IL TRIBUNALE
   Sciogliendo la riserva che precede, premesso che:
     il  sig. Carfagno , raggiunto da un verbale di contestazione per
la  violazione dell'art. 173 codice della strada, ha proposto ricorso
al Giudice di pace di Genova ex art. 22, legge n. 689/1981;
     con  ordinanza  4  maggio 2006 il giudice adito ha dichiarato il
ricorso  inammissibile  sul  presupposto  dell'intervenuto  pagamento
della sanzione;
     il  Carfagno  ha  ora proposto «ricorso in appello» nanti questo
tribunale, avverso tale ordinanza, negando l'assunto posto a base del
provvedimento e contestando la sussistenza del tatto addebitatogli;
     preliminarmente,  l'Avvocatura del Comune di Genova ha sollevato
la questione di costituzionalita' dell'art. 26, decreto legislativo 2
febbraio  2006,  n. 40,  deducendo l'eccesso di delega in cui sarebbe
incorso il Governo e la violazione dell'art. 76 Cost.
                            O s s e r v a
   Con  l'art.  1,  comma  2,  legge  n. 80/2005, il Parlamento aveva
delegato  il  Governo  «ad  adottare  un  decreto legislativo recante
modificazioni   al   codice   di  procedura  civile»  prevedendo,  al
successivo  comma  3  che  il Governo si sarebbe attenuto ai seguenti
principi e criteri direttivi:
     a)   disciplinare   il   processo   di  cassazione  in  funzione
nomofilattica,  stabilendo identita' dei motivi del ricorso ordinario
e  straordinario  ai  sensi  dell'articolo  111, settimo comma, della
Costituzione, prevedendo che il vizio di motivazione debba riguardare
un  fatto controverso; l'obbligo che il motivo del ricorso si chiuda,
a  pena  di inammissibilita' dello stesso, con la chiara enunciazione
di  un  quesito  di diritto; l'estensione del sindacato diretto della
Corte   sull'interpretazione   e   sull'applicazione   dei  contratti
collettivi  nazionali  di diritto comune, ampliando la previsione del
numero  3)  dell'articolo  360 del codice di procedura civile; la non
ricorribilita'  immediata  delle  sentenze  che decidono di questioni
insorte  senza  definire  il  giudizio  e la ricorribilita' immediata
delle  sentenze  che decidono parzialmente il merito, con conseguente
esclusione della riserva del ricorso avverso le prime e la previsione
della  riserva  del  ricorso  avverso  le seconde; la distinzione fra
pronuncia  delle  sezioni  semplici  e  pronuncia delle sezioni unite
prevedendo che la questione di giurisdizione sia sempre di competenza
delle  sezioni  unite nei casi di cui all'articolo 111, ottava comma,
della  Costituzione,  e  possa  invece  essere assegnata, negli altri
casi,  alle  sezioni  semplici se sulla stessa si siano in precedenza
pronunziate  le  sezioni  unite; il vincolo delle sezioni semplici al
precedente  delle  sezioni  unite,  stabilendo  che,  ove  la sezione
semplice  non  intenda  aderire  al  precedente, debba reinvestire le
sezioni  unite  con ordinanza motivata; l'estensione delle ipotesi di
decisione nel merito, possibile anche nel caso di violazione di norme
processuali;  l'enunciazione del principio di diritto, sia in caso di
accoglimento,   sia  in  caso  di  rigetto  dell'impugnazione  e  con
riferimento  a  tutti  i  motivi  della decisione; meccanismi idonei,
modellati sull'attuale articolo 363 del codice di procedura civile, a
garantire  l'esercitabilita' della funzione nomofilattica della Corte
di cassazione, anche nei casi di non ricorribilita' del provvedimento
ai  sensi  dell'articolo  111,  settimo  comma,  della  Costituzione.
Prevedere  la  revocazione straordinaria e l'opposizione di terzo con
tra  le sentenze di merito della Corte di cassazione, disciplinandone
la competenza.
   La  delega  prevedeva  poi,  al  punto  successivo, che il Governo
provvedesse  a: b) riformare in senso «razionalizzatore la disciplina
dell'arbitrato»  dettando,  come  logico,  anche  per tale materia, i
criteri da seguire.
   Dall'esame delle disposizioni surriferite, non risulta affatto che
la  legge  n. 80/2005 riguardasse, neppure implicitamente, la riforma
del regime delle impugnazioni delle ordinanze e delle sentenze emesse
ex legge n. 689/1981.
   Invece, il decreto legislativo n. 40/2006, nelle sue «Disposizioni
finali»,  ha  previsto  all'art.  26  le «Modifiche all'art. 23 della
legge 24 novembre 1981, n. 689», cosi statuendo:
     «1)  All'art.  23  della  legge  24  novembre 1981, n. 689, sono
apportate le seguenti modificazioni:
      a)  al quinto comma le parole «ricorribile per cassazione» sono
sostituite dalla seguente «appellabile»
      b) l'ultimo comma e' abrogato.
   Si  e'  cosi' introdotta la possibilita' dell'appello, sia avverso
l'ordinanza   che  chiude  l'udienza  in  cui  non  sia  comparso  il
ricorrente,  sia  avverso  la  sentenza  del  giudice  di pace, prima
escluso,   poiche'  il  comma  abrogato  recitava:  «La  sentenza  e'
inappellabile  ma  e'  ricorribile  per  cassazione»  e,  cio', senza
indicare,  in  nessun  modo  se l'appello debba svolgersi con il rito
propria della legge n. 689/1981, ovvero secondo il rito ordinario.
   Del  tutto  irrisolto  e'  quindi  il  problema della modalita' di
instaurazione  di  questo  giudizio  di  secondo grado con rischio di
oneri   a   carico   dello  Stato  laddove  si  dovesse,  in  via  di
interpretazione,  ritenere  preferibile la tesi dell'introduzione con
ricorso,  con notifiche a cura della cancelleria, come previsto dalla
legge n. 689/1981, piuttosto che con citazione.
   Non  solo,  ma in tal modo e' stato introdotto un secondo grado di
giurisdizione  devolutivo  anche  nel  merito,  in  un settore per il
quale,   per   scelta  del  Legislatore  era  espressamente  prevista
l'impugnazione per soli vizi di legittimita' nanti la Cassazione.
   Atteso  che  la potesta' legislativa ex art. 76 Cost., puo' essere
esercitata  dal  Governo  entro gli oggetti definiti e nel limite dei
criteri direttivi segnati dalla legge delega, nel caso in esame, tali
limiti  paiono  essere  stati  superati poiche' l'oggetto della legge
delega  14 maggio 2005, n. 80, non pare comprendesse anche la riforma
cosi' attuata.
   Nel  presente  caso  l'ordinanza d'inammissibilita' del ricorso e'
stata  emessa  dal  giudice  di pace ex art. 22, legge n. 689/1981 in
relazione  all'art.  204-bis  codice  della  strada,  sul presupposto
dell'avvenuto pagamento della sanzione, e non gia' ex art. 23, quinto
comma, legge n. 689/1981, all'esito dell'udienza.
   Non  pare,  tuttavia,  lecito ritenere che, a fronte della riforma
introdotta  dal  Legislatore  delegato,  solo  per tale ipotesi possa
perdurare  il diverso regime previgente della sola ricorribilita' per
cassazione,  trattandosi  sempre  di un provvedimento emesso in forza
della legge n. 689/1981, senz'altro da impugnarsi con lo stesso mezzo
di cui all'art. 26, d.lgs. n. 40/2006.
   Anche   in   tal   caso,   quindi,   si   profila   un  dubbio  di
costituzionalita'  e la questione posta dall'Avvocatura del Comune di
Genova  appare  quindi  rilevante  per  la  definizione  del presente
giudizio e non manifestamente infondata.
   Da  cio'  consegue  la  necessita'  di  una  pronuncia della Corte
costituzionale,   ex   legge   9  febbraio  1948,  n. 1,  nonche'  la
sospensione  del presente giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa delle
sue statuizioni.