IL TRIBUNALE A seguito di sentenza della Corte di cassazione n. 799 del 3 maggio 2007 (n. 030946/06 R.G.) con la quale e' stata annullato con rinvio il provvedimento del Tribunale del riesame di Campobasso in data 7 luglio 2006 (n. 18/06 R.G. riesame reale) emesso nei confronti di Amatruda Teresa, difesa dall'avv. Giovanni Di Giandomenico, provvedimento di conferma del sequestro preventivo disposto dal G.i.p. di Larino in data 18 luglio 2005 (1027/05 R.G.N.R., 949/05, R.G.i.p.), e a seguito di udienza in data 29 novembre 2007, a scioglimento della riserva formulata, ha pronunciato la seguente ordinanza. In via preliminare appare opportuna la ricostruzione storica della vicenda giuridica «Riovivo» di Termoli - nella parte relativa alla posizione Amatruda - oggi nuovamente sottoposta all'attenzione del tribunale e cio' perche' si sono succeduti nel tempo diversi provvedimenti, tra i quali si inserisce, da ultimo, la sentenza con la quale la suprema Corte ha rinviato a questo ufficio. Giova anche ricordare, ai fini della comprensione della ratio dei recenti interventi legislativi regionali, come il caso in esame sia parte di un piu' ampio contesto che riguarda un rilevante settore dell'abitato di Termoli, edificato in corrispondenza della fascia costiera ivi esistente, c.d. zona «Riovivo». Numerosi immobili insistenti su tale area sono stati oggetto di sequestro preventivo da parte del G.i.p. di Larino essendo stata ipotizzata nei confronti dei proprietari la violazione dell'art. 1161 del codice della navigazione. Con provvedimento in data 18 luglio 2005 il G.i.p. presso il Tribunale di Larino disponeva il sequestro preventivo dell'immobile, con annesse pertinenze, sito in Termoli, localita' Riovivo, in uso ad Amatruda Teresa. Riteneva il g.i.p. la astratta possibilita' di sussumere il fatto oggetto di procedimento nell'ambito della fattispecie di cui all'art. 1161 c.nav., ipotizzata dal p.m., nonche' il concreto pericolo che la libera disponibilita' del bene da parte della indagata potesse aggravare o protrarre le conseguenze del reato (cfr. provvedimento di sequestro agli atti). Avverso tale provvedimento proponeva riesame la Amatruda che adduceva: la legittimita' della occupazione per essere stato il relativo terreno ceduto al suo dante causa dall'autorita' statale competente con regolare rogito notarile in data 28 ottobre 1980 (che allegava); che l'area occupata dal suo immobile non era in ogni caso demaniale come detto dalla autorita' marittima nel 1984, che aveva affermato che quella zona non era piu' idonea agli usi pubblici del mare; che l'immobile esisteva da tempo immemorabile e che in ogni caso tutte le opere erano state realizzate da altri (il bene le era pervenuto per successione ereditaria); che tutta la zona era ampiamente edificata, con il consenso di tutte le autorita' competenti e quindi completamente, di fatto, sdemanializzata; che il reato era ormai prescritto trattandosi di reato istantaneo; che non era ravvisabile l'elemento soggettivo sia perche' il terreno era stato ceduto dallo Stato sia perche' l'area era interamente urbanizzata, tanto che venivano pagati tutti i servizi pubblici; che sia il Tribunale amministrativo regionale sia il giudice penale avevano tutelato le posizioni dei proprietari della zona sul presupposto della non demanialita' del terreno; che il pericolo ipotizzato non era concreto risalendo le opere a oltre trenta anni prima (cfr. ricorso dell'11 settembre 2005). Con provvedimento in data 29 settembre 2005 il tribunale del riesame confermava il sequestro e rigettava tutte le doglianze del ricorrente; riteneva in particolare la demanialita' del terreno - essendo le opere realizzate direttamente sul litorale marino - e la non decisivita' della delibera della autorita' amministrativa del 1984, che non poteva avere effetto costitutivo derogatorio rispetto alla demanialita', determinata e definita dalla legge; rilevava, poi, che la sentenza del t.a.r., allegata, non era entrata nel merito della demanialita', cosi' come anche la sentenza del giudice penale, peraltro riferibile ad altri imputati, che aveva assolto solo perche' non vi era prova in ordine a tale olemento; rigettava poi la eccezione di prescrizione qualificando il reato come permanente e riteneva non decisiva la buona fede della indagata atteso che la misura reale poteva essere disposta anche nei confronti di soggetto formalmente terzo; confermava, infine, sia il fumus boni iuris sia il periculum in mora. Anche tale provvedimento veniva impugnato, sostanzialmente sulla base delle stesse doglianze, innanzi alla Corte di cassazione (cfr. ricorso dell'11 ottobre 2005). Con sentenza n. 134/06 i giudici della legittimita' ritenevano la sussistenza del fumus boni iuris, affermavano la demanialita' naturale dell'area in questione valutando come non decisive e non costitutive le demarcazioni via via effettuate dalle autorita' amministrative (quella del 1984 e quella contenuta nella nota del settembre 2005); rigettavano poi tutte le questioni sollevate dalla ricorrente in punto di fumus boni iuris ricorrendo la occupazione abusiva anche in caso di esercizio senza titolo di un diritto reale di godimento su uno spazio demaniale modificato o inizialmente invaso da altri; infine ritenevano irrilevante, ai fini dell'apprezzamento dell'elemento soggettivo, la circostanza della vendita trattandosi di atto nullo (cfr. sentenza agli atti). La motivazione dei giudici di Campobasso veniva pero' censurata sotto il profilo delle esigenze di cautela; ed infatti posto che, come detto dal tribunale del riesame, il sequestro mirava ad evitare le ricadute negative del reato - che si sostanziavano nel fatto che la occupazione non autorizzata sottraeva il bene pubblico alla fruizione collettiva a favore della fruizione del singolo - non era chiaro in che modo il sequestro fosse in grado di neutralizzare la protrazione del comportamento illecito tenuto conto che la indagata continuava ad occupare l'immobile. «In tale contesto» - disponeva la Corte «si presenta inconciliabile la tesi della esigenza di un provvedimento ablatorio per fare cessare la consumazione del reato in fieri con la contestazione che 1'indagata continua ad usufruire del manufatto dal momento che 1'autorita' giudiziaria non ha riscontrato la necessita' di privarla del possesso del bene; con riferimento a questa peculiare situazione non e' esplicitato nel provvedimento in oggetto quale sia la funzione preventiva che giustifica il vincolo reale. Di conseguenza la Corte annulla l'impugnata ordinanza con rinvio al Tribunale di Campobasso limitatamente al punto inerente le esigenze di cautela» (cfr. sentenza in atti). Sulla base si tali indicazioni la questione veniva nuovamente esaminata dal tribunale del riesame, al quale gli atti venivano trasmessi in forza di sentenza intervenuta in data 7 febbraio 2006. L'udienza per la trattazione veniva fissata per il 7 luglio 2006 (cfr. provvedimento). Tra queste due date entrava in vigore l'art. 3, l.r. n. 5 del 5 maggio 2006. La Regione Molise - nell'evidente tentativo di fare chiarezza e di risolvere una questione che interessava ormai da anni un numero rilevante di cittadini termolesi - nell'ambito della legge recante la «disciplina delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale» aveva inserito la seguente norma: «Le aree demaniali marittime della costiera molisana e delle antistanti zone del mare territoriale ricomprese nei territori dei Comuni di Campomarino, di Termoli, di Petacciato e di Montenero di Bisaccia sono cosi' individuate e delimitate: per il Comune di Campomarino, dalla legge n. 140/2004, articolo 6, comma 2-bis; per il Comune di Termoli, litorale sud, dalla linea di demarcazione determinata con verbale dell'11 dicembre 1984 della Capitaneria di porto di Pescara; per il Comune di Termoli, litorale nord, e per i Comuni di Petacciato e di Montenero di Bisaccia, dalla strada statale n. 16 "Europa 2" o dalla eventuale, diversa, piu' restrittiva demarcazione demaniale proposta dal S.I.D. (sistema informativo del demanio) verso il mare, risultante dagli atti ufficiali». (cfr. art.3). Tale mutato quadro normativo veniva sottoposto dal difensore all'attenzione del tribunale in sede di rinvio, che in tal modo pronunciava sia in ordine al periculum sia in ordine alla nuova normativa confermando il provvedimento di sequestro (cfr. ordinanza in data 7 luglio 2006). In particolare sotto il primo profilo osservava che «la finalita' di mantenere il sequestro preventivo sugli immobili e' connessa al provvedimento di sgombero finora non ancora attuato e per la quale e' auspicabile un intervento della a.g. competente, cui spetta di determinare le modalita' esecutive del sequestro onde attuare la ratio dell'art. 1161 del codice della navigazione che e' quella di tutelare l'interesse della collettivita' ad usare pienamente l'area demaniale.». Sotto il secondo profilo affermava la ininfluenza della legge regionale sulla decisione, non essendo la stessa ancora entrata in vigore (cfr. provvedimento agli atti). Avverso tale provvedimento ricorreva nuovamente la indagata che reiterava la sue doglianze in punto di periculum - ritenendo la motivazione contraddittoria e non confonnata al principio espresso dalla suprema Corte - e riaffermava la decisivita' della legge regionale, che aveva definitivamente escluso il carattere demaniale della zona occupata dalla Amatruda, non ricompresa nell'area demaniale determinata con verbale dell'11 dicembre 1984, linea richiamata nell'art. 3 citato (cfr. ricorso del 25 luglio 2006, agli atti). Sosteneva quindi la difesa - sulla base di una interpretazione che riconosceva alla norma l'effetto di determinare per legge lo status giuridico dei terreni o comunque un effetto «sdemanializzante» - come l'intervento regionale avesse risolto in modo definitivo la controversia poiche' chiaramente aveva indicato l'area definibile come demanio, cosi' consentendo di verificare in concreto quali fossero gli immobili esclusi o ricompresi in tale delimitazione. Per completezza va detto che tale tesi e' stata condivisa dal Tribunale del riesame di Campobasso che, relazione ad altro caso simile, ha disposto la revoca del sequestro sulla base delle stesse considerazioni (cfr. riferimento della difesa nei motivi nei motivi aggiunti del 30 novembre 2006, ordinanza n. 28/06). In altra occasione invece aveva pronunciato ritenendo che l'art. 3 cit., delimitasse solo l'ambito territoriale di esercizio delle funzioni amministrative regionali sul demanio marittimo senza avere alcun effetto costitutivo del demanio stesso (n. 30/06 R.G.). Al di la' del merito delle decisioni appare evidente come la norma, sin dalla sua prima applicazione, abbia posto problemi interpretativi. A distanza di qualche mese la Regione Molise interveniva nuovamente sulla questione; nel contesto della l.r. 27 settembre 2006, n. 28, recante norme in materia di «opere relative a linee ed impianti elettrici fino a 150.000 volt», inseriva il comma 6 dell'art. 12, comma che cosi' recita: «le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 3 della legge regionale 5 maggio 2006, n. 5, si interpretano nel senso di determinare quali sono nella Regione Molise le zone di cui agli articoli 822 del codice civile e 28 del codice di navigazione». Orbene, per tirare le fila del discorso, la suprema Corte, chiamata decidere avverso l'ordinanza del tribunale in data 7 luglio 2006, si trovava davanti ad un quadro normativo nuovo e diverso, per effetto sia della entrata in vigore dell'art. 3, legge n. 5/2007 sia della norma interpretativa contenuta nell'art. 12, comma 6, norme ampiamente richiamate dal difensore nel ricorso per cassazione (cfr. ricorso in data 25 luglio 2006, che fa riferimento all'art. 3) e nella memoria per motivi aggiunti (cfr. memoria per motivi aggiunti del 30 novembre 2006, che cita l'art. 12, comma 6, medio tempore entrato in vigore). La Corte pronunciava con sentenza n. 799/2007 con la quale, nel ribadire che in precedenza erano state rigettate le doglianze della difesa in ordine al fumus commissi delicti, appuntava nuovamente la sua attenzione sul periculum in mora. Rilevava in particolare come «non e' stata fornita alcuna risposta al quesito specifico della compatibilita' del protratto utilizzo del bene da parte della Amatruda con la funzione di tutela del bene pubblico a mezzo il sequestro preventivo, pur dandosi atto che 1'auspicato provvedimento di sgombero non era stato ancora attuato (ne' risulta disposto); il pericolo di aggravamento in re ipsa e' semplicemente affermato dal tribunale, senza addurre alcuna ragione che lo sostenga in relazione al comportamento della Amatruda, nella dichiarata qualita' di custode, o per altre cause. La legge regionale n. 5 del 5 maggio 2006 e' entrata in vigore il 17 maggio .2006 ai sensi dell'art. 15, quale giorno successivo alla pubblicazione nel BUR, in epoca precedente (e non successiva, come erroneamente indicato) all'epoca della decisione impugnata. Assorbita ogni altra questione il provvedimento impugnato va quindi annullato alla luce del principale rilievo sopra mosso, tenendosi anche conto, per quanto di ragione, nel quadro complessivo della normativa applicabile in relazione alle esigenze del sequestro preventivo ed alle ragioni addotte dalla ricorrente, dello ius superveniens dell'art. 12, comma 6 della legge regionale del Molise 27 settembre 2006, n. 28, secondo cui le disposizioni di cui all'art. 3 della precedente legge regionale 5 maggio 2006, n. 5 (ambito di applicazione delle aree demaniali marittime della costiera molisana e delle antistanti zone del mare territoriale ricompresse nei territori dei Comuni di Campomarino, Termali, Petacciato e Montenero di Bisaccia) si interpretano nel senso di determinare quali sono nella Regione Molise le zone di cui agli artt. 822 del codice civile (demanio pubblico) e 28 del codice della navigazione (demanio marittimo)». Queste le vincolanti indicazioni sulla base delle quali questo tribunale e' chiamato a decidere; in particolare il diverso quadro normativo va valutato in «relazione alle esigenze del sequestro preventivo ed alle ragioni addotte dalla ricorrente». Orbene ritiene il Collegio che in via preliminare debba essere verificata la conformita' dell'art. 3, l.r n. 5/2006, come integrato dall'art. 12 comma 6, legge n. 28/2006, alla Costituzione ed in particolare all'art. 117, secondo comma. La prima disposizione emanata (art. 3), sulla quale la indagata ha fatto leva per affermare la non demanialita' del terreno su cui insisteva il suo fabbricato, ha imposto da subito all'interprete la valutazione della sua reale efficacia. Due - all'epoca - le possibili soluzioni, l'una basata sul contesto normativo di riferimento, l'altra sul significato letterale: 1) l'inserimento della norma nell'ambito di una legge che per espressa previsione era chiamata a regolare le «funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale» era elemento forte per giungere ad interpretare la disposizione nel senso di una delimitazione territoriale dei poteri amministrativi della Regione in materia di demanio, delimitazione di fatto priva di un effetto costitutivo e vincolante ai sensi degli artt. 822 CC - 28 CN o comunque priva di effetto concretamente sdemanializzante; 2) la lettera e perentorieta' del testo (« le aree demaniali marittime ... sono cosi' individuate e delimitate .») poteva indurre l'interprete a ritenere come la norma fosse stata inserita proprio con l'intento di affermare quali terreni fossero demaniali ai sensi degli artt. 822 e 28 citati e quali no; quindi non una mera delimitazione territoriale dei poteri amministrativi ma l'effetto costitutivo di una condizione giuridica dei terreni. La reale portata della disposizione, ai fini che interessano, dipendeva dall'una o dall'altra interpretazione; in particolare nel secondo caso la norma regionale condizionava - escludendola - la sussistenza di un elemento essenziale della fattispecie contestata ossia il «demanio», elemento costitutivo del reato di cui all'art. 1161 c.n. A distanza di qualche mese (a maggio la prima norma, a settembre la seconda) la Regione Molise ha fornito la intepretazione autentica dell'art. 3 citato e, ha chiarito come «le disposizioni ..... si interpretano nel senso di determinare quali sono nella Regione Molise le zone di cui all'art. 822 del codice civile e 28 del codice della navigazione». Di fronte a tale disposto non pare possa piu' dubitarsi che intento del legislatore fosse quello di definire, con effetto costitutivo - sia pure dalla sua entrata in vigore - quali terreni siano demaniali ai sensi dell'art.822 c.c. e 28 del codice della navigazione ossia di regolare la condizione giuridica delle aree separate dalla linea di demarcazione citate nell'art. 3. Tale interpretazione appare insuperabile poiche' la volonta' del legislatore viene ribadita in modo chiaro e netto; non vi sono quindi elementi per potere accedere alla interpretazione sub 1), interpretazione - costituzionalmente orientata - che non avrebbe posto dubbi di illegittimita' avendo la regione effettivamente il potere di legiferare in materia di esercizio dei poteri amministrativi sulle aree demaniali. In particolare non potrebbe sostenersi che anche l'art. 12, comma 6, puo' essere interpretato in tale ultimo senso e cio' sulla base della considerazione che non vi sarebbe stato alcun bisogno di intervenire nuovamente sul punto, in un contesto che faceva gia' propendere per tale soluzione. Orbene 1'art. 117 della Costituzione, al secondo comma, prevede che «lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie ..... ordinamento civile.....», da intendersi quest'ultimo come sistema di norme che regolano istituti tipici quali la proprieta', il contratto, la responsabilita' civile, le successioni e cosi' via. I rapporti giuridici relativi a tali istituti - tra questi il demanio statale, inserito tra le norme relative alla proprieta' - per la rilevanza degli interessi sottesi, sono sottratti alla normazione regionale e sono riservati in via esclusivo alla legge statale cfr. art. 117 Cost.) Nell'emanare l'art. 3 - come integrato dall'art. 12, comma 6 - la Regione Molise appare avere violato tale disposto. Le aree definibili come demanio sono indicate dalla codice civile, che le individua in base alle loro caratteristiche funzionali, caratteristiche da cui dipende l'esigenza di assoggettarle a uno status particolare. La legge regionale ha invece individuato le aree demaniali in localita' Riovivo (litorale sud) dettando un criterio proprio che di fatto si sostituisce alla norma statale; ha infatti stabilito come sono aree demaniali quelle ricomprese tra il mare ed una linea di demarcazione determinata dalla Capitaneria di porto di Pescara con verbale dell'11 dicembre 1984, e zhe non lo sono quelle poste oltre la linea. Per effetto di tale norma il terreno della Amatruda non e' qualificabile come demanio. L'art. 822 del c.c. e l'art. 28 c.n. vengono di fatto superati e non possono concretamente trovare applicazione perche' ad esempio ove anche si verificasse che le aree definite dalla legge regionale come «non demaniali» presentassero i caratteri naturali della «spiaggia» o del «lido del mare» la norma regionale impedirebbe una tale qualificazione. Il disposto in questione ha sostanzialmente introdotto per Riovivo una regola speciale, in deroga ad una regola statale vigente. La predefinita individuazione del demanio incide, poi, concretamente sul regime giuridico applicabile (cfr. ad esempio 823 c.c.). Sostiene la difesa come la legge sia stata emanata nell'esercizio di poteri «concorrenti» riconosciuti alla regione dall'art. 117, terzo comma Cost. che attribuisce espressa competenza in materia di «porti». L'assunto non puo' essere condiviso vertendo la questione in materia di proprieta' ed essendo la proprieta' demaniale inserita nell'ambito della proprieta' in generale, tipico istituto regolato dal codice civile. Per i motivi suesposti la questione appare non manifestamente infondata. Appare, inoltre, rilevante nel caso de quo. La suprema Corte ha espressamente detto che il tribunale, nel valutare il periculum deve anche tenere conto «nel quadro complessivo della normativa applicabile in relazione alle esigenze del sequestro preventivo ed alle ragioni addotte dalla ricorrente, dello ius superveniens di cui all'art. 12, comma 6 della legge regionale Molise 27 settembre 2006, n. 28». La ricorrente, negli atti difensivi, ha richiamato tale articolo per sostenere la insussistenza della condotta occupativa e la insussistenza stessa del reato ipotizzato cosi' sintetizzando il suo assunto: «l'attenta valutazione del provvedimento sopravvenuto avrebbe certamente determinato la caducazione del provvedimento di sequestro. La condotta del ricorrente deve essere considerata lecita essendo l'immobile realizzato su area disponibile e non sulla zona del demanio marittimo» (cfr. ricorso del 25 luglio 2006, pag. 4). In sede di rinvio il tribunale e' stato quindi investito, oltre che della verifica del periculum, anche della verifica della configurabilita' astratta del reato e quindi anche del fumus commissi delicti, in riferimento allo ius superveniens. Orbene, nel solco di tale thema decidendum, deve affermarsi la assoluta decisivita' della verifica di rispondenza della norma ai parametri costituzionali poiche' dalla efficacia/inefficacia della stessa dipende la sussistenza di un elemento essenziale della fattispecie ipotizzata ossia l'elemento «demanio». Se la norma fosse costituzionalmente illegittima l'area in contestazione, che ha le caratteristiche naturali della spiaggia - caratteristiche su cui si e' gia' pronunciata la stessa suprema Corte che nella prima sentenza di rinvio (agli atti) ha riconosciuto come l'area su cui insistono i manufatti della Amatruda, costruiti direttamente sulla spiaggia, sia qualificabile come demanio dello Stato ex art. 822 c.c. - allora sarebbe configurabile il reato di cui all'art. 1161 c.n. sin dall'inizio della occupazione e fino ad oggi; cio' in punto di fumus commissi delicti. Della permanenza del reato all'attualita', anche in rapporto alla assenza di un provvedimento di sgombero, dovrebbe poi tenersi conto nella valutazione, in concreto, del periculum. Sotto tale ultimo profilo deve osservarsi che il dante causa della Amatruda ha acquistato nel 1980 circa 48 mq. di demanio; ad oggi da sola l'abitazione occupa un'area di circa 113 mq (compreso il portico), e le aree di pertinenza (barbecue, pozzo, bagni esterni, siepe, giardino, muro con cancello di accesso diretto alla spiaggia), risultano occupare un'area ulteriore ampia circa 285 mq (i dati sulla estensione sono riportati nel verbale si sequestro agli atti). Tale elemento di fatto consente di ipotizzare che nel corso del tempo da un piccolo nucleo abitativo la Amatruda ed il suo dante causa si siano per cosi dire «allargati» sul terreno demaniale di altri 450 mq, cosi' commettendo ulteriori fatti di occupazione e consolidando e protraendo le conseguenze della occupazione iniziale, che era di soli 48 mq. Da tale circostanza si desume il concreto pericolo che nel tempo i terreni gia' occupati subiscano ulteriori trasformazioni (ad esempio ulteriore edificazione delle aree oggi destinate a giardino) o che vi siano ulteriori ampliamenti sul terreno circostante, parimenti demaniale; di qui la esigenza del sequestro. Rispetto a tale contesto va valutato anche il mancato sgombero laddove la circostanza che gli immobili siano ancora tutti abitati non appare decisiva: cio' che sottrae il bene occupato alla sua destinazione naturale e' la costruzione, che, senza un provvedimento definitivo non puo' essere, allo stato, demolito; tale sottrazione agli usi pubblici permane in questa fase - meramente conservativa - sia che l'immobile sia abitato sia che sia vuoto; l'esigenza del sequestro permarrebbe comunque dovendosi impedire comportamenti ulteriori nel senso sopra indicato. Per concludere ove la legge regionale non fosse efficace il terreno sarebbe qualificabile come demaniale in applicazione degli artt. 822 e 28 citati e sul merito del sequestro si arriverebbe a tale conclusione. Il quadro di riferimento cambierebbe completamente ove ne venisse affermata la efficacia nel senso indicato dal legislatore regionale. Per effetto della sua entrata in vigore cesserebbe la permanenza del reato a quella data (non potendo comunque la legge regionale disporre per il passato) e da quel momento in poi non sarebbe configurabile il reato ipotizzato venendo meno l'elemento «demanio». Mancando una «invasione» dall'esterno non sarebbe neppure configurabile l'ipotesi di cui all'art. 633 c.p. - su un terreno che comunque rimane pubblico - poiche' alla data di entrata in vigore della legge, che segna la cessazione della permanenza del reato fino ad allora configurabile, la Amatruda e' gia' nel possesso dell'immobile. Cambierebbe completamente anche la valutazione sul periculum, a questo punto rapportabile solo al reato pregresso, ormai cessato. Il periculum sussiste solo laddove le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicita' (cfr. Cass. Costante, per tutte Cass., sez. un., 12878/2003): come detto la protratta occupazione della stessa area a mezzo dello stesso manufatto, non avrebbe piu' rilievo penale cosi' escludendosi in radice la possibilita' di protrazione della offesa dell'interesse protetto a mezzo di quella condotta; ulteriori modifiche delle aree gia' occupate ugualmente non sarebbero illecite con conseguente esclusione del periculum sotto tale profilo. Un eventuale ulteriore occupazione del terreno circostante - sempre in un contesto di valutazione del periculum in riferimento al reato gia' consumato - potrebbero rilevare ai fini dell'art. 321 c.p.p. quale ulteriore reato agevolato dal possesso del bene ma dovrebbe ipotizzarsi la commissione del reato di cui all'art. 633 - 639 c.p., fattispecie che impone una valutazione del tutto diversa rispetto a quello ravvisabile in caso di ulteriore occupazione di terreno demaniale, rilevante sempre ex art. 1161 c.n. Infine la cosa pertinente al reato perderebbe il carattere della illiceita' intrinseca il che imporrebbe una diversa valutazione del rapporto di strumentalita' anche rispetto al reato agevolato. In conclusione la efficacia/inefficacia della norma incide concretamente sulle valutazioni del tribunale del riesame chiamato a verificare la astratta configurabilita' del reato ed il periculum sulla base di parametri diversi che dipendono dalla qualificazione del bene quale demaniale o meno. Di qui la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale.