Sentenza
nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale avente ad oggetto gli
artt.  5,  6  e 8 della legge della Regione Calabria 10 gennaio 2007,
n. 4   (Cooperazione   e   relazioni   internazionali  della  Regione
Calabria),  promosso  con  ricorso  del  Presidente del Consiglio dei
ministri notificato il 12 marzo 2007, depositato in cancelleria il 14
marzo 2007 ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 2007.
   Visto l'atto di costituzione della Regione Calabria;
   Udito nell'udienza pubblica del 1° aprile 2008 il giudice relatore
Luigi Mazzella;
   Uditi   l'avvocato   dello   Stato  Massimo  Salvatorelli  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giuseppe Naimo per
la Regione Calabria.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ricorso  notificato  il  12 marzo 2007 e depositato in
cancelleria  il  14 marzo successivo, il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  ha  promosso,  con  riferimento  all'art. 117, secondo comma,
lettera  a), terzo comma, della Costituzione, in relazione alla legge
statale  26 febbraio 1987, n. 49 (Nuova disciplina della cooperazione
dell'Italia   con   i   Paesi  in  via  di  sviluppo),  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 5, 6 e 8 della legge della
Regione  Calabria  10  gennaio  2007,  n. 4 (Cooperazione e relazioni
internazionali della Regione Calabria).
   Secondo  il  ricorrente,  la  legge in esame, che regola azioni ed
interventi  di  solidarieta'  internazionale  della Regione Calabria,
eccede  la competenza legislativa concorrente attribuita alle Regioni
dall'art.   117,   terzo   comma,   Cost.  in  materia  di  «rapporti
internazionali e con l'Unione europea». La materia della cooperazione
allo  sviluppo,  attenendo,  alla  cooperazione internazionale, quale
«parte  integrante della politica estera dell'Italia» (come stabilito
dall'art. 1, comma 1, della legge n. 49 del 1987), rientrerebbe nella
competenza  esclusiva  statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma,
lettera a), Cost.
   Per  la difesa erariale, la legge presenterebbe diversi profili di
illegittimita'  costituzionale.  In  primo luogo, gli artt. 5, 6 e 8,
nello   stabilire   gli  obiettivi  e  i  modi  di  intervento  della
cooperazione  internazionale  anche  in  ipotesi  di emergenza, e nel
prevedere,   altresi',   l'impiego   diretto   di  risorse,  umane  e
finanziarie, in progetti destinati a offrire vantaggi socio-economici
alle   popolazioni  e  agli  Stati  beneficiari,  autorizzerebbero  e
disciplinerebbero  una  serie  di  attivita'  tipiche  della politica
estera, riservata in modo esclusivo allo Stato dall'art. 117, secondo
comma, lettera a), Cost.
   In  secondo  luogo,  le  norme  impugnate si porrebbero inoltre in
contrasto  con  l'art.  2,  comma  2, della legge n. 49 del 1987, che
rimette  al  Ministro  degli  affari  esteri, tra l'altro, «la scelta
delle  priorita'  delle aree geografiche e dei singoli Paesi, nonche'
dei   diversi  settori  nel  cui  ambito  dovra'  essere  attuata  la
cooperazione  allo  sviluppo  e  la  indicazione  degli  strumenti di
intervento».
   Riferisce   la  difesa  erariale  che  in  tal  senso  si  sarebbe
pronunciata  anche  la  Corte  costituzionale,  che,  con la sentenza
n. 211  del  2006, ha giudicato incostituzionali, in quanto incidenti
nella  materia  della  «politica  estera»,  alcune disposizioni della
legge  della  Provincia  di  Trento  15  marzo  2005, n. 4 (Azioni ed
interventi di solidarieta' internazionale della Provincia autonoma di
Trento)  aventi  contenuto a suo dire analogo a quello degli articoli
della legge in esame sopra censurati.
   2.  -  Si  e'  costituita  in  giudizio  la  Regione Calabria e ha
eccepito l'inammissibilita' del ricorso, perche' la motivazione dello
stesso   sarebbe   eccessivamente   generica,   abbracciando   ambiti
eterogenei  dell'intervento  regionale,  per di piu' privi di rilievo
internazionale.
   Nel  merito,  la  Regione  ha  dedotto che, diversamente da quanto
sostenuto  dal  Presidente  del  Consiglio e da quanto rilevato dalla
Corte costituzionale con riferimento alla legge provinciale di Trento
n. 4  del  2005,  la legge calabrese prevede delle attivita' che, ben
lungi  dall'essere  autonome  e  scoordinate  rispetto  alla politica
estera  nazionale,  si  muovono  all'interno  degli obiettivi e degli
strumenti  della  stessa,  potendo  dunque  ritenersi  ricomprese nei
ristretti   confini  del  «potere  estero»  delle  Regioni,  previsto
dall'art. 117, quinto comma, della Costituzione.
   3.  -  Con  memoria  depositata  il  13  marzo  2008, l'Avvocatura
generale  ha  contestato  l'eccezione  di  genericita'  della censura
sollevata  dalla  Regione Calabria, sostenendo che le norme impugnate
riguarderebbero nella totalita' delle loro previsioni e articolazioni
l'attivita'    di    cooperazione   internazionale   che   la   Corte
costituzionale ha gia' ritenuto far parte della politica estera dello
Stato.
   4.  - Con memoria depositata il 19 marzo 2008, la Regione Calabria
ha  insistito  nella  sollevata  eccezione di inammissibilita' e, nel
merito, nella richiesta di rigetto della questione.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  dubita, con
riferimento  all'art.  117,  secondo  comma, lettera a), terzo comma,
della Costituzione, in relazione alla legge statale 26 febbraio 1987,
n. 49 (Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in
via  di sviluppo), della legittimita' costituzionale degli artt. 5, 6
e  8  della  legge  della  Regione  Calabria  10  gennaio  2007, n. 4
(Cooperazione e relazioni internazionali della Regione Calabria).
   La  legge  della  Regione  Calabria  n. 4  del  2007  contiene una
disciplina  generale  dell'attivita'  internazionale  della  Regione.
Essa,  in particolare, individua i Paesi destinatari degli interventi
regionali  (art.  1,  comma 1) e le finalita' generali dell'attivita'
internazionale  della  Regione  (art.  1, comma 2). Prevede, poi, che
tale  attivita'  si articola in cinque diversi tipi di interventi: la
«attivita'  di  cooperazione con Regioni e territori dei paesi membri
dell'Unione  Europea»  (art.  3);  la  «attivita' di collaborazione e
partenariato istituzionale e relazioni istituzionali» (art. 4); 3) la
«attivita' di cooperazione internazionale» (art. 5); la «attivita' di
cooperazione    umanitaria    e    di   emergenza»   (art.   6);   la
«internazionalizzazione  del  sistema economico-produttivo» (art. 7).
Stabilisce,  inoltre,  che tutte le descritte attivita' siano oggetto
di  un  documento  di  indirizzo  programmatico  triennale  approvato
annualmente  dal  Consiglio regionale e di un piano operativo annuale
di  attuazione  e  che  le  funzioni amministrative di attuazione del
piano regionale siano svolte dalla Giunta regionale (art. 8).
   Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri ha impugnato l'art. 5,
riguardante  la «attivita' di cooperazione internazionale», l'art. 6,
riguardante la «attivita' di cooperazione umanitaria e di emergenza»,
e  l'art.  8,  che  disciplina  la «programmazione degli interventi e
modalita'  di  attuazione»,  ritenendo che tali norme contrastino con
l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  a),  della  Costituzione, che
attribuisce  alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello Stato la
materia della politica estera e richiamando, a sostegno delle proprie
ragioni, la sentenza della Corte costituzionale n. 211 del 2006.
   2.  -  La  Regione  ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso per
genericita',  poiche'  le  norme  impugnate riguarderebbero ambiti di
intervento eterogenei.
   L'eccezione non e' fondata.
   Gli  artt.  5 e 6 della legge regionale n. 4 del 2007 disciplinano
ciascuno  una  categoria  omogenea di interventi internazionali della
Regione:  rispettivamente,  quelli di «cooperazione internazionale» e
di  «cooperazione  umanitaria  e  di  emergenza». Tali categorie sono
accomunate,  nella  prospettazione  dell'Avvocatura,  dall'intrinseca
attinenza  alla  materia  della cooperazione allo sviluppo e, quindi,
alla  politica  estera statale. La descrizione dei singoli interventi
contenuta,  rispettivamente,  nel  comma  4 dell'art. 5 e nel comma 3
dell'art.  6, non e' altro, dunque, che l'elencazione delle possibili
iniziative attuabili nell'ambito di tale materia.
   Il  ricorrente  deduce che le norme impugnate, nello stabilire gli
obiettivi  e  i  modi di intervento della cooperazione internazionale
anche  in  ipotesi di emergenza, e nel prevedere, altresi', l'impiego
diretto  di  risorse,  umana  e  finanziaria, in progetti destinati a
offrire  vantaggi  socio-economici  alle  popolazioni  e  agli  Stati
beneficiari,  autorizzano  e  disciplinano  una  serie  di  attivita'
tipiche  della politica estera. In sostanza il ricorrente contesta in
radice  la  competenza  della  Regione  a disciplinare interventi che
abbiano  le  caratteristiche  descritte  nel  comma  1  dell'art. 5 e
dell'art. 6.
   Il   thema   decidendum   sottoposto   alla   Corte   e',  dunque,
sufficientemente  chiaro  ed  univoco.  Esso  consiste nella verifica
dell'attinenza alla sfera di competenze regionali ovvero alla materia
della    «politica   estera»   delle   attivita'   di   «cooperazione
internazionale»  e  di «cooperazione umanitaria e di emergenza» cosi'
come definite negli artt. 5 e 6.
   3. - Nel merito, le questioni sono in parte fondate.
   3.1.  - Deve premettersi che questa Corte ha affermato che «l'art.
117,   comma   secondo,  lettera  a),  nel  delineare  la  competenza
legislativa  spettante  in  via  esclusiva allo Stato, sottolinea una
dicotomia concettuale tra meri "rapporti internazionali" da un lato e
"politica  estera"  dall'altro,  che  non  si ritrova nel terzo comma
dello   stesso  art.  117,  che  individua  la  competenza  regionale
concorrente  in materia internazionale. La politica estera, pertanto,
viene  ad  essere  una  componente  peculiare e tipica dell'attivita'
dello  Stato,  che  ha un significato al contempo diverso e specifico
rispetto  al  termine  "rapporti  internazionali". Mentre i "rapporti
internazionali"  sono  astrattamente  riferibili a singole relazioni,
dotate  di elementi di estraneita' rispetto al nostro ordinamento, la
"politica  estera"  concerne  l'attivita'  internazionale dello Stato
unitariamente  considerata  in  rapporto alle sue finalita' ed al suo
indirizzo» (sentenza n. 211 del 2006).
   In  base  a quanto affermato nella citata pronuncia, devono dunque
ritenersi  lesive  della  competenza  statale  in materia di politica
estera  le  norme  regionali  che prevedano, in capo alla Regione, il
potere    di   determinazione   degli   obiettivi   di   cooperazione
internazionale  e  di interventi di emergenza nonche' dei destinatari
dei benefici sulla base di criteri fissati dalla stessa Regione. Tali
norme,  infatti,  implicando  l'impiego  diretto  di risorse, umane e
finanziarie, in progetti destinati a offrire vantaggi socio-economici
alle  popolazioni  e  agli  Stati beneficiari ed entrando in tal modo
nella   materia  della  cooperazione  internazionale,  finiscono  con
l'autorizzare  e  disciplinare  una  serie  di  attivita' di politica
estera, riservata in modo esclusivo allo Stato.
   Alcune competenze contemplate negli articoli censurati riguardano,
pero',  la materia della cooperazione allo sviluppo solo a livello di
studio  e di sensibilizzazione della pubblica opinione della Regione.
Per  il  carattere  di  norme  attinenti  ad  attivita'  da svolgersi
all'interno  della  Regione,  esse non interferiscono con la politica
estera  statale.  La  legge  regionale  censurata,  infatti,  da' una
definizione    di    cooperazione    internazionale    impropria   e,
sostanzialmente, piu' vasta di quella delineata nella sentenza n. 211
del  2006,  facendovi  rientrare  anche iniziative e progetti volti a
sostenere,   in   modo  piu'  generale,  l'affermazione  dei  diritti
dell'uomo  e  dei  principi  democratici all'interno della Regione ed
all'estero.  E', pertanto, indispensabile esaminare analiticamente le
singole  previsioni della legge regionale, al fine di stabilire quali
di esse riguardino la politica estera dello Stato.
   3.2.  -  In  tale  prospettiva,  sono  senz'altro  da  considerare
invasive  della competenza statale le attivita' elencate alle lettere
a),  b)  e  c) del comma 4 dell'art. 5, le quali, riguardando aspetti
della  cooperazione  allo  sviluppo  analoghi a quelli previsti dalla
legge  statale  in  materia,  la  crescita ed il consolidamento della
democrazia  e  dello  Stato  di  diritto  nei  Paesi  interessati, la
promozione  e  la  salvaguardia dei diritti dell'uomo, interferiscono
con la politica estera dello Stato.
   Analogamente, le competenze elencate nelle lettere i), j), k), l),
m),  o)  e  p) dello stesso articolo rientrano tutte nella nozione di
cooperazione allo sviluppo, cosi' come definita dalla sentenza n. 211
del  2006.  In  particolare,  la  previsione  di  cui alla lettera i)
(sostegno  ai  programmi  di tutela e di valorizzazione delle risorse
paesaggistiche-ambientali  e  culturali)  non  avrebbe  senso  se non
riferita  a iniziative di cooperazione con paesi esteri; il «supporto
ad  iniziative  per la tutela dei minori e dei diritti dell'infanzia,
attuazione  delle  politiche  di  genere»,  di  cui  alla lettera j),
rientra  nella  predetta nozione di cooperazione, dato che promuovere
attivita'  dirette  a  valorizzare  la  parita' tra uomo e donna e ad
eliminare   i   fattori  che  la  ostacolino  in  concreto,  comporta
un'ingerenza nelle politiche sociali di altri paesi con risorse dello
Stato  italiano;  le  «attivita'  di studio, di ricerca, di scambi di
esperienze,  di  informazione  e  di divulgazione, volte a promuovere
l'unita'   e   l'identita'  europea,  l'estensione  del  concetto  di
cittadinanza  e la partecipazione ai processi istituzionali a tutti i
livelli»,  di  cui  alla  lettera k), le «iniziative di informazione,
consulenza,  predisposizione  di  progetti  di  fattibilita'  e  loro
realizzazione,  al  fine di determinare il trasferimento di sistemi e
tecnologie  appropriate,  realizzate da imprese calabresi nell'ambito
di  programmi  di  cooperazione  finanziati da organismi nazionali ed
internazionali»,   di  cui  alla  lettera  l),  e  «l'impiego,  anche
attraverso convenzioni con Enti regionali strumentali e territoriali,
di   personale   qualificato   con  compiti  di  assistenza  tecnica,
amministrazione e gestione, valutazione e monitoraggio dell'attivita'
di  cooperazione  internazionale», di cui alla lettera m), sono tutte
direttamente  attinenti  alla  cooperazione  allo sviluppo. Anche gli
«interventi  innovativi  e di sperimentazione nel mercato del lavoro,
nel  settore  del  credito  e  del  commercio  internazionale,  nelle
politiche   pubbliche   per   lo   sviluppo   locale  anche  ai  fini
dell'integrazione  degli  interventi di cooperazione con le attivita'
di  sviluppo economico», di cui alla successiva lettera o), in quanto
necessariamente  coordinati  con  iniziative  di politica estera, non
possono  che  spettare allo Stato. Anche il «miglioramento dei flussi
immigratori nel territorio calabrese», da attuare «anche favorendo la
selezione    positiva,    la    formazione,   l'integrazione   e   la
regolarizzazione  degli  immigrati,  valorizzando le loro rimesse nei
paesi  di  origine  e  favorendo l'occupazione in tali paesi», di cui
alla  lettera  p), e' competenza che interferisce direttamente con le
politiche di immigrazione, inderogabilmente riservate allo Stato.
   Al  contrario, le attivita' indicate nelle lettere d), e), f), g),
h) del comma 4 dell'art. 5, sono rivolte ai cittadini residenti nella
Regione  e  hanno  come  unica  finalita' quella di sensibilizzare la
comunita'   regionale   a   una  cultura  della  tolleranza  e  della
cooperazione.   Si   tratta  di  iniziative  destinate  a  esplicarsi
all'interno  del territorio regionale ed in quanto tali non rientrano
nella  definizione di cooperazione allo sviluppo adottata dalla Corte
nella sentenza n. 211 del 2006.
   Un  discorso  analogo  puo' essere svolto anche per quanto attiene
alla  previsione  contenuta  nella  lettera  q)  dello stesso comma 4
dell'art.  5  (valorizzazione  delle  comunita'  di origine calabrese
all'estero), per la quale puo' ritenersi che la stessa contempli mere
attivita'  di promozione e di tutela dell'identita' culturale di tali
comunita' di interesse tipicamente regionalistico.
   Piu' articolata e' la valutazione della previsione contenuta nella
lettera  n)  del  predetto  comma  4  dell'art. 5. Infatti, mentre la
«formazione professionale e promozione sociale di cittadini stranieri
da  svolgersi in Calabria ed in altri Paesi», rivolte a cittadini dei
Paesi  in  via  di  sviluppo,  sono comunque attivita' oggettivamente
idonee  a  creare vincoli di riconoscenza e legami con Stati esteri e
rientrano   nel   concetto  di  cooperazione  allo  sviluppo  cui  fa
riferimento  la sentenza n. 211 del 2006; la «formazione di personale
residente  in  Italia  destinato a svolgere attivita' di cooperazione
internazionale»,  puo'  farsi rientrare, per contro, nella competenza
regionale in materia di formazione professionale, essendo destinata a
cittadini  italiani  residenti  in Calabria. In tale prospettiva deve
essere ritenuta immune dalle censure formulate.
   3.3.  - Quanto all'art. 6, relativo alla cooperazione umanitaria e
di  emergenza,  esso  e' da ritenere illegittimo con riferimento alle
previsioni  di cui alle lettere a), c), e) ed f). Rientrano, infatti,
nella  politica  estera dello Stato, come iniziative di cooperazione,
sia la fornitura di materiali di prima necessita' e attrezzature alle
popolazioni  colpite,  implicando  delle  scelte nella individuazione
delle  popolazioni  da  aiutare (si pensi al conflitto armato tra due
Stati);  sia  la  collaborazione  tecnica,  anche mediante l'invio di
personale  regionale,  ed eventuale coordinamento delle risorse umane
messe  a  disposizione  da  associazioni,  istituti,  Enti pubblici o
privati,  che  presuppone  la  scelta  delle aree geografiche e delle
popolazioni  cui offrire la collaborazione tecnica; sia il sostegno a
Enti  che  operano  per  finalita'  di  cooperazione  umanitaria e di
emergenza;  sia,  infine, la raccolta e la costituzione di fondi, con
la  promozione  di pubbliche sottoscrizioni di denaro da far affluire
su  apposito  capitolo  di  bilancio  per  interventi  a favore delle
popolazioni colpite da emergenze.
   Al  contrario,  la  lettera  b)  dello stesso comma 3 dell'art. 6,
concernente  la  «assistenza  sanitaria  e  ospedaliera  a  cittadini
stranieri  che,  per gli effetti degli eventi di cui al comma 1, sono
ospitati  nella Regione, e l'accoglienza di eventuali accompagnatori,
purche'  regolarmente  autorizzati  alla  permanenza  sul  territorio
italiano»,  e  la  successiva  lettera  d),  che  contempla  la  mera
«raccolta  e  diffusione  di  informazioni sulle azioni di aiuto e di
emergenza   organizzate   da   soggetti   regionali   nonche'  azioni
finalizzate  al  loro  raccordo  con  le  richieste  e  le iniziative
dell'Amministrazione    statale,    dell'Unione   europea   e   delle
Organizzazioni  internazionali»  sono  legittimi, dato che, quanto al
primo,  l'assistenza  sanitaria  e  ospedaliera  viene predisposta in
favore  di  persone  che  si  trovano  legittimamente  sul territorio
nazionale,  quanto  al  secondo,  la  previsione  ha  carattere  solo
accessorio   rispetto  alle  iniziative  umanitarie  e  di  emergenza
propriamente dette.
   3.4.  -  La  Regione  ha  sostenuto  che  la  compatibilita' delle
iniziative  previste con la politica estera nazionale possa ritenersi
salvaguardata  dalla  previsione  dell'art.  1, comma 2, in base alla
quale  le  attivita'  di  promozione devono essere in sintonia con la
cooperazione governativa e comunitaria.
   Al  contrario,  questa  Corte,  nella sentenza n. 211 del 2006, ha
gia'  ritenuto  clausole  simili  a  quelle  invocate  dalla  Regione
inadeguate a salvaguardare le prerogative statali.
   In  tale  prospettiva  non e' sufficiente neppure il richiamo piu'
esplicito, contenuto nell'art. 8, comma 7, del meccanismo di raccordo
tra   l'attivita'   regionale  e  le  determinazioni  della  politica
nazionale,  predisposto  all'articolo  6  della  legge 5 giugno 2003,
n. 131   (Disposizioni   per   l'adeguamento  dell'ordinamento  della
Repubblica  alla  legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3), per effetto del
quale  il documento di programmazione triennale ed il piano operativo
annuale  sono  comunicati  al  Ministero  degli affari esteri ed alla
Presidenza   del   Consiglio  dei  ministri  per  la  verifica  della
compatibilita'  delle  iniziative  regionali  con  gli  indirizzi  di
politica estera statale.
   Infatti  il  citato  art.  6 della legge n. 131 del 2003, inserito
nella  legge  statale  di attuazione della riforma del titolo V della
parte  II  della  Costituzione,  concerne  l'attivita'  di  Regioni e
Province  riguardanti  il cosiddetto potere estero delle Regioni, che
si   concreta  esclusivamente  nella  potesta'  di  attuazione  e  di
esecuzione  degli accordi internazionali, nella conclusione di intese
con enti territoriali interni a Stati esteri e nella pattuizione, con
Stati   esteri,  di  accordi  esecutivi  ed  applicativi  di  accordi
internazionali    entrati    in    vigore   o   accordi   di   natura
tecnico-amministrativa,  o  accordi  di  natura  programmatica. Esso,
dunque,   e'  norma  circoscritta  entro  il  limitato  ambito  della
competenza  concorrente  in materia di relazioni internazionali delle
Regioni  e  non  puo' trovare applicazione per consentire la ratifica
successiva,  da  parte  dello  Stato,  di  un'attivita' regionale che
invade  la  competenza esclusiva di esso Stato in materia di politica
estera.
   Come  affermato nella sentenza n. 211 del 2006, il menzionato art.
6  e' destinato a trovare applicazione solo con riguardo ad attivita'
di  stretta competenza internazionale delle Regioni, non potendo fare
un riferimento, che sarebbe di per se' contraddittorio, ad iniziative
di competenza statale esclusiva.
   In  altri  termini,  una  legge  regionale  non  puo' estendere il
meccanismo  di controllo, previsto dall'articolo 6 della legge n. 131
del  2003, al di fuori del campo di applicazione dettato dalla stessa
legge  statale  che  l'ha introdotto nell'ordinamento. D'altro canto,
l'attivita'  degli apparati dello Stato e' necessariamente definita e
disciplinata  solo dalle leggi statali e non puo' essere incrementata
per effetto di una legge regionale.
   Ne  consegue  che  il  comma  7  del censurato art. 8, deve essere
dichiarato costituzionalmente illegittimo.
   Per  effetto della dichiarazione di incostituzionalita' delle sole
norme  che  contemplano  competenze lesive delle prerogative statali,
l'articolo  censurato  deve  ritenersi immune dalle censure formulate
negli altri commi.