IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1007/07 proposto da Zoppolato Maurizio, Avolio Vincenzo, Mangia Rocco, Tanzarella Giancarlo, Torrani Pier Giuseppe, Allorio Carlo, Amadio Bruno, Balestrieri Adolfo Mario, Bifulco Fabio, Bonatti Stefano, Brambilla Pisoni Giovanni, Bullo Andrea, Canta Angela, Cerami Carlo, Ferraris Pietro, Fumarola Lorella, Giacometti Enzo, Ielo Domenico, Incorvaia Giuseppina, Invernizzi Roberto, Lamberti Lorenzo, Luciano Vittoria, Maia Riccardo, Marletta Riccardo, Mazzarelli Marco, Napoli Marco, Pisapia Mauro, Quadrio Stefano, Robaldo Enzo, Roderi Giorgio, Rotelli Romano, Saladino Maurizio, Solimini Caterina, Spaini Marta, Todarello Fabio, Torrani Orsola, tutti in proprio nonche' rappresentati e difesi dall'avv. Maurizio Zoppolato ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Milano, via Dante n. 16; Contro Regione Lombardia, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv. Pio Dario Vivone, Federico Tedeschini e Beniamino Caravita di Toritto ed elettivamente domiciliata presso la sede dell'avvocatura regionale in Milano, via F. Filzi n. 22, e nei confronti di A.S.L. n. 1 Citta' di Milano, non costituitasi in giudizio, per l'annullamento della deliberazione n. VIII/004420 del 28 marzo 2007, con la quale la giunta regionale ha deliberato che una serie di enti debbano avvalersi di norma del patrocinio dell'avvocatura regionale, approvando altresi' gli elementi essenziali della convenzione per il patrocinio dell'avvocatura regionale tra regione Lombardia e tali enti; di ogni altro atto ad essa presupposto, preordinato, consequenziale e/o comunque connesso. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione Lombardia; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Vista l'ordinanza n. 1120/2007 dell'11 luglio 2007, con la quale e' stata accolta la domanda di sospensione cautelare dell'esecuzione del provvedimento impugnato; Udito il primo ref. Elena Quadri, designato relatore per l'udienza dell'11 luglio 2007; Uditi i difensori delle parti; Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue. F a t t o Con ricorso notificato il 4 maggio 2007 e depositato il successivo 9 maggio 2007, i ricorrenti, tutti iscritti all'ordine degli avvocati, i quali esercitano la loro professione in Lombardia e prevalentemente nell'ambito del diritto amministrativo, hanno impugnato il provvedimento indicato in epigrafe adottato dalla giunta della Regione Lombardia, che dispone una prima attuazione dell'art. 1 della legge regionale 27 dicembre 2006, n. 30, mediante l'approvazione dell'allegato C ed in particolare prevede che una serie di enti di interesse regionale specificamente individuati nell'allegato A della suddetta legge regionale (suddivisi nelle categorie degli enti indipendenti, enti sanitari, altri enti pubblici, societa' a partecipazione regionale, fondazioni istituite dalle regioni) debbano avvalersi di norma del patrocinio dell'avvocatura regionale, approvando gli elementi essenziali della convenzione per il patrocinio dell'avvocatura regionale tra la Regione Lombardia e tali enti. Con il presente ricorso avverso il provvedimento impugnato vengono dedotti i seguenti motivi di diritto: 1) Violazione dell'art. 3 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 ed in via subordinata illegittimita' in via derivata dall'illegittimita' costituzionale della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30. Secondo l'assunto di parte ricorrente l'amministrazione intimata, mediante l'emanazione dell'atto impugnato, avrebbe violato il principio dell'incompatibilita' con qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio di qualsiasi amministrazione od istituzione pubblica che vige nell'ordinamento della professione forense e che trae origine dallo stesso concetto di libera professione, cui e' sottesa, quale elemento cardine, la necessaria indipendenza del professionista. Tra le uniche eccezioni al divieto, consentite dal quarto comma del medesimo art. 3 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, sarebbero menzionati alla lettera b) «gli avvocati ed i procuratori degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso gli enti di cui allo stesso secondo comma, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera. Essi sono iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo». Di conseguenza, in considerazione del dato testuale della suddetta norma e del divieto di interpretare estensivamente le disposizioni che introducono eccezioni ai principi generali, risulterebbero illegittime le previsioni della delibera che dispongono l'affidamento agli avvocati dipendenti dalla Regione Lombardia di cause ed affari propri di altri enti giuridicamente e sostanzialmente autonomi dalla regione. Ne' potrebbe, in proposito, rilevare la circostanza che si tratti di enti asseritamente costituenti il «sistema regionale», essendo tale ultimo concetto, introdotto dall'art. 1, comma 1, della legge regionale n. 30/2006 sulla base di considerazioni meramente fattuali, privo di alcuna rilevanza giuridica ed inconferente rispetto al principio dell'incompatibilita' stabilito dalla legge professionale, che limita l'eccezione all'incompatibilita' unicamente alle cause e agli affari propri dell'ente presso il quale gli avvocati dipendenti prestano la loro opera, senza che nei confronti di enti diversi possa in alcun modo rilevare una qualsiasi connessione od appartenenza ad un comune sistema. Del resto, la stessa esenzione dal ricorso al patrocinio obbligatorio dell'avvocatura regionale in caso di conflitto di interessi prevista dalla delibera impugnata dimostrerebbe che la pretesa comune appartenenza ad un indefinito «sistema regionale» non comporta certo di per se' la sovrapposizione degli interessi della regione a quelli dei vari enti in questione, atteso che le controversie dei medesimi, che la delibera destina di norma al patrocinio dell'avvocatura regionale, non potrebbero inquadrarsi fra le cause proprie della Regione Lombardia, ma, al massimo, potrebbero riguardarla in via meramente indiretta. Neppure, secondo l'assunto dei ricorrenti, potrebbe attribuirsi alla l.r. n. 30/2006 valenza derogatoria rispetto alla legge professionale forense, nel senso di introdurre un'ulteriore eccezione all'incompatibilita' dalla stessa prevista in favore degli avvocati dipendenti dalla regione che prestino attivita' di difesa giudiziale in favore di enti diversi da quello di appartenenza ma allo stesso in qualche modo collegati, in considerazione del principio che preclude ad una norma generale, quale e' la l.r. n. 30/2006 relativa alla finanza regionale, di derogare ad una norma di carattere speciale, quale e' il r.d.l. n. 1578/1933. In ogni caso, pur essendo la materia delle professioni attribuita alla potesta' legislativa concorrente delle regioni, in considerazione della stretta interrelazione sussistente tra indipendenza ed esercizio della libera professione il regime delle incompatibilita' costituirebbe principio fondamentale della professione forense, la cui determinazione e' sottratta alla potesta' legislativa delle regioni e riservata alla legislazione dello Stato, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Di conseguenza, la disposizione normativa regionale in questione risulterebbe illegittima costituzionalmente, derivandone l'illegittimita' in via derivata della delibera impugnata che ne dispone l'attuazione. 2) Violazione dei principi comunitari di liberta' nella prestazione dei servizi e di libera concorrenza; eccesso di potere per carenza di istruttoria e/o di motivazione, nonche' per sviamento. Per i ricorrenti, posto che le libere professioni rientrano fra i servizi di rilevanza comunitaria nei confronti dei quali e' preclusa qualsiasi misura restrittiva da parte degli Stati membri (artt. 49 e 50 del Trattato CEE), all'esercizio della libera professione si estenderebbero i principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria in tema di libera concorrenza. L'imposizione di ricorrere al patrocinio dell'avvocatura regionale per una serie di enti costituirebbe una misura contrastante sia con la libera prestazione dei servizi (perche' tali servizi verrebbero preclusi agli avvocati del libero foro) che con la libera concorrenza fra professionisti (perche' gli avvocati del libero foro non potrebbero competere per i mandati rilasciati dagli enti in questione) ed inoltre violerebbe anche il principio che tutela il rapporto fiduciario tra cliente ed avvocato, per il quale ognuno e' libero di scegliere il difensore di suo gradimento. Per le previsioni del provvedimento impugnato, infatti, la scelta del singolo avvocato regionale e' rimessa non all'ente interessato ma al dirigente dell'ufficio legale d'intesa con il coordinatore dell'avvocatura regionale. Da tali evidenti profili di contrasto con i principi fondamentali del Trattato discenderebbe la disapplicazione della l.r. n. 30/2006 in parte qua e l'illegittimita' della delibera impugnata, non essendo neppure necessaria la rimessione alla Corte di Giustizia sul punto. Inoltre, anche l'argomento della pretesa riduzione dei costi difensivi risulterebbe infondato, atteso che dall'attuazione delle previsioni della delibera conseguirebbe un consistente aumento dei costi connesso al maggior numero di controversie difese dall'avvocatura regionale. Risulterebbe, dunque, una carenza di istruttoria e di motivazione nell'emanazione del provvedimento impugnato. 3) Eccesso di potere per illogicita' manifesta e contraddittorieta' intrinseca; violazione per erronea applicazione della legge regionale n. 30/2006. La delibera impugnata presenterebbe anche un vizio proprio, consistente nell'estensione dell'ambito in cui e' imposta la difesa da parte dell'avvocatura regionale. Mentre, infatti, nell'allegato C2 A si afferma che la previsione di patrocinio «di norma» affidato all'avvocatura regionale «deve intendersi riferito alle controversie di evidente rilevanza istituzionale», nell'allegato C2 B tali controversie sono specificate come «tutte le vertenze attive e passive, presso qualsiasi sede e nell'ambito di ogni giurisdizione, insorte o insorgente tra l'Ente convenzionato e terzi, che hanno causa o possono determinare effetti rilevanti in scelte contenute in atti normativi, pianificatori o generali dell'Ente Regione Lombardia o in atti normativi di fonte statale o comunitaria». Evidente risulterebbe l'estensione rispetto alle previsioni della legge regionale, che prevede la difesa di atti connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale. Si e' costituita la Regione Lombardia, eccependo in via preliminare l'inammissibilita' del gravame e chiedendo comunque la reiezione del medesimo per infondatezza nel merito, analiticamente confutando le censure dedotte dalla parte avversa. All'udienza dell'11 luglio 2007, fissata sia per la discussione della domanda incidentale di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato che per la decisione di merito, con separata ordinanza n. 1120/2007 e' stata concessa l'invocata tutela cautelare ed il ricorso e' stato trattenuto per la decisione nel merito. D i r i t t o Va in primo luogo disattesa l'eccezione di inammissibilita' del ricorso per difetto di legittimazione ed interesse sollevata dalla difesa regionale in base al duplice assunto secondo il quale da un lato il provvedimento impugnato e la legge regionale non concernerebbero i rapporti professionali eventualmente gia' esistenti fra i ricorrenti e gli enti interessati, bensi' esclusivamente i rapporti futuri di rappresentanza forense e dall'altro secondo cui i ricorrenti non avrebbero alcun diritto od interesse legittimo ad ottenere un qualsivoglia incarico da parte degli enti interessati all'applicazione del provvedimento impugnato, ma solo un'aspettativa indifferenziata. Al riguardo il collegio osserva, sotto il primo profilo, che l'allegato C2 B della delibera impugnata estende di norma il patrocinio dell'avvocatura regionale a tutte le vertenze attive e passive insorte od insorgende tra l'ente convenzionato ed i terzi, evidenziando, dunque, l'immediatezza del pregiudizio per i difensori degli enti che hanno gia' ricevuto un incarico professionale; sotto il secondo profilo, invece, il provvedimento impugnato preclude di norma ai ricorrenti, tutti specializzati nel campo del diritto amministrativo, di svolgere la loro attivita' forense nei confronti della serie di enti analiticamente individuati nell'allegato A, di notevole rilevanza, limitando fortemente le loro possibilita' professionali. Sul punto si richiama quella giurisprudenza amministrativa secondo la quale e' configurabile in capo agli operatori di un determinato settore un interesse immediato ad impugnare quelle scelte programmatorie a carattere innovativo che vanno direttamente ad incidere sia sulle condizioni attuali del segmento di mercato nel quale essi operano, sia sulle relative aspettative di sviluppo. Risulta, dunque, senza dubbio configurabile l'interesse alla proposizione del presente gravame. Per la difesa della regione, inoltre, solo mediante la stipula delle convenzioni tra l'amministrazione regionale e gli enti interessati sarebbe possibile ricavare lo specifico ambito di controversie affidate alla difesa dell'avvocatura regionale, derivandone l'inammissibilita' del gravame anche sotto tale profilo. Sul punto e' sufficiente osservare che la delibera impugnata, per le considerazioni appena svolte, si ritiene gia' lesiva della posizione giuridica dei ricorrenti, indipendentemente dal maggiore o minore ambito di applicazione concreta che potrebbe derivare dalla stipula delle convenzioni, da cui potrebbe scaturire solamente un ampliamento o una riduzione del suddetto pregiudizio, comunque gia' esistente. L'eccezione e', quindi, infondata anche sotto tale profilo. Passando all'esame del merito, il collegio ritiene, per economia processuale, di dover esaminare in primo luogo la terza censura dedotta dai ricorrenti, per la quale il provvedimento impugnato risulterebbe viziato in via autonoma, indipendentemente dall'assunta illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 30/2006. Secondo l'assunto dei ricorrenti, infatti, la delibera impugnata recherebbe un'errata applicazione dell'art. 1, comma 2, lett. b) della l.r. n. 30/2006, estendendo illegittimamente l'ambito in cui e' imposta «di norma» la difesa da parte dell'avvocatura regionale mediante le previsioni dell'allegato C2 B, nel quale tali controversie sono specificate come «tutte le vertenze attive e passive, presso qualsiasi sede e nell'ambito di ogni giurisdizione, insorte o insorgende tra l'Ente convenzionato e terzi, che hanno causa o possono determinare effetti rilevanti in scelte contenute in atti normativi, pianificatori o generali dell'Ente Regione Lombardia o in atti normativi di fonte statale o comunitaria». Evidente risulterebbe l'estensione rispetto alle previsioni della legge regionale, che prevede la difesa di atti connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale. Il collegio ritiene che le previsioni contenute nella delibera, seppur letteralmente ampliative rispetto al disposto del legislatore regionale - per il quale, ai sensi dell'art. 1, comma 2, lett. b) della l.r. n. 30/2006 «i soggetti individuati dalla Giunta regionale tra quelli di cui all'allegato A si avvalgono, di norma, del patrocinio dell'Avvocatura regionale per la difesa di atti o attivita' connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale ...» - in concreto non si discostino dal precetto normativo, anche in considerazione della specificazione recata inizialmente nell'allegato C2 A, in base alla quale la previsione del patrocinio «di norma» affidato all'avvocatura regionale «deve intendersi riferito alle controversie di evidente rilevanza istituzionale». Al riguardo la delibera si ritiene, dunque, meramente attuativa del disposto del legislatore regionale. Neppure pare convincente aderire all'assunto di parte ricorrente per il quale la norma regionale in questione, per il suo carattere di generalita', non potrebbe avere valenza abrogativa della legge speciale sulla professione forense, a meno che non si ritenga di privare di totale significato le disposizioni normative della stessa. Ed invero, pur nella consapevolezza della vigenza del criterio ermeneutico in base al quale, tra diverse interpretazioni possibili, deve essere scelta quella che evita il conflitto tra la norma da interpretare ed il dettato costituzionale, nella fattispecie in questione la disposizione normativa regionale succitata, che prevede che «i soggetti individuati dalla Giunta regionale tra quelli di cui all'allegato A si avvalgono, di norma, del patrocinio dell'Avvocatura regionale per la difesa di atti o attivita' connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale» non puo' che interpretarsi nel senso di prevedere nel territorio della regione un'ulteriore eccezione al regime delle incompatibilita' previsto dall'ordinamento statale sulla professione forense, essendo indubbio che tali soggetti non si identificano con la Regione Lombardia, dalla quale i componenti dell'avvocatura regionale dipendono. Richiamandosi, infatti, alla teoria tradizionale elaborata in tema di fonti del diritto, la Costituzione riconosce alle regioni la potesta' legislativa, cioe' il potere di adottare leggi equiparate, entro limiti determinati, alle leggi ordinarie statali. La ripartizione di competenza legislativa fra Stato e regioni e' operata sulla base dell'indicazione di materie, delle quali alcune attribuite alla competenza esclusiva dello Stato, in cui e' esclusa qualsiasi potesta' di legiferazione da parte delle regioni ed altre rimesse alla competenza legislativa delle regioni, ma nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato, mentre le materie non espressamente riservate alla competenza dello Stato o delle regioni spettano alla competenza esclusiva regionale. In particolare nelle materie di legislazione concorrente tassativamente elencate dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione a seguito della riforma costituzionale operata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, si verifica un concorso vincolato di fonti statali con fonti regionali, nel senso che spetta alle regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. In tali ipotesi, nel caso di conflitto tra fonte statale e fonte regionale sulla smessa materia, si dovra' ricorrere al criterio della competenza, non potendo far uso del criterio gerarchico in considerazione della pariordinazione tra la fonte statale e quella regionale, dovendo attribuirsi la prevalenza alla fonte competente. Nella fattispecie in questione, dunque, nella quale si e' in presenza di due fonti normative, una statale ed una regionale, entrambe dirette - con specifico riferimento alle disposizioni in questione - a disciplinare la stessa materia, quella delle professioni, si dovra' attribuire prevalenza alla fonte competente secondo il disposto costituzionale, quindi alla regione, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. Tanto premesso, il collegio e' dell'avviso di aderire all'istanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale avanzata da parte ricorrente per l'assunta illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lett. b) della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30, in relazione all'art. 117, terzo comma, della Costituzione ed inoltre pare ravvisare ulteriori contrasti tra la norma in questione e la Carta costituzionale con riferimento all'art. 24, commi primo e secondo, della Costituzione, sollevando sotto tale profilo d'ufficio la relativa questione di legittimita' costituzionale della suddetta norma. Il Collegio ritiene, infatti, che sia rilevante nel contesto del presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della disposizione normativa succitata. Quanto al giudizio di rilevanza, l'impugnato provvedimento, che prevede che una serie di enti di interesse regionale di notevole importanza e specificamente individuati nell'allegato A della legge regionale n. 30/2006 (suddivisi nelle categorie degli enti indipendenti, enti sanitari altri enti pubblici, societa' a partecipazione regionale, fondazioni istituite dalle regioni) debbano avvalersi di norma del patrocinio dell'avvocatura regionale nelle controversie di evidente rilevanza istituzionale cioe' in tutte le vertenze attive e passive, presso qualsiasi sede e nell'ambito di ogni giurisdizione, insorte o insorgende tra l'Ente convenzionato e terzi, che hanno causa o possono determinare effetti rilevanti in scelte contenute in atti normativi, pianificatori o generali dell'Ente Regione Lombardia o in atti normativi di fonte statale o comunitaria ad eccezione delle ipotesi di controversie che originano da scelte dell'ente convenzionato non riconducibili a quelle di cui in precedenza, delle controversie rispetto alle quali risulta da una congiunta valutazione dell'ente e dell'avvocatura regionale piu' opportuna una difesa autonoma dell'ente ed un apposito intervento in giudizio della Regione Lombardia, nonche' nei casi di conflitto d'interessi tra l'ente e la Regione Lombardia o altro ente del sistema regionale approvando gli elementi essenziali della convenzione per il patrocinio dell'avvocatura regionale tra la Regione Lombardia e tali enti, costituisce, come piu' volte rilevato, attuazione di quanto disposto dall'art. 1, comma 2, lett. b) della suddetta l.r. n. 30/2006, che stabilisce che «i soggetti individuati dalla Giunta regionale tra quelli di cui all'allegato A si avvalgono, di norma, del patrocinio dell'Avvocatura regionale per la difesa di atti o attivita' connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale; la rappresentanza in giudizio e' disposta conformemente agli ordinamenti dei singoli enti; i rapporti tra i soggetti individuati e l'amministrazione regionale sono regolati da apposite convenzioni; la rappresentanza rimane esclusa nei casi di conflitto di interessi e per atti e attivita' inerenti all'organizzazione degli enti». Il presente giudizio non puo' quindi essere definito prescindendo dalla soluzione delle questioni di legittimita' costituzionale prospettate. La rilevanza della questione per il giudizio in corso, limitata a tale disposto normativo, e' evidente, non essendo sufficiente la sospensione della delibera di giunta richiamata in assenza dell'assunzione dall'ordinamento giuridico della norma legislativa su richiamata, alla quale la disciplina di cui alla delibera medesima da', sul punto, solo attuazione. La questione, ad avviso del collegio, e' pure non manifestamente infondata. Innanzitutto, con riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, va osservato che tale disposizione, pur con l'ampliamento delle attribuzioni regionali conseguente alla modifica di cui alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, riserva tuttora alla legislazione statale esclusiva la determinazione dei principi fondamentali nelle materie indicate, ed in particolare in materia di professioni. Si ripropone, dunque, la problematica della concreta determinazione di tali principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente, per la loro natura ambivalente. Una parte della dottrina costituzionalista li considera, infatti, come meri limiti della materia da disciplinare, mentre da altri sono ritenuti vere e proprie linee guida cui dovrebbe attenersi la legge regionale, dunque provvisti di natura non meramente limitativa ma programmatica. Ad ogni modo, preso atto del superamento della tesi che assumeva la necessita' di un'espressa determinazione di tali principi fondamentali ad opera di leggi-cornice, e' necessario ricavarli dalla vigente legislazione statale di settore mediante il procedimento deduttivo. Per quanto concerne l'ordinamento della professione di avvocato, disciplinato dal r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36 e modificato dalla legge 23 novembre 1939, n. 1949, l'art. 3 cosi' recita: L'esercizio delle professioni di avvocato e di procuratore e' incompatibile ... con qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle province, dei comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficenza, della Banca d'Italia, della lista civile, del gran magistero degli ordini cavallereschi, del Senato, della Camera dei deputati ed in generale di qualsiasi altra amministrazione o istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle province e dei comuni. Sono eccettuati dalla disposizione del secondo comma: a) i professori e gli assistenti delle universita' e degli altri istituti superiori ed i professori degli istituti secondari dello Stato; b) gli avvocati ed i procuratori degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso gli enti di cui allo stesso secondo comma, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera. Essi sono iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo. La ratio del regime delle incompatibilita' con l'esercizio della professione di avvocato, intesa come libera professione, e' costituita dalla necessaria tutela dell'indipendenza del professionista, oltre che degli interessi dell'ente pubblico, cui il dipendente e' legato da un rapporto di esclusivita'. In considerazione della notevole rilevanza di tale ratio, le uniche eccezioni al regime di incompatibilita' sono analiticamente e tassativamente indicate al quarto comma della stessa norma che la disciplina. Tra queste, assume notevole rilievo l'eccezione enumerata alla succitata lettera b). La professione di avvocato e', dunque incompatibile con qualunque impiego pubblico, salvo che con l'attivita' di insegnamento presso universita' od altri istituti superiori e secondari dello Stato, nonche' con quella esplicata dagli avvocati degli uffici legali istituiti presso gli enti pubblici per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera, iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo degli avvocati. Proprio la rilevanza del regime delle incompatibilita' della professione di avvocato ha portato la giurisprudenza all'applicazione fortemente restrittiva dell'eccezione prevista dalla lettera b) del quarto comma della norma in questione. In particolare, e' stato osservato che, in tema di esercizio della professione forense, l'art. 3, r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, dopo aver stabilito che l'esercizio della professione di avvocato e' incompatibile con qualunque impiego od ufficio retribuito, anche alle dipendenze di qualsiasi amministrazione o istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle province e dei comuni, stabilisce pero' che, in queste ultime ipotesi, possono essere iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo gli avvocati degli uffici legali istituiti, sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo, presso tali enti, solo per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera. L'iscrizione all'albo speciale presuppone, pero', che l'ufficio legale sia incardinato nella struttura dell'ente pubblico e che l'avvocato sia dipendente dello stesso (Cass. civ., s.u., 3 maggio 2005, n. 9096); l'iscrizione nell'elenco speciale (annesso all'albo) di cui all'art. 3, ultimo comma, lett. b), r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, essendo prevista per gli avvocati degli uffici legali degli enti indicati nel precedente comma 2, presuppone che la destinazione del dipendente-avvocato a svolgere l'attivita' professionale presso l'ufficio legale si realizzi mediante il suo inquadramento in detto ufficio, che non avvenga a titolo precario e non sia del tutto privo di stabilita' (Cass. civ., s.u., 6 luglio 2005, n. 14213); ai fini dell'iscrizione nell'elenco speciale annesso all'albo degli avvocati, l'art. 3, ultimo comma, lett. b), r.d.l. n. 1578/33 richiede che presso l'ente pubblico esista un ufficio legale costituente un'unita' organica autonoma, e che coloro i quali sono ad esso addetti esercitino con liberta' ed autonomia le loro funzioni di competenza, con sostanziale estraneita' all'apparato amministrativo, in posizione di indipendenza da tutti i settori previsti in organico e con esclusione di ogni attivita' di gestione (Cass. civ., s.u., 18 aprile 2002, n. 5559); al fine dell'iscrizione degli addetti agli uffici legali di enti pubblici negli elenchi speciali annessi agli albi degli avvocati e procuratori di cui agli art. 3 e 4 r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (norme di carattere eccezionale, attesone il carattere derogatorio al principio dell'incompatibilita' sancito dal comma 2 del citato art. 3), e' necessario che il dipendente dell'ente pubblico risulti addetto ad un ufficio legale dotato di una sua autonomia nell'ambito della relativa struttura, e che, in virtu' di tale sua appartenenza ed alla stregua dell'ordinamento dell'ente stesso, egli sia - in linea di principio - abilitato a svolgere, nell'interesse dell'ufficio ed in via esclusiva, attivita' professionale, tanto giudiziaria quanto extragiudiziaria (Cass. civ., s.u., 14 marzo 2002, n. 3733; 19 ottobre 1998, n. 10367). Tali preclusioni all'operare dell'eccezione al regime delle incompatibilita' con l'esercizio della professione di avvocato si frappongono alla legittimita' del disposto della disposizione normativa della legge regionale in questione e della delibera che ne dispone l'attuazione, per le quali dovrebbero essere affidate all'avvocatura regionale - i cui avvocati sono dipendenti della Regione Lombardia - le cause e gli affari di rilevanza istituzionale di altri enti, giuridicamente autonomi dalla regione medesima. Ne' potrebbe assumere alcuna rilevanza la circostanza che si tratti di enti asseritamente costituenti il «sistema regionale», essendo tale ultimo concetto, introdotto dall'art. 1, comma 1, della legge regionale n. 30/2006 sulla base di considerazioni meramente fattuali, privo di alcuna rilevanza giuridica ed inconferente rispetto al principio dell'incompatibilita' stabilito dalla legge professionale, che limita l'eccezione all'incompatibilita' unicamente alle cause e agli affari propri dell'ente presso il quale gli avvocati dipendenti prestano la loro opera, senza che nei confronti di enti diversi possa in alcun modo rilevare una qualsiasi connessione od appartenenza ad un comune sistema. Del resto, la stessa esenzione dal ricorso al patrocinio obbligatorio dell'avvocatura regionale in caso di conflitto di interessi prevista dalla delibera impugnata dimostrerebbe, come esattamente posto in rilievo da parte ricorrente, che la pretesa comune appartenenza ad un indefinito «sistema regionale» non comporta certo di per se' la sovrapposizione degli interessi della regione a quelli dei vari enti in questione, atteso che le controversie dei medesimi, che la delibera destina di norma al patrocinio dell'avvocatura regionale, non potrebbero mai inquadrarsi fra le cause proprie della Regione Lombardia, ma, al massimo, potrebbero riguardarla in via meramente indiretta. Alla luce delle suesposte considerazioni, pare certa l'appartenenza del regime delle incompatibilita' con la professione di avvocato, previsto dall'art. 3 del r.d.l. n. 1578 del 1933, tra i principi fondamentali desunti dalla normativa di settore, come del resto posto piu' volte in evidenza anche dalla Corte di cassazione, per la quale: «Gli avvocati dipendenti da enti pubblici sono abilitati al patrocinio unicamente per le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera, e non anche di un ente diverso, non rilevando che quest'ultimo sia nato ad iniziativa o con capitale dell'ente pubblico, ne' il carattere pubblicistico dei suoi fini istituzionali, ne' i controlli su di esso esercitati, ne', infine, che ciascuno dei due enti, ovvero il solo ente pubblico preveda nel regolamento l'utilizzazione del proprio servizio legale da parte dell'altro ente, non potendo un servizio siffatto compiersi in deroga ai limiti di ordine pubblico di cui disposizioni di legge sovraordinate circondano lo ius postulandi eccezionalmente attribuito ad avvocati dipendenti da enti pubblici dall'art. 3, comma 4, lett. b), r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 36» (Cass. civ., sez. trib., 16 settembre 2004, n. 18686). In siffatta lettura, la norma regionale in discussione sembra porsi al di fuori della competenza costituzionalmente riservata alle regioni. La norma regionale pare anche porsi in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, che ai primi due commi prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, essendo la difesa un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. In proposito, pare, infatti, al collegio di poter estendere la garanzia costituzionale dell'effettivita' della tutela giurisdizionale sino a comprendervi la liberta' di scelta delle modalita' della difesa medesima, atteso che la tutela connessa alla garanzia del diritto di difesa prevista dall'art. 24 della Costituzione deve essere intesa anche come difesa tecnica. Di conseguenza, ognuno deve essere libero di farsi assistere dal legale che preferisce, compresi gli enti pubblici. In tale contesto interpretativo, il disposto normativo sospetto di incostituzionalita' e' suscettibile di porsi in contrasto con la norma costituzionale in esame, poiche' impone agli enti analiticamente indicami nell'allegato A della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30 - enti giuridicamente autonomi dalla Regione Lombardia - di avvalersi, di norma, del patrocinio dell'avvocatura regionale per la difesa in giudizio dei propri interessi, anche se con riferimento a atti od attivita' connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale. Ma la legge in esame sembra presentare anche altri aspetti di incostituzionalita'. La riserva all'avvocatura regionale della difesa in giudizio di altri enti, formalmente autonomi, ma in sostanza collegati direttamente o indirettamente con l'ente regione, viene, in sostanza ad incidere sulla capacita' giuridica di tali soggetti - che godono della personalita' giuridica piena - influendo sulla libera scelta del proprio difensore. Sotto tale profilo, e' ben vero che la disposizione de quo non prevede un obbligo assoluto di rivolgersi all'avvocatura regionale per la difesa in giudizio (l'art. 1, comma 2, lett. b) della l.r. n. 30/2006 recita, infatti, che «i soggetti individuati ... si avvalgono, di norma, del patrocinio dell'Avvocatura regionale per la difesa di atti o attivita' connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale ...», ma l'estensione che del testo normativo e' stato dato con l'atto impugnato (nell'allegato C2 A si afferma che la previsione di patrocinio «di norma» affidato all'avvocatura regionale «deve intendersi riferito alle controversie di evidente rilevanza istituzionale», e nell'allegato C2 B tali controversie sono specificate come «tutte le vertenze attive e passive, presso qualsiasi sede e nell'ambito di ogni giurisdizione, insorte o insorgende tra l'Ente convenzionato e terzi, che hanno causa o possono determinare effetti rilevanti in scelte contenute in atti normativi, pianificatori o generali dell'Ente Regione Lombardia o in atti normativi di fonte statale o comunitaria») rende evidente che la Regione Lombardia ha inteso estendere a tutte le controversie in cui siano, a qualsiasi titolo, coinvolti i «soggetti individuati», l'obbligo di avvalersi della avvocatura regionale. Ex ore tuo te judico: cosi' intesa la disposizione in esame finisce, come si e' osservato, col limitare in maniera notevole la capacita' giuridica dei soggetti di che trattasi. Ma una simile incisione della capacita' giuridica rientra nell'ambito del diritto privato e pertanto esula dalle previsioni del terzo comma dell'art. 117 Cost., rientrando invece nella previsione della lett. i) del secondo comma del medesimo articolo (che riserva allo Stato la potesta' legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile e penale). La violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. i) peraltro potrebbe non essere rilevante nel presente giudizio, in cui non sono parte i soggetti che subirebbero la limitazione della loro capacita' giuridica, ma serve ad introdurre il problema della compatibilita' della norma contenuta nell'art. 1, comma 2, lett. b) della l.r. n. 30/2006, con la lett. m) del secondo comma dell'art. 117 Cost. che riserva allo Stato la normativa in materia di tutela della concorrenza. Cosi' come interpretata dalla Regione Lombardia, la disposizione dell'art. 1, comma 2, lett. b) della l.r. n. 30/2006 finisce con l'incidere sul principio del libero esercizio di un'attivita' professionale, venendo a precludere ai liberi professionisti la possibilita' di acquisire una determinata categoria di clienti. Sotto tale profilo si deve convenire con l'affermazione dei ricorrenti secondo i quali le libere professioni rientrano fra i servizi di rilevanza comunitaria nei confronti dei quali e' preclusa qualsiasi misura restrittiva da parte degli Stati membri (artt. 49 e 50 del Trattato CEE) ed ai quali devono, conseguentemente, estendersi i principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria in tema di libera concorrenza. Ed e' indubbio, sotto tale profilo, che l'imposizione ad una serie di soggetti di ricorrere al patrocinio della avvocatura regionale costituisce una misura contrastante sia con la libera prestazione dei servizi (perche' tali servizi verrebbero preclusi agli avvocati del libero foro) che con la libera concorrenza fra professionisti (perche' gli avvocati del libero foro non potrebbero competere per i mandati rilasciati dagli enti in questione) violando, inoltre, il principio che tutela il rapporto fiduciario tra cliente ed avvocato, per il quale ognuno e' libero di scegliere il difensore di suo gradimento. Per le previsioni del provvedimento impugnato, infatti, la scelta del singolo avvocato regionale e' rimessa non all'ente interessato, ma al dirigente dell'ufficio legale d'intesa con il coordinamore dell'avvocatura regionale. In conclusione, il collegio ritiene che il giudizio debba essere sospeso e che gli atti vadano trasmessi alla Corte costituzionale, attesa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 1, comma 2, lett. b), della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30, nella parte in cui dispone che i soggetti individuati dalla giunta regionale tra quelli di cui all'allegato A si avvalgono, di norma, del patrocinio dell'Avvocatura regionale per la difesa di atti o attivita' connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale; la rappresentanza in giudizio e' disposta conformemente agli ordinamenti dei singoli enti; i rapporti tra i soggetti individuati e l'amministrazione regionale sono regolati da apposite convenzioni; la rappresentanza rimane esclusa nei casi di conflitto di interessi e per atti e attivita' inerenti all'organizzazione degli enti, in relazione agli artt. 117, commi secondo e terzo, e 24, commi primo e secondo, della Costituzione . Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito ed in ordine alle spese resta riservata alla decisione definitiva.