IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 1007/07
proposto  da  Zoppolato  Maurizio,  Avolio  Vincenzo,  Mangia  Rocco,
Tanzarella  Giancarlo,  Torrani  Pier Giuseppe, Allorio Carlo, Amadio
Bruno,  Balestrieri  Adolfo  Mario,  Bifulco  Fabio, Bonatti Stefano,
Brambilla  Pisoni Giovanni, Bullo Andrea, Canta Angela, Cerami Carlo,
Ferraris  Pietro,  Fumarola  Lorella, Giacometti Enzo, Ielo Domenico,
Incorvaia  Giuseppina,  Invernizzi Roberto, Lamberti Lorenzo, Luciano
Vittoria,  Maia Riccardo, Marletta Riccardo, Mazzarelli Marco, Napoli
Marco,  Pisapia Mauro, Quadrio Stefano, Robaldo Enzo, Roderi Giorgio,
Rotelli  Romano,  Saladino Maurizio, Solimini Caterina, Spaini Marta,
Todarello   Fabio,   Torrani   Orsola,   tutti   in  proprio  nonche'
rappresentati  e difesi dall'avv. Maurizio Zoppolato ed elettivamente
domiciliati presso il suo studio in Milano, via Dante n. 16;
   Contro  Regione Lombardia, costituitasi in giudizio, rappresentata
e difesa dagli avv. Pio Dario Vivone, Federico Tedeschini e Beniamino
Caravita  di  Toritto  ed  elettivamente  domiciliata  presso la sede
dell'avvocatura  regionale  in  Milano,  via  F.  Filzi  n. 22, e nei
confronti  di  A.S.L.  n. 1  Citta'  di  Milano,  non costituitasi in
giudizio,  per  l'annullamento della deliberazione n. VIII/004420 del
28 marzo 2007, con la quale la giunta regionale ha deliberato che una
serie   di   enti   debbano   avvalersi   di   norma  del  patrocinio
dell'avvocatura   regionale,   approvando   altresi'   gli   elementi
essenziali   della  convenzione  per  il  patrocinio  dell'avvocatura
regionale  tra  regione  Lombardia e tali enti; di ogni altro atto ad
essa presupposto, preordinato, consequenziale e/o comunque connesso.
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione Lombardia;
   Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Vista  l'ordinanza  n. 1120/2007 dell'11 luglio 2007, con la quale
e'  stata accolta la domanda di sospensione cautelare dell'esecuzione
del provvedimento impugnato;
   Udito il primo ref. Elena Quadri, designato relatore per l'udienza
dell'11 luglio 2007;
   Uditi i difensori delle parti;
   Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue.
                              F a t t o

   Con ricorso notificato il 4 maggio 2007 e depositato il successivo
9   maggio  2007,  i  ricorrenti,  tutti  iscritti  all'ordine  degli
avvocati,  i  quali  esercitano  la  loro  professione in Lombardia e
prevalentemente   nell'ambito   del   diritto  amministrativo,  hanno
impugnato il provvedimento indicato in epigrafe adottato dalla giunta
della Regione Lombardia, che dispone una prima attuazione dell'art. 1
della   legge   regionale   27   dicembre   2006,   n. 30,   mediante
l'approvazione  dell'allegato  C  ed  in  particolare prevede che una
serie  di  enti  di  interesse  regionale  specificamente individuati
nell'allegato  A  della  suddetta  legge  regionale  (suddivisi nelle
categorie   degli   enti  indipendenti,  enti  sanitari,  altri  enti
pubblici,  societa'  a partecipazione regionale, fondazioni istituite
dalle   regioni)   debbano   avvalersi   di   norma   del  patrocinio
dell'avvocatura  regionale,  approvando gli elementi essenziali della
convenzione  per  il  patrocinio  dell'avvocatura  regionale  tra  la
Regione Lombardia e tali enti.
   Con il presente ricorso avverso il provvedimento impugnato vengono
dedotti i seguenti motivi di diritto:
     1)  Violazione  dell'art. 3 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578
ed    in    via    subordinata   illegittimita'   in   via   derivata
dall'illegittimita'   costituzionale   della   legge   della  Regione
Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30.
   Secondo  l'assunto di parte ricorrente l'amministrazione intimata,
mediante   l'emanazione   dell'atto  impugnato,  avrebbe  violato  il
principio  dell'incompatibilita'  con  qualunque  impiego  od ufficio
retribuito con stipendio sul bilancio di qualsiasi amministrazione od
istituzione  pubblica  che  vige  nell'ordinamento  della professione
forense   e   che  trae  origine  dallo  stesso  concetto  di  libera
professione,  cui  e'  sottesa, quale elemento cardine, la necessaria
indipendenza  del professionista. Tra le uniche eccezioni al divieto,
consentite  dal  quarto  comma  del  medesimo  art.  3  del r.d.l. 27
novembre  1933,  n. 1578,  sarebbero  menzionati alla lettera b) «gli
avvocati  ed  i  procuratori  degli  uffici  legali  istituiti  sotto
qualsiasi  denominazione  ed in qualsiasi modo presso gli enti di cui
allo  stesso secondo comma, per quanto concerne le cause e gli affari
propri  dell'ente  presso  il quale prestano la loro opera. Essi sono
iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo».
   Di conseguenza, in considerazione del dato testuale della suddetta
norma  e  del  divieto di interpretare estensivamente le disposizioni
che   introducono  eccezioni  ai  principi  generali,  risulterebbero
illegittime le previsioni della delibera che dispongono l'affidamento
agli  avvocati  dipendenti dalla Regione Lombardia di cause ed affari
propri  di altri enti giuridicamente e sostanzialmente autonomi dalla
regione.  Ne'  potrebbe, in proposito, rilevare la circostanza che si
tratti  di  enti  asseritamente  costituenti  il «sistema regionale»,
essendo  tale ultimo concetto, introdotto dall'art. 1, comma 1, della
legge  regionale  n. 30/2006  sulla  base di considerazioni meramente
fattuali,   privo  di  alcuna  rilevanza  giuridica  ed  inconferente
rispetto  al  principio  dell'incompatibilita'  stabilito dalla legge
professionale, che limita l'eccezione all'incompatibilita' unicamente
alle  cause  e  agli  affari  propri  dell'ente  presso  il quale gli
avvocati  dipendenti  prestano la loro opera, senza che nei confronti
di   enti   diversi  possa  in  alcun  modo  rilevare  una  qualsiasi
connessione od appartenenza ad un comune sistema.
   Del   resto,   la  stessa  esenzione  dal  ricorso  al  patrocinio
obbligatorio  dell'avvocatura  regionale  in  caso  di  conflitto  di
interessi  prevista  dalla  delibera  impugnata  dimostrerebbe che la
pretesa  comune appartenenza ad un indefinito «sistema regionale» non
comporta  certo  di  per se' la sovrapposizione degli interessi della
regione   a  quelli  dei  vari  enti  in  questione,  atteso  che  le
controversie  dei  medesimi,  che  la  delibera  destina  di norma al
patrocinio  dell'avvocatura regionale, non potrebbero inquadrarsi fra
le  cause proprie della Regione Lombardia, ma, al massimo, potrebbero
riguardarla in via meramente indiretta.
   Neppure,  secondo  l'assunto  dei ricorrenti, potrebbe attribuirsi
alla   l.r.   n. 30/2006  valenza  derogatoria  rispetto  alla  legge
professionale forense, nel senso di introdurre un'ulteriore eccezione
all'incompatibilita'  dalla  stessa prevista in favore degli avvocati
dipendenti  dalla regione che prestino attivita' di difesa giudiziale
in favore di enti diversi da quello di appartenenza ma allo stesso in
qualche  modo collegati, in considerazione del principio che preclude
ad  una  norma  generale,  quale  e' la l.r. n. 30/2006 relativa alla
finanza  regionale,  di  derogare ad una norma di carattere speciale,
quale e' il r.d.l. n. 1578/1933.
   In  ogni caso, pur essendo la materia delle professioni attribuita
alla    potesta'    legislativa   concorrente   delle   regioni,   in
considerazione   della   stretta   interrelazione   sussistente   tra
indipendenza  ed  esercizio  della libera professione il regime delle
incompatibilita'    costituirebbe    principio   fondamentale   della
professione forense, la cui determinazione e' sottratta alla potesta'
legislativa  delle regioni e riservata alla legislazione dello Stato,
ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
   Di  conseguenza,  la disposizione normativa regionale in questione
risulterebbe      illegittima     costituzionalmente,     derivandone
l'illegittimita'  in  via  derivata  della  delibera impugnata che ne
dispone l'attuazione.
     2)   Violazione   dei  principi  comunitari  di  liberta'  nella
prestazione  dei  servizi  e di libera concorrenza; eccesso di potere
per carenza di istruttoria e/o di motivazione, nonche' per sviamento.
   Per  i ricorrenti, posto che le libere professioni rientrano fra i
servizi  di rilevanza comunitaria nei confronti dei quali e' preclusa
qualsiasi  misura restrittiva da parte degli Stati membri (artt. 49 e
50  del  Trattato  CEE),  all'esercizio  della  libera professione si
estenderebbero  i principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria
in   tema  di  libera  concorrenza.  L'imposizione  di  ricorrere  al
patrocinio   dell'avvocatura   regionale   per   una  serie  di  enti
costituirebbe  una  misura contrastante sia con la libera prestazione
dei  servizi  (perche' tali servizi verrebbero preclusi agli avvocati
del  libero  foro)  che  con la libera concorrenza fra professionisti
(perche'  gli avvocati del libero foro non potrebbero competere per i
mandati  rilasciati  dagli  enti  in questione) ed inoltre violerebbe
anche  il  principio che tutela il rapporto fiduciario tra cliente ed
avvocato,  per il quale ognuno e' libero di scegliere il difensore di
suo  gradimento.  Per  le  previsioni  del  provvedimento  impugnato,
infatti,  la  scelta  del  singolo  avvocato regionale e' rimessa non
all'ente interessato ma al dirigente dell'ufficio legale d'intesa con
il coordinatore dell'avvocatura regionale.
   Da  tali evidenti profili di contrasto con i principi fondamentali
del  Trattato  discenderebbe la disapplicazione della l.r. n. 30/2006
in parte qua e l'illegittimita' della delibera impugnata, non essendo
neppure necessaria la rimessione alla Corte di Giustizia sul punto.
   Inoltre,  anche  l'argomento  della  pretesa  riduzione  dei costi
difensivi  risulterebbe  infondato,  atteso che dall'attuazione delle
previsioni  della  delibera  conseguirebbe un consistente aumento dei
costi   connesso   al   maggior   numero   di   controversie   difese
dall'avvocatura  regionale.  Risulterebbe,  dunque,  una  carenza  di
istruttoria   e  di  motivazione  nell'emanazione  del  provvedimento
impugnato.
     3)    Eccesso    di   potere   per   illogicita'   manifesta   e
contraddittorieta'  intrinseca;  violazione  per erronea applicazione
della legge regionale n. 30/2006.
   La  delibera  impugnata  presenterebbe  anche  un  vizio  proprio,
consistente  nell'estensione  dell'ambito in cui e' imposta la difesa
da parte dell'avvocatura regionale. Mentre, infatti, nell'allegato C2
A  si  afferma  che  la  previsione di patrocinio «di norma» affidato
all'avvocatura  regionale «deve intendersi riferito alle controversie
di   evidente  rilevanza  istituzionale»,  nell'allegato  C2  B  tali
controversie  sono  specificate  come  «tutte  le  vertenze  attive e
passive,  presso  qualsiasi sede e nell'ambito di ogni giurisdizione,
insorte  o  insorgente  tra  l'Ente  convenzionato e terzi, che hanno
causa  o possono determinare effetti rilevanti in scelte contenute in
atti  normativi, pianificatori o generali dell'Ente Regione Lombardia
o  in  atti  normativi  di  fonte  statale  o  comunitaria». Evidente
risulterebbe   l'estensione  rispetto  alle  previsioni  della  legge
regionale,  che  prevede  la  difesa  di  atti  connessi  ad  atti di
indirizzo e di programmazione regionale.
   Si   e'   costituita   la  Regione  Lombardia,  eccependo  in  via
preliminare  l'inammissibilita'  del  gravame e chiedendo comunque la
reiezione  del  medesimo  per infondatezza nel merito, analiticamente
confutando le censure dedotte dalla parte avversa.
   All'udienza  dell'11  luglio  2007, fissata sia per la discussione
della   domanda   incidentale   di   sospensione  degli  effetti  del
provvedimento  impugnato che per la decisione di merito, con separata
ordinanza  n. 1120/2007 e' stata concessa l'invocata tutela cautelare
ed il ricorso e' stato trattenuto per la decisione nel merito.
                            D i r i t t o

   Va  in  primo  luogo disattesa l'eccezione di inammissibilita' del
ricorso  per  difetto  di legittimazione ed interesse sollevata dalla
difesa  regionale  in  base al duplice assunto secondo il quale da un
lato   il   provvedimento   impugnato   e   la  legge  regionale  non
concernerebbero i rapporti professionali eventualmente gia' esistenti
fra  i  ricorrenti  e  gli  enti interessati, bensi' esclusivamente i
rapporti  futuri di rappresentanza forense e dall'altro secondo cui i
ricorrenti  non  avrebbero  alcun  diritto  od interesse legittimo ad
ottenere  un  qualsivoglia  incarico  da parte degli enti interessati
all'applicazione  del provvedimento impugnato, ma solo un'aspettativa
indifferenziata.
   Al  riguardo  il  collegio  osserva,  sotto  il primo profilo, che
l'allegato  C2  B  della  delibera  impugnata  estende  di  norma  il
patrocinio  dell'avvocatura  regionale  a  tutte le vertenze attive e
passive  insorte  od  insorgende tra l'ente convenzionato ed i terzi,
evidenziando,  dunque, l'immediatezza del pregiudizio per i difensori
degli  enti  che hanno gia' ricevuto un incarico professionale; sotto
il  secondo  profilo,  invece, il provvedimento impugnato preclude di
norma  ai  ricorrenti,  tutti  specializzati  nel  campo  del diritto
amministrativo,  di  svolgere la loro attivita' forense nei confronti
della  serie  di  enti analiticamente individuati nell'allegato A, di
notevole   rilevanza,   limitando  fortemente  le  loro  possibilita'
professionali.   Sul   punto   si   richiama   quella  giurisprudenza
amministrativa  secondo  la  quale  e'  configurabile  in  capo  agli
operatori  di  un  determinato  settore  un  interesse  immediato  ad
impugnare  quelle  scelte  programmatorie  a carattere innovativo che
vanno  direttamente  ad  incidere  sia  sulle  condizioni attuali del
segmento  di  mercato  nel  quale  essi  operano,  sia sulle relative
aspettative di sviluppo.
   Risulta,  dunque,  senza  dubbio  configurabile  l'interesse  alla
proposizione  del  presente  gravame.  Per  la  difesa della regione,
inoltre,   solo   mediante   la   stipula   delle   convenzioni   tra
l'amministrazione  regionale e gli enti interessati sarebbe possibile
ricavare  lo  specifico  ambito  di controversie affidate alla difesa
dell'avvocatura regionale, derivandone l'inammissibilita' del gravame
anche sotto tale profilo.
   Sul  punto e' sufficiente osservare che la delibera impugnata, per
le  considerazioni  appena  svolte,  si  ritiene  gia'  lesiva  della
posizione  giuridica dei ricorrenti, indipendentemente dal maggiore o
minore  ambito  di  applicazione concreta che potrebbe derivare dalla
stipula  delle  convenzioni,  da  cui potrebbe scaturire solamente un
ampliamento  o  una riduzione del suddetto pregiudizio, comunque gia'
esistente.   L'eccezione  e',  quindi,  infondata  anche  sotto  tale
profilo.
   Passando  all'esame  del merito, il collegio ritiene, per economia
processuale,  di  dover  esaminare  in  primo  luogo la terza censura
dedotta  dai  ricorrenti,  per  la  quale  il provvedimento impugnato
risulterebbe  viziato in via autonoma, indipendentemente dall'assunta
illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 30/2006.
   Secondo  l'assunto  dei ricorrenti, infatti, la delibera impugnata
recherebbe  un'errata  applicazione  dell'art.  1,  comma 2, lett. b)
della l.r. n. 30/2006, estendendo illegittimamente l'ambito in cui e'
imposta  «di  norma»  la  difesa  da  parte dell'avvocatura regionale
mediante   le   previsioni   dell'allegato   C2  B,  nel  quale  tali
controversie  sono  specificate  come  «tutte  le  vertenze  attive e
passive,  presso  qualsiasi sede e nell'ambito di ogni giurisdizione,
insorte  o  insorgende  tra  l'Ente  convenzionato e terzi, che hanno
causa  o possono determinare effetti rilevanti in scelte contenute in
atti  normativi, pianificatori o generali dell'Ente Regione Lombardia
o  in  atti  normativi  di  fonte  statale  o  comunitaria». Evidente
risulterebbe   l'estensione  rispetto  alle  previsioni  della  legge
regionale,  che  prevede  la  difesa  di  atti  connessi  ad  atti di
indirizzo e di programmazione regionale.
   Il  collegio  ritiene  che le previsioni contenute nella delibera,
seppur  letteralmente ampliative rispetto al disposto del legislatore
regionale -  per  il  quale,  ai sensi dell'art. 1, comma 2, lett. b)
della  l.r. n. 30/2006 «i soggetti individuati dalla Giunta regionale
tra  quelli  di  cui  all'allegato  A  si  avvalgono,  di  norma, del
patrocinio   dell'Avvocatura  regionale  per  la  difesa  di  atti  o
attivita' connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale
...» - in concreto non si discostino dal precetto normativo, anche in
considerazione della specificazione recata inizialmente nell'allegato
C2  A,  in  base  alla  quale la previsione del patrocinio «di norma»
affidato  all'avvocatura  regionale  «deve  intendersi  riferito alle
controversie  di  evidente  rilevanza  istituzionale». Al riguardo la
delibera  si  ritiene,  dunque,  meramente attuativa del disposto del
legislatore regionale.
   Neppure  pare  convincente aderire all'assunto di parte ricorrente
per il quale la norma regionale in questione, per il suo carattere di
generalita',  non  potrebbe  avere  valenza  abrogativa  della  legge
speciale  sulla  professione  forense,  a  meno che non si ritenga di
privare di totale significato le disposizioni normative della stessa.
   Ed  invero,  pur  nella  consapevolezza della vigenza del criterio
ermeneutico  in base al quale, tra diverse interpretazioni possibili,
deve  essere  scelta  quella  che  evita il conflitto tra la norma da
interpretare  ed  il  dettato  costituzionale,  nella  fattispecie in
questione  la disposizione normativa regionale succitata, che prevede
che  «i soggetti individuati dalla Giunta regionale tra quelli di cui
all'allegato A si avvalgono, di norma, del patrocinio dell'Avvocatura
regionale  per  la  difesa  di  atti  o attivita' connessi ad atti di
indirizzo  e  di programmazione regionale» non puo' che interpretarsi
nel  senso  di  prevedere  nel  territorio della regione un'ulteriore
eccezione  al regime delle incompatibilita' previsto dall'ordinamento
statale sulla professione forense, essendo indubbio che tali soggetti
non   si  identificano  con  la  Regione  Lombardia,  dalla  quale  i
componenti dell'avvocatura regionale dipendono.
   Richiamandosi, infatti, alla teoria tradizionale elaborata in tema
di  fonti  del  diritto,  la  Costituzione  riconosce alle regioni la
potesta'  legislativa,  cioe' il potere di adottare leggi equiparate,
entro   limiti   determinati,   alle   leggi  ordinarie  statali.  La
ripartizione di competenza legislativa fra Stato e regioni e' operata
sulla base dell'indicazione di materie, delle quali alcune attribuite
alla  competenza  esclusiva  dello Stato, in cui e' esclusa qualsiasi
potesta'  di  legiferazione  da  parte delle regioni ed altre rimesse
alla competenza legislativa delle regioni, ma nei limiti dei principi
fondamentali   stabiliti   dallo   Stato,   mentre   le  materie  non
espressamente  riservate  alla competenza dello Stato o delle regioni
spettano alla competenza esclusiva regionale.
   In   particolare   nelle   materie   di  legislazione  concorrente
tassativamente   elencate   dall'art.   117,   terzo   comma,   della
Costituzione  a  seguito  della riforma costituzionale operata con la
legge  costituzionale  18 ottobre 2001, n. 3, si verifica un concorso
vincolato  di fonti statali con fonti regionali, nel senso che spetta
alle regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione
dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
   In  tali  ipotesi, nel caso di conflitto tra fonte statale e fonte
regionale sulla smessa materia, si dovra' ricorrere al criterio della
competenza,   non   potendo   far  uso  del  criterio  gerarchico  in
considerazione  della  pariordinazione  tra la fonte statale e quella
regionale, dovendo attribuirsi la prevalenza alla fonte competente.
   Nella  fattispecie  in  questione,  dunque,  nella  quale si e' in
presenza  di  due  fonti  normative,  una  statale  ed una regionale,
entrambe  dirette -  con  specifico  riferimento alle disposizioni in
questione -   a   disciplinare   la   stessa  materia,  quella  delle
professioni,  si  dovra'  attribuire prevalenza alla fonte competente
secondo  il  disposto  costituzionale,  quindi alla regione, ai sensi
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
   Tanto  premesso, il collegio e' dell'avviso di aderire all'istanza
di  rimessione degli atti alla Corte costituzionale avanzata da parte
ricorrente  per  l'assunta illegittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma  2,  lett.  b)  della legge della Regione Lombardia 27 dicembre
2006,   n. 30,   in   relazione  all'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione  ed  inoltre  pare  ravvisare ulteriori contrasti tra la
norma in questione e la Carta costituzionale con riferimento all'art.
24,  commi primo e secondo, della Costituzione, sollevando sotto tale
profilo    d'ufficio    la   relativa   questione   di   legittimita'
costituzionale della suddetta norma.
   Il  Collegio  ritiene, infatti, che sia rilevante nel contesto del
presente  giudizio  e  non  manifestamente  infondata la questione di
legittimita' costituzionale della disposizione normativa succitata.
   Quanto  al  giudizio  di rilevanza, l'impugnato provvedimento, che
prevede  che  una  serie  di  enti di interesse regionale di notevole
importanza  e  specificamente individuati nell'allegato A della legge
regionale   n. 30/2006   (suddivisi   nelle   categorie   degli  enti
indipendenti,   enti   sanitari   altri  enti  pubblici,  societa'  a
partecipazione regionale, fondazioni istituite dalle regioni) debbano
avvalersi  di  norma  del  patrocinio dell'avvocatura regionale nelle
controversie  di  evidente  rilevanza istituzionale cioe' in tutte le
vertenze  attive  e  passive,  presso qualsiasi sede e nell'ambito di
ogni  giurisdizione,  insorte o insorgende tra l'Ente convenzionato e
terzi,  che  hanno  causa  o possono determinare effetti rilevanti in
scelte   contenute   in  atti  normativi,  pianificatori  o  generali
dell'Ente  Regione  Lombardia  o in atti normativi di fonte statale o
comunitaria  ad eccezione delle ipotesi di controversie che originano
da  scelte  dell'ente convenzionato non riconducibili a quelle di cui
in  precedenza, delle controversie rispetto alle quali risulta da una
congiunta  valutazione  dell'ente  e  dell'avvocatura  regionale piu'
opportuna  una difesa autonoma dell'ente ed un apposito intervento in
giudizio  della  Regione  Lombardia,  nonche'  nei  casi di conflitto
d'interessi  tra  l'ente  e  la  Regione  Lombardia  o altro ente del
sistema   regionale   approvando   gli   elementi   essenziali  della
convenzione  per  il  patrocinio  dell'avvocatura  regionale  tra  la
Regione Lombardia e tali enti, costituisce, come piu' volte rilevato,
attuazione  di  quanto  disposto dall'art. 1, comma 2, lett. b) della
suddetta  l.r. n. 30/2006, che stabilisce che «i soggetti individuati
dalla Giunta regionale tra quelli di cui all'allegato A si avvalgono,
di  norma,  del patrocinio dell'Avvocatura regionale per la difesa di
atti  o  attivita'  connessi ad atti di indirizzo e di programmazione
regionale;  la  rappresentanza  in giudizio e' disposta conformemente
agli  ordinamenti  dei  singoli  enti;  i  rapporti  tra  i  soggetti
individuati  e  l'amministrazione regionale sono regolati da apposite
convenzioni;  la  rappresentanza rimane esclusa nei casi di conflitto
di interessi e per atti e attivita' inerenti all'organizzazione degli
enti».   Il   presente  giudizio  non  puo'  quindi  essere  definito
prescindendo   dalla   soluzione   delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale prospettate.
   La  rilevanza della questione per il giudizio in corso, limitata a
tale  disposto  normativo,  e'  evidente,  non essendo sufficiente la
sospensione   della   delibera   di   giunta  richiamata  in  assenza
dell'assunzione dall'ordinamento giuridico della norma legislativa su
richiamata,  alla  quale  la disciplina di cui alla delibera medesima
da', sul punto, solo attuazione.
   La  questione,  ad avviso del collegio, e' pure non manifestamente
infondata.
   Innanzitutto,  con  riferimento  all'art.  117, terzo comma, della
Costituzione,   va   osservato   che   tale   disposizione,  pur  con
l'ampliamento  delle attribuzioni regionali conseguente alla modifica
di  cui  alla  legge  costituzionale  18  ottobre 2001, n. 3, riserva
tuttora  alla  legislazione  statale  esclusiva la determinazione dei
principi  fondamentali  nelle  materie indicate, ed in particolare in
materia di professioni.
   Si    ripropone,    dunque,   la   problematica   della   concreta
determinazione   di  tali  principi  fondamentali  nelle  materie  di
competenza  concorrente,  per  la  loro natura ambivalente. Una parte
della  dottrina  costituzionalista  li  considera, infatti, come meri
limiti  della  materia da disciplinare, mentre da altri sono ritenuti
vere e proprie linee guida cui dovrebbe attenersi la legge regionale,
dunque provvisti di natura non meramente limitativa ma programmatica.
   Ad  ogni  modo, preso atto del superamento della tesi che assumeva
la   necessita'   di  un'espressa  determinazione  di  tali  principi
fondamentali ad opera di leggi-cornice, e' necessario ricavarli dalla
vigente  legislazione  statale  di  settore  mediante il procedimento
deduttivo.
   Per  quanto  concerne l'ordinamento della professione di avvocato,
disciplinato  dal  r.d.l.  27  novembre  1933, n. 1578, convertito in
legge,  con  modificazioni,  dalla  legge  22  gennaio  1934, n. 36 e
modificato  dalla  legge  23  novembre  1939, n. 1949, l'art. 3 cosi'
recita: L'esercizio delle professioni di avvocato e di procuratore e'
incompatibile  ...  con  qualunque  impiego od ufficio retribuito con
stipendio sul bilancio dello Stato, delle province, dei comuni, delle
istituzioni  pubbliche  di  beneficenza,  della Banca d'Italia, della
lista  civile,  del  gran  magistero  degli ordini cavallereschi, del
Senato,  della  Camera dei deputati ed in generale di qualsiasi altra
amministrazione  o istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza
dello Stato, delle province e dei comuni.
   Sono eccettuati dalla disposizione del secondo comma:
     a) i professori e gli assistenti delle universita' e degli altri
istituti  superiori  ed  i  professori degli istituti secondari dello
Stato;
     b)  gli  avvocati ed i procuratori degli uffici legali istituiti
sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso gli enti di
cui  allo  stesso  secondo  comma, per quanto concerne le cause e gli
affari  propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera. Essi
sono iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo.
   La  ratio  del regime delle incompatibilita' con l'esercizio della
professione   di   avvocato,   intesa  come  libera  professione,  e'
costituita    dalla    necessaria    tutela   dell'indipendenza   del
professionista,  oltre che degli interessi dell'ente pubblico, cui il
dipendente e' legato da un rapporto di esclusivita'.
   In  considerazione  della  notevole  rilevanza  di  tale ratio, le
uniche  eccezioni al regime di incompatibilita' sono analiticamente e
tassativamente  indicate  al  quarto  comma della stessa norma che la
disciplina. Tra queste, assume notevole rilievo l'eccezione enumerata
alla succitata lettera b).
   La  professione di avvocato e', dunque incompatibile con qualunque
impiego  pubblico,  salvo  che con l'attivita' di insegnamento presso
universita'  od  altri  istituti  superiori  e secondari dello Stato,
nonche'  con  quella  esplicata  dagli  avvocati  degli uffici legali
istituiti presso gli enti pubblici per quanto concerne le cause e gli
affari  propri  dell'ente  presso  il  quale  prestano la loro opera,
iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo degli avvocati.
   Proprio  la  rilevanza  del  regime  delle  incompatibilita' della
professione di avvocato ha portato la giurisprudenza all'applicazione
fortemente  restrittiva  dell'eccezione prevista dalla lettera b) del
quarto comma della norma in questione.
   In particolare, e' stato osservato che, in tema di esercizio della
professione forense, l'art. 3, r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, dopo
aver  stabilito  che  l'esercizio  della  professione  di avvocato e'
incompatibile con qualunque impiego od ufficio retribuito, anche alle
dipendenze   di  qualsiasi  amministrazione  o  istituzione  pubblica
soggetta  a  tutela  o  vigilanza  dello  Stato, delle province e dei
comuni,  stabilisce  pero'  che,  in  queste  ultime ipotesi, possono
essere  iscritti  nell'elenco  speciale annesso all'albo gli avvocati
degli  uffici  legali  istituiti, sotto qualsiasi denominazione ed in
qualsiasi modo, presso tali enti, solo per quanto concerne le cause e
gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera.
   L'iscrizione  all'albo  speciale  presuppone, pero', che l'ufficio
legale  sia  incardinato  nella  struttura  dell'ente  pubblico e che
l'avvocato  sia  dipendente  dello stesso (Cass. civ., s.u., 3 maggio
2005,  n. 9096); l'iscrizione nell'elenco speciale (annesso all'albo)
di  cui  all'art. 3, ultimo comma, lett. b), r.d.l. 27 novembre 1933,
n. 1578,  essendo prevista per gli avvocati degli uffici legali degli
enti  indicati nel precedente comma 2, presuppone che la destinazione
del  dipendente-avvocato  a svolgere l'attivita' professionale presso
l'ufficio  legale  si realizzi mediante il suo inquadramento in detto
ufficio,  che non avvenga a titolo precario e non sia del tutto privo
di  stabilita'  (Cass.  civ., s.u., 6 luglio 2005, n. 14213); ai fini
dell'iscrizione nell'elenco speciale annesso all'albo degli avvocati,
l'art.  3,  ultimo  comma,  lett.  b), r.d.l. n. 1578/33 richiede che
presso l'ente pubblico esista un ufficio legale costituente un'unita'
organica  autonoma,  e  che  coloro  i  quali  sono  ad  esso addetti
esercitino  con liberta' ed autonomia le loro funzioni di competenza,
con sostanziale estraneita' all'apparato amministrativo, in posizione
di  indipendenza  da  tutti  i  settori  previsti  in  organico e con
esclusione di ogni attivita' di gestione (Cass. civ., s.u., 18 aprile
2002,  n. 5559);  al  fine  dell'iscrizione degli addetti agli uffici
legali  di  enti  pubblici  negli  elenchi speciali annessi agli albi
degli  avvocati  e  procuratori  di  cui  agli  art.  3 e 4 r.d.l. 27
novembre  1933,  n. 1578 (norme di carattere eccezionale, attesone il
carattere  derogatorio al principio dell'incompatibilita' sancito dal
comma 2 del citato art. 3), e' necessario che il dipendente dell'ente
pubblico  risulti  addetto  ad  un  ufficio  legale dotato di una sua
autonomia  nell'ambito  della relativa struttura, e che, in virtu' di
tale  sua  appartenenza  ed  alla  stregua dell'ordinamento dell'ente
stesso,  egli  sia -  in  linea  di principio - abilitato a svolgere,
nell'interesse   dell'ufficio   ed   in   via   esclusiva,  attivita'
professionale, tanto giudiziaria quanto extragiudiziaria (Cass. civ.,
s.u., 14 marzo 2002, n. 3733; 19 ottobre 1998, n. 10367).
   Tali   preclusioni  all'operare  dell'eccezione  al  regime  delle
incompatibilita'  con  l'esercizio  della  professione di avvocato si
frappongono   alla   legittimita'  del  disposto  della  disposizione
normativa  della legge regionale in questione e della delibera che ne
dispone   l'attuazione,  per  le  quali  dovrebbero  essere  affidate
all'avvocatura  regionale -  i  cui  avvocati  sono  dipendenti della
Regione  Lombardia - le cause e gli affari di rilevanza istituzionale
di altri enti, giuridicamente autonomi dalla regione medesima.
   Ne'  potrebbe  assumere  alcuna  rilevanza  la  circostanza che si
tratti  di  enti  asseritamente  costituenti  il «sistema regionale»,
essendo  tale ultimo concetto, introdotto dall'art. 1, comma 1, della
legge  regionale  n. 30/2006  sulla  base di considerazioni meramente
fattuali,   privo  di  alcuna  rilevanza  giuridica  ed  inconferente
rispetto  al  principio  dell'incompatibilita'  stabilito dalla legge
professionale, che limita l'eccezione all'incompatibilita' unicamente
alle  cause  e  agli  affari  propri  dell'ente  presso  il quale gli
avvocati  dipendenti  prestano la loro opera, senza che nei confronti
di   enti   diversi  possa  in  alcun  modo  rilevare  una  qualsiasi
connessione od appartenenza ad un comune sistema.
   Del   resto,   la  stessa  esenzione  dal  ricorso  al  patrocinio
obbligatorio  dell'avvocatura  regionale  in  caso  di  conflitto  di
interessi  prevista  dalla  delibera  impugnata  dimostrerebbe,  come
esattamente  posto  in  rilievo  da  parte ricorrente, che la pretesa
comune appartenenza ad un indefinito «sistema regionale» non comporta
certo  di  per se' la sovrapposizione degli interessi della regione a
quelli  dei  vari  enti  in questione, atteso che le controversie dei
medesimi,   che   la   delibera   destina   di  norma  al  patrocinio
dell'avvocatura  regionale,  non  potrebbero  mai  inquadrarsi fra le
cause  proprie  della  Regione  Lombardia, ma, al massimo, potrebbero
riguardarla in via meramente indiretta.
   Alla    luce    delle   suesposte   considerazioni,   pare   certa
l'appartenenza  del  regime delle incompatibilita' con la professione
di  avvocato, previsto dall'art. 3 del r.d.l. n. 1578 del 1933, tra i
principi  fondamentali  desunti  dalla normativa di settore, come del
resto  posto  piu' volte in evidenza anche dalla Corte di cassazione,
per  la  quale:  «Gli  avvocati  dipendenti  da  enti  pubblici  sono
abilitati  al  patrocinio unicamente per le cause e gli affari propri
dell'ente  presso  il quale prestano la loro opera, e non anche di un
ente diverso, non rilevando che quest'ultimo sia nato ad iniziativa o
con  capitale  dell'ente pubblico, ne' il carattere pubblicistico dei
suoi  fini istituzionali, ne' i controlli su di esso esercitati, ne',
infine,  che  ciascuno  dei  due  enti,  ovvero il solo ente pubblico
preveda  nel  regolamento l'utilizzazione del proprio servizio legale
da  parte dell'altro ente, non potendo un servizio siffatto compiersi
in  deroga  ai limiti di ordine pubblico di cui disposizioni di legge
sovraordinate circondano lo ius postulandi eccezionalmente attribuito
ad  avvocati  dipendenti da enti pubblici dall'art. 3, comma 4, lett.
b),  r.d.l.  27  novembre  1933,  n. 1578,  convertito nella legge 22
gennaio  1934,  n. 36»  (Cass.  civ.,  sez. trib., 16 settembre 2004,
n. 18686).
   In  siffatta  lettura,  la  norma  regionale in discussione sembra
porsi  al di fuori della competenza costituzionalmente riservata alle
regioni.
   La  norma  regionale  pare  anche porsi in contrasto con l'art. 24
della  Costituzione, che ai primi due commi prevede che tutti possano
agire  in  giudizio  per  la  tutela  dei propri diritti ed interessi
legittimi,  essendo  la difesa un diritto inviolabile in ogni stato e
grado  del  procedimento. In proposito, pare, infatti, al collegio di
poter  estendere  la  garanzia costituzionale dell'effettivita' della
tutela  giurisdizionale  sino  a  comprendervi  la liberta' di scelta
delle  modalita' della difesa medesima, atteso che la tutela connessa
alla  garanzia  del  diritto  di  difesa  prevista dall'art. 24 della
Costituzione  deve  essere  intesa  anche  come  difesa  tecnica.  Di
conseguenza,  ognuno deve essere libero di farsi assistere dal legale
che preferisce, compresi gli enti pubblici.
   In tale contesto interpretativo, il disposto normativo sospetto di
incostituzionalita'  e'  suscettibile  di  porsi  in contrasto con la
norma   costituzionale   in   esame,   poiche'   impone   agli   enti
analiticamente  indicami  nell'allegato  A  della legge della Regione
Lombardia  27  dicembre  2006,  n. 30 -  enti giuridicamente autonomi
dalla  Regione  Lombardia -  di  avvalersi,  di norma, del patrocinio
dell'avvocatura  regionale  per  la  difesa  in  giudizio  dei propri
interessi,  anche  se con riferimento a atti od attivita' connessi ad
atti di indirizzo e di programmazione regionale.
   Ma  la  legge  in  esame  sembra presentare anche altri aspetti di
incostituzionalita'.
   La  riserva  all'avvocatura  regionale della difesa in giudizio di
altri   enti,   formalmente   autonomi,   ma  in  sostanza  collegati
direttamente  o indirettamente con l'ente regione, viene, in sostanza
ad  incidere  sulla capacita' giuridica di tali soggetti - che godono
della  personalita'  giuridica  piena - influendo sulla libera scelta
del proprio difensore.
   Sotto  tale  profilo,  e'  ben vero che la disposizione de quo non
prevede  un  obbligo  assoluto di rivolgersi all'avvocatura regionale
per  la  difesa  in  giudizio (l'art. 1, comma 2, lett. b) della l.r.
n. 30/2006  recita,  infatti,  che  «i  soggetti  individuati  ... si
avvalgono,  di norma, del patrocinio dell'Avvocatura regionale per la
difesa  di  atti  o  attivita'  connessi  ad  atti  di indirizzo e di
programmazione   regionale   ...»,  ma  l'estensione  che  del  testo
normativo  e'  stato dato con l'atto impugnato (nell'allegato C2 A si
afferma   che   la  previsione  di  patrocinio  «di  norma»  affidato
all'avvocatura  regionale «deve intendersi riferito alle controversie
di  evidente  rilevanza  istituzionale»,  e  nell'allegato  C2 B tali
controversie  sono  specificate  come  «tutte  le  vertenze  attive e
passive,  presso  qualsiasi sede e nell'ambito di ogni giurisdizione,
insorte  o  insorgende  tra  l'Ente  convenzionato e terzi, che hanno
causa  o possono determinare effetti rilevanti in scelte contenute in
atti  normativi, pianificatori o generali dell'Ente Regione Lombardia
o  in  atti normativi di fonte statale o comunitaria») rende evidente
che  la Regione Lombardia ha inteso estendere a tutte le controversie
in cui siano, a qualsiasi titolo, coinvolti i «soggetti individuati»,
l'obbligo di avvalersi della avvocatura regionale.
   Ex  ore  tuo  te  judico:  cosi'  intesa  la disposizione in esame
finisce,  come  si  e' osservato, col limitare in maniera notevole la
capacita' giuridica dei soggetti di che trattasi.
   Ma   una   simile  incisione  della  capacita'  giuridica  rientra
nell'ambito del diritto privato e pertanto esula dalle previsioni del
terzo  comma  dell'art. 117 Cost., rientrando invece nella previsione
della  lett.  i) del secondo comma del medesimo articolo (che riserva
allo   Stato   la   potesta'  legislativa  esclusiva  in  materia  di
ordinamento civile e penale).
   La  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma, lett. i) peraltro
potrebbe  non essere rilevante nel presente giudizio, in cui non sono
parte  i soggetti che subirebbero la limitazione della loro capacita'
giuridica,  ma  serve  ad introdurre il problema della compatibilita'
della  norma  contenuta  nell'art.  1,  comma  2, lett. b) della l.r.
n. 30/2006, con la lett. m) del secondo comma dell'art. 117 Cost. che
riserva   allo   Stato  la  normativa  in  materia  di  tutela  della
concorrenza.
   Cosi'  come  interpretata dalla Regione Lombardia, la disposizione
dell'art.  1,  comma  2,  lett.  b) della l.r. n. 30/2006 finisce con
l'incidere   sul  principio  del  libero  esercizio  di  un'attivita'
professionale,  venendo  a  precludere  ai  liberi  professionisti la
possibilita' di acquisire una determinata categoria di clienti. Sotto
tale  profilo  si  deve  convenire  con l'affermazione dei ricorrenti
secondo  i  quali  le  libere  professioni rientrano fra i servizi di
rilevanza  comunitaria  nei confronti dei quali e' preclusa qualsiasi
misura  restrittiva  da  parte  degli Stati membri (artt. 49 e 50 del
Trattato  CEE)  ed  ai  quali  devono, conseguentemente, estendersi i
principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria in tema di libera
concorrenza.
   Ed e' indubbio, sotto tale profilo, che l'imposizione ad una serie
di  soggetti  di  ricorrere  al patrocinio della avvocatura regionale
costituisce una misura contrastante sia con la libera prestazione dei
servizi  (perche'  tali servizi verrebbero preclusi agli avvocati del
libero  foro)  che  con  la  libera  concorrenza  fra  professionisti
(perche'  gli avvocati del libero foro non potrebbero competere per i
mandati  rilasciati  dagli  enti  in questione) violando, inoltre, il
principio  che tutela il rapporto fiduciario tra cliente ed avvocato,
per  il  quale  ognuno  e'  libero  di  scegliere il difensore di suo
gradimento.  Per  le previsioni del provvedimento impugnato, infatti,
la  scelta  del  singolo  avvocato  regionale e' rimessa non all'ente
interessato,  ma  al  dirigente  dell'ufficio  legale d'intesa con il
coordinamore dell'avvocatura regionale.
   In  conclusione,  il collegio ritiene che il giudizio debba essere
sospeso  e  che  gli atti vadano trasmessi alla Corte costituzionale,
attesa  la  rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione
di  costituzionalita'  dell'art.  1,  comma  2, lett. b), della legge
della  Regione  Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30, nella parte in cui
dispone  che i soggetti individuati dalla giunta regionale tra quelli
di  cui  all'allegato  A  si  avvalgono,  di  norma,  del  patrocinio
dell'Avvocatura  regionale per la difesa di atti o attivita' connessi
ad atti di indirizzo e di programmazione regionale; la rappresentanza
in  giudizio  e'  disposta conformemente agli ordinamenti dei singoli
enti;  i  rapporti  tra  i  soggetti  individuati e l'amministrazione
regionale  sono  regolati  da apposite convenzioni; la rappresentanza
rimane  esclusa  nei  casi  di  conflitto  di  interessi e per atti e
attivita'  inerenti  all'organizzazione degli enti, in relazione agli
artt.  117, commi secondo e terzo, e 24, commi primo e secondo, della
Costituzione .
   Ogni  ulteriore  statuizione  in rito, in merito ed in ordine alle
spese resta riservata alla decisione definitiva.