IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso R.G. n. 588/2007 proposto da: Associazione Ospedalita' Privata (A.I.O.P.) Calabria, Casa di Cura Cascini S.r.l., Biocontrol Check-Up S.r.l. e Biodiagnostica di Carmela Floriana Milano, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi, dal prof. avv. Beniamino Carovita di Toritto, dall'avv. Antonello Fabiano e dall'avv. Enzo Paolini, con domicilio eletto in Catanzaro, piazza Matteotti n. 2, presso lo studio dell'avv. Enzo Paolini; Contro la Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Falduto, dell'Avvocatura regionale ed elettivamente domiciliata presso la sede dell'Avvocatura in Catanzaro, viale De Filippis n. 280; Azienda Sanitaria n. 7 di Catanzaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio, per l'annullamento della delibera della Giunta regionale Calabria n. 169 dell'8 marzo 2007, pubblicata sul BURC del 16 aprile 2007, n. 7, nella parte in cui viene deliberato, quanto segue: 1) di stabilire che per l'anno 2007 le prestazioni di assistenza ospedaliera, di assistenza specialistica ambulatoriale e residenziale e semi residenziale non danno diritto ad alcuna remunerazione nel caso dovessero superare i limiti massimi di spesa rispettivamente stabiliti con il presente provvedimento per ciascuna azienda sanitaria ai sensi della sentenza del Consiglio di stato - Adunanza plenaria n. 8/2006» (punto 11); 2) «di stabilire che per l'anno 2007 alla remunerazione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, erogate dalle strutture pubbliche e private accreditate, saranno applicate le tariffe di cui all'art. 3, comma 1, lett. a) del d.m. 12 settembre 2006, escludendo ogni altro altro tipo di prestazione individuata dal nomenclatore tariffario regionale» (punto 14); 3) «di stabilire che per le prestazioni di specialistica ambulatoriale le strutture private accreditate sono obbligate a praticare ai sensi del comma 798, lettera i) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 del d.m. 12 settembre 2006 lo sconto del 2% per le prestazioni di specialistica (compresa la diagnostica per immagni) e del 20% per le prestazioni di diagnostica di laboratorio» (punto 15); e, con ricorso per motivi aggiunti depositato il 7 settembre 2007, contro la Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Falduto, dell'Avvocatura regionale, ed elettivamente domiciliata presso la sede dell'Avvocatura in Catanzaro, viale De Filippis, 280; Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio, per l'annullamento della delibera della Giunta regionale 1 giugno 2007, n. 330, recante integrazioni e correzioni all'impugnata delibera 8 marzo 2007, n. 169; Visti gli atti e i documenti presentati con il ricorso; Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore, per l'udienza del 23 novembre 2007, il dott. Giovanni Ruiu; Sentiti gli avvocati presenti, come da verbale d'udienza; Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue. F a t t o L'Associazione ricorrente, che riunisce le strutture private che forniscono prestazioni ospedaliere in regime di accreditamento con la Regione Calabria, unitamente a tre strutture sanitarie private, con ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Calabria, depositato il 18 giugno 2007 impugna la delibera regionale n. 169 del 12 marzo 2007, nella parte in cui viene deliberato, quanto segue: 1) «di stabilire che per l'anno 2007 le prestazioni di assistenza ospedaliera, di assistenza specialistica ambulatoriale e residenziale e semi residenziale non danno diritto ad alcuna remunerazione nel caso dovessero superare i limiti massimi di spesa rispettivamente stabiliti con il presente provvedimento per ciascuna azienda sanitaria ai sensi della sentenza del Consiglio di stato - Adunanza Plenaria n. 8/2006» (punto 11); 2) «di stabilire che per l'anno 2007 alla remunerazione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, erogate dalle strutture pubbliche e private accreditate, saranno applicate le tariffe di cui all'art. 3 comma 1 lett. a) del d.m. 12 settembre 2006, escludendo ogni altro tipo di prestazione individuata dal nomenclatore tariffario regionale» (punto 14); 3) «di stabilire che per le prestazioni di specialistica ambulatoriale le strutture private accreditate sono obbligate a praticare ai sensi del comma 798, lettera I) della legge 27 dicembre 2006 n. 296 lo sconto del 2% per. le prestazioni di specialistica (compresa la diagnostica per immagine e del 20% per le prestazioni di diagnostica di laboratorio» (punto 15); Le ricorrenti deducono l'illegittimita' della delibera regionale, articolando le seguenti censure: 1) Violazione ed errata applicazione dell'art. 1, comma 4 della legge della regione Calabria n. 2 del 1996 e dell'art. 1 comma 5 della legge regionale n. 11 del 2004. Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per disparita' di trattamento ed ingiustizia manifesta. I ricorrenti affermano che le norme impugnate creerebbero un'evidente disparita' di trattamento tra le strutture pubbliche e quelle private, imponendo solo ad esse gli sconti in essa previsti. Al contrario, la normativa nazionale e regionale in materia prevede che le strutture pubbliche e private debbano operare su un piano di parita'. 2) Illegittimita' derivata dalla illegittimita' Costituzionale, per violazione degli artt. 3, 32, 41, 97 e 117 Cost. dell'art. 1, comma 796, lettera o) della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007). Le parti deducono l'illegittimita' derivata della delibera regionale impugnata per illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 796, lettera o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) che impone alle regioni di applicare uno sconto percentuale fisso sulla renumerazione delle prestazioni specialistiche e di diagnostica solo nei confronti delle strutture private. La delibera impugnata farebbe riferimento in maniera specifica a questa norma, nonostante l'errato riferimento al comma 798, lett. l) (invece che o) della legge. 3) Illegittimita' derivata dalla illegittimita' Costituzionale, per violazione degli artt. 3, 32, 41, 97 e 117 Cost. dell'art. 1, comma 796, lettera o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). L'art. 1, comma 796, lettera o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) prevede che gli sconti ivi previsti vengano applicate sulle tariffe stabilite dall'art. 3, comma 1, del d.m. 12 settembre 1996, escludendo ogni altro tipo di prestazione individuata dal tariffario regionale. In particolare il d.m. citato e' stato annullato dal Consiglio di Stato con sentenza della sezione IV n. 1839 del 2001. Il legislatore avrebbe quindi riprodotto le tariffe considerate illegittime dal Consiglio di Stato in uno strumento legislativo, con conseguente violazione del principio costituzionale di ragionevolezza e un eccesso di potere legislativo rispetto al potere giurisdizionale. Inoltre costituirebbe una violazione del principio costituzionale di ragionevolezza anche il mancato aggiornamento delle tariffe da parte del Ministero della salute. 4) Violazione ed errata applicazione dell'art. 3 del d.m. 15 aprile 1994. Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta e mancanza di idonei parametri di riferimento. Qualora il punto 14 della deliberazione dovesse essere interpretato come una diretta applicazione del decreto del Ministero della sanita' del 22 luglio 1996, richiamato dal d.m. 12 settembre 2006, lo stesso non potrebbe che riportare i vizi riscontrati dal Consiglio di Stato nella citata sentenza C.d.s., sezione IV, n. 1839 del 2001. 5) Illegittimita' derivata dalla illegittimita' Costituzionale, per violazione degli artt. 3, 97, 117 e 119 della Cost. dell'art. 1 comma 796, lettera o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). Le ricorrenti individuano un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale del citato articolo, in quanto lo stesso interverrebbe pesantemente nell'autonomia finanziaria regionale, violando la ripartizione di competenze di cui all'art. 117 Cost. e l'autonomia finanziaria di cui all'art. 119 Cost. 6) Illegittimita' derivata dalla illegittimita' Costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 97 della Cost. dell'art. 1, comma 796, lettera o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). Lo sconto stabilito dall'articolo inciderebbe in misura fissa sulle tariffe per le prestazioni ambulatoriali e di laboratorio, essendo calcolato in percentuale riguardo alle tariffe stabilite del d.m. 12 settembre 1996 mentre, al contrario, le tariffe applicate dalle regioni avrebbero notevoli differenze, per cui lo sconto eroderebbe le tariffe in maniera diversa a seconda delle tariffe applicate all'interno della regione. 7) Violazione dell'art. 8-quinquies d.lgs. n. 509/1992. Travisamento falsa applicazione dei principi stabiliti da C.d.S. AP 8/2006. Sarebbe errata la parte della delibera che richiama, per giustificare la mancata renumerazione delle prestazioni in caso di superamento dei tetti di spesa, la sentenza resa del Consiglio di Stato nell'Adunanza plenaria 8/2006. Si e' costituita la regione deducendo l'inammissibilita' del ricorso per carenza di legittimazione attiva dell'A.I.O.P. e delle tre concorrenti e per la mancata impugnazione dell'atto presupposto, costituito dal d.m. 12 settembre 2006, con omessa notifica dello stesso al Ministero della salute. Con il controricorso la regione ha, altresi', controdedotto nel merito, chiedendo il rigetto del ricorso, ove non ritenuto inammissibile. Con ricorso per motivi aggiunti, depositato il 7 settembre 2007, le ricorrenti hanno altresi' impugnato la delibera della Giunta regionale 1° giugno 2007, n. 330, recante integrazioni e correzioni all'impugnata delibera 8 marzo 2007, n. 169, ritenendo illegittima la stessa per invalidita' derivata e difetto di motivazione. Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 23 novembre 2007. D i r i t t o Con il presente gravame l'Associazione ricorrente, che riunisce le strutture private che forniscono prestazioni ospedaliere in regime di accreditamento con la regione Calabria, unitamente a tre strutture private, impugna la delibera n. 169 del 12 marzo 2007, pubblicata sul B.U.R.C. del 16 aprile 2007, n. 7, con la quale la Giunta regionale Calabria stabilisce che': per l'anno 2007, alla remunerazione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, erogate dalle strutture pubbliche e private accreditate, saranno applicate le tariffe di cui all'art. 3, comma 1, lett. a) del d.m. 12 settembre 2006, escludendo ogni altro tipo di prestazione individuata dal nomenclatore tariffario regionale (punto 14); per le prestazioni di specialistica ambulatoriale le strutture private accreditate sono obbligate a praticare ai sensi del comma 798, lettera o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296, lo sconto del 2% per le prestazioni di specialistica (compresa la diagnostica per immagini) e del 2% per le prestazioni di diagnostica di laboratorio (punto 15); per l'anno 2007 le prestazioni di assistenza ospedaliera, di assistenza specialistica ambulatoriale e residenziale e semi residenziale non danno diritto ad alcuna remunerazione nel caso dovessero superare i limiti massimi di spesa rispettivamente stabiliti con il presente provvedimento per ciascuna azienda sanitaria (punto 11). I n r i t o Il Collegio esamina, in via preliminare, le eccezioni di rito proposte dalla difesa della regione. Con la prima eccezione la regione deduce l'inammissibilita' del ricorso per difetto di legittimazione attiva dell'A.I.O.P. La mancanza di legittimazione deriverebbe dal fatto che, dall'annullamento della delibera impugnata potrebbero scaturire conseguenze favorevoli per alcune delle associate e pregiudizievoli per le altre. In particolare, l'annullamento dello sconto del 2% sulle prestazione specialistiche e del 20% per quelle di diagnostica di laboratorio provocherebbe uno spostamento delle risorse che, non potendosi superare le somme stanziate nell'anno di riferimento, potrebbe essere potenzialmente lesiva dell'interesse di altri aderenti. L'eccezione non puo' essere condivisa. In particolare la delibera impugnata riguarda, al punto 11 le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e residenziale, al punto 14 e 15 quelle di specialistica ambulatoriale. Si tratta di prestazioni potenzialmente fornibili da tutte le strutture accreditate, per cui l'eccezione che afferma che il ricorso sarebbe nell'interesse solo di alcune delle strutture appare generica e non provata in concreto. Altresi' appare infondata l'eccezione relativa alla legittimazione a ricorrere delle cliniche concorrenti. Infatti, come e' noto, spetta a chi propone l'eccezione (nella specie, di inammissibilita' del ricorso per non comprovata legittimazione attiva da parte dei proponenti) offrire la prova dei fatti sui quali essa si fonda. Nel caso in esame l'eccezione si fonda su una mancata prova della legittimazione attiva da parte delle ricorrenti, senza fornire alcun elemento atto a contestare che le strutture ricorrenti forniscano prestazioni residenziali o ambulatoriali in regime di accreditamento con la regione Calabria. E' altresi' infondata l'eccezione relativa all'inammissibilita' del ricorso per mancata impugnazione del d.m. 12 settembre 2006 e, conseguentemente, per la mancata notifica del ricorso al Ministero della salute. Il d.m. 12 settembre 2006 non infatti ha alcuna autonoma rilevanza in quanto esso, nel caso di specie, apparendo lesivo nella parte in cui riproduce gli importi tariffari massimi della remunerazione delle prestazioni indicati con il d.m. 1996 richiamato dalla norma di legge primaria, ovvero dal comma 796, lett. o), della legge n. 296/2006. Nel presente ricorso il d.m. del 12 settembre 2006 non viene quindi in rilievo autonomamente, in quanto le societa' ricorrenti si dolgono della applicazione delle tariffe fissate dal decreto ministeriale del 1996, richiamato dalla norma della finanziaria, e mai aggiornate, benche' sia trascorso un decennio, in relazione all'inevitabile aumento dei costi dei fattori produttivi. La reiezione di tutte le eccezioni in rito impone il passaggio all'esame del merito. I n d i r i t t o Per quanto gia' accennato nell'esame delle eccezioni in rito, e posto cioe' che sono le disposizioni della legge finanziaria per il 2007, art. 1, comma 796, lett. o), le norme di cui la Regione Calabria fa diretta applicazione nel deliberare le tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni assistenziali e nel fissare, conseguentemente, i tetti di spesa, la impugnazione della delibera regionale deve passare attraverso l'eventuale esame della questione di legittimita' costituzionale della suddetta disposizione che il Collegio, viste le argomentazioni di parte ricorrente e richiamata l'ordinanza del Tribunale amministrativo regionale Lecce 19 ottobre 2007, n. 3631, peraltro richiamata dalle ricorrenti con memoria del 12 novembre 2007 che ha gia' rimesso alla Corte costituzionale detta questione, ritiene rilevante e non manifestamente infondata. In punto di rilevanza va ribadito che l'Associazione ricorrente raggruppa strutture sanitarie private che erogano, in regime di accreditamento con il Servizio sanitario regionale della Calabria, prestazioni specialistiche ambulatoriali. Il rapporto di accreditamento con il S.S.R. (art. 8-quater e seguenti del d.lgs. n. 502/1992 e s.m.i.) presuppone: la fissazione da parte dell'ASL competente per territorio nei confronti delle strutture accreditate dei c.d. tetti di spesa annuali, i quali esprimono il limite massimo di prestazioni che l'amministrazione sanitaria ritiene di acquistare dagli operatori privati nell'anno di riferimento, nei limiti delle risorse assegnate dalla regione ed in conformita' alle vigenti disposizioni normative nazionali e regionali; la remunerazione di tali prestazioni a tariffa (art. 8-quinquies, lett. d), e art. 8-sexies del d.lgs. n. 502/1992). Al riguardo, con d.m. 22 luglio 1996 il Ministero della salute aveva stabilito le tariffe massime relative alle prestazioni di specialistica ambulatoriale, tariffe che le Regioni erano libere di recepire tout court, al contrario, di prendere a base per un'autonoma determinazione dei corrispettivi dovuti alle strutture private, sopportando pero' gli eventuali costi differenziali. La Regione Calabria, con la delibera impugnata, non si avvalsa di tale facolta', rinviando alle tariffe del d.m. 2006, id est del 1996, escludendo ogni altro tipo di prestazione individuata dal nomenclatore tariffario regionale. La delibera gravata, quindi, in piena applicazione dell'art. 1, comma 796, lett. o) della legge n. 296/2006, determinerebbe la remunerazione delle prestazioni rese nel 2007 dalle strutture private convenzionate, odierne ricorrenti, in base alle tariffe fissate dal d.m. 22 luglio 1996 sulle quali dovrebbe altresi' applicarsi uno sconto del 2% per le prestazioni di specialistica (compresa la diagnostica per immagini) e del 20% per le prestazioni di specialistica oratorio, escludendosi il diritto alla remunerazione nel caso di superamento dei limiti massimi di spesa stabiliti con la delibera gravata per ciascuna azienda sanitaria. Il risultato della applicazione di tale delibera, che viene impugnata davanti a questo Tribunale amministrativo regionale con l'odierno ricorso, sarebbe costituita dal pagamento delle prestazioni, rese nel 2007 dalle strutture in regime di accreditamento, in misura assai ridotta rispetto alle legittime aspettative ed insufficiente a coprire i costi, con il rischio verosimile di cessazione dell'attivita' per esposizione debitoria. Il Collegio non ignora le sentenze della Corte costituzionale (tra cui la n. 111/2005 e, piu' di recente la n. 257/2007) che hanno ritenuto costituzionalmente legittima la scelta discrezionale di politica sanitaria e di contenimento della spesa pubblica che ha portato ad ancorare l'ammontare della spesa sanitaria a dati storici concernenti gli stanziamenti previsti per anni precedenti. Rileva, tuttavia, il Collegio come l'ipotesi sub judice sia sostanzialmente diversa. Non e' il volume quantitativo delle prestazioni sanitarie che possono essere acquistate dalle strutture convenzionate, ovvero l'importo complessivo della spesa da sostenere, a costituire oggetto della questione qui sollevata, bensi' la remunerazione di tali prestazioni ad un prezzo manifestamente inadeguato a coprirne i costi, per essere ancorato a tariffe di dieci anni prima. Per quanto attiene alla non manifesta infondatezza, il Collegio, sollevando la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 796, lett. o) della legge n. 296/2006 per violazione degli artt. 24, 113, 3, 32, 41, 97 e 117 e 119 Cost., regolarmente dedotta da parte ricorrente, espone le seguenti argomentazioni. Appare violato il disposto costituzionale di cui agli artt. 24 e 113 laddove la norma in esame rinvia, prescrivendone l'applicazione, ad un d.m. del 22 luglio 1996, annullato in via definitiva, dal Consiglio di Stato con sentenza della IV sezione del 29 marzo 2001. Si richiama, a tale proposito, il principio, piu' volte affermato dalla Corte costituzionale (cfr. sentenza 15 luglio 2005, n. 282), in base al quale, tra i limiti posti al legislatore vi e' quello del rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario, essendo comunque precluso al legislatore di intervenire con norme aventi portata tale da annullare gli effetti di un giudicato. Con la richiamata sentenza del Consiglio di Stato del 2001 il decreto ministeriale del 1996 era stato annullato in quanto le tariffe per la remunerazione delle prestazioni erano state fissate senza una previa ed adeguata valutazione della loro congruita'. Il legislatore, a distanza di 10 anni, le recepisce, ignorando quanto aveva formato oggetto di un giudicato e senza dar conto alcuno delle ragioni per le quali dette tariffe avrebbero potuto mantenere un qualche valore remunerativo delle prestazioni indicate. La disposizione di legge appare, sotto tale profilo, collidere anche con il principio di ragionevolezza, contenuto nell'art. 3 Cost., laddove imporrebbe tariffe non remunerative dei costi di produzione a quelle strutture che, in virtu' di un impegno contrattuale con l'amministrazione sanitaria, si sono vincolate a fornire agli utenti del servizio sanitario un certo numero di prestazioni. L'accreditamento con il SSN, in virtu' di tale disciplina tariffaria, si risolve in una deteriore condizione per tali strutture che si vedono remunerare le prestazioni rese nel 2007 con importi gia' sospetti di inadeguatezza nel 1996, a fronte di un aumento consistente dei costi e del valore della moneta in 10 anni. Il deteriore trattamento delle strutture accreditate sarebbe incostituzionale, per violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, non solo rispetto alle strutture private che forniscono identici servizi a cittadini paganti, ma anche rispetto alle strutture pubbliche, le quali continuerebbero a godere di quel particolare favor legislatoris che consente loro di essere comunque remunerate appieno, senza alcuna «decurtazione di sconto». Mentre quelle private avrebbero dovuto operare «sottocosto»; con un'ingiustificabile compromissione della logica concorrenziale ad uno spropositato aumento dei costi delle prestazioni erogate dal pubblico (cosi' Tribunale amministrativo regionale Roma 12 dicembre 2007, n. l2978). Tale applicazione di tariffe cosi' datate, con tanto di sconti aggiuntivi non puo' essere giustificata solo con la logica di razionalizzazione la spesa pubblica. Cio' colliderebbe fortemente con il diritto di libera iniziativa economica privata sancito dall'art. 41 Cost. (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 111 del 18 marzo 2005 e Tribunale amministrativo regionale Lecce, ord. n. 4275/2005). Violato, infatti, appare, altresi', l'art. 41 Cost. e i principi in esso contenuti a tutela dell'iniziativa privata, laddove si vogliono remunerare nel 2007 prestazioni ambulatoriali con tariffe gia' giudicate di dubbia adeguatezza nel 1996 e, in aggiunta, prevedendo uno sconto, per alcune, del 20% e, per altre, del 2% su detti importi. E' evidente l'irragionevolezza di tale previsione, alla luce del diminuito potere economico d'acquisto della moneta, in modo particolare a seguito del passaggio dalla lira all'euro, e del sensibile aumento dei costi di produzione in dieci anni. Il legislatore, nel momento in cui intende adottare una disposizione di legge che si atteggia a provvedimento amministrativo, benche' generale, sostituendosi all'amministrazione, avrebbe dovuto far precedere tale disposizione da un'adeguata istruttoria che rendesse conto della tanto drastica diminuzione delle tariffe, ovvero della loro formale immobilita', nonostante il trascorrere di un simile lasso di tempo (Tribunale amministrativo regionale Roma 6 dicembre 2007, n. 12623). Il legislatore della finanziaria, con la disposizione della cui legittimita' costituzionale si tratta, non solo conferma le tariffe del 1996, come peraltro gia' operato dal d.m. 12 settembre 2006, ma ad esse ritiene applicabile una ulteriore riduzione tramite uno sconto da praticarsi obbligatoriamente, rispettivamente del 2% e del 20%. La disposizione di legge appare, altresi', violare l'art. 32 Cost. ovvero il diritto alla salute sotto il duplice profilo del diritto a ottenere le prestazioni sanitarie e il diritto di libera scelta degli assistiti, in quanto l'applicazione delle regole dell'art. 1, comma 796, lett. o) della legge n. 296/2006 appare idonea a pregiudicare l'erogazione di prestazioni sanitarie ove, come risulta incontestato, le strutture pubbliche non sono in grado di fornire le prestazioni richieste e quelle private convenzionate sono richieste di fornire prestazioni a prezzi insufficienti a coprire i costi. La presenza significativa degli operatori privati nel SSN risponde ad esigenze insopprimibili dell'Amministrazione sanitaria, la quale non riesce, con le proprie strutture, a garantire l'erogazione delle prestazioni sanitarie a favore degli utenti, per cui non si potrebbe nemmeno sostenere che le strutture private, se ritengono non convenienti le tariffe, possano «uscire» dal sistema. Spetta invece all'amministrazione competente, previa adeguata istruttoria, decidere se rilasciare o meno l'accreditamento e stabilire annualmente il volume di prestazioni che intende acquistare dai privati; nel momento in cui rilascia l'accreditamento e fissa i tetti di spesa annuali, l'amministrazione sanitaria riconosce di aver bisogno dell'ausilio degli operatori privati, i quali vanno pero' adeguatamente remunerati (Cfr. Tribunale amministrativo regionale Roma 12 dicembre 2007, n. 12978). In materia di fissazione delle tariffe con decreto ministeriale l'art. 8-sexies del d.lgs. n. 502/1992, ai commi 5 e 6, prevede espressamente che «...5. Il Ministro della sanita', sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'art. 120, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, con apposito decreto individua i sistemi di classificazione che definiscono l'unita' di prestazione o di servizio da remunerare e determina le tariffe massime da corrispondere alle strutture accreditate, in base ai costi standard di produzione e di quote standard di costi generali, calcolati su un campione rappresentativo di strutture accreditate, preventivamente selezionate secondo criteri di efficienza, appropriatezza e qualita' della assistenza. Lo stesso decreto stabilisce i criteri generali in base ai quali le regioni, adottano il proprio sistema tariffario, articolando tali tariffe per classi di strutture secondo le loro caratteristiche organizzative e di attivita', verificati in sede di accreditamento delle strutture stesse. 6. Con la procedura di cui al comma 5, sono effettuati periodicamente la revisione del sistema di classificazione delle prestazioni e l'aggiornamento delle relative tariffe, tenendo conto della definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza e delle relative previsioni di spesa, dell'innovazione tecnologica e organizzativa, nonche' dell'andamento del costo dei principali fattori produttivi...». Come si vede, la norma menziona, quale elemento fondamentale di cui tenere conto nella determinazione delle tariffe, i costi di produzione (o, nello spirito della tariffa, una quota di essi) e prevede un certo iter istruttorio, basato sulla rilevazione periodica dei costi ma anche sulla revisione dei c.d. LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Questo iter appare innanzitutto improntato a principi di buon senso, a cui la p.a. e il Legislatore non possono non attenersi, soprattutto allorquando il potere pubblicistico venga ad incidere sulla materia negoziale. In effetti, il rapporto fra S.S.R. e strutture private appartiene al genus della concessione amministrativa, per cui esso si compone, secondo una nota e condivisa teoria, di provvedimenti (nel caso di specie, in primo luogo quello con cui viene rilasciato il c.d. accreditamento, nonche' quelli con cui vengono annualmente stabiliti i tetti di spesa), a cui «accede» un contratto privatistico, il quale stabilisce fondamentalmente la quantita' di prestazioni che la struttura accreditata puo' erogare nell'anno di riferimento e il prezzo a cui tali prestazioni sono remunerate. Questo prezzo e' si' costituito da una tariffa, ossia, da un valore la cui determinazione e' rimessa al concedente o ad un'altra autorita' amministrativa, ma questo non significa che la tariffa non debba essere fissata in base a criteri oggettivi e verificabili dal contraente privato (Cosi' ord. Tribunale amministrativo regionale Lecce, sez. II, 3631/2007). L'omessa effettuazione, o menzione, di una compiuta istruttoria che in base alla normativa. richiamata era dovuta, da' luogo, altresi', ad una violazione dell'art. 97 Cost., in quanto la p.a., ma anche il legislatore, ove a questa si surroghi con l'emanazione di una legge-provvedimento, deve sempre porre a base del proprio operato un'adeguata conoscenza dei fatti, della quale deve dare conto nella motivazione del provvedimento terminale. Nel caso della legge, naturalmente, la motivazione puo' anche consistere nel richiamo, espresso o implicito, ai lavori preparatori o ad altri atti che nella specie viene espressamente posticipata, il che da' luogo ad un'illogica inversione del procedimento, ma al tempo stesso conferma essere stata omessa. Ma sussiste anche un ulteriore motivo di violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, anche esso regolarmente sollevato da parte ricorrente. Infatti lo sconto, piu' volte richiamato, rispettivamente del 2% e del 20% imposto sulle prestazioni specialistiche e ambulatoriali e' imposto sugli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del Ministro della sanita' 22 luglio 1996, assumendo quindi una misura fissa. Lo sconto finisce quindi per incidere in maniera diversa sulle strutture operanti nelle regioni che hanno adeguato le tariffe al livello minimo previsto dal piu' volte citato d.m. 22 luglio 1996 (e, successivamente, dal d.m. 12 luglio 2006), che sopportano il massimo ammontare dello sconto e quelle che hanno applicato tariffe maggiori, dove al contrario lo sconto opera, in percentuale, su una tariffa minore, risultando quindi minore in senso assoluto. Come dedotto dal ricorrente, l'imposizione dello sconto in percentuale sulle tariffe previste dal piu' volte citato d.m. e non in misura percentuale sulle tariffe effettivamente praticate appare in contrasto con i principi di uguaglianza, razionalita' e buon andamento e imparzialita' dell'azione amministrativa, espressi dagli artt. 3 e 97 della Carta costituzionale. Infine, la disposizione di cui all'art. 1, comma 796, lett. o) della legge finanziaria per il 2007, si pone in contrasto con gli artt. 117 e 119 Cost. Con il sistema realizzato dalla censurata disposizione e' lo Stato a fissare le tariffe, attraverso un meccanismo, quello del decreto ministeriale che nel caso del d.m. del 2006, cui rinvia la disposizione gravata, ha visto il parere contrario della Conferenza Stato-regioni. Questa particolare vicenda allora vede il legislatore statale sconfinare dalla propria competenza in materia e individuare analiticamente i tagli alle tariffe sia con la riesumazione delle tariffe previste dall'ormai annullato d.m. del 1996 e poi con l'applicazione delle percentuali di sconto sopra ricordate. Pur dovendosi ritenere che le esigenze di contenimento della spesa pubblica, e il conseguente potere dello Stato di dettare norme di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.), militino nel senso della legittimita' in parte qua della legge n. 296/2006, i recenti arresti della Corte costituzionale, in materia di limiti della legislazione statale in tema di individuazione dei settori in cui le regioni debbono operare «tagli», indurrebbero a ritenere violato l'ambito di competenza legislativa statale. Con le note sentenze della Consulta 390 del 2004, 417 e 449 del 2005, 88 del 2006 e 157 del 2007, si e', infatti, ritenuto non spettare allo Stato l'individuazione dettagliata delle voci di costo dei bilanci regionali da ridurre, potendo il Legislatore statale stabilire solo i principi fondamentali della materia e, al limite, la misura delle riduzioni di spesa (Cfr. Tribunale amministrativo regionale Roma 6 dicembre 20007, n. 12623), in quanto le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli artt. 117, terzo comma della Costituzione, e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost. Conclusivamente, ritenendo che la questione di legittimita' costituzionale per violazione degli artt. 24 e 113, 32, 3, 41, 97, 117 e 119 dell'art. 1, comma 796, lett. o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sia rilevante e non manifestamente infondata, il Collegio sospende il giudizio e, riservata ogni altra decisione, rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale. Rinvia al definitivo la statuizione sulle spese di causa.