Ordinanza
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 31, comma 8,
della  legge  28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
1986),  promossi con due ordinanze, entrambe depositate il 23 gennaio
2007,  dalla  Commissione  tributaria  regionale  della  Liguria  nei
giudizi  vertenti  tra  l'Agenzia delle entrate, ufficio di Genova, e
Maria  Galeotti,  iscritte,  rispettivamente,  ai  nn.  23  e  24 del
registro  ordinanze  2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 9, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio dell'11 giugno 2008 il giudice
relatore Franco Gallo.
   Ritenuto  che, con due ordinanze di identico contenuto, depositate
il  23  gennaio  2007,  la  Commissione  tributaria  regionale  della
Liguria -  nel  corso  di due giudizi di appello aventi ad oggetto le
sentenze  con  le  quali  il  giudice di primo grado aveva accolto le
impugnazioni  proposte  da  una  contribuente  avverso le cartelle di
pagamento  relative al contributo per il Servizio sanitario nazionale
per  gli anni 1993 e 1994 - ha sollevato, in riferimento agli artt. 3
e  53  della  Costituzione,  questioni di legittimita' costituzionale
dell'art.   31,   comma  8,  della  legge  28  febbraio  1986,  n. 41
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 1986);
     che   la   Commissione   tributaria   regionale   censura  detta
disposizione nella parte in cui -
 stabilendo  che  il  contributo  per il Servizio sanitario nazionale
(SSN) e' dovuto in una misura percentuale del «reddito complessivo ai
fini  dell'IRPEF  per l'anno precedente a quello cui il contributo di
riferisce,   con   esclusione   dei   redditi   gia'  assoggettati  a
contribuzione  per  le prestazioni del Servizio sanitario nazionale e
dei  redditi  da  pensione» -  non  esclude dalla base di calcolo del
contributo  per  il  SSN gli assegni periodici corrisposti al coniuge
separato  indicati  «alla  lettera  h) del comma 1 dell'art. 10 della
legge  n. 47 del 1986» [recte: «alla lettera c) del comma 1 dell'art.
10  del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico
delle  imposte  sui redditi), richiamato dalla lettera i) del comma 1
dell'art.  47  del  medesimo decreto del Presidente della Repubblica,
nel testo applicabile anteriormente al 1° gennaio 2004»];
     che  il  rimettente muove dalla premessa che, ai sensi dell'art.
47,  comma  1,  lettera  i), del d.P.R. n. 917 del 1986, gli indicati
assegni   periodici   corrisposti   al   coniuge  in  conseguenza  di
separazione legale concorrono a determinare -
nella   misura  in  cui  risultano  da  provvedimenti  dell'autorita'
giudiziaria -  il  reddito  imponibile, ai fini dell'IRPEF, di chi li
percepisce  e,  pertanto,  in  forza  della  disposizione  censurata,
debbono  essere computati nella base di calcolo del contributo per il
SSN;
     che  il  giudice  a quo ritiene, tuttavia, che tale normativa si
ponga  in  contrasto  con  gli  evocati  parametri,  perche':  a)  in
violazione  dell'art.  3  Cost.,  prevede  un  trattamento tributario
identico     di    situazioni    diverse,    in    quanto    assimila
ingiustificatamente  la  percezione  dei suddetti assegni periodici a
quella  dei  redditi  da  lavoro dipendente, trascurando il fatto che
tali   assegni  hanno  una  natura  «essenzialmente  assistenziale  e
risarcitoria»;  natura  che  e'  riconosciuta  dalla  legge  e  dalla
giurisprudenza all'assegno corrisposto una tantum
al  coniuge  separato  e  che  non puo' venir meno per effetto di una
diversa  modalita'  di corresponsione (cioe' periodica, invece che in
unica  soluzione) del medesimo assegno; b) in violazione dell'art. 53
Cost.,   l'indicata   natura   «assistenziale   e  risarcitoria»  dei
menzionati  assegni  periodici  esclude  che la loro percezione possa
essere assunta ad indice e parametro di capacita' contributiva;
     che  il  giudice  rimettente afferma, infine, la rilevanza delle
sollevate questioni, perche', nei giudizi principali, la contribuente
ha  chiesto  l'annullamento  delle  impugnate  cartelle  di pagamento
relative  agli  anni  1993 e 1994 negando la legittimita' del computo
degli  assegni periodici a lei corrisposti dal coniuge separato nella
base imponibile per il calcolo del contributo per il SSN;
     che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
entrambi i giudizi, deducendo che i giudici a quibus
:  a)  erroneamente  equiparano  l'assegno  periodico  con  l'assegno
corrisposto in unica soluzione, l'importo del quale, a differenza del
primo,  non e' deducibile, ai fini dell'IRPEF, dal coniuge erogante e
non   ha   natura   reddituale   per   il   coniuge  percipiente;  b)
inammissibilmente  censurano  la  previsione  normativa  del  computo
nell'imponibile  IRPEF  di  qualunque  genere  di  assegno  periodico
corrisposto  al  coniuge  (salvi quelli destinati al mantenimento dei
figli)   in   conseguenza   di  separazione  legale,  scioglimento  o
annullamento  del matrimonio o cessazione dei suoi effetti civili; c)
sollevano  questioni  che  attengono alla base imponibile relativa al
calcolo  non  solo del contributo per il SSN, ma anche dell'IRPEF; d)
erroneamente   attribuiscono   all'assegno  periodico  percepito  dal
coniuge  separato  natura risarcitoria, invece che (come sottolineato
dalla  Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n. 383  del 2001) di
sostentamento; e) omettono di considerare che la tassazione in capo a
chi  percepisce  l'assegno  periodico  e'  gia'  valutata dal giudice
allorche'  determina  la  misura  di tale assegno e che, pertanto, la
norma  censurata -  non  incidendo  sulla  funzione  di soddisfare le
esigenze  di  vita  del  percipiente -  costituisce una insindacabile
scelta  discrezionale  del  legislatore;  f)  non  considerano che il
pagamento  del  contributo  in contestazione rientra tra i doveri cui
sono tenuti tutti i cittadini;
     che  la difesa erariale chiede, pertanto, che le questioni siano
dichiarate  inammissibili  «perche»  manifestamente  infondate e che,
«comunque», siano rigettate.
   Considerato  che,  con  due  ordinanze  di  identico contenuto, la
Commissione tributaria regionale della Liguria dubita, in riferimento
agli  artt.  3  e 53 della Costituzione, della legittimita' dell'art.
31, comma 8, della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - Legge
finanziaria  1986), nella parte in cui - stabilendo che il contributo
per  il  Servizio  sanitario  nazionale (SSN) e' dovuto in una misura
percentuale  del  «reddito  complessivo ai fini dell'IRPEF per l'anno
precedente  a  quello  cui il contributo di riferisce, con esclusione
dei  redditi gia' assoggettati a contribuzione per le prestazioni del
Servizio sanitario nazionale e dei redditi da pensione» - non esclude
dalla base di calcolo del contributo per il SSN gli assegni periodici
corrisposti   al   coniuge  legalmente  ed  effettivamente  separato,
indicati  «alla lettera h) del comma 1 dell'art. 10 della legge n. 47
del  1986»  [recte:  «alla  lettera  c)  del comma 1 dell'art. 10 del
d.P.R.  22  dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle
imposte  sui  redditi),  richiamato  dalla  lettera  i)  del  comma 1
dell'art.  47  del  medesimo decreto del Presidente della Repubblica,
nel testo applicabile anteriormente al 1° gennaio 2004»];
     che,   secondo   la   Commissione   tributaria   regionale,   la
disposizione  denunciata viola: a) l'art. 3 Cost., perche' prevede un
trattamento  tributario  identico  di  situazioni  diverse, in quanto
ingiustificatamente  assimila  la  percezione  dei  suddetti  assegni
periodici  a  quella dei redditi da lavoro dipendente, trascurando il
fatto  che  tali  assegni,  diversamente  dai menzionati redditi, non
hanno  una  natura  reddituale,  ma  «essenzialmente  assistenziale e
risarcitoria»   (con  riguardo  al  contributo  apportato  al  nucleo
familiare, prima della separazione, dal coniuge separato); natura che
e'  riconosciuta  dalla  legge  e  dalla  giurisprudenza  all'assegno
corrisposto una tantum
al  coniuge  separato  e  che  non puo' venir meno per effetto di una
diversa  modalita'  di corresponsione (cioe' periodica, invece che in
unica soluzione) del medesimo assegno; b) l'art. 53 Cost., perche' la
indicata natura «assistenziale e risarcitoria» dei menzionati assegni
periodici  esclude  che  la  loro  percezione possa essere assunta ad
indice e parametro di capacita' contributiva;
     che  i giudizi di legittimita' costituzionale, in considerazione
dell'identita'  delle questioni sollevate, debbono essere riuniti per
essere congiuntamente esaminati e decisi;
     che dette questioni sono manifestamente infondate;
     che  il  giudice  a quo non pone in discussione la norma secondo
cui  la  base  di  calcolo  del  contributo  per il SSN e' costituita
dall'imponibile    IRPEF    dell'anno    precedente,    ma   denuncia
l'illegittimita'  costituzionale  della  disposizione  censurata  con
riguardo  alla  inclusione  in  detto  imponibile  dell'importo degli
assegni periodici di mantenimento percepiti dal coniuge separato;
     che,  in  particolare,  il  rimettente  giunge  alla conclusione
dell'illegittimita'   costituzionale  della  disposizione  denunciata
muovendo  dalle  seguenti  due  erronee  premesse:  a)  che l'assegno
erogato  in  unica  soluzione al coniuge legalmente ed effettivamente
separato   (e   casi  assimilati)  corrisponde  necessariamente  alla
capitalizzazione degli assegni periodici erogati al medesimo coniuge;
b) che sia l'assegno corrisposto una tantum
sia  gli assegni periodici hanno natura «essenzialmente assistenziale
e risarcitoria» e non reddituale;
     che, quanto alla prima premessa, questa Corte ha gia' precisato,
con  riguardo ai casi (analoghi a quello della separazione legale tra
i coniugi) di scioglimento o cessazione del vincolo matrimoniale, che
le  due  suddette  forme  di adempimento dell'obbligo di mantenimento
dell'ex  coniuge,  pur  avendo  entrambe  la  funzione  di regolare i
rapporti  patrimoniali,  hanno  connotazioni  giuridiche  e  di fatto
diverse,  tali  da  legittimare il legislatore a prevedere, nella sua
discrezionalita',  diversi  regimi  fiscali e una conseguente diversa
distribuzione  del  carico  tributario  (ordinanze  n. 113 del 2007 e
n. 383 del 2001);
     che,  al  riguardo, va osservato che, mentre l'assegno periodico
costituisce  per il percipiente un reddito determinato dal giudice in
base  ai  parametri  indicati  dall'art.  156 del codice civile e dal
comma  6  dell'art.  5  della  legge  1°  dicembre  1970, n. 898, con
possibilita'  di  revisione  in  aumento  o  in  diminuzione,  invece
l'assegno versato una tantum, pur avendo anch'esso natura reddituale,
non  corrisponde  necessariamente  alla capitalizzazione dell'assegno
periodico,  e'  sottoposto  al solo controllo di equita' da parte del
giudice  ed  e'  liberamente  concordato  dalle  parti,  al  fine  di
configurare  un  definitivo  e  complessivo  assetto  degli interessi
personali, familiari e patrimoniali dei coniugi, che consenta loro di
tenere  conto  anche  del  particolare  regime  fiscale  dell'assegno
medesimo (il quale resta percio' escluso da ogni revisione economica,
ai sensi del comma 8 dello stesso art. 5);
     che tali differenze, fondate sul maggiore spazio riservato dalla
legge all'autonomia privata nella determinazione dell'assegno versato
una tantum
rispetto  a  quello periodico, sono state non irragionevolmente prese
in considerazione dal legislatore fiscale;
     che,  infatti,  quest'ultimo,  nel  caso di corresponsione di un
capitale una tantum
,   ha   preferito   tutelare   l'accipiens -   cioe'   il  «coniuge»
economicamente  piu'  debole,  che, ai sensi del citato art. 156 cod.
civ.,  «non  abbia  adeguati  redditi  propri»,  ovvero, ai sensi del
parimenti  citato  comma  6  dell'art. 5 della legge n. 898 del 1970,
«non  ha  mezzi adeguati o comunque non puo' procurarseli per ragioni
oggettive» -, scegliendo la soluzione, piu' radicale, dell'esclusione
dalla  tassazione  per  il  relativo  importo  piuttosto  che  quella
dell'assoggettamento  a un regime di tassazione separata, e lasciando
simmetricamente  immutato  l'ordinario  carico  fiscale  del solvens,
senza prevedere alcuna deduzione per tale esborso;
     che  lo  stesso  legislatore,  nel  caso degli assegni periodici
stabiliti iussu iudicis
,  ha invece ritenuto di assimilarli ai redditi di lavoro dipendente,
assoggettandoli  all'ordinaria tassazione in capo al «coniuge» che li
percepisce  e correlativamente prevedendone la deducibilita' da parte
del  «coniuge»  che li corrisponde; e cio', in ragione sia della loro
periodicita'  (e,  quindi,  della  loro  pertinenza  a  piu'  periodi
d'imposta),  sia  del  loro  importo,  normalmente inferiore a quello
dell'assegno una tantum, sia della possibilita' di una loro revisione
economica per sopraggiunti giustificati motivi;
     che,  per  le  considerazioni  sopra esposte, non e' palesemente
irragionevole,  come gia' affermato da questa Corte, la scelta che il
legislatore ha effettuato -
tra  le  molte  compatibili con la Costituzione - di differenziare il
regime  fiscale  dell'assegno  corrisposto una tantum da quello degli
assegni periodici;
     che  anche  la  seconda  premessa  da cui muove il rimettente e'
erronea,  perche',  contrariamente  a  quanto  da  lui affermato, gli
assegni periodici di mantenimento del «coniuge» -
al  pari dell'assegno una tantum - non hanno funzione risarcitoria di
un danno subito, ma la diversa e piu' complessa funzione di adempiere
l'obbligo  di assistenza coniugale (in caso di separazione legale tra
i  coniugi)  o  postconiugale  (in  caso  di  cessazione  del vincolo
matrimoniale)  riguardante  il  mantenimento  del  "coniuge" privo di
adeguati redditi propri;
     che,  stante la loro funzione di sopperire all'inadeguatezza dei
redditi  del  «coniuge»,  detti  assegni  hanno,  come  visto, natura
reddituale,  con  la  conseguente  non  irragionevolezza  della  loro
assimilazione, ai fini fiscali, ai redditi da lavoro dipendente;
     che  tale  scelta costituisce espressione della discrezionalita'
del legislatore esercitata nell'ambito di una pluralita' di soluzioni
costituzionalmente  compatibili  (ad  esempio, il legislatore avrebbe
anche  potuto escludere o attenuare l'incidenza fiscale degli assegni
periodici per l'accipiens
,  concedendogli  detrazioni d'imposta, come poi e' stato disposto da
varie  leggi  con riferimento a periodi d'imposta successivi a quelli
oggetto dei giudizi principali);
     che,  dunque,  il  rimettente, nel censurare l'assimilazione, ai
fini  dell'IRPEF  e del contributo per il SSN, dei menzionati assegni
periodici  ai  redditi  da  lavoro  dipendente,  muove da presupposti
interpretativi  erronei  e  ripropone  sostanzialmente, senza addurre
profili  nuovi  o  comunque  tali da indurre la Corte a modificare il
precedente   orientamento,   le   stesse  questioni  gia'  dichiarate
manifestamente non fondate da questa Corte con le pronunce citate.
   Visti  gli  artt.  26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.