IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 8112/2006 R.G.
proposto  da  Meloni Alberto, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo
Mazzoli  e  Anna  Mazzoncini,  e' elettivamente domiciliata presso il
loro studio in Roma, piazza Barberini n. 52;
   Contro  Azienda Sanitaria Locale di Viterbo, in persona del legale
rappresentante  pro  tempore,  rappresentata e difesa dall'avv. prof.
Nicolo'  Amato  e  dall'avv.  Maria  Cristina  Pieretti, costituitasi
formalmente  in  giudizio;  la  Regione  Lazio, in persona del legale
rappresentante  pro  tempore,  rappresentata e difesa dall'Avvocatura
generale  dello  Stato;  e  nei  confronti  di  Lucchetti  Giovanni e
Pallottini    Serenella,    non   costituitisi   in   giudizio;   per
l'annullamento:
     della  delibera  del  direttore  generale  della  A.S.L. Viterbo
n. 1069  del  15  giugno u.s. con la quale e' stato nominato il nuovo
collegio sindacale per il triennio 2006/2009;
     del  decreto  del  Presidente  della  G.R.  del  26 maggio 2006,
n. T0199 con cui sono stati designati i nuovi membri effettivi;
   Visto  il  ricorso  ed  i  relativi motivi aggiunti con i relativi
allegati;
   Viste le memorie prodotte dalla parte ricorrente;
   Visti  gli  atti  di  costituzione  e  le  memorie difensive delle
Amministrazioni resistenti;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Nominato  relatore  alla  pubblica  udienza  del  4 luglio 2007 il
consigliere  Umberto  Realfonzo;  e  uditi  l'avvocato Mazzoli per la
ricorrente,  l'avvocato  Muolo  su  delega  dell'avv. Pieretti per la
A.S.L. resistente e 1'avv. dello Stato Cimino per la Regione Lazio.
   Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
                             F a t t o
   Con  il  presente  gravame  il  ricorrente  -  gia' componente del
collegio  sindacale  dell'Azienda  sanitaria  locale  di Viterbo - ha
impugnato  la  delibera  del direttore generale della predetta A.S.L.
che   ha  nominato  il  nuovo  collegio  sindacale  per  il  triennio
2006/2009,  ed  il  decreto del Presidente della Giunta regionale del
Lazio datato 26 maggio 2006 con cui la regione ha designato due nuovi
sindaci effettivi in luogo dei precedenti nominati.
   A) Il ricorso introduttivo e' affidato alla denuncia di due motivi
di gravame;
   A.1)  Con  il  primo  motivo  si lamenta la violazione delle norme
introdotte   dalla  legge  n. 241/1990  a  garanzia  del  diritto  di
partecipazione al procedimento amministrativo: in particolare lamenta
la  mancata  comunicazione  dell'avvio del procedimento all'esito del
quale e' stata rinnovata la composizione dell'organo collegiale.
   L'inadeguatezza  dell'istruttoria  si  valuta  qui anzitutto nella
misura  in  cui  i  destinatari  sono  stati  messi  in condizione di
contraddire   (Cons.  St.,  ad.  plen.,  15  settembre  1999,  n. 14)
soprattutto  considerando che l'atto impugnato si configura come atto
terminale  di  un  procedimento  di  secondo grado e, in quanto tale,
risulta destinato ad incidere negativamente sulla posizione giuridica
originata  dall'atto  oggetto  di  revoca;  ed, in particolare, sulla
legittima  aspettativa  dell'interessata  a  portare  a compimento il
mandato conferitole sino alla scadenza prevista.
   A.2)   Con   il   secondo   motivo   si   deduce  l'illegittimita'
costituzionale  della  norma su cui si fonda il provvedimento, l'art.
133, comma  5, della l.r. Lazio n. 4/2006, in relazione agli articoli
3, 97 e 117 della Costituzione.
   L'art.  133  cit.  recante  nuove  norme  in  materia di organi di
controllo  contabile  delle  aziende sanitarie ed ospedaliere prevede
che, in sede di prima attuazione:
     gli  organi in carica alla data di entrata in vigore della legge
«sono rinnovati entro quarantacinque giorni» dalla medesima data;
     a  tal  fine, i soggetti tenuti alla designazione dei membri del
collegio sindacale delle aziende sanitarie ed ospedaliere «provvedono
alla  conferma  dei  componenti  in carica ovvero ad effettuare nuove
designazioni  entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata
in  vigore»  della  predetta legge «trascorso inutilmente il quale si
intendono confermati i componenti in carica».
   Una    lettura    della   norma   compatibile   con   i   principi
dell'ordinamento  postula  che la facolta' di sostituire i membri del
collegio   sindacale   in  carica,  dovrebbe  essere  necessariamente
esercitata  nel  rispetto  delle norme vigenti in subiecta materia, e
non costituire l'esercizio di una scelta arbitraria svincolata da una
qualsivoglia attivita' istruttoria.
   Al  riguardo  l'articolo  3-ter, del d.lgs. n. 502/1992 (avente ad
oggetto  il  riordino  della  disciplina in materia sanitaria), ed in
particolare  dall'articolo  10  della  legge Regione Lazio n. 18/1994
(recante   disposizioni   per  il  riordino  del  Servizio  sanitario
nazionale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e
successive  modificazioni  ed  integrazioni), prevedono che la durata
dell'incarico  puo'  essere inferiore nel solo caso in cui uno o piu'
componenti  del  collegio  vengano meno per scadenza del mandato, per
dimissioni  o  per  decadenza per mancata partecipazione a tre sedute
ovvero per assenza oltre sei mesi.
   Una   volta   intervenuta   la  designazione  da  parte  dell'ente
competente  e  la  successiva  nomina con provvedimento del direttore
generale,  i  singoli  componenti  del collegio sindacale non possono
essere  sostituiti,  salvo  in  presenza  di  una  giusta causa o per
inadempienza  nello  svolgimento  del loro mandato, in relazione alla
delicatezza  delle  funzioni  svolte  e  a  garanzia contro eventuali
pressioni da parte degli organi controllati.
   Si  tratterebbe  di  un  principio generale contemplato, dall'art.
2409-quater  del  codice civile, dall'art. 235 del d.lgs. n. 267/2000
(T.U.  Enti  Locali);  dall'art.  3,  comma 8, del d.P.R. n. 389/2001
(Statuto  Anas);  dall'art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 367/1996 (Enti
del settore musicale).
   La  ricorrente,  componente  a pieno titolo del collegio sindacale
della  A.S.L.  di  Viterbo  per il triennio 2005/2006, seppure per un
breve   periodo,   avrebbe   svolto   l'incarico   con   la   massima
professionalita'  e  diligenza,  anche e soprattutto in ragione della
notevole  esperienza  acquisita  in  tale  settore presso altri enti,
pubblici e privati.
   Illegittimamente   dunque   sebbene   non  ricorresse  alcuno  dei
presupposti  per  il  rinnovo  dei  membri del collegio sindacale, la
A.S.L.  di  Viterbo  ha  comunque  proceduto  alla modifica della sua
composizione  senza  alcuna  allegazione  di  obiettivi  elementi  di
riscontro e senza alcuna motivazione.
   La  norma transitoria di cui all'articolo 133, comma 5, della l.r.
Lazio  n. 4/2006  costituirebbe  un  dissimulato  tentativo  di spoil
system, per il conferimento di incarichi professionali delle regioni,
e  si  porrebbe  in  contrasto  con  gli  articoli  3, 97 e 117 della
Costituzione, in quanto:
     l'automatisino   nella  revoca  degli  incarichi  violerebbe  il
principio  di  ragionevolezza  e  di  coerenza  fra fine perseguito e
strumenti concretamente utilizzati perche' le procedure selettive per
il conferimento dell'incarico di componente del collegio sindacale di
un  A.S.L.  devono  conformasi  ai  principi  di  buon  andamento  ed
imparzialita'  della  P.A.  (cfr.  d.lgs.  30 dicembre 1992, n. 502 e
successive modificazioni ed integrazioni);
     l'automatismo,  in  quanto derogatorio della disciplina generale
di  cui  all'articolo 2409 del codice civile sarebbe in contrasto con
la   riserva   statale  in  materia  di  ordinamento  civile  di  cui
all'articolo  117,  secondo  comma,  lettera  i),  della Costituzione
(relativamente  allo  spoils  system  invoca  la sentenza della Corte
costituzionale n. 233 del 16 giugno 2006).
   A.3)  Con  il  terzo  motivo  si  lamenta  la violazione dell'art.
21-quinquies  della legge 7 agosto 1990, n. 241 (introdotto dall'art.
14  della  legge  11  febbraio  2005,  n. 15)  in  quanto, sebbene il
provvedimento  impugnato  non  contenga l'espressa formulazione della
revoca dell'incarico conferito al ricorrente - limitandosi a disporre
la  nomina  dei  nuovi  componenti del collegio sindacale - di fatto,
esso  sarebbe qualificabile in termini di ritiro, per cui comportando
pregiudizi in danno degli interessati, l'amministrazione ha l'obbligo
di  procedere  al  loro  indennizzo obbligo, questo, che non e' stato
minimamente assolto nel caso di specie.
   Conclude chiedendo l'annullamento degli atti impugnati.
   Entrambe  le  due  amministrazioni  evocate  si sono costituite in
giudizio  e  con le rispettive memorie hanno confutato analiticamente
le argomentazioni di controparte.
   B)   Con  i  motivi  aggiunti  si  riprendono  sostanzialmente  le
precedenti  censure  avverso  il decreto del Presidente della Regione
Lazio  di  designazione  di  due  nuovi membri del collegio sindacale
della A.S.L. di Viterbo.
   A.1)  Con  il  primo motivo aggiunto si ripropone la prima censura
relativa  alla  violazione  dell'art.  7  della legge n. 241/1990 per
mancato  rispetto  dell'obbligo  della  comunicazione  di  avvio  del
procedimento di designazione dei nuovi membri del collegio sindacale.
   A.2)   Il   provvedimento   impugnato   risulterebbe  viziato  per
violazione  dell'ultimo  comma dell'art. 133 della l.r. n. 4/2006 che
non  implicherebbe  necessariamente  il  rinnovo dell'intero collegio
come  dimostrerebbe  il  fatto  che  la  delibera di nomina del nuovo
collegio sindacale, prevede tra i cinque componenti anche la dott.ssa
Pastore,  gia'  designata dal Ministero dell'economia e delle finanze
nel 2002 e «riconfermata ex art. 133, comma 5, l.r. 4/2006» (cosi' il
provvedimento  impugnato  direttore  generale  della  A.S.L.  Viterbo
n. 1069 del 15 giugno u.s).
   Con  memoria  per  la  discussione  la  difesa  del  ricorrente ha
sottolineato le tesi sostegno delle proprie argomentazioni.
   All'udienza  del 4 luglio 2007, uditi i patrocinatori delle parti,
la causa e' stata trattenuta per la decisione.
                            D i r i t t o
   1.   -   Deve   in   via   pregiudiziale  rilevarsi,  quanto  alla
giurisdizione   di   questo   Tribunale  amministrativo  regionale  a
conoscere  della  presente  controversia  che,  nel caso di specie la
parte  ricorrente ha impugnato i provvedimenti di nomina del collegio
sindacale ed altresi' gli atti di «designazione» dei nuovi componenti
ai  sensi dell'art. 3, comma 13 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e
s.m.i.  nella  parte  in  cui  costituiscono  una  determinazione  di
«revoca» implicita dell'incarico di componente.
   1.1.  - Al riguardo, si osserva che gli incarichi in questione non
attengono  al  pubblico  impiego  e  quindi  non  hanno  la natura di
determinazioni  assunte  dall'amministrazione  con  la  capacita' e i
poteri  del  privato datore di lavoro di cui all'art. 5, comma 2, del
d.lgs. 20 marzo 2001, n. 165.
   La  lettera  del  comma  10  dell'art.  3,  d.lgs. n. 502 del 1992
evidenzia  come tra le condizioni necessarie per la designazione e la
conseguente nomina dei componenti del collegio dei revisori dei conti
non  risulti  in  alcun modo indicata la necessita' di un rapporto di
impiego  attivo  con l'amministrazione ne' di un qualsiasi vincolo di
appartenenza  con  la  struttura  deputata  al  controllo della spesa
pubblica  (cfr.  Tribunale  amministrativo regionale Lazio Roma, sez.
III, 18 aprile 2007, n. 3380).
   Ne'  vale  a  mutare  tale  orientamento  (ma anzi lo rafforza) il
rilievo  per  cui  l'art.  3  legge  n. 145/2002  ha  assimilato  gli
incarichi   presso  i  collegi  dei  revisori  di  enti  pubblici  in
rappresentanza   dell'amministrazione   ministeriale,   a  «posti  di
funzione» presso il Ministero vigilante competente alla designazione,
in  quanto l'art. 8 della legge n. 3/2003, ha previsto che la stipula
del  contratto  individuale  di  lavoro  avvenga  con il Ministero di
appartenenza  e  non gia' presso l'ente vigilato: il che conferma che
con l'A.S.L. non viene a configurarsi alcun rapporto di impiego.
   Pertanto,   deve   escludersi  che  la  controversia  possa  farsi
rientrare   nella   giurisdizione  del  giudice  ordinario  ai  sensi
dell'art.  63  del citato d.lgs. n. 165/2001 (gia' art. 68 del d.lgs.
1,  del  d.lgs.  n. 29  del  1993,  prima sostituito dall'art. 29 dei
d.lgs.  n. 80  del  1998 ed ancora modificato dall'art. 18 del d.lgs.
n. 387 del 1998).
   1.2. - Sempre sotto il profilo della giurisdizione, si osserva che
la  presente  fattispecie  non  puo'  essere ricondotta a rapporti di
diritto comune. E cio' in considerazione del fatto che, la disciplina
delle A.S.L. al di la' delle (oggi ricorrenti) denominazioni pseudo o
para aziendalistiche, resta pur sempre collocata nell'area degli enti
pubblici  dipendenti  dalle  regioni,  le  quali esercitano poteri di
controllo,  di  vigilanza e d'indirizzo delle attivita' degli organi;
nominano  il  loro  organo  di  vertice  e,  sopratutto assicurano il
finanziamento dei loro bilanci.
   Il   Collegio   sindacale  delle  A.S.L.  infatti  costituisce  un
peculiare   paradigma  procedurale  di  tipo  pubblicistico  come  e'
dimostrato dal fatto che:
     il procedimento di nomina non avviene con le ordinarie modalita'
di cui all'art. 2397 c.c.;
     l'art.  3-ter  del  ricordato  d.lgs.  30  dicembre 1992, n. 502
(introdotto  con  l'art.  3,  d.lgs 19 giugno 1999, n. 229), al primo
comma  specifica  le  funzioni  proprie  del Collegio peculiari delle
A.S.L.,   analogamente   ma   non   identicamente   alla   disciplina
privatistica;
     al quarto comma il medesimo art. 3-ter si riattribuisce al nuovo
collegio  sindacale  delle  aziende  sanitarie locali e delle aziende
ospedaliere  tutti  i precedenti riferimenti al collegio dei revisori
contenuti    nella   normativa   vigente,   a   dimostrazione   della
particolarita' delle funzioni dell'organo.
   Il  che  porta  a  dover  del  tutto negare che gli atti impugnati
costituiscano  mere espressioni dell'autonomia privata dell'A.S.L. di
affidamento di incarichi professionali.
   1.3.  -  Deve  ancora  escludersi  che  i  provvedimenti in parola
possano   essere  configurati  come  atti  politici,  come  tali  non
impugnabili  (o  come  dicono gli anglosassoni «not giusticeable») in
quanto   non   sono   certamente   la  traduzione,  sul  piano  delle
istituzioni, delle supreme volonta' politiche.
   Nella  medesima  scia,  essendo escluso che ai membri del collegio
sindacale  possano  essere  affidati obiettivi strategici, deve anche
escludersi   che   ci   si   trovi   di   fronte  ad  atti  di  «alta
amministrazione»   (quali   i  provvedimenti  di  nomina  degli  alti
funzionari militari, diplomatici, prefettizi, di polizia, ecc.) per i
quali vi e' un onere di motivazione c.d. «attenuato».
   Se   nella   dottrina  amministrativa  tradizionale  gli  atti  di
designazione  erano  inquadrati  talvolta tra gli atti di propulsione
procedimentale,  altre  volte erano avvicinati agli atti di giudizio,
ed altre ancora erano ricondotti in ragione della natura vincolante o
facoltativa  delle  stesse,  alla  categoria  dei  pareri,  deve pure
escludersi   che   ci   si  trovi  di  fronte  ad  un  semplice  atto
endoprocedimentale   non   impugnabile,  in  quanto  la  designazione
costituisce  un sub-procedimento che, avendo un effetto diretto nella
sfera soggettiva del designato, assume una sua autonoma rilevanza.
   La   disciplina   specifica  del  procedimento  (che  parte  dalla
designazione  e  si  conclude  con  il  provvedimento  di  nomina del
direttore  generale) porta anche a dover escludere che la fattispecie
possa  essere ricondotta alla categoria degli incarichi professionali
di  servizi,  per  le  quali  dovrebbero valere le regole generali in
materia di appalti di servizi di cui all'art. 124 (se sotto soglia) o
di  cui  all'art.  54 e segg. (se sopra soglia), del d.lgs. 12 aprile
2006,  n. 163.  Inoltre qui non vi e' alcun convenzione professionale
di incarico ne' tra designante e designato e ne' tra nominato ed ASL.
   1.5.  -  Tuttavia  essi  hanno  una natura del tutto peculiare, in
quanto  se pure restano connotati da una notevole ampiezza del potere
decisionale,  non  devono  e  non  possono  pero'  essere  del  tutto
svincolati  dalla sfera della discrezionalita' afferente al legittimo
esercizio del pubblici poteri.
   Pertanto non pare esservi alcun dubbio che la presente fattispecie
attenga  propriamente  alla giurisdizione di questo giudice in quanto
afferisce  all'alveo  proprio  dell'esercizio  di  pubblici  poteri a
fronte  dei  quali  non  si  ravvisano  che  posizioni  di  interesse
legittimo.
   2.  -  Il  Collegio,  in linea pregiudiziale, ritiene poi di dover
affrontare  unitariamente  in  quanto  logicamente  e  funzionalmente
connesse,  le  questioni concernenti l'illegittimita' costituzionale,
per  violazione  dell'art.  3  e  dell'art.  97  della  Costituzione,
rispettivamente:
     sollevata  dalla parte ricorrente, relativamente al quinto comma
dall'articolo  133  della l.r. n. 4 del 28 aprile 2006 nella parte in
cui prevede la decadenza automatica dei vecchi incarichi;
     e  d'ufficio,  del medesimo quinto comma dall'articolo 133 nella
parte  in  cui  consente di effettuare nuove designazioni senza alcun
vincolo   procedimentale   e,  di  conseguenza  dell'art.  10  (comma
sostituito  dall'articolo  133  della  l.r.  n. 4 del 28 maggio 2006)
della legge regionale Lazio 16 maggio 1994, n. 18, nella parte in cui
non  disciplina il procedimento di nomina del collegio sindacale e le
relative guarentigie.
   2.1.  - Quanto al primo punto, il quinto comma dell'art. 133 della
cit. l.r. n. 4/2006 prevede che:
     «In  sede  di  prima  attuazione delle nuove norme in materia di
organi  di controllo contabile delle aziende sanitarie ed ospedaliere
introdotte  dai commi 1 e 3, gli organi stessi in carica alla data di
entrata   in   vigore  della  presente  legge  sono  rinnovati  entro
quarantacinque  giorni  dalla  medesima  data. A tal fine, i soggetti
tenuti  alla  designazione  dei  membri  del collegio sindacale delle
aziende   sanitarie  ed  ospedaliere  provvedono  alla  conferma  dei
componenti  in  carica, ovvero ad effettuare nuove designazioni entro
il  termine  di  trenta  giorni dalla data di entrata in vigore della
presente   legge,   trascorso   inutilmente  il  quale  si  intendono
confermati  i  componenti  in  carica.  In caso, comunque, di mancato
rinnovo  entro  il  suddetto  termine  di  quarantacinque  giorni, si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 10, comma 9, della l.r.
n. 18/1994 come modificato dal presente articolo».
   L'eccezione  appare rilevante e non manifestamente infondata negli
esclusivi sensi che seguono.
   2.1.1 - In base agli ordinari canoni dell'ermeneutica, la presenza
del  verbo  al  modo  indicativo  («...sono  rinnovati...  »),  ed il
riferimento  alla  possibilita'  di  confermare  o  meno i precedenti
componenti  (...  provvedono  alla conferma dei componenti in carica,
ovvero  ad  effettuare nuove designazioni...) porta a dover affermare
che  ci  si  trova  di  fronte  ad  una  norma  transitoria  di prima
attuazione  che,  nella  realta' delle cose e' diretta ad attuare una
sorta  di  «spoils system» mascherato dall'automatico decadimento dei
precedenti collegi dei revisori.
   Le  Amministrazioni  procedenti  quindi esattamente hanno ritenuto
che  la disposizione integri un'ipotesi di decadenza automatica dalla
carica  sia  pure  collegata  con  l'entrata  in  vigore  della nuova
normativa  e,  di  conseguenza, che fosse possibile ex novo far luogo
alla designazione di nuovi componenti.
   Come  sottolineato  in  fase  cautelare  in cause consimili, in un
sistema  nel  quale  la  designazione  e'  avvenuta  non  in  base  a
trasparenti  procedure  comparative  ma  sulla base di una totalmente
immotivata   cooptazione  dell'organo  politico  dei  prescelti,  non
potrebbe  non  essere  riconosciuto  al  nuovo  vertice  politico  un
corrispondente  potere  di  sancire  ex lege una arbitraria decadenza
automatica  delle  precedenti nomine, altrettanto arbitrarie, del suo
predecessore.  Dovrebbe  cioe'  ammettersi che, nel caso di mutamento
dei  vertici  politici,  la  decadenza  delle  cariche del precedente
designante,  debba  esser  ritenuta  - in via di principio - comunque
sempre discrezionalmente ammissibile, sia pure previo l'indennizzo di
cui all'art. 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (inserito
dall'articolo 14, comma 1, della legge 11 febbraio 2005, n. 15).
   Ma  proprio  nell'illegittimita'  dell'automatismo della decadenza
ex-lege dei vecchi organi che radica la rilevanza pregiudiziale della
questione.
   2.1.2.  -  Quanto  invece  alla  sua non manifesta infondatezza si
osserva  che  il  precetto  appare  pero'  in  radicale ed insanabile
contrasto con gli insegnamenti della Corte costituzionale concernenti
il  confine  tra  politica  e amministrazione di cui alle sentenze 23
marzo 2007, nn. 103 e 104.
   Applicando  infatti  al  caso di specie i principi delle ricordate
pronunce,  si  rileva  come  anche  qui,  la  norma  prevede  per gli
incarichi di componente dei precedenti revisori dei conti un generale
meccanismo,   una   tantum,  di  cessazione  automatica,  ex  lege  e
generalizzata,  che appare in immediato contrasto con l'art. 97 della
Costituzione,  in  quanto  la  revoca  delle  funzioni  in precedenza
conferite  puo'  essere  conseguenza  soltanto  dei casi di accertata
responsabilita',  all'esito di un momento procedimentale di confronto
dialettico   tra  le  parti,  nell'ambito  del  quale,  da  un  lato,
l'amministrazione   esterni   le  ragioni  per  cui  ritiene  di  non
consentire la prosecuzione sino alla scadenza prevista e, dall'altro,
sia  assicurata  all'interessato  la  possibilita'  di  far valere il
diritto di difesa, nel rispetto dei principi del giusto procedimento.
   Ne', anche nel caso in esame, puo' ritenersi che detta norma possa
essere  giustificata  dalla  sola  considerazione che si tratta di un
norma  transitoria  volta  a  consentire  la  prima  attuazione della
riforma  recata  dalla  medesima  legge  regionale.  Infatti  vi  era
comunque  possibilita'  di assicurare il passaggio tra il nuovo ed il
vecchio sistema, con la proroga dell'efficacia dei vecchi organi fino
alla  scadenza,  ovvero  con la conferma dei nominativi a termine nei
nuovi collegi, ecc.
   La  norma  censurata non pare percio' assolvere ad alcuna funzione
di  disciplina  transitoria  volta  a  consentire  l'attuazione di un
innovativo  sistema  dei  controlli  delle  A.S.L.  e ad agevolare un
graduale ed armonico passaggio da uno ad altro ordinamento.
   Ed in cio' sta la non manifesta infondatezza della questione.
   2.2.  -  Ma  il  precedente  profilo non esaurisce il problema, in
quanto   il  Collegio;  in  linea  pregiudiziale,  ritiene  di  dover
sollevare  d'ufficio  perche'  appare rilevante, ai fini del decidere
sulla   questione  principale,  e  non  manifestamente  infondata  la
questione  di illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art.
97   Cost.,   del   combinato  disposto  del  medesimo  quinto  comma
dall'articolo  133 e dell'art. 10 (comma sostituito dall'articolo 133
della  l.r.  n. 4  del 28 aprile 2006) della legge regionale Lazio 16
maggio  1994,  n. 18,  nella  parte  in  cui omettono di disciplinare
specificamente  le  modalita'  procedimentali per le designazioni dei
nuovi membri del collegio sindacale.
   2.2.1.  -  La  rilevanza  della  questione deve essere ancorata al
rilievo  per cui le predette disposizioni disciplinano in maniera del
tutto  sommaria  la modalita' di designazione dei membri del collegio
sindacale,  ma non specifica alcunche' relativamente alle guarentigie
di status dei suoi componenti.
   Il  collegio,  a  tale proposito, non puo' pero' ignorare che tali
designazioni  avvengono  al  di  fuori  di  una qualsiasi trasparente
procedura   comparativa   e,   di   fatto,   subiscono  i  gravissimi
condizionamenti  derivanti  dalle logiche di appartenenza partitica e
clientelare  (come  dimostra  la  pletora  di  designazioni  fatte in
articulo  mortis  dai  governi  uscenti, nel bel mezzo delle campagne
elettorali).
   Ne'   si   puo'   tacere  il  fatto  che,  in  un'epoca  di  forti
contrapposizioni  tra  schieramenti, l'espletamento di tali incarichi
e'  talvolta  addirittura utilizzato per porre in essere attivita' di
carattere  ostruzionistico  ed  emulativo  in  danno  delle  gestioni
dell'azienda  percepite  come facenti capo all'avversario politico. E
questo in totale spregio al fatto che i compiti dei collegi sindacali
hanno natura assolutamente tecnica.
   Gli  articoli  in  questione,  per  le loro lacune, non assicurano
oggettivamente   il   rispetto   dei   valori   di   indipendenza  ed
imparzialita' effettiva di tali organi.
   Il  rapporto  che  lega  l'amministrazione designante, il soggetto
designato,  e  L'A.S.L. presso cui esercita le funzioni di componente
del   collegio   sindacale,   non   concerne   infatti   un  caso  di
«rappresentanza  politica»  in  senso stretto, nei quali la scelta e'
effettuata  intuitus  personae, sulla base di valutazioni di coerenza
con  l'indirizzo di politica statale o regionale, perche' i designati
non  fanno  parte  ne'  di  organi  rappresentativi  o  elettivi  del
designante;  e  neppure  hanno  il  compito  di  veicolare  indirizzi
politici in enti di secondo grado a carattere rappresentativo.
   Neppure  siamo  in presenza di un caso di «delegazione di funzioni
amministrative»   in   quanto   qui   l'incarico   non   concerne  il
trasferimento   di  attivita'  proprie  dell'ente  delegante  (ma  al
contrario  si  espleta soprattutto nell'interesse immediato e diretto
dell'azienda controllata).
   Il fenomeno appare quindi riconducibile a quella vasta area (e non
del   tutto   delineabile   in   termini   sistematici)   della  c.d.
«rappresentanza  istituzionale»  con  cui  si  cerca  di assicurare -
attraverso  la  partecipazione  diretta  di proprio rappresentante, o
funzionario,  o  di  soggetti  professionali  all'uopo designati - la
coerenza  complessiva del sistema amministrativo ed il rispetto delle
norme, dei vincoli di spesa e delle politiche generali di settore.
   Ed in questo sta la rilevanza della questione.
   2.2.2.  -  Quanto  alla  sua non manifesta infondatezza si osserva
come  le carenze della disciplina del collegio sindacale delle A.S.L.
appare  in  ineluttabile  contrasto con i principi di cui all'art. 97
della  Costituzione  alla  luce  dei  principi  generali  di cui alle
sentenze  23  marzo  2007,  n. 104 ed anche 103 perche', nel silenzio
della  norma  non  puo' non riconoscersi che qui ricorra un potere di
carattere   assolutamente   discrezionale   sia   relativamente  alle
modalita'  di individuazione dei destinatari delle nuove designazioni
e sia all'an dell'eventuale «revoca».
   In  tale  prospettiva, gli insegnamenti della Corte costituzionale
concernenti  il  confine  tra  politica  e  amministrazione  appaiono
perfettamente  calzanti  (e  forse  addirittura  piu'  calzanti) alla
fattispecie in esame.
   La  norma,  nella parte in cui non si preoccupa di' specificare le
garanzie   delle  modalita'  di  designazione  dei  componenti  e  le
guarentigie  per  il  relativo esercizio confligge naturalmente con i
principi di uno stato di diritto.
   Infatti   anche  la  «maggioranza  e'  vincolata  ad  agire  senza
distinzione  di  parti  politiche  al  fine  del  perseguimento delle
finalita'  politiche  obiettivate  dall'ordinamento»  (cfr. punto 2.8
sentenza n. 104 e le altre pronunce in quella cola' citate).
   A  cagione  di  un  manifesto  e sostanziale deficit normativo, la
disciplina   in  esame  appare  in  contrasto  con  il  principio  di
imparzialita'  in  quanto  la  designazione  degli interessati non e'
assistita  da  nessuna  forma  di procedimento volta ad assicurare la
trasparenza delle scelte.
   In   tale   direzione   la   proiezione   dei  ricordati  principi
costituzionali   impone,   sotto   il   profilo   della  garanzia  di
imparzialita',    che    la    scelta   degli   interessati   avvenga
rispettivamente:
     al  di  fuori  di  ogni  logica politico-sindacale, in quanto il
designato  e' chiamato ad esercitare importanti funzioni pubbliche di
controllo  e rappresenta l'istituzione pubblica (e non il partito che
esprime il vertice politico che fa luogo alla decisione);
     in  base  a procedure che assicurino un'adeguata pubblicita' del
procedimento e che consenta potenzialmente a tutti gli interessati di
conseguire l'incarico;
     con  decisioni  che  siano  comunque  concretamente agganciate a
valutazioni,   sia   pure   ampiamente   discrezionali,  di  elementi
esponenziali della maggiore professionalita' dei prescelti.
   In   conseguenza,  a  chi  e'  stato  scelto  sulla  base  di  una
trasparente  procedura comparativa deve essere quindi anche garantita
espressamente  la  stabilita'  dell'incarico  per  tutto  il  periodo
previsto,  non ricorrendo alcuna necessita' di assicurare la coesione
politica tra organi designanti e collegi sindacali.
   2.2.3.  - Invece nel caso di specie, a cagione di un cono d'ombra,
le  norme  in  esame  affidano ai comportamenti volontari dei singoli
organi,   il  rispetto  dei  principi  di  imparzialita'  e  di  buon
andamento. In definitiva dunque le disposizioni in esame appaiono del
tutto deficitarie nella parte in cui:
     a)  sono  carenti di ogni indicazione circa la necessita' di una
procedura  di  selezione  «tecnica  e  neutrale  dei piu' capaci» che
consenta   cioe'   la   designazione   «indipendentemente   da   ogni
considerazione  per  gli  orientamenti politici dei vari concorrenti»
(punto  2.8  del  diritto  della  sentenza n. 104). Ne' e' per contro
rilevante  il fatto che qui i designati siano scelti tra gli iscritti
nel  registro  dei  revisori  contabili  presso  il  Ministero  della
giustizia,  ovvero  siano  individuati  nel  ruolo dei funzionari del
Ministero  dell'economia  con almeno tre anni di funzioni di revisore
dei  conti  o  di  componente  dei  collegi sindacali. Il possesso di
determinate professionalita' di base appare condizione necessaria per
un  normale esercizio della funzione ma non e' sufficiente al fine di
garantire   la  trasparenza  della  designazione,  in  difetto  della
previsione  di  un  regime  di  adeguata  pubblicita'  delle relative
procedure  di  designazione e di specifici e significativi criteri di
preferenza;
     b)   non   recano  alcuna  specifica  disposizione  ad  hoc  che
inibiscano  una  revoca ad libitum, in base alle regole generali, per
«sopravvenuti  motivi  di  pubblico  interesse  ovvero  nel  caso  di
mutamento   della   situazione   di  fatto  o  di  nuova  valutazione
dell'interesse pubblico originario» (per usare le parole della regola
generale   del   citato  art.  21-octies).  Una,  sia  pure  latente,
possibilita'  di  revoca  pero'  appare  contrastare  con  il dettato
costituzionale  nella  parte  in  cui non garantisce il «principio di
continuita'  dell'azione  amministrativa»  di  controllo  (arg. ex il
punto  9.2  del  considerato in diritto della sentenza n. 103 citata)
che,  in  relazione  alle  elementari  esigenze  di  conoscenza della
realta'  dell'ente  e  delle problematiche specifiche del territorio,
appare  direttamente  invocabile anche a proposito dei componenti del
collegio sindacale delle A.S.L..
   La necessita' di assicurare una piu' attuale linea di demarcazione
e  separazione  tra  politica  ed  amministrazione appare sicuramente
sussistente  anche  relativamente  a  coloro  che  sono  designati in
funzioni di carattere amministrativo quale e' quella di controllo, in
rappresentanza istituzionale di altri enti ed organi.
   Le   procedure   selettive   per   il  conferimento  e  la  revoca
dell'incarico  di  componente  del  collegio  sindacale  di un A.S.L.
devono  conformarsi  ai  principi  di buon andamento ed imparzialita'
della  p.a. di cui all'art. 97 Cost. in quanto i richiamati incarichi
non  configurano  alcun  rapporto  fondato sull'intuitus personae tra
l'organo  politico  che  conferisce un incarico ed il soggetto che lo
riceve.
   In definitiva, in base alle considerazioni che precedono, appaiono
sussistere   sufficienti   motivi   per  sollevare  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  delle  norme in esame per contrasto con
l'art. 97 della Costituzione.
   4.  -  Si  dispone, pertanto la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale  con  conseguente sospensione del presente giudizio ai
sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia
sulla legittimita' costituzionale della predetta norma.