolta»  sono  disposti  sulla  base  di  criteri e modalita'
fissati  dal  CIPE,  con  propria  delibera, su proposta del Ministro
dello  sviluppo  economico,  e che per la loro attuazione il Ministro
dello  sviluppo  economico  puo' avvalersi di Sviluppo Italia S.p.a.:
lederebbe  la competenza regionale residuale in materia di «impresa»;
non  potrebbe,  comunque,  trovare idoneo fondamento nel principio di
sussidiarieta',  non  essendo individuata dalla medesima disposizione
alcuna  esigenza  di  esercizio  unitario della competenza e, in ogni
caso,   non   essendo  la  disciplina  in  essa  contenuta  idonea  e
proporzionata   al   perseguimento   del  fine  che  lo  Stato  abbia
eventualmente  inteso  perseguire  (di soddisfacimento della predetta
esigenza unitaria).
   La  ricorrente  ritiene,  altresi',  che,  ove,  in  subordine, si
riconosca   la   sussistenza   della  necessita'  di  una  disciplina
accentrata nel settore e si ritenga quella posta dal comma 583 idonea
e  proporzionata  a  soddisfare  tale  necessita', sarebbe, comunque,
violato  il  principio di leale collaborazione, poiche' la Regione e'
stata  totalmente  pretermessa dalla programmazione, dalla gestione e
dall'attuazione delle misure ricollegabili al Fondo.
   2.  -  Anche  la  Regione  Lombardia, con ricorso notificato il 26
febbraio  2007, depositato in cancelleria il successivo 7 marzo (r.r.
n. 14    del   2007),   ha   promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale,  fra  l'altro,  dell'art.  1,  comma 853, della legge
n. 296  del  2006,  in  riferimento  agli  artt. 117, 118 e 119 della
Costituzione,  nonche'  ai principi di leale collaborazione (art. 120
Cost.),   buon  andamento  dell'amministrazione  (art.  97  Cost.)  e
ragionevolezza (art. 3 Cost.).
   La  ricorrente  deduce:  che  la  norma  censurata,  disciplinando
finanziamenti  statali  vincolati  nella  destinazione  e  diretti  a
sostenere  attivita'  di  competenza  regionale,  determinerebbe  una
illegittima  violazione  della medesima competenza regionale, essendo
detti  finanziamenti  privi di dimensione macroeconomica e quindi non
riconducibili  alla competenza statale esclusiva in materia di tutela
della  concorrenza;  che,  ove  anche si ritenesse che trovino spazio
ambiti  di  competenza statale legati alla tutela della concorrenza o
si  considerasse  operante la cosiddetta «sussidiarieta' ascendente»,
sarebbe   comunque  violato  il  principio  costituzionale  di  leale
collaborazione, in ragione del mancato coinvolgimento delle Regioni.
   3.  -  In  entrambi  i  giudizi si e' costituito il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo il rigetto dei ricorsi.
   Secondo  la  difesa  erariale  gli  aiuti  alle  imprese sarebbero
riconducibili  alla competenza esclusiva statale, riguardando, per un
verso,  gli  obblighi  internazionali  dello Stato ai sensi dell'art.
117,  secondo  comma,  lettera  a),  della  Costituzione e, per altro
verso,  la  materia  «tutela  della concorrenza» di cui all'art. 117,
secondo   comma,   lettera   e),  della  Costituzione,  afferendo  «a
problematiche di economia nazionale generale».
   4.   -   All'udienza   pubblica   le  parti  hanno  insistito  per
l'accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese scritte.
                       Considerato in diritto
   1.  -  La  Regione Veneto e la Regione Lombardia, con due distinti
ricorsi,  hanno  promosso questioni di legittimita' costituzionale di
numerose norme della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2007).
   1.1.  -  Le  impugnazioni  aventi  ad oggetto l'art. 1, comma 853,
della legge n. 296 del 2006, sono qui trattate separatamente rispetto
alle  altre  questioni  promosse  nei  suddetti  ricorsi e, in quanto
aventi  ad  oggetto  la  stessa  norma  e  formulate in riferimento a
profili  e  con  argomenti  in  parte  coincidenti, vanno riunite per
essere decise con la medesima sentenza.
   2. - La predetta norma e' censurata in riferimento agli artt. 117,
118  e  119  della  Costituzione,  nonche'  al  principio della leale
collaborazione  di  cui  agli  artt.  5  e  120, secondo comma, della
Costituzione  e  11  della  legge costituzionale n. 3 del 2001, ed ai
principi  di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.) e di
ragionevolezza (art. 3 Cost.).
   La Regione Veneto sostiene che la disposizione, stabilendo che gli
interventi   del   «Fondo   per  il  finanziamento  degli  interventi
consentiti  dagli  Orientamenti  UE  sugli  aiuti  di  Stato  per  il
salvataggio  e  la ristrutturazione delle imprese in difficolta» sono
disposti  sulla  base  di  criteri  e modalita' fissati dal CIPE, con
propria  delibera, su proposta del Ministro dello sviluppo economico,
e  che  per  la  loro attuazione il Ministro dello sviluppo economico
puo'  avvalersi  di Sviluppo Italia S.p.a., invaderebbe la competenza
regionale  residuale in materia di «impresa», in violazione dell'art.
117  della  Costituzione. Secondo la ricorrente, un simile intervento
del  legislatore  statale  non  potrebbe  ritenersi  fondato  neppure
sull'attrazione  in sussidiarieta' allo Stato della competenza di cui
all'art.  118  della  Costituzione,  non  essendo  ravvisabile alcuna
esigenza  di  esercizio  unitario  della competenza stessa e, in ogni
caso,   non   essendo  la  disciplina  in  esso  contenuta  idonea  e
proporzionata al soddisfacimento della predetta esigenza unitaria.
   Entrambe  le  Regioni ricorrenti sostengono inoltre che, anche ove
si  volesse  ritenere  che  sussista  la necessita' di una disciplina
accentrata  nel settore e che quella posta dal comma 853 sia idonea e
proporzionata  a soddisfarla, sarebbe, comunque, violato il principio
di  leale  collaborazione,  stabilito  dagli  artt.  5  e  120  della
Costituzione,  non  essendo  prevista  alcuna forma di coinvolgimento
delle  Regioni  nella  programmazione,  gestione  e  attuazione delle
misure ricollegabili al Fondo.
   3.   -   Le  questioni  prospettate  della  Regione  Lombardia  in
riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione sono inammissibili.
   Secondo  il  consolidato  orientamento di questa Corte, le Regioni
possono  far  valere il contrasto con norme costituzionali diverse da
quelle  attributive  di  competenza  solo  ove esso si risolva in una
lesione  di  sfere  di  competenza  regionali  (cosi',  fra le tante,
sentenze n. 401 del 2007, n. 116 del 2006, n. 383 del 2005). Nel caso
di  specie,  le  censure dedotte, oltre ad essere generiche, non sono
prospettate  in  maniera da far derivare dalla pretesa violazione dei
richiamati parametri costituzionali una compressione dei poteri delle
Regioni, con conseguente inammissibilita' delle stesse.
   4.  -  Le ulteriori questioni sollevate nei confronti dell'art. 1,
comma  853,  della  legge n. 296 del 2006 sono fondate nei termini di
seguito precisati.
   4.1.  -  In linea preliminare, occorre procedere ad individuare la
materia sulla quale detta norma va ad incidere.
   La  norma stabilisce la disciplina delle modalita' di erogazione e
gestione  del «Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti
dagli  Orientamenti  UE  sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la
ristrutturazione  delle  imprese  in  difficolta», riconducibile alla
categoria  dei fondi statali a destinazione vincolata. In relazione a
tali  fondi,  questa  Corte  ha  costantemente affermato che la legge
statale,   nelle   materie   di   competenza  regionale  residuale  o
concorrente,  non  puo'  prevedere nuovi finanziamenti a destinazione
vincolata,  «che  possono divenire strumenti indiretti, ma pervasivi,
di  ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni
e  degli  enti  locali,  nonche' di sovrapposizione di politiche e di
indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle
Regioni  negli  ambiti  materiali  di  propria competenza» (per tutte
sentenza  n. 77  del 2005). Alla luce di siffatto principio, occorre,
pertanto, preliminarmente valutare se il Fondo in esame incida o meno
in una materia di competenza regionale residuale o concorrente.
   4.2.  - Il «Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti
dagli  Orientamenti  UE  sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la
ristrutturazione  delle  imprese  in  difficolta»  e' stato istituito
dall'art.  11,  comma  3,  del  decreto-legge  14  marzo  2005, n. 35
(recante «Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo
sviluppo   economico,   sociale  e  territoriale»),  convertito,  con
modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,  della legge 14 maggio 2005,
n. 80.  Tale  norma  si e' tuttavia limitata ad istituire il predetto
Fondo  ed  a  stabilirne  la  dotazione  finanziaria per l'anno 2005,
identificandone   genericamente  le  finalita'  negli  aiuti  per  la
ristrutturazione  ed  il salvataggio delle imprese in difficolta', in
linea con le indicazioni comunitarie.
   Il  citato  art.  1,  comma  853,  ha quindi attribuito al CIPE il
compito  di  definire, con propria delibera, su proposta del Ministro
dello  sviluppo  economico,  le  tipologie  di  aiuto concedibile, le
priorita'  di  natura  produttiva  nonche'  i  requisiti  economici e
finanziari  delle  imprese da ammettere ai benefici e per l'eventuale
coordinamento    delle   altre   amministrazioni   interessate,   «in
conformita'  agli  orientamenti  comunitari  in  materia», sicche' e'
appunto questa disposizione, e la disciplina con la stessa stabilita,
che  e'  suscettibile  di  determinare  la  lesione  denunciata con i
ricorsi in esame.
   La  norma  impugnata non identifica i settori nei quali operano le
imprese in difficolta' che, eventualmente, sono beneficiarie di detti
aiuti.  Gli Orientamenti comunitari ai quali la medesima norma rinvia
(Comunicazione  della  Commissione 2004/C244/02, adottata il 7 luglio
2004)  prevedono che i finanziamenti in questione riguardino «tutti i
settori  di  attivita', esclusi i settori del carbone e dell'acciaio,
ma compresa la pesca e l'acquacoltura» e, nel rispetto delle relative
disposizioni   specifiche,  l'agricoltura;  contengono  anche  «norme
specifiche per le piccole e medie imprese e per il settore agricolo».
   Pertanto,  risulta  chiaro che la disposizione in esame disciplina
finanziamenti  riferibili  ad una pluralita' di materie, in relazione
ai  molteplici settori nei quali le imprese in difficolta', cui detti
finanziamenti sono destinati, si trovino ad operare.
   Contrariamente  a  quanto  sostenuto dalla Regione Veneto, non e',
infatti,  configurabile  una materia «impresa», disgiunta dai settori
(riconducibili,  tra  l'altro, esemplificativamente, all'agricoltura,
al  commercio,  al  turismo,  all'industria)  nei  quali  le  imprese
operano,  non  espressamente  richiamata  negli elenchi dell'art. 117
della  Costituzione  e che, per cio' solo, possa ritenersi attribuita
alla competenza residuale delle Regioni.
   Inoltre,  la  disciplina  dei  finanziamenti in esame neppure puo'
essere  ricondotta  allo «sviluppo economico e produttivo», dato che,
come  questa  Corte  ha  affermato,  lo  «sviluppo  economico» non e'
configurabile  quale  materia  spettante  alla competenza legislativa
regionale  di  tipo  residuale,  ma  e' piuttosto «una espressione di
sintesi,  meramente  descrittiva,  che  comprende  e  rinvia  ad  una
pluralita'  di  materie» attribuite sia alla competenza statale che a
quella regionale (sentenze n. 430 del 2007 e n. 165 del 2007).
   Nella   specie,   i  settori  nei  quali  operano  le  imprese  in
difficolta',   in   favore  delle  quali  possono  essere  erogati  i
finanziamenti  -  come  risulta  dai citati Orientamenti comunitari -
sono  i  piu' vari (agricoltura, commercio, industria, pesca, turismo
etc.)   e   ad   essi   corrispondono   altrettante   materie,  tutte
essenzialmente di competenza regionale.
   4.3.  -  Il  riferimento  alla  «tutela  della  concorrenza» quale
materia  di  competenza  statale  esclusiva,  contrariamente a quanto
sostenuto  dalla  difesa erariale, non puo' giustificare l'intervento
del  legislatore  statale  in  relazione  ad aiuti di Stato, i quali,
quando  consentiti,  lo  sono normalmente in deroga alla tutela della
concorrenza.
   Questa  Corte  ha  affermato che la predetta materia comprende «le
misure  legislative  di tutela in senso proprio, che hanno ad oggetto
gli  atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente
sull'assetto   concorrenziale   dei  mercati  e  ne  disciplinano  le
modalita' di controllo, eventualmente anche di sanzione» e quelle «di
promozione,  che  mirano  ad  aprire  un  mercato  o  a  consolidarne
l'apertura,  eliminando  barriere all'entrata, riducendo o eliminando
vincoli  al libero esplicarsi della capacita' imprenditoriale e della
competizione  tra  imprese,  in  generale i vincoli alle modalita' di
esercizio  delle  attivita'  economiche»  (sentenza n. 430 del 2007).
Dunque,  detta  materia  non  puo' essere estesa fino a ricomprendere
«quelle  misure  statali  che  non  intendono  incidere  sull'assetto
concorrenziale  dei  mercati  o  che  addirittura  lo  riducono  o lo
eliminano» (sentenza n. 430 del 2007) o che, lungi dal costituire uno
strumento  indispensabile  per  tutelare e promuovere la concorrenza,
contrastano  con i principi comunitari e contraddicono apertamente il
fine  (la  tutela  della  concorrenza),  che  pur  affermano di voler
perseguire (sentenza n. 1 del 2008).
   Inoltre,  neppure  puo'  ritenersi - come dedotto dal resistente -
che   la  norma  impugnata  costituisca  adempimento  di  un  obbligo
comunitario  di  esclusiva competenza statale. Infatti, tale norma si
limita  a  disciplinare  le  modalita'  di  gestione  del Fondo, gia'
istituito  in  attuazione  degli  orientamenti comunitari sugli aiuti
alle imprese in difficolta' (contenuti nella richiamata comunicazione
della Commissione UE) dall'art. 11, comma 3, del d.l. n. 35 del 2005,
e  non  ha  attinenza  con la disciplina dei rapporti dello Stato con
l'Unione   europea,  evocata  dalla  lettera  a)  del  secondo  comma
dell'art. 117 della Costituzione.
   Peraltro,  tale  competenza  esclusiva  dello  Stato nella materia
suddetta  deve  essere  intesa tenendo conto che il medesimo art. 117
della  Costituzione  non  solo  attribuisce alla competenza regionale
concorrente  la  «materia»  dei  rapporti  delle Regioni con l'Unione
europea  (comma  terzo),  ma riconosce alle Regioni il potere di dare
attuazione alla normativa comunitaria nelle materie di loro spettanza
(comma quinto); quindi, l'intervento del solo legislatore statale per
l'adempimento  di  un obbligo comunitario si giustifica solo nel caso
in  cui  esso  incida  su  materie  di  competenza  statale esclusiva
(sentenza n. 116 del 2006).
   Nella  specie  non si configurano, pertanto, materie di competenza
statale  esclusiva  sulle  quali la norma impugnata incide, in quanto
quelle  interessate  dai  finanziamenti  in  esame  corrispondono  ai
molteplici  settori  (ad  esempio,  il  commercio,  l'agricoltura, il
turismo, l'industria) nei quali operano le imprese in difficolta' che
siano   beneficiarie   dei   medesimi,  riconducibili  a  materie  di
competenza regionale.
   4.4.   -   Occorre   poi   considerare  che  la  norma  impugnata,
disciplinando le modalita' di gestione ed erogazione del Fondo per il
finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli
aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese
in difficolta', e' strumentale rispetto al conseguimento di obiettivi
che   sono   quelli   delineati   dalla  stessa  Comunicazione  della
Commissione  UE.  Siffatti  obiettivi  corrispondono  a  «ragioni  di
politica sociale o regionale» connesse ai «positivi effetti economici
dell'attivita'  delle  piccole  e  medie  imprese»,  o  anche, in via
eccezionale,  alla  opportunita'  di  «conservare  una  struttura  di
mercato  concorrenziale nel caso in cui la scomparsa di imprese possa
determinare una situazione di monopolio o di oligopolio ristretto».
   Pertanto, il Fondo in esame risulta diretto a perseguire finalita'
di  politica  economica  -  costituite  dal  sostegno alle imprese in
difficolta',  la  cui  scomparsa  dal mercato potrebbe danneggiare il
sistema  economico  produttivo  nazionale  -  che,  almeno  in parte,
sfuggono   alla   sola  dimensione  regionale  (l'intervento  tramite
Sviluppo  Italia s.p.a. prefigurato dalla norma impugnata non esclude
quello analogo delle Regioni, in linea con quanto gia' avvenuto, come
dimostrato  dalla  legislazione  regionale  di  settore: cosi' ad es.
l'art.  10  della  legge della Regione Calabria 8 luglio 2002, n. 24;
l'art.  8  della  legge della Regione Emilia-Romagna 28 dicembre 1999
n. 39);  e  che  sono,  percio',  tali  da  giustificare la deroga al
normale  riparto  di  competenze  fra  lo  Stato  e  le  Regioni e la
conseguente  «attrazione  in sussidiarieta» allo Stato della relativa
disciplina,  in  base ai principi di sussidiarieta', differenziazione
ed adeguatezza (sentenza n. 242 del 2005).
   Tuttavia,  «l'attrazione  in sussidiarieta» allo Stato di funzioni
spettanti  alle Regioni, secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte,  comporta  la  necessita'  che  lo  Stato coinvolga le Regioni
stesse  «poiche'  l'esigenza  di  esercizio  unitario che consente di
attrarre,   insieme   alla   funzione   ammistrativa,   anche  quella
legislativa,  puo'  aspirare  a  superare  il  vaglio di legittimita'
costituzionale  solo  in  presenza di una disciplina che prefiguri un
iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di
coordinamento  orizzontale,  ovvero  sia le intese, che devono essere
condotte in base al principio di lealta» (sentenza n.303 del 2003).
   Nel  caso  in  esame,  la  norma impugnata, in violazione di detti
parametri,  attribuisce  invece  al  CIPE  il potere di stabilire, su
proposta  del  Ministro dello sviluppo economico, criteri e modalita'
di   realizzazione   degli  interventi  del  Fondo,  determinando  le
tipologie  di aiuto concedibile, le priorita' di natura produttiva, i
requisiti  economici  e  finanziari  delle  imprese  da  ammettere ai
benefici, nonche' i criteri dell'eventuale coordinamento con le altre
amministrazioni  interessate, senza prevedere un coinvolgimento delle
Regioni idoneo ad equilibrare le esigenze di leale collaborazione con
quelle   di   esercizio   unitario   delle   funzioni   attratte   in
sussidiarieta' al livello statale.
   Pertanto,  va  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  della
norma,  nella  parte  in  cui non stabilisce che i poteri del CIPE di
determinazione  dei  criteri  e  delle  modalita' di attuazione degli
interventi  di  cui  al  Fondo  per il finanziamento degli interventi
consentiti  dagli  Orientamenti  UE  sugli  aiuti  di  Stato  per  il
salvataggio  e la ristrutturazione delle imprese in difficolta' siano
esercitati  d'intesa  con la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.