IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nella procedura di riesame proposta da: Curanov Alexander, nato a Chisinau (Moldavia), 19 giugno 1987; Cozonac Anatolie, nato a Glinjeni (Moldavia), 13 febbraio 1987; Romanov Nicolaj, nato a Tiraspol (Moldavia), 1° giugno 1980; Isaev Ruslan, nato a Grosny (Russia), 16 gennaio 1986, con l'avv. Elena Valenti di Bolzano, indagati per il reato di furto commesso in Austria dal 4 aprile 2006 in poi e per cui e' stato emesso mandato di arresto europeo, richiesta dell'autorita' giudiziaria austriaca e convalidato dalla Corte di appello in date 6 dicembre 2007 e 29 ottobre 2007. Motivi della decisione I ricorrenti, indagati in Austria per il reato di furto sono stati colpiti da ordine di cat-tura dell'autorita' austriaca che ha avviato la procedura prevista per il «mandato di arre-sto europeo». In forza della procedura rapida mediante SIS essi sono stati catturati e mes-si a disposizione della Corte di appello di Trento, sez. distaccata di Bolzano il cui pre-sidente in data 6 dicembre 2007 procedeva 48 ore all'interrogatorio e poi alle emanazione della prevista ordinanza collegiale di convalida e di mantenimento in carcere. Con lo stesso provvedimento fissava ulteriore udienza al 19 dicembre 2007, non si comprende bene a quale scopo. Non certo per attendere l'arrivo del mandato di arresto dall'Austria in quanto es-so avrebbe dovuto pervenire, a pena di decadenza della misura cautelare, entro 10 giorni dall'arresto. Non certo per decidere sulla consegna visto che non era ancora pervenuto il mandato di arresto e che comunque vi erano sessanta giorni di tempo. Ad ogni modo all'udienza del 19 dicembre 2007 il Collegio riconvalidava gli arresti gia' convalidati e fissava udienza al 24 gennaio 2008 per decidere sulla consegna ex art. 17 legge n. 2005/69. Siccome nessun nuovo atto era pervenuto dall'Austria, il Collegio avrebbe dovuto invece dichiarare la decadenza della misura cautelare a norma art. 13. Allo stato i documenti pervenuti non integrano i requisiti richiesti dalla legge in quanto manca la «descrizione delle circostanze della commissione del reato, compresi il momento, il luogo e il grado di partecipazione del ricercato». Il documento inserito nel sistema informatico riferisce soltanto che ogni soggetto e' indagato per una serie di furti commessi in Austria, in concorso con gli altri soggetti, non indicati nei singoli mandati; manca quindi, come minimo, il grado di partecipazione di ognuno. Ma manca qualsiasi indicazione su come si sia giunti ad individuare ed accusare i singoli indagati ed a ricol-legarli, tutti, a tutti i furti e come si sia potuto interpretare la detenzione di eventuale re-furtiva come prova di furto commesso in Austria e non di ricettazione commessa in Ita-lia. Il giudice italiano quindi non e' neppure in grado di controllare se per caso non via sia un errore di persona (due degli indagati hanno dedotto solidi alibi). E' possibile che gli elementi mancanti siano contenuti nel provvedimento originale emesso dal giudice austriaco, provvedimento che a norma art. 1, legge n. 69/2005 deve essere motivato, ma, se esso non viene inviato, l'indagato non si puo' difendere e il giudice non puo' valutare il caso. E se non e' motivato, la domanda di arresto ed estradizione non puo' essere accolta. I provvedimenti della Corte di appello sono stati impugnati avanti a questo tribuna-le del riesame per i motivi di legittimita' appena esposti. E' indubbio che i motivi di impugnazione sono del tutto fondati e che questo tribu-nale, se competente, dovrebbe revocare la misura cautelare imposta. Sorge pero' il problema che la Corte di cassazione ha gia' in due occasioni (Sent. 45252/2005 e 17170/2007) affermato, che sussiste una competenza esclusiva della Cor-te di appello. Questa interpretazione non appare convincente per motivi letterali e sistematici e appare come il frutto della sussunzione, sic et simpliciter, dell'istituto del mandato di arresto europeo nell'istituto dell'estradizione. Trattasi invece di due momenti diversi, che il legislatore italiano ha affidato per semplicita' allo stesso giudice (la Corte di ap-pello), ma occorre pur sempre ricordare che al tradizionale provvedimento di consegna allo Stato estero, regolato dal c.p.p., si affianca l'applicazione di una misura cautelare che, a differenza dell'estradizione del cittadino gia' detenuto, incide su diritti fondamen-tali dei cittadini, faticosamente imposti al legislatore, dalle decisioni della Corte costi-tuzionale, nel corso di mezzo secolo. Al fine della decisione del caso in esame occorre comprendere perfettamente il mec-canismo creato dalla legge 22 aprile 2005, n. 69, che ha dato attuazione alla corrispondente decisione quadro del Consiglio d'Europa. Trattasi di una legge sofferta e contorta che ha cercato, senza riuscirvi, di conciliare normative di paesi in cui i diritti dell'imputato sono talvolta inferiori a quelli del cittadi-no italiano di cinquant'anni orsono (mancanza di rapide procedure di riesame, assenza di difensore d'ufficio e di gratuito patrocino, pochi gradi di giudizio, processi inquisitori, ecc.) e in cui la pena viene applicata con rigidita' ignote al nostro sistema e non consone con i nostri principi costituzionali (quale garanzia vi e' che l'espiazione di una pena all'e-stero contribuisca al recupero del condannato? La soluzione ovvia non avrebbe dovuto essere quella di prevedere che ogni condannato espii la pena nel suo paese, tra la sua gente, con la sua lingua, cosi' da poter essere poi reinserito in quel paese quando esce dal carcere?). E non poteva riuscirvi, come gia' riconosciuto dalla Corte costituzionale della Germania, perche', per stessa affermazione della nostra Corte costituzionale, le garanzie costituzionali non possono essere violate o messe in disparte ad opera della normativa europea. Invece di stabilire il principio sacrosanto per cui il trattamento penale di fatti illeciti deve essere il piu' possibile omogeneo nei vari paesi europei, si e' accettato il principio per cui uno Stato puo' decidere di punire, ad esempio, piu' severamente lo spac-cio di marijuana che quello di eroina e che quindi un cittadino italiano puo' essere invia-to a scontare 4 anni di galera in quello Stato per avervi venduto uno spinello, mentre in Italia avrebbe subito solo una pena simbolica. Delicato e' anche il problema di quegli Stati che non prevedono la possibilita' di un processo contumaciale e quindi hanno bisogno di assicurarsi la presenza dell'imputato, cosa che fa loro comodo, ma si pone al di fuori della nozione di esigenza cautelare. E non si comprende perche' chi e' soggetto al diritto italiano e si e' conquistato il diritto fon-damentale di difendersi anche con la contumacia, debba sottoporsi a misure con funzio-ne puramente coercitiva e anticipatrici della pena. Quindi non vi e' articolo della legge che non lasci intravedere ipotesi di severa inco-stituzionalita', sia per la violazione di diritti primari del cittadino italiano, sia per l'indeterminatezza di molte norme le quali non hanno considerato che le stesse espressioni possono assumere significato diverso in altro ordinamento giuridico; ben altra precisio-ne tecnico-giuridica deve possedere una norma che incide sullo status di liberta' del cit-tadino (alcuni esempi: manca una nozione unitaria di arma, di sostanza stupefacente, di bene culturale, di rifiuto pericoloso, sebbene queste nozioni varino da paese a paese; manca una differenziazione fra reati perseguibili d'ufficio od a querela, cosi' che si puo' essere perseguiti d'ufficio per una truffa commessa all'estero e che in Italia sarebbe im-procedibile per mancanza di querela, ecc. ecc.). Appare infme del tutto illogico che si sia totalmente equiparata la situazione della e-stradizione dello straniero a quella del cittadino italiano: e' evidente che sono due situa-zioni oggettivamente ben diverse quella del cittadino austriaco (ad es.) che deve essere consegnato all'Austria (e che quindi ritorna nel suo paese, con la sua lingua, con i suoi avvocati, con procedure che gia' conosce) e quella del cittadino italiano che deve essere consegnato ad un paese straniero con conseguenti ridotte possibilita' di difesa. Altrettanto illogico e' che si sia impostato tutto il problema sull'argomentazione semplicistica secondo cui «se uno va a commettere un reato all'estero sono fatti suoi» perche' ci si puo' trovare imputati in un procedimento all'estero solo per concorso, senza aver mai messo piede fuori dell'Italia, magari per una confessione altrui poco limpida. Il meccanismo normale previsto dalla legge in esame e che porta alla consegna di un cittadino italiano ad uno Stato estero per essere giudicato o per espiare la pena e' il se-guente: lo Stato estero emette il mandato di cattura europeo usando un modello predispo-sto; il mandato deve essere sottoscritto dalla competente autorita' giudiziaria ed essere motivato (art. 6). Se il mandato non contiene tutte le informazioni necessarie, l'autorita' giudiziaria italiana deve richiederle urgentemente all'autorita' richiedente (art. 6, comma 2 e art. 16). Al mandato di arresto deve essere allegata una relazione sui fatti con indi-cazione delle fonti di prova, del tempo e luogo di commissione dei fatti, della loro quali-ficazione giuridica (art. 6, commi 3 e 4). Se le informazioni richieste non vengono forni-te, la richiesta di consegna viene respinta; il mandato viene trasmesso al Presidente della corte d'appello competente il quale, dopo aver provveduto ad acquisire le informazioni di cui sopra, se mancanti, puo' appli-care con provvedimento collegiale una misura cautelare coercitiva se necessaria in quanto sussista il pericolo di fuga dell'interessato (art. 9, comma 4). Quindi non e' richiesta necessariamente l'applicazione della detenzione in carcere e si scopre cosi' che il mandato di arresto e' in realta' solo una richiesta di consegna con eventuale arresto dell'e-stradando; ma allora per quale assurdo ragionamento si arresta con assoluto automati-sino, chi avrebbe il diritto di attendere tranquillamente a casa propria la decisione sulla consegna e si mette in carcere un soggetto, prima ancora di aver valutato se il carcere e' necessario? si devono osservare le disposizioni del codice di procedura penale in quanto appli-cabili, fatta eccezione per gli art. 273, commi 1 e 1-bis (vale a dire che si prescinde dalla esistenza di gravi indizi di colpevolezza, la cui valutazione e' lasciata al giudice straniero ancor prima di aver sentito le difese dell'imputato!), per l'art. 274, comma 1, lettere a) e c) (vale a dire che il giudice italiano non puo' valutare se vi sono effettive esigenze cautelari quali il pericolo di inquinamento o di reiterazione e che la carcerazione viene dispo-sta solo per assicurare l'esecuzione di una ipotetica pena futura; vale a dire che un impu-tato di cui si presume l'innocenza per dettato costituzionale, viene incarcerato solo perche' non abita nel paese dove ha commesso il reato!) e per l'art. 280 (stabilisce limiti di pena al di sotto dei quali in Italia non si puo' essere incarcerati, ma per cui ben si puo' essere mandati in un carcere straniero!). Pare logico ritenere che l'art. 274, lett. b), si applichi nella sua interezza per cui la cu-stodia cautelare non puo' essere applicata quando si ritiene che la pena da infliggere in concreto non sara' superiore a due anni (ma gia' vi e' contrasto di opinioni!). Se non viene imposta una misura cautelare si seguono, in sostanza le norme sulla estradizione (art. 9, comma 7, legge n. 69/2005 e art. 719 c.p.p.). La decisione sulla consegna viene deliberata dalla corte d'appello in Camera di consiglio (art. 10, comma 4; esso e' scritto in modo equivoco, ma la competenza della Corte e non del solo presidente e' implicita per ragioni sistematiche derivanti dal paralle-lo art. 9, comma 4). E' previsto pero' anche un meccanismo piu' rapido che passa attraverso la cattura di-retta dell'interessato ad opera della polizia giudiziaria italiana: l'autorita' straniera inserisce il mandato nel sistema informatico di Schengen (SIS); la polizia che trova l'interessato lo arresta e lo mette entro 24 ore a disposizione del presidente della corte d'appello del luogo di arresto; la polizia informa il Ministero il quale, urgentemente, richiede allo Stato che ha emesso il mandato di inviare il mandato stesso e la documentazione di cui all' art. 6; entro 48 ore il presidente della corte, con procedura analoga a quella prevista per l'arresto in flagranza di reato o per il fermo di p.g., provvede ad interrogare l'interessato; se non vi sono motivi per una liberazione, il presidente (art. 13) convalida l'arre-sto con ordinanza a norma degli articoli 9 e 10. Vale a dire con ordinanza collegiale. Che si tratti di ordinanza collegiale si ricava dalla lettera dell'art. 9 e dalla logica consi-derazione che non si puo' prevedere una minore tutela giuridica per chi viene arrestato in via sommaria rispetto a colui al quale la misura cautelare viene imposta dopo una procedura in cui puo' anche difendersi preventivamente. Anzi, il caso dell'arresto ad ope-ra della p.g, e' molto piu' delicato perche' la convalida avviene quasi sempre sulla base di elementi molto scarsi. La convalida perde efficacia se entro 10 giorni non perviene il mandato europeo (art. 3; sembra logico ritenere che esso deve essere munito dei prescritti allegati, essen-ziali per valutare la richiesta in tutti i suoi aspetti; per espressa previsione di legge deve pero' essere quantomeno motivato). La corte d'appello puo' richiedere ulteriori informazioni se non ritiene sufficienti quelle contenute nel mandato e suoi allegati (art. 16; questa norma conferma chiaramen-te che la decisione spetta alla corte e non al solo suo presidente). La consegna puo' essere rifiutata in vari casi previsti dall'art. 18; ad es. se il fatto ri-sulta commesso in presenza di esimenti oppure se per lo stesso fatto si procede in Italia. E' evidente che in presenza di queste circostanze non puo' neppure essere imposta una misura cautelare. E' opportuno anche ricordare che la stessa legge di recepimento, art. 2, comma 1, impone: (Garanzie costituzionali). In conformita' a quanto stabilito dall' articolo 6, paragrafi 1 e 2 del Trattato sull'Unione europea e dal punto (12) dei consideranda del preambolo della decisione quadro, l'Italia dara' esecuzione al mandato d'arresto europeo nel rispetto dei seguenti diritti e principi stabiliti dai trattati internazionali e dalla Costituzione: a) i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti del-l'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, in particolare dall' articolo 5 (diritto alla liberta' e alla sicurezza) e dall'articolo 6 (diritto ad un processo equo), nonche' dai Protocolli addizionali alla Convenzione stessa; b) i principi e le regole contenuti nella Costituzione della Repubblica, attinenti al giusto processo, ivi compresi quelli relativi alla tutela della liberta' personale, anche in relazione al diritto di difesa e al principio di eguaglianza, nonche' quelli relativi alla responsabilita' penale e alla qualita' delle sanzioni penali. Questo Collegio ritiene che l'interpretazione seguita dalla Corte di cassazione sia contestabile e che porti a risultati contrari alla Costituzione. La legge 22 aprile 2005, n. 69, ha previsto una autonoma procedura per impugnare «i provvedimenti che decidono sulla consegna della persona interessata» (art. 22) e cioe' il ricorso alla Corte di cassazione che decide, anche nel merito, entro 15 giorni dalla rice-zione degli atti. La formulazione usata dal legislatore lascia perplessi perche' non si capisce bene se egli ha voluto attribuire alla competenza della Cassazione anche la procedura del riesa-me della misura cautelare, oppure semplicemente la valutazione del provvedimento fi-nale che decide la consegna dell'estradando. Dai lavori preparatori sembrerebbe doversi propendere per una volonta' del legislato-re di voler demandare alla Cassazione ogni tipo di decisione, ma il fatto e' che la lettera della legge e' invece insuperabilmente chiara nel limitare la cognizione ai provvedimenti che decidono sulla consegna. In dottrina si e' affermato che il legislatore avrebbe fatto grave confusione usando senza un preciso criterio frasi in cui egli si riferisce alla esecu-zione del mandato ed altre in cui parla della consegna, ma significa attribuire al legisla-tore un'ulteriore colpa che non pare meritarsi perche' un certo criterio lo ha senz'altro os-servato; tra l'altro ha correttamente posto l'art. 22 dopo gli articoli 18-20 in cui si parla della consegna e non certo dell'arresto e relative misure cautelari. Ne' va dimenticato il chiaro richiamo dell'art. 9 alle norme del titolo I, libro IV del codice di procedura penale, da applicarsi in ogni caso in cui esse non contrastano con la legge sul mandato europeo; e proprio non si vede per quale motivo le norme sul tribuna-le del riesame non possano trovare applicazione. Se anch'esse non si applicassero, non resterebbe alcuna norma da applicare, salvo quelle relative a formalita' di dettaglio con violazione della regola ermeneutica per cui una norma non puo' essere interpretata in modo da non avere alcun senso. Inoltre alla disposizione si deve doverosamente dare una interpretazione conforme alla Costituzione, idonea ad evitare disparita' di trattamento; disparita' che sarebbe palese nel caso che si escludesse la competenza del tribunale del riesame perche', senza alcun logico motivo, i termini per la decisione della Cassazione sono maggiori (dieci giorni per attendere gli atti dall'estero piu' quindici giorni dalla ricezione degli atti, contro i dieci giorni del tribunale del riesame; ma i tempi per il ricorso in Cassazione e per la spedi-zione degli atti fa ulteriormente aumentare il tempo che l'estradando trascorrera' in car-cere in attesa della decisione). Inoltre una diversa interpretazione porterebbe a privare l'indagato di un grado di giudizio con disparita' di trattamento sicuramente non ammissi-bile; anzi, in casi del genere, in cui si rinunzia al principio primario della tutela del proprio cittadino, le garanzie giurisdizionali dovrebbero essere maggiori e non minori. Ritiene quindi questo Collegio che non sia manifestamente infondata l'eccezione, sollevata dalla difesa degli indagati, di incostituzionalita' della norma che impedisce a chi e' colpito da un mandato di arresto europeo di far valutare la propria posizione dal tribunale del riesame, secondo l'intepretazione datane dalla Corte di cassazione, in quanto in contrasto con il principio di eguaglianza e con il diritto di difesa. Si rielencano qui brevemente le ragioni che sorreggono i dubbi di incostituzionalita' per violazione del principio di eguaglianza e del diritto di difesa: diversita' dei tempi richiesti dalla decisione sullo status libertatis; posizione valutata solo da un giudice di merito invece che da due giudici (nel no-stro processo la misura cautelare emessa o ripristinata da un giudice, monocratico o col-legiale, poi e' sempre soggetta a valutazione del tribunale del riesame); non pare suffi-ciente a ripristinare il principio dei tre gradi di giudizio l'artificio di far giudicare la Cassazione sia sul merito che sul diritto; maggiori costi legali per il ricorso in Cassazione. Come gia' detto, nessun dubbio vi puo' essere sulla rilevanza della questione perche' questo Collegio ritiene fondati i motivi di impugnazione della misura cautelare applicata e ritiene di non poter decidere solo per effetto della interpretazione data dalla Cassazio-ne alla legge n. 69/2005. Questo Collegio deve comunque adottare una decisione circa lo status degli indagati durante la sospensione del procedimento. In relazione al limitato pericolo di fuga ipotiz-zabile in capo agli indagati, appare misura sufficiente a garantire le esigenze cautelari previste dalla speciale procedura in esame, quella dell'obbligo di firma giornaliero nel luogo di residenza o domicilio.