IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
   Visti  gli  atti  relativi al procedimento penale n. 221/07 G.i.p.
nei  confronti  di  R.D., indagata del reato di cui all'art. 660 C.P.
perche'  telefonando  per biasimevoli motivi alla utenza e proferendo
il  17  marzo  2006  le  parole  «Francesco stai con l'amante ...t'ho
beccato  perche'  mi  hai  fatto questo Francesco ...» ed il 22 marzo
2006  le  parole  «hai  vinto  una  scopata ... io lavoro in una casa
squillo» recava molestia e disturbo ai coniugi C.F. e R. M.
   In  Monsampolo  del  Tronto  (AP)  il 17 marzo 2006 ed il 22 marzo
2006.
   Il  g.i.p.  rilevato  che  in  data 21 marzo 2007 il p.m. chiedeva
pronunziarsi   sentenza  di  non  luogo  a  procedere  nei  confronti
dell'indagata  R.D.,  nei confronti della quale pende procedimento in
relazione al reato p. e p. dall'art. 660 c.p.;
     rilevato  che al fascicolo vi e' lettera del difensore della PO,
che  evidenzia  la  avvenuta remissione di querela (antecedentemente,
anche se ad abundantiam, proposta);
     rilevato che tale atto dovrebbe considerarsi irrilevante, attesa
la procedibilita' officiosa del reato;
                            O s s e r v a
   Ritiene  questo  G.i.p. la possibile incostituzionalita' dell'art.
660  c.p., la' ove prevede la procedibilita' di ufficio nei confronti
dell'autore  dei  fatti  reato  da  tale norma contemplati, e cio' in
particolare  anche  qualora  le  condotte  poste  in essere non siano
suscettibili  di  riverberarsi  in  danno  o  molestia  di  un numero
indeterminato di persone ma si rivelino indirizzate (solo) a soggetto
ben definito e determinato.
   Devesi, infatti, rilevare che:
     1)   Reati   di   maggiore   lesivita'  (come  desumibile  dalla
classificazione  nella  piu'  grave  categoria dei delitti e dal piu'
severo  trattamento  sanzionatorio, v. ad es. art. 582 comma secondo,
c.p.  art.  594, 595 c.p.) sono procedibili solo ad istanza di parte,
con disciplina chiaramente ben piu' favorevole al reo;
     2) Ove ratio della norma sia «tutelare la tranquillita' pubblica
per l'incidenza che il suo turbamento ha sull'ordine pubblico, attesa
1'astratta  possibilita'  di  reazione (da parte della persona offesa
NDR)»  -  v.  Cass.  n. 11208/94; Cass. 20 aprile 1988 Telesca; Cass.
25045/2002  -  tale intento si rivela, ad avviso di chi scrive, privo
di  qualsivoglia  capacita'  specificante  in  ordine  alle  condotte
contemplate   dall'att.   660  c.p.  rispetto  ad  altre  fattispecie
procedibili a querela.
   E' infatti chiaro che ogni reato che si risolva in lesione di beni
personali  (vedasi  a  chiaro  esempio  l'ingiuria,  non  procedibile
d'ufficio)  e'  suscettibile  di  produrre  una reazione alterata del
soggetto  leso,  talche'  chi scrive non riesce a comprendere poiche'
talune  condotte dovrebbero essere perseguibili a querela ed altre no
(malgrado  il  legislatore  le  abbia  ritenute piu' gravi e, quindi,
astrattamente idonee a suscitare maggiore reazione).
     3)  Ove  si  ritenga  che il suddetto reato, oltre a tutelare la
tranquillita'   pubblica   per   i  potenziali  riflessi  sull'ordine
pubblico, sia posto anche a baluardo della quiete privata, integrando
pertanto  reato  plurioffensivo  (v. Cass. 12303/02), non e' dato, ad
avviso di questo g.i.p., comprendere perche' tale tutela di interesse
privato venga «imposta» al cittadino anche in assenza di qualsivoglia
sua manifestazione di desiderio in tal senso.
   Appare, infatti, opportuno rilevare che:
     tale  tutela  viene  imposta  anche a fronte di azioni atipiche,
innominate,  singolarmente  o  in altri contesti (es. privata dimora)
prive  di  autonomo  rilievo  penale, mentre cosi' non e' per altre e
piu' gravi condotte (v. sul punto gli esempi gia' sopra fatti);
     non  e' possibile tacere che, sotto il profilo sostanziale, tale
forzosa  tutela  puo'  risolversi  di  fatto in un pregiudizio per la
persona offesa: la stessa, infatti, puo' trovarsi coinvolta nei tempi
e  oneri  del  processo (es. citazione quale testimone, con correlate
spese  e/o  perdite  di  guadagno)  con  danni maggiori di quelli che
ritiene esserle stati arrecati dal fatto reato.
     4)  Se  la  norma  ha  una  indiscutibile  utilita' a sanzionare
condotte che di per se' non integrerebbero altri specifici reati, ove
compiute con animo particolarmente riprovevole ed in luogo ove non e'
possibile  approntare private difese, tale funzione non comporta come
dato  connaturato  la procedibilita' d'ufficio del reato, ben potendo
rimettersi al cittadino la valutazione sul punto.
   Appare,  poi,  ben  di opinabile razionalita' che lo Stato proceda
con  propria  attivita'  punitiva  proprio  quando  il cittadino, non
avanzando querela, ha evidenziato il proprio sostanziale disinteresse
per quanto accaduto.
     5)  Senza  entrare  in questa sede in merito alla controversa (e
peraltro irrisolta e verosimilmente irresolubile ...) questione circa
i caratteri sostanziali che legittimano collocamento dell'una o altra
condotta   illecita   sotto   la   categoria   dei  delitti  o  delle
conttavvenzioni,   occorre   rilevare,  conformemente  ad  autorevole
dottrina,  che  pressoche'  tutte  le  ipotesi contravvenzionali sono
poste  a  sanzione  di  condotte  lesive  della collettivita' o di un
numero indeterminato di persone.
   Circostanza  che,  per  quanto  in  questa  sede occupa, spiega la
procedibilita'  di  ufficio,  essendo  tutelati  gli interessi di una
collettivita'   innominata  e,  pertanto,  per  un  verso  di  chiaro
interesse  pubblico e, per altro, non in grado di proporre istanza di
punizione,  atto  riservato  a  soggetto  -  fisico o giuridico - ben
determinato.
   Piu' in particolare si sottolinea come tutte le contravvenzioni di
cui  alla  sezione prima del titolo primo, capo primo del libro terzo
del  codice  penale  siano intese a tutelare interessi collettivi, in
maniera  diretta  (v.  art.  656  ), prodromica (v. art. 653) o nella
persona  di  soggetti esercenti funzioni di rilievo pubblico (v. art.
651).
   Sul  punto,  a  solo  titolo esemplificativo e per mere ragioni di
immediata contiguita' codicistica mette conto evidenziare come:
     il  reato  di  cui all'art. 659 c.p. presupponga che la condotta
sia  stata  idonea  a «disturbare un numero indeterminato di persone»
(ex  multis  Cass.,  sez.,  I,  80/146994;  Cass., sez. I, 93/195088;
Cass.,  sez. I, 93/193737 ...), anche se poi rimanga leso 1'interesse
di una sola persona;
     il  reato  di cui all'art. 661 si distingua dal reato di truffa,
atteso  che nella ipotesi delittuosa 1'attivita' di circonvenzione si
svolge  nei  confronti  di  persona  determinata,  mentre  in  quella
conttavvenzionale  nei confronti del «popolo in genere o il pubblico,
cioe'   un   numero   indeterminato  di  persone»  (Cass.,  sez.  II,
66/103088).
   Non   determinante  e',  poi,  il  fatto  che  1'art.  657  faccia
riferimento  a  «grida  o  notizie  atte  a  turbare la tranquillita'
pubblica  o  privata»,  atteso  che  la Cassazione ha chiarito che si
tratta  di  «reato  di  pericolo  la  cui  configurazione  postula un
giudizio  di  prognosi  causale circa la ragionevole possibilita' del
verificarsi  di una turbativa dell'ordine pubblico» (Cass., sez. III,
3  marzo  1960)  e,  peraltro, il dolo specifico previsto dalla norma
(«al  fine  di  smerciare o distribuire scritti o disegni») evidenzia
chiaramente  la  volonta'  del  legislatore  di  tutelare il pubblico
interesse  ad un corretto svolgimento della attivita' di divulgazione
delle notizie.
   Anche  sotto  tale profilo, pertanto, appare irrazionale la scelta
legislativa di procedere di ufficio nelle ipotesi di cui all'art. 660
c.p.  anche  qualora  la  molestia  o il disturbo si siano ab origine
indirizzati a solo danno di soggetto ben determinato.
   Alla luce di quanto sopra dubita questo g.i.p. che la norma di cui
all'art.  660  c.p.  sia  in  possibile  contrasto con 1'art. 3 della
Costituzione (inteso, come ormai da tempo in pluralita' di pronunzie,
dalla   Corte   oggi   adita   come   principio   di   eguaglianza  e
ragionevolezza),  in  relazione,  tra  altri,  agli  artt. 582, comma
secondo,   594   e   595  c.p.  (delitti  lesivi  di  beni  personali
suscettibili  di  provocare  reazione  alterata nella persona offesa,
perseguibili  a  querela),  e cio' anche in relazione tra altri, agli
artt.  650 e 661 c.p. (contravvenzioni rientranti nello stesso libro,
titolo,  capo e stessa sezione e che apprestano tutela solo in quanto
sia minacciato interesse diffuso e collettivo; circostanza che spiega
e legittima la procedibilita' officiosa).
   La  questione appare, infine, rilevante nel presente procedimento,
atteso  che  la  emissione  di  sentenza  di  irrilevanza  del  fatto
presuppone   1'accertamento   che  la  azione  fosse  iniziabile  e/o
proseguibile;  nel  caso  di  specie  questo g.i.p., ove rilevante la
remissione   di   querela,   riterrebbe   necessario  accertare  tale
circostanza, in ossequio al principio che deve informare la attivita'
della  AG  minorile  di  ricerca  delle  soluzioni piu' favorevoli al
minore.