IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso R.G. n. 588/2007
proposto  da:  Associazione  Ospedalita' Privata (A.I.O.P.) Calabria,
Casa   di   Cura   Cascini   S.r.l.,  Biocontrol  Check-Up  S.r.l.  e
Biodiagnostica  di Carmela Floriana Milano, in persona dei rispettivi
rappresentanti  legali pro tempore, rappresentati e difesi, dal prof.
avv.  Beniamino  Carovita  di  Toritto, dall'avv. Antonello Fabiano e
dall'avv.  Enzo  Paolini,  con  domicilio eletto in Catanzaro, piazza
Matteotti n. 2, presso lo studio dell'avv. Enzo Paolini;
   Contro la Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta
regionale   pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Paolo
Falduto,   dell'Avvocatura  regionale  ed  elettivamente  domiciliata
presso  la  sede  dell'Avvocatura  in  Catanzaro,  viale  De Filippis
n. 280;  Azienda  Sanitaria  n. 7 di Catanzaro, in persona del legale
rappresentante   pro   tempore,   non  costituita  in  giudizio,  per
l'annullamento  della delibera della Giunta regionale Calabria n. 169
dell'8  marzo  2007,  pubblicata  sul  BURC del 16 aprile 2007, n. 7,
nella parte in cui viene deliberato, quanto segue:
     1) di stabilire che per l'anno 2007 le prestazioni di assistenza
ospedaliera, di assistenza specialistica ambulatoriale e residenziale
e  semi  residenziale  non  danno diritto ad alcuna remunerazione nel
caso  dovessero  superare  i  limiti massimi di spesa rispettivamente
stabiliti   con   il  presente  provvedimento  per  ciascuna  azienda
sanitaria  ai  sensi della sentenza del Consiglio di stato - Adunanza
plenaria n. 8/2006» (punto 11);
     2)  «di  stabilire  che per l'anno 2007 alla remunerazione delle
prestazioni  di  specialistica ambulatoriale, erogate dalle strutture
pubbliche  e private accreditate, saranno applicate le tariffe di cui
all'art.  3, comma 1, lett. a) del d.m. 12 settembre 2006, escludendo
ogni  altro  altro  tipo  di prestazione individuata dal nomenclatore
tariffario regionale» (punto 14);
     3)  «di  stabilire  che  per  le  prestazioni  di  specialistica
ambulatoriale  le  strutture  private  accreditate  sono  obbligate a
praticare  ai sensi del comma 798, lettera i) della legge 27 dicembre
2006,  n. 296  del  d.m.  12  settembre  2006 lo sconto del 2% per le
prestazioni  di specialistica (compresa la diagnostica per immagni) e
del 20% per le prestazioni di diagnostica di laboratorio» (punto 15);
e,  con  ricorso  per motivi aggiunti depositato il 7 settembre 2007,
contro  la  Regione  Calabria, in persona del Presidente della Giunta
regionale   pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Paolo
Falduto,  dell'Avvocatura  regionale,  ed  elettivamente  domiciliata
presso  la sede dell'Avvocatura in Catanzaro, viale De Filippis, 280;
Azienda  sanitaria  provinciale  di  Catanzaro, in persona del legale
rappresentante   pro   tempore,   non  costituita  in  giudizio,  per
l'annullamento  della  delibera della Giunta regionale 1 giugno 2007,
n. 330,  recante  integrazioni  e correzioni all'impugnata delibera 8
marzo 2007, n. 169;
   Visti gli atti e i documenti presentati con il ricorso;
   Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Designato  relatore,  per l'udienza del 23 novembre 2007, il dott.
Giovanni Ruiu;
   Sentiti gli avvocati presenti, come da verbale d'udienza;
   Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue.
                              F a t t o
   L'Associazione  ricorrente,  che riunisce le strutture private che
forniscono prestazioni ospedaliere in regime di accreditamento con la
Regione  Calabria,  unitamente a tre strutture sanitarie private, con
ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Calabria,
depositato il 18 giugno 2007 impugna la delibera regionale n. 169 del
12 marzo 2007, nella parte in cui viene deliberato, quanto segue:
     1)   «di  stabilire  che  per  l'anno  2007  le  prestazioni  di
assistenza  ospedaliera,  di assistenza specialistica ambulatoriale e
residenziale   e  semi  residenziale  non  danno  diritto  ad  alcuna
remunerazione  nel  caso dovessero superare i limiti massimi di spesa
rispettivamente  stabiliti con il presente provvedimento per ciascuna
azienda  sanitaria  ai  sensi della sentenza del Consiglio di stato -
Adunanza Plenaria n. 8/2006» (punto 11);
     2)  «di  stabilire  che per l'anno 2007 alla remunerazione delle
prestazioni  di  specialistica ambulatoriale, erogate dalle strutture
pubbliche  e private accreditate, saranno applicate le tariffe di cui
all'art.  3  comma  1 lett. a) del d.m. 12 settembre 2006, escludendo
ogni   altro   tipo   di  prestazione  individuata  dal  nomenclatore
tariffario regionale» (punto 14);
     3)  «di  stabilire  che  per  le  prestazioni  di  specialistica
ambulatoriale  le  strutture  private  accreditate  sono  obbligate a
praticare  ai sensi del comma 798, lettera I) della legge 27 dicembre
2006  n. 296  lo  sconto  del 2% per. le prestazioni di specialistica
(compresa la diagnostica per immagine e del 20% per le prestazioni di
diagnostica di laboratorio» (punto 15);
   Le  ricorrenti deducono l'illegittimita' della delibera regionale,
articolando le seguenti censure:
     1)  Violazione ed errata applicazione dell'art. 1, comma 4 della
legge  della  regione  Calabria  n. 2  del 1996 e dell'art. 1 comma 5
della  legge  regionale n. 11 del 2004. Violazione degli artt. 3 e 97
della  Costituzione.  Eccesso di potere per disparita' di trattamento
ed ingiustizia manifesta.
   I   ricorrenti   affermano  che  le  norme  impugnate  creerebbero
un'evidente  disparita'  di  trattamento tra le strutture pubbliche e
quelle  private,  imponendo solo ad esse gli sconti in essa previsti.
Al  contrario,  la normativa nazionale e regionale in materia prevede
che  le  strutture pubbliche e private debbano operare su un piano di
parita'.
     2)  Illegittimita' derivata dalla illegittimita' Costituzionale,
per  violazione  degli  artt.  3, 32, 41, 97 e 117 Cost. dell'art. 1,
comma  796,  lettera  o)  della  legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge
finanziaria 2007).
   Le   parti   deducono  l'illegittimita'  derivata  della  delibera
regionale  impugnata  per  illegittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma  796,  lettera  o)  della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge
finanziaria  2007)  che  impone  alle regioni di applicare uno sconto
percentuale    fisso    sulla    renumerazione    delle   prestazioni
specialistiche  e  di  diagnostica solo nei confronti delle strutture
private.   La  delibera  impugnata  farebbe  riferimento  in  maniera
specifica  a  questa  norma, nonostante l'errato riferimento al comma
798, lett. l) (invece che o) della legge.
     3)  Illegittimita' derivata dalla illegittimita' Costituzionale,
per  violazione  degli  artt.  3, 32, 41, 97 e 117 Cost. dell'art. 1,
comma  796,  lettera  o)  della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge
finanziaria 2007).
   L'art.  1,  comma  796,  lettera  o) della legge 27 dicembre 2006,
n. 296  (legge  finanziaria 2007) prevede che gli sconti ivi previsti
vengano  applicate  sulle tariffe stabilite dall'art. 3, comma 1, del
d.m.  12  settembre  1996,  escludendo ogni altro tipo di prestazione
individuata  dal  tariffario regionale. In particolare il d.m. citato
e'  stato annullato dal Consiglio di Stato con sentenza della sezione
IV  n. 1839  del  2001.  Il  legislatore avrebbe quindi riprodotto le
tariffe  considerate  illegittime  dal  Consiglio  di  Stato  in  uno
strumento  legislativo,  con  conseguente  violazione  del  principio
costituzionale  di  ragionevolezza e un eccesso di potere legislativo
rispetto   al   potere  giurisdizionale.  Inoltre  costituirebbe  una
violazione  del  principio  costituzionale di ragionevolezza anche il
mancato  aggiornamento  delle  tariffe  da  parte del Ministero della
salute.
     4)  Violazione  ed  errata  applicazione dell'art. 3 del d.m. 15
aprile  1994.  Violazione  degli  artt.  3  e  97 della Costituzione.
Eccesso  di  potere  per  ingiustizia  manifesta e mancanza di idonei
parametri di riferimento.
   Qualora   il   punto   14   della   deliberazione  dovesse  essere
interpretato  come una diretta applicazione del decreto del Ministero
della  sanita'  del  22 luglio 1996, richiamato dal d.m. 12 settembre
2006,  lo  stesso  non  potrebbe che riportare i vizi riscontrati dal
Consiglio  di Stato nella citata sentenza C.d.s., sezione IV, n. 1839
del 2001.
     5)  Illegittimita' derivata dalla illegittimita' Costituzionale,
per  violazione  degli artt. 3, 97, 117 e 119 della Cost. dell'art. 1
comma  796,  lettera  o)  della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge
finanziaria 2007).
   Le  ricorrenti  individuano un ulteriore profilo di illegittimita'
costituzionale del citato articolo, in quanto lo stesso interverrebbe
pesantemente   nell'autonomia   finanziaria  regionale,  violando  la
ripartizione  di  competenze  di cui all'art. 117 Cost. e l'autonomia
finanziaria di cui all'art. 119 Cost.
     6)  Illegittimita' derivata dalla illegittimita' Costituzionale,
per violazione degli artt. 3 e 97 della Cost. dell'art. 1, comma 796,
lettera  o)  della  legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria
2007).
   Lo  sconto  stabilito  dall'articolo  inciderebbe  in misura fissa
sulle  tariffe  per  le  prestazioni  ambulatoriali e di laboratorio,
essendo  calcolato in percentuale riguardo alle tariffe stabilite del
d.m.  12  settembre  1996  mentre, al contrario, le tariffe applicate
dalle  regioni  avrebbero  notevoli  differenze,  per  cui  lo sconto
eroderebbe  le  tariffe  in  maniera  diversa a seconda delle tariffe
applicate all'interno della regione.
     7)   Violazione   dell'art.   8-quinquies   d.lgs.  n. 509/1992.
Travisamento  falsa  applicazione dei principi stabiliti da C.d.S. AP
8/2006.
   Sarebbe   errata   la  parte  della  delibera  che  richiama,  per
giustificare  la  mancata  renumerazione delle prestazioni in caso di
superamento  dei  tetti  di  spesa, la sentenza resa del Consiglio di
Stato nell'Adunanza plenaria 8/2006.
   Si  e'  costituita  la  regione  deducendo  l'inammissibilita' del
ricorso  per  carenza  di legittimazione attiva dell'A.I.O.P. e delle
tre  concorrenti e per la mancata impugnazione dell'atto presupposto,
costituito  dal  d.m.  12  settembre  2006, con omessa notifica dello
stesso al Ministero della salute. Con il controricorso la regione ha,
altresi', controdedotto nel merito, chiedendo il rigetto del ricorso,
ove non ritenuto inammissibile.
   Con  ricorso  per motivi aggiunti, depositato il 7 settembre 2007,
le  ricorrenti  hanno  altresi'  impugnato  la  delibera della Giunta
regionale  1°  giugno 2007, n. 330, recante integrazioni e correzioni
all'impugnata delibera 8 marzo 2007, n. 169, ritenendo illegittima la
stessa per invalidita' derivata e difetto di motivazione.
   Il  ricorso  viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza
del 23 novembre 2007.
                            D i r i t t o
   Con il presente gravame l'Associazione ricorrente, che riunisce le
strutture private che forniscono prestazioni ospedaliere in regime di
accreditamento  con  la  regione Calabria, unitamente a tre strutture
private, impugna la delibera n. 169 del 12 marzo 2007, pubblicata sul
B.U.R.C.  del  16 aprile 2007, n. 7, con la quale la Giunta regionale
Calabria stabilisce che':
     per   l'anno  2007,  alla  remunerazione  delle  prestazioni  di
specialistica  ambulatoriale,  erogate  dalle  strutture  pubbliche e
private  accreditate, saranno applicate le tariffe di cui all'art. 3,
comma  1,  lett. a) del d.m. 12 settembre 2006, escludendo ogni altro
tipo di prestazione individuata dal nomenclatore tariffario regionale
(punto 14);
     per  le  prestazioni di specialistica ambulatoriale le strutture
private  accreditate  sono  obbligate  a praticare ai sensi del comma
798,  lettera  o) della legge 27 dicembre 2006, n. 296, lo sconto del
2%  per  le prestazioni di specialistica (compresa la diagnostica per
immagini)  e  del 2% per le prestazioni di diagnostica di laboratorio
(punto 15);
     per  l'anno  2007  le  prestazioni di assistenza ospedaliera, di
assistenza   specialistica   ambulatoriale   e  residenziale  e  semi
residenziale  non  danno  diritto  ad  alcuna  remunerazione nel caso
dovessero   superare   i  limiti  massimi  di  spesa  rispettivamente
stabiliti   con   il  presente  provvedimento  per  ciascuna  azienda
sanitaria (punto 11).
                            I n  r i t o
   Il  Collegio  esamina,  in  via  preliminare, le eccezioni di rito
proposte dalla difesa della regione.
   Con  la  prima  eccezione la regione deduce l'inammissibilita' del
ricorso   per  difetto  di  legittimazione  attiva  dell'A.I.O.P.  La
mancanza    di    legittimazione    deriverebbe    dal   fatto   che,
dall'annullamento   della  delibera  impugnata  potrebbero  scaturire
conseguenze  favorevoli  per alcune delle associate e pregiudizievoli
per  le  altre.  In  particolare,  l'annullamento dello sconto del 2%
sulle  prestazione specialistiche e del 20% per quelle di diagnostica
di  laboratorio  provocherebbe uno spostamento delle risorse che, non
potendosi  superare  le  somme  stanziate  nell'anno  di riferimento,
potrebbe   essere   potenzialmente  lesiva  dell'interesse  di  altri
aderenti.
   L'eccezione  non puo' essere condivisa. In particolare la delibera
impugnata   riguarda,  al  punto  11  le  prestazioni  di  assistenza
specialistica  ambulatoriale  e residenziale, al punto 14 e 15 quelle
di    specialistica   ambulatoriale.   Si   tratta   di   prestazioni
potenzialmente  fornibili  da tutte le strutture accreditate, per cui
l'eccezione che afferma che il ricorso sarebbe nell'interesse solo di
alcune delle strutture appare generica e non provata in concreto.
   Altresi' appare infondata l'eccezione relativa alla legittimazione
a ricorrere delle cliniche concorrenti. Infatti, come e' noto, spetta
a  chi  propone  l'eccezione  (nella  specie, di inammissibilita' del
ricorso  per  non  comprovata  legittimazione  attiva  da  parte  dei
proponenti)  offrire  la prova dei fatti sui quali essa si fonda. Nel
caso  in  esame  l'eccezione  si  fonda  su  una  mancata prova della
legittimazione  attiva da parte delle ricorrenti, senza fornire alcun
elemento  atto  a  contestare  che le strutture ricorrenti forniscano
prestazioni  residenziali o ambulatoriali in regime di accreditamento
con la regione Calabria.
   E'  altresi'  infondata  l'eccezione relativa all'inammissibilita'
del  ricorso  per  mancata impugnazione del d.m. 12 settembre 2006 e,
conseguentemente,  per  la  mancata notifica del ricorso al Ministero
della salute.
   Il d.m. 12 settembre 2006 non infatti ha alcuna autonoma rilevanza
in  quanto  esso, nel caso di specie, apparendo lesivo nella parte in
cui riproduce gli importi tariffari massimi della remunerazione delle
prestazioni indicati con il d.m. 1996 richiamato dalla norma di legge
primaria, ovvero dal comma 796, lett. o), della legge n. 296/2006.
   Nel  presente  ricorso  il  d.m.  del  12 settembre 2006 non viene
quindi  in rilievo autonomamente, in quanto le societa' ricorrenti si
dolgono   della   applicazione  delle  tariffe  fissate  dal  decreto
ministeriale  del  1996,  richiamato dalla norma della finanziaria, e
mai  aggiornate,  benche'  sia  trascorso  un  decennio, in relazione
all'inevitabile aumento dei costi dei fattori produttivi.
   La  reiezione  di  tutte  le eccezioni in rito impone il passaggio
all'esame del merito.
                         I n  d i r i t t o
   Per  quanto  gia'  accennato nell'esame delle eccezioni in rito, e
posto  cioe'  che sono le disposizioni della legge finanziaria per il
2007,  art.  1,  comma  796,  lett.  o),  le  norme di cui la Regione
Calabria  fa  diretta  applicazione nel deliberare le tariffe massime
per  la  remunerazione delle prestazioni assistenziali e nel fissare,
conseguentemente,  i  tetti  di spesa, la impugnazione della delibera
regionale  deve  passare attraverso l'eventuale esame della questione
di  legittimita'  costituzionale  della  suddetta disposizione che il
Collegio,  viste  le  argomentazioni di parte ricorrente e richiamata
l'ordinanza  del  Tribunale amministrativo regionale Lecce 19 ottobre
2007,  n. 3631,  peraltro richiamata dalle ricorrenti con memoria del
12  novembre 2007 che ha gia' rimesso alla Corte costituzionale detta
questione, ritiene rilevante e non manifestamente infondata.
   In  punto  di  rilevanza va ribadito che l'Associazione ricorrente
raggruppa  strutture  sanitarie  private  che  erogano,  in regime di
accreditamento  con  il  Servizio sanitario regionale della Calabria,
prestazioni specialistiche ambulatoriali.
   Il  rapporto  di  accreditamento  con  il  S.S.R. (art. 8-quater e
seguenti del d.lgs. n. 502/1992 e s.m.i.) presuppone:
     la  fissazione  da  parte dell'ASL competente per territorio nei
confronti  delle  strutture  accreditate  dei  c.d.  tetti  di  spesa
annuali,  i  quali  esprimono  il  limite  massimo di prestazioni che
l'amministrazione  sanitaria  ritiene  di  acquistare dagli operatori
privati  nell'anno di riferimento, nei limiti delle risorse assegnate
dalla  regione  ed in conformita' alle vigenti disposizioni normative
nazionali e regionali;
     la   remunerazione   di   tali   prestazioni   a  tariffa  (art.
8-quinquies,  lett.  d),  e art. 8-sexies del d.lgs. n. 502/1992). Al
riguardo,  con  d.m.  22  luglio 1996 il Ministero della salute aveva
stabilito   le   tariffe   massime   relative   alle  prestazioni  di
specialistica  ambulatoriale,  tariffe che le Regioni erano libere di
recepire tout court, al contrario, di prendere a base per un'autonoma
determinazione  dei  corrispettivi  dovuti  alle  strutture  private,
sopportando pero' gli eventuali costi differenziali.
   La  Regione Calabria, con la delibera impugnata, non si avvalsa di
tale facolta', rinviando alle tariffe del d.m. 2006, id est del 1996,
escludendo   ogni   altro   tipo   di   prestazione  individuata  dal
nomenclatore tariffario regionale.
   La  delibera  gravata,  quindi, in piena applicazione dell'art. 1,
comma  796,  lett.  o)  della  legge  n. 296/2006,  determinerebbe la
remunerazione delle prestazioni rese nel 2007 dalle strutture private
convenzionate,  odierne  ricorrenti, in base alle tariffe fissate dal
d.m.  22  luglio  1996  sulle  quali dovrebbe altresi' applicarsi uno
sconto  del  2%  per  le  prestazioni  di  specialistica (compresa la
diagnostica   per   immagini)   e  del  20%  per  le  prestazioni  di
specialistica  oratorio,  escludendosi  il diritto alla remunerazione
nel  caso di superamento dei limiti massimi di spesa stabiliti con la
delibera gravata per ciascuna azienda sanitaria.
   Il  risultato  della  applicazione  di  tale  delibera,  che viene
impugnata  davanti  a  questo  Tribunale amministrativo regionale con
l'odierno   ricorso,   sarebbe   costituita   dal   pagamento   delle
prestazioni,   rese   nel   2007   dalle   strutture   in  regime  di
accreditamento,  in  misura  assai  ridotta  rispetto  alle legittime
aspettative  ed  insufficiente  a  coprire  i  costi,  con il rischio
verosimile di cessazione dell'attivita' per esposizione debitoria.
   Il Collegio non ignora le sentenze della Corte costituzionale (tra
cui  la  n. 111/2005  e,  piu'  di  recente la n. 257/2007) che hanno
ritenuto  costituzionalmente  legittima  la  scelta  discrezionale di
politica  sanitaria  e  di  contenimento  della spesa pubblica che ha
portato  ad ancorare l'ammontare della spesa sanitaria a dati storici
concernenti gli stanziamenti previsti per anni precedenti.
   Rileva,  tuttavia,  il  Collegio  come  l'ipotesi  sub  judice sia
sostanzialmente diversa.
   Non  e'  il  volume  quantitativo  delle prestazioni sanitarie che
possono  essere  acquistate  dalle  strutture  convenzionate,  ovvero
l'importo  complessivo della spesa da sostenere, a costituire oggetto
della  questione  qui  sollevata,  bensi'  la  remunerazione  di tali
prestazioni  ad  un  prezzo  manifestamente  inadeguato  a coprirne i
costi, per essere ancorato a tariffe di dieci anni prima.
   Per  quanto  attiene alla non manifesta infondatezza, il Collegio,
sollevando  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma  796,  lett.  o)  della  legge n. 296/2006 per violazione degli
artt.  24, 113, 3, 32, 41, 97 e 117 e 119 Cost., regolarmente dedotta
da parte ricorrente, espone le seguenti argomentazioni.
   Appare  violato  il disposto costituzionale di cui agli artt. 24 e
113  laddove la norma in esame rinvia, prescrivendone l'applicazione,
ad  un  d.m.  del  22  luglio  1996, annullato in via definitiva, dal
Consiglio di Stato con sentenza della IV sezione del 29 marzo 2001.
   Si  richiama, a tale proposito, il principio, piu' volte affermato
dalla Corte costituzionale (cfr. sentenza 15 luglio 2005, n. 282), in
base  al  quale,  tra  i limiti posti al legislatore vi e' quello del
rispetto   delle  funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere
giudiziario,  essendo comunque precluso al legislatore di intervenire
con  norme  aventi  portata  tale  da  annullare  gli  effetti  di un
giudicato.
   Con  la  richiamata  sentenza  del  Consiglio di Stato del 2001 il
decreto  ministeriale  del  1996  era  stato  annullato  in quanto le
tariffe  per  la  remunerazione delle prestazioni erano state fissate
senza una previa ed adeguata valutazione della loro congruita'.
   Il  legislatore,  a  distanza  di 10 anni, le recepisce, ignorando
quanto aveva formato oggetto di un giudicato e senza dar conto alcuno
delle  ragioni  per le quali dette tariffe avrebbero potuto mantenere
un qualche valore remunerativo delle prestazioni indicate.
   La  disposizione  di  legge  appare, sotto tale profilo, collidere
anche  con  il  principio  di  ragionevolezza,  contenuto nell'art. 3
Cost.,  laddove  imporrebbe  tariffe  non  remunerative  dei costi di
produzione   a   quelle  strutture  che,  in  virtu'  di  un  impegno
contrattuale  con  l'amministrazione  sanitaria,  si sono vincolate a
fornire  agli  utenti  del  servizio  sanitario  un  certo  numero di
prestazioni.
   L'accreditamento   con  il  SSN,  in  virtu'  di  tale  disciplina
tariffaria, si risolve in una deteriore condizione per tali strutture
che  si  vedono  remunerare  le prestazioni rese nel 2007 con importi
gia'  sospetti  di  inadeguatezza  nel  1996,  a fronte di un aumento
consistente dei costi e del valore della moneta in 10 anni.
   Il  deteriore  trattamento  delle  strutture  accreditate  sarebbe
incostituzionale, per violazione del principio di eguaglianza sancito
dall'art.  3  della  Costituzione,  non  solo rispetto alle strutture
private che forniscono identici servizi a cittadini paganti, ma anche
rispetto  alle strutture pubbliche, le quali continuerebbero a godere
di  quel  particolare  favor legislatoris che consente loro di essere
comunque  remunerate  appieno, senza alcuna «decurtazione di sconto».
Mentre  quelle  private  avrebbero  dovuto  operare «sottocosto»; con
un'ingiustificabile compromissione della logica concorrenziale ad uno
spropositato aumento dei costi delle prestazioni erogate dal pubblico
(cosi'  Tribunale  amministrativo  regionale  Roma  12 dicembre 2007,
n. l2978).
   Tale  applicazione  di  tariffe  cosi' datate, con tanto di sconti
aggiuntivi  non  puo'  essere  giustificata  solo  con  la  logica di
razionalizzazione la spesa pubblica. Cio' colliderebbe fortemente con
il  diritto  di libera iniziativa economica privata sancito dall'art.
41 Cost. (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 111 del 18 marzo 2005
e Tribunale amministrativo regionale Lecce, ord. n. 4275/2005).
   Violato,  infatti,  appare, altresi', l'art. 41 Cost. e i principi
in  esso  contenuti  a  tutela  dell'iniziativa  privata,  laddove si
vogliono  remunerare  nel  2007 prestazioni ambulatoriali con tariffe
gia'  giudicate  di  dubbia  adeguatezza  nel 1996  e,  in  aggiunta,
prevedendo  uno  sconto,  per alcune, del 20% e, per altre, del 2% su
detti importi.
   E'  evidente  l'irragionevolezza di tale previsione, alla luce del
diminuito   potere   economico   d'acquisto  della  moneta,  in  modo
particolare  a  seguito  del  passaggio  dalla  lira  all'euro, e del
sensibile aumento dei costi di produzione in dieci anni.
   Il   legislatore,   nel   momento  in  cui  intende  adottare  una
disposizione di legge che si atteggia a provvedimento amministrativo,
benche'  generale,  sostituendosi all'amministrazione, avrebbe dovuto
far  precedere  tale  disposizione  da  un'adeguata  istruttoria  che
rendesse conto della tanto drastica diminuzione delle tariffe, ovvero
della  loro  formale  immobilita',  nonostante  il  trascorrere di un
simile  lasso  di  tempo  (Tribunale  amministrativo regionale Roma 6
dicembre 2007, n. 12623).
   Il  legislatore  della  finanziaria, con la disposizione della cui
legittimita'  costituzionale  si tratta, non solo conferma le tariffe
del  1996,  come peraltro gia' operato dal d.m. 12 settembre 2006, ma
ad  esse  ritiene  applicabile  una  ulteriore  riduzione tramite uno
sconto  da praticarsi obbligatoriamente, rispettivamente del 2% e del
20%.
   La disposizione di legge appare, altresi', violare l'art. 32 Cost.
ovvero  il diritto alla salute sotto il duplice profilo del diritto a
ottenere le prestazioni sanitarie e il diritto di libera scelta degli
assistiti,  in  quanto l'applicazione delle regole dell'art. 1, comma
796,  lett.  o)  della legge n. 296/2006 appare idonea a pregiudicare
l'erogazione di prestazioni sanitarie ove, come risulta incontestato,
le  strutture  pubbliche  non sono in grado di fornire le prestazioni
richieste  e  quelle  private convenzionate sono richieste di fornire
prestazioni a prezzi insufficienti a coprire i costi.
   La presenza significativa degli operatori privati nel SSN risponde
ad  esigenze  insopprimibili dell'Amministrazione sanitaria, la quale
non  riesce, con le proprie strutture, a garantire l'erogazione delle
prestazioni  sanitarie a favore degli utenti, per cui non si potrebbe
nemmeno   sostenere  che  le  strutture  private,  se  ritengono  non
convenienti le tariffe, possano «uscire» dal sistema.
   Spetta  invece  all'amministrazione  competente,  previa  adeguata
istruttoria,   decidere  se  rilasciare  o  meno  l'accreditamento  e
stabilire annualmente il volume di prestazioni che intende acquistare
dai  privati;  nel momento in cui rilascia l'accreditamento e fissa i
tetti di spesa annuali, l'amministrazione sanitaria riconosce di aver
bisogno  dell'ausilio  degli  operatori  privati, i quali vanno pero'
adeguatamente  remunerati  (Cfr.  Tribunale  amministrativo regionale
Roma 12 dicembre 2007, n. 12978).
   In  materia  di  fissazione delle tariffe con decreto ministeriale
l'art.  8-sexies  del  d.lgs.  n. 502/1992,  ai  commi 5 e 6, prevede
espressamente che «...5. Il Ministro della sanita', sentita l'Agenzia
per   i  servizi  sanitari  regionali,  d'intesa  con  la  Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di  Trento  e  di Bolzano, ai sensi dell'art. 120, comma 1,
lettera  g),  del  decreto  legislativo  31  marzo  1998, n. 112, con
apposito   decreto   individua   i  sistemi  di  classificazione  che
definiscono  l'unita'  di  prestazione  o di servizio da remunerare e
determina   le   tariffe  massime  da  corrispondere  alle  strutture
accreditate,  in  base  ai  costi  standard  di produzione e di quote
standard  di costi generali, calcolati su un campione rappresentativo
di strutture accreditate, preventivamente selezionate secondo criteri
di  efficienza, appropriatezza e qualita' della assistenza. Lo stesso
decreto  stabilisce  i  criteri generali in base ai quali le regioni,
adottano  il proprio sistema tariffario, articolando tali tariffe per
classi  di  strutture secondo le loro caratteristiche organizzative e
di  attivita',  verificati  in sede di accreditamento delle strutture
stesse.
   6.   Con   la  procedura  di  cui  al  comma  5,  sono  effettuati
periodicamente  la  revisione  del  sistema  di classificazione delle
prestazioni  e  l'aggiornamento delle relative tariffe, tenendo conto
della  definizione  dei livelli essenziali e uniformi di assistenza e
delle  relative  previsioni  di spesa, dell'innovazione tecnologica e
organizzativa,   nonche'  dell'andamento  del  costo  dei  principali
fattori produttivi...».
   Come  si  vede,  la norma menziona, quale elemento fondamentale di
cui  tenere  conto  nella  determinazione  delle  tariffe, i costi di
produzione  (o,  nello  spirito  della  tariffa, una quota di essi) e
prevede un certo iter istruttorio, basato sulla rilevazione periodica
dei  costi  ma anche sulla revisione dei c.d. LEA (Livelli Essenziali
di Assistenza).
   Questo  iter  appare  innanzitutto  improntato  a principi di buon
senso,  a  cui  la  p.a.  e il Legislatore non possono non attenersi,
soprattutto  allorquando  il  potere  pubblicistico venga ad incidere
sulla materia negoziale.
   In  effetti, il rapporto fra S.S.R. e strutture private appartiene
al  genus  della concessione amministrativa, per cui esso si compone,
secondo  una  nota  e condivisa teoria, di provvedimenti (nel caso di
specie,  in  primo  luogo  quello  con  cui  viene rilasciato il c.d.
accreditamento,  nonche' quelli con cui vengono annualmente stabiliti
i tetti di spesa), a cui «accede» un contratto privatistico, il quale
stabilisce  fondamentalmente  la  quantita'  di  prestazioni  che  la
struttura  accreditata  puo'  erogare  nell'anno  di riferimento e il
prezzo  a  cui tali prestazioni sono remunerate. Questo prezzo e' si'
costituito  da una tariffa, ossia, da un valore la cui determinazione
e'  rimessa  al concedente o ad un'altra autorita' amministrativa, ma
questo  non significa che la tariffa non debba essere fissata in base
a criteri oggettivi e verificabili dal contraente privato (Cosi' ord.
Tribunale amministrativo regionale Lecce, sez. II, 3631/2007).
   L'omessa  effettuazione,  o  menzione, di una compiuta istruttoria
che  in  base  alla  normativa.  richiamata  era  dovuta,  da' luogo,
altresi', ad una violazione dell'art. 97 Cost., in quanto la p.a., ma
anche  il  legislatore,  ove a questa si surroghi con l'emanazione di
una legge-provvedimento, deve sempre porre a base del proprio operato
un'adeguata  conoscenza  dei fatti, della quale deve dare conto nella
motivazione  del  provvedimento  terminale.  Nel  caso  della  legge,
naturalmente,  la  motivazione  puo'  anche  consistere nel richiamo,
espresso o implicito, ai lavori preparatori o ad altri atti che nella
specie   viene   espressamente  posticipata,  il  che  da'  luogo  ad
un'illogica  inversione del procedimento, ma al tempo stesso conferma
essere stata omessa.
   Ma  sussiste anche un ulteriore motivo di violazione degli artt. 3
e  97  della Costituzione, anche esso regolarmente sollevato da parte
ricorrente. Infatti lo sconto, piu' volte richiamato, rispettivamente
del   2%  e  del  20%  imposto  sulle  prestazioni  specialistiche  e
ambulatoriali  e'  imposto  sugli importi indicati per le prestazioni
specialistiche dal decreto del Ministro della sanita' 22 luglio 1996,
assumendo  quindi  una  misura  fissa.  Lo  sconto finisce quindi per
incidere  in  maniera  diversa sulle strutture operanti nelle regioni
che  hanno  adeguato  le  tariffe al livello minimo previsto dal piu'
volte  citato  d.m.  22  luglio 1996 (e, successivamente, dal d.m. 12
luglio  2006),  che  sopportano  il  massimo ammontare dello sconto e
quelle  che  hanno  applicato  tariffe maggiori, dove al contrario lo
sconto  opera,  in  percentuale,  su  una  tariffa minore, risultando
quindi  minore  in  senso  assoluto.  Come  dedotto  dal  ricorrente,
l'imposizione  dello sconto in percentuale sulle tariffe previste dal
piu'  volte  citato  d.m.  e  non in misura percentuale sulle tariffe
effettivamente  praticate  appare  in  contrasto  con  i  principi di
uguaglianza,   razionalita'   e   buon   andamento   e  imparzialita'
dell'azione  amministrativa,  espressi dagli artt. 3 e 97 della Carta
costituzionale.
   Infine,  la  disposizione  di  cui all'art. 1, comma 796, lett. o)
della  legge  finanziaria  per  il 2007, si pone in contrasto con gli
artt. 117 e 119 Cost.
   Con il sistema realizzato dalla censurata disposizione e' lo Stato
a  fissare  le  tariffe, attraverso un meccanismo, quello del decreto
ministeriale   che  nel  caso  del  d.m.  del  2006,  cui  rinvia  la
disposizione  gravata,  ha visto il parere contrario della Conferenza
Stato-regioni.
   Questa  particolare  vicenda  allora  vede  il legislatore statale
sconfinare   dalla   propria  competenza  in  materia  e  individuare
analiticamente  i  tagli  alle  tariffe sia con la riesumazione delle
tariffe  previste  dall'ormai  annullato  d.m.  del  1996  e  poi con
l'applicazione delle percentuali di sconto sopra ricordate.
   Pur dovendosi ritenere che le esigenze di contenimento della spesa
pubblica,  e  il  conseguente  potere dello Stato di dettare norme di
coordinamento  della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.),
militino  nel  senso  della  legittimita'  in  parte  qua della legge
n. 296/2006, i recenti arresti della Corte costituzionale, in materia
di  limiti  della  legislazione statale in tema di individuazione dei
settori  in  cui  le  regioni debbono operare «tagli», indurrebbero a
ritenere violato l'ambito di competenza legislativa statale.
   Con  le  note  sentenze della Consulta 390 del 2004, 417 e 449 del
2005,  88  del  2006  e  157  del  2007, si e', infatti, ritenuto non
spettare  allo Stato l'individuazione dettagliata delle voci di costo
dei  bilanci  regionali  da  ridurre,  potendo il Legislatore statale
stabilire solo i principi fondamentali della materia e, al limite, la
misura  delle  riduzioni  di  spesa  (Cfr.  Tribunale  amministrativo
regionale  Roma  6  dicembre 20007, n. 12623), in quanto le norme che
fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci
delle   regioni  e  degli  enti  locali  non  costituiscono  principi
fondamentali  di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli
artt.   117,  terzo  comma  della  Costituzione,  e  ledono  pertanto
l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost.
   Conclusivamente,   ritenendo  che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  per  violazione  degli artt. 24 e 113, 32, 3, 41, 97,
117  e  119  dell'art. 1, comma 796, lett. o) della legge 27 dicembre
2006,  n. 296,  sia  rilevante  e  non  manifestamente  infondata, il
Collegio  sospende  il  giudizio  e,  riservata ogni altra decisione,
rimette  alla  Corte  costituzionale  la  questione  di  legittimita'
costituzionale.
   Rinvia al definitivo la statuizione sulle spese di causa.