IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza di legittimita' costituzionale. In data 17 dicembre 2007 il G.u.p. di Trento applicava ex art. 444 c.p.p. a Bettoni Stefano la pena di anni 1 e mesi 10 di reclusione per i seguenti reati: a) artt. 110, 81 c.p., 2, decreto legislativo n. 74/2000 perche', in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, nelle qualita' di cui sopra, in concorso con persone non identificate, al fine di ottenere un'indebita detrazione IVA e di evadere le imposte sui redditi, e avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse dalle imprese Zorzi Francesco, Sices S.r.l., New Cars di Cortese Roberto e M.G. Cars di Marangoni Giancarlo: 1. nella dichiarazione IVA della Autobrescia di Bettoni Guido & C. s.n.c. relativa all'esercizio 2003 presentata in data 4 settembre 2004, indicava elementi passivi fittizi pari a Euro 358.647,50 2. nella dichiarazione IVA della Autobrescia di Bettoni Guido & C. s.n.c. relativa all'esercizio 2004 presentata in data 27 settembre 2005, indicava elementi passivi fittizi pari a Euro 362.880,17 3. nella dichiarazione dei redditi della Autobrescia di Bettoni Guido & C. s.n.c. relativa all'esercizio 2003, presentata in data 4 settembre 2004 indicava elementi passivi fittizi pari a Euro 1.793.237,49 4. nella dichiarazione dei redditi della Autobrescia di Bettoni Guido & C. s.n.c. relativa all'esercizio 2004. presentata in data 27 settembre 2005, indicava elementi passivi fittizi pari a Euro 1.814.400,85. In Brescia nelle date di presentazione delle dichiarazioni IVA e dei redditi. b) artt. 110, 81 c.p., 8 d. lgs. n. 74/2000 perche', nella qualita' di cui sopra, in concorso con persone non identificate e al fine di consentire a impresa individuale Zorzi e a New Cars di Cortese Roberto di evadere l'IVA, emetteva fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nei confronti dell'impresa tedesca di Zorzi per un ammontare complessivo pari a Euro 515.402,32. In Brescia il 15 gennaio 2003, 7 agosto 2003, 1 settembre 2003 e 16 aprile 2004, data di emissione delle fatture. c) artt. 110, 81, c.p., 216, comma 1 n. 1, 219 commi 1 e 2 n. 1, r.d. n. 267/1942 perche', in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, nella qualita' di cui sopra, in concorso con Zorzi Francesco (quale amministratore dell'impresa individuale Zorzi Francesco) e con persone allo stato non identificate, distraeva dalle casse sociali della impresa individuale Zorzi Francesco (dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Trento in data 17 febbraio 2005) la somma complessiva non inferiore a Euro 387.935,89 attraverso le seguenti operazioni: a) imprese estere hanno venduto alla impresa Zorzi (e, in alcuni casi le imprese italiane Auto Brenner S.p.a., L'Automobile S.r.l., Nava S.p.a., e Nuova Trebicar S.r.l. alla impresa Zorzi Francesco Handel, che poi ha ceduto alla impresa Zorzi italiana) una serie di autovetture (senza IVA ex d.l. n. 331/1993) per un ammontare complessivo di Euro 3.996 929,47; b) successivamente l'impresa Zorzi ha venduto alla Autobrescia di Bettoni Guido & C. s.n.c. (in alcuni casi previo passaggio attraverso la Zorzi Francesco Handel, resasi acquirente delle imprese italiane di cui sopra) tali autovetture al prezzo complessivo (IVA compresa) di Euro 4.384.865,36 e pertanto in apparenza «sottocosto», atteso che l'IVA dovrebbe essere solo una partita di giro e pertanto versata all'erario; c) in realta' il rapporto tra i fornitori esteri e italiani, da una parte, e Autobrescia di Bettoni Guido & C. s.n.c. dall'altra, e' diretto, mentre l'impresa Zorzi (e, in alcuni casi Zorzi Francesco Handel) e' mero soggetto interposto la cui funzione e' quella di non versare l'lva e cosi' immettere sul mercato autovetture a prezzi concorrenziali, atteso che l'importo dell'IVA in parte viene destinato a pagare il fornitore e in parte trattenuto e poi diviso tra Bettoni e Zorzi. Tutto cio' ha generato naturalmente un enorme debito fiscale in capo alla impresa individuale Zorzi che ha condotto al fallimento, dichiarato con sentenza del Tribunale di Trento in data 17 febbraio 2005. Bettoni, acquistando dalla impresa Zorzi nella piena consapevolezza del meccanismo truffaldino e spartendosi con Zorzi l'importo dell'IVA, ha fornito un contributo casualmente rilevante alle distrazioni. Con le aggravanti di aver compiuto piu' fatti di distrazione e di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravita'. d) Artt. 110 c.p., 216, comma 1 n. 1, 219 commi 1 e 2 n. 1 , 223, comma 1, r.d. n. 267/1942 perche', nella qualita' di cui sopra, in concorso con Zorzi Francesco (quale di amministratore di Sices S.r.l.) e. con persone allo stato non identificate, distraeva dalle casse sociali della Sices S.r.l. (dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Trento in data 17 febbraio 2005) la somma complessiva non inferiore a Euro 182.463,18 attraverso le seguenti operazioni: a) imprese estere hanno venduto alla Sices S.r.l. (e, in alcuni casi, Auto Brenner S.p.a., alla impresa Zorzi Francesco Handel, che poi ha ceduto alla Sices S.r.l.) una serie di autovetture (senza IVA ex d.l. n. 331/1993) per un ammontare complessivo di Euro 1.908.517,84; b) successivamente Sices S.r.l. ha venduto alla Autobrescia di Bettoni Guido & C. s.n.c. (in alcuni casi previo passaggio attraverso la Zorzi Francesco Handel, resasi acquirente AutoBrenner S.p.a.,) tali autovetture al prezzo complessivo (IVA compresa) di Euro 2.090.981,02 e pertanto in apparenza «sottocosto», atteso che l'IVA dovrebbe essere solo una partita di giro e pertanto versata all'erario. c) in realta' il rapporto tra le imprese estere e Auto Brenner, da una parte, e Autobrescia di Bettoni Guido & C. s.n.c., dall'altra, e' diretto, mentre Sices S.r.l. (e, in alcuni casi impresa Zorzi Francesco Handel) e' mero soggetto interposto la cui funzione e' quella di non versare l'IVA e cosi' immettere sul mercato autovetture a prezzi concorrenziali, atteso che l'importo dell'IVA in parte viene destinato a pagare il fornitore e in parte trattenuto e poi diviso tra Bettoni e Zorzi. Tutto cio' ha generato naturalmente un enorme debito fiscale in capo alla Sices S.r.l. che ha condotto al fallimento, dichiarato con sentenza del Tribunale di Trento in data 17 febbraio 2005. Bettoni, acquistando dalla Sices S.r.l. nella piena consapevolezza del meccanismo truffaldino e spartendosi con Zorzi l'importo dell'IVA, ha fornito un contributo casualmente rilevante alle distrazioni. Con le aggravanti di aver compiuto piu' fatti di distrazione e di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravita'. e) artt. 110 c.p. 223, comma 2 n. 2, r.d. n. 267/1942 nella qualita' in epigrafe indicata, in concorso con Zorzi Francesco e con persone allo stato non identificate, cagionava per effetto di operazioni dolose, meglio descritte al capo che precede, il fallimento della Sices S.r.l. In Trento il 17 febbraio 2005, data della dichiarazione di fallimento di Sices S.r.l. e impresa individuale Zorzi. In data 4 gennaio 2008 il Bettoni, tramite il suo difensore, depositava istanza di dissequestro (anche) della somma complessiva di Euro 10.820,00 affermando (e la circostanza e' del tutto pacifica) che tale denaro non era in alcun modo collegabile con l'attivita' delittuosa (ne' con le bancarotte ne' con gli illeciti fiscali) e rimarcando di aver gia' versato. a titolo di risarcimento (certo non integrale attesi gli importi del danno e del profitto) la somma complessiva di Euro 636.620,24. Poste tali premesse ad avviso dello scrivente la restituzione delle somme di denaro sarebbe atto dovuto. Senonche' in data 1 gennaio 2008 e' entrato in vigore l'art. 1, comma 143 della legge 244/2007 (in Gazzetta Ufficiale 28 dicembre 2007) il quale prevede che «nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'art. 322-ter del codice penale». Per effetto di tale norma la confisca per equivalente e' estesa a (quasi) tutti i reati tributari. Tale norma si applica anche ai reati commessi precedentemente alla sua entrata in vigore posto che, per giurisprudenza costante della Cassazione, costituente ormai diritto vivente, «Il principio di irretroattivita' della legge penale, sancito dagli artt. 2 cod. pen. e 25, comma secondo, Cost., e' operante nei riguardi delle norme incriminatrici e non anche rispetto alle misure di sicurezza, sicche' la confisca puo' essere disposta anche in riferimento a reati commessi nel tempo in cui non era legislativamente prevista ovvero era diversamente disciplinata quanto a tipo, qualita' e durata» (Cass. 3717/1999; Cass. n. 7045/2000; Cass. n. 4328/2000; Cass. n. 10575/2003; Cass. n. 13039/2005; Cass. n. 9269/2006). Alla luce di tale norma la somma di Euro 10.820,00 dovrebbe essere confiscata, posto che la confisca di cui all'art. 1 comma 143 della legge n. 244/2007 e' una misura di sicurezza (art. 236 comma 1 n. 2 c.p.) e non certo una pena (artt. 17 e 19 c.p.) e che allo stato non si e' a conoscenza di altri beni intestati a Bettoni. Peraltro, il principio di retroattivita' nell'applicazione delle misure di sicurezza si pone in contrasto con l'art. 7 della Convenzione europea diritti dell'uomo (recepita nel nostro ordinamento con legge n. 848/1955) il quale prevede che «Non puo' essere inflitta una pena piu' grave di quella applicabile al momento in cui il reato e' commesso». La disposizione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e' stata interpretata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nel senso che la Corte «deve essere libera di andare al di la' delle apparenze e di valutare essa stessa se una data misura costituisca una pena ai sensi di tale norma». Si e' sostenuto in particolare che «la formulazione dell'art. 7 seconda frase indica che il punto di partenza di ogni valutazione sull'esistenza di una pena consiste nello stabilire se la misura in questione sia stata imposta a seguito di una condanna per un reato. (. . .) Al riguardo altri elementi possono essere ritenuti pertinenti: la natura e lo scopo della misura in questione, la sua qualificazione nel diritto interno; le procedure correlate alla sia adozione e esecuzione» (Corte europea diritti uomo 9 febbraio 1995, Welch contro Regno Unito). Alla luce di tali criteri la Corte ha ritenuto in contrasto con l'art. 7 CEDU l'applicazione retroattiva della confisca di beni applicata a un trafficante di droga condannato a lunga pena detentiva. Per quanto concerne la misura di cui all'art. 322-ter c.p., richiamato dall'art. 1, comma 143, legge n. 244/2007, la suprema Corte, a sezioni unite, ha ritenuto che la confisca per equivalente, «costituendo una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti viene ad assumere un carattere eminentemente sanzionatorio» (Sez. un. 41936/2005; in senso conforme Cass. 30543/2007). Alla luce di tale giurisprudenza si puo' affermare che la confisca per equivalente prevista nell'ordinamento italiano e' una misura di sicurezza di carattere sanzionatario e costituisce una «pena» secondo la nozione che ne fornisce la Corte europea dei diritti dell'uomo. Poste tali premesse gli artt. 200, 322-ter c.p. e 1, comma 143 legge n. 244/1997 si pongono in contrasto con l'art. 7 CEDU come interpretato dalla Corte dei diritti dell'uomo e pertanto con l'art. 117, primo comma Cost. come interpretato da Corte cost. n. 348/2007 (in senso analogo Corte cost. n. 349/2007): il nuovo testo dell'art. 117, primo comma, Cost., se da una parte rende inconfutabile la maggior forza di resistenza delle norme CEDU rispetto a leggi ordinarie successive, dall'altra attrae le stesse nella sfera di competenza di questa Corte, poiche' gli eventuali contrasti non generano problemi di successione delle leggi nel tempo o valutazioni sulla rispettiva collocazione gerarchica delle norme in contrasto, ma questioni di legittimita' costituzionale. Il giudice comune non ha, dunque, il potere di disapplicare la norma legislativa ordinaria ritenuta in contrasto con una norma CEDU, poiche' l'asserita incompatibilita' tra le due si presenta come una questione di legittimita' costituzionale, per eventuale violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., di esclusiva competenza del giudice delle leggi.