IL TRIBUNALE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  ex  artt.  1, legge cost.le 9
febbraio 1948, n. 1 e 23, terzo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87.
   Premesso  che  con  atto  sottoscritto  in  data  3 gennaio 2008 e
depositato  nella  cancelleria di questo Ufficio il p.m. ha richiesto
l'emissione  di decreto penale di condanna alla pena di € 900,00
di  ammenda nei confronti di R.S. in atti generalizzato, in relazione
alla seguente imputazione:
     «del  reato  di  cui  all'art. 186, comma 1 e 2 d.lgs. 30 aprile
1992,  n. 285,  per  avere  circolato  sulla  pubblica via alla guida
dell'autovettura  FIAT Punto tg. AG 301 FR, benche' fosse in stato di
ebbrezza  in  conseguenza  dell'uso  di  bevande  alcoliche (stato di
ebbrezza  sintomatico).  Commesso in Trucazzano (Milano) il 17 giugno
2007»;
     che  il  p.m.  richiedente, a fronte di un illecito consumato in
data  17 giugno 2008, ha fatto applicazione delle norme incriminatici
vigenti  a seguito dell'entrata in vigore della legge 2 ottobre 2007,
n. 160  di  conversione con modifiche del d.l. 3 agosto 2007, n. 117,
recanti modificazioni urgenti al codice della strada;
     che  l'opzione  per  la  disciplina  sanzionatoria  sopravvenuta
appare  giustificata  ai  sensi dell'art. 2, comma 4 c.p., in ragione
del  fatto  che,  stante la specifica ipotesi di reato che il p.m. ha
inteso   configurata,   le   nuove   norme   introducono   un  regime
sanzionatorio piu' favorevole del pregresso («Chiunque guida in stato
di ebbrezza e' punito, ove il fatto non costituisca piu' grave reato:
a)  con  l'ammenda  da euro 500 a euro 2000, qualora sia accertato un
valore  corrispondente  ad  un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non
superiore a 0,8 grammi per litro. All'accertamento del reato consegue
la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente
di guida da tre a sei mesi»);
     che   la   configurazione  del  fatto  reato  e  la  conseguente
individuazione  della  sanzione  da  parte  del  p.m.  richiedente il
decreto   penale   sono   allineate  alla  lettura  affermatasi  come
dominante,   quanto   meno   in   ambito   dottrinale,   all'indomani
dell'entrata  in  vigore  delle  nuove  norme punitive della guida in
stato  di  ebbrezza alcolica e della intervenuta depenalizzazione del
rifiuto   da   parte   del   conducente   controllato  di  sottoporsi
all'accertamento  mediante strumentazione tecnica della condizione di
ebbrezza  (l'art.  186, comma 7 nella versione vigente prevede che in
caso  di  rifiuto  degli  accertamenti  specificati ai comma 3, 4 e 5
della  norma  stessa  il  trasgressore  e'  punito  con  la  sanzione
amministrativa  del pagamento di una somma compresa fra euro 2.500 ed
euro  10.000,  elevata  alla  forbice compresa fra euro 3.000 ed euro
12.000  se  il  rifiuto  e'  commesso  in  occasione  di un incidente
stradale  in cui il conducente sia rimasto coinvolto; seguono inoltre
sanzioni  accessorie  quali  la sospensione della patente di guida da
sei  mesi  a  due  anni ed il fermo amministrativo del veicolo per un
periodo di 180 giorni);
     che  secondo  la  sopra detta interpretazione, qui fatta propria
dal  p.m.,  nonostante  la nuova disciplina incriminatrice differenzi
espressamente   la  gravita'  del  reato  e  la  relativa  disciplina
sanzionatoria   in   base   alla   rilevanza   del  tasso  alcolemico
tecnicamente verificata, tuttora conserva validita' la giurisprudenza
formatasi  sotto la disposizione precedente la modifica, costante nel
ritenere  che  il  dato sintomatico sia da se' idoneo a comprovare lo
stato  di ebbrezza (cfr., fra le molte, Cass. sez. IV, 9 giugno 2004,
n. 32961, RV 229087);
     che  la  regola  generale  secondo  cui  lo  stato  di  ebbrezza
dell'automobilista, anche in caso di rifiuto di verifica tecnicamente
qualificata,  puo'  essere  accertato  basandosi  su  elementi gravi,
precisi  e  concordanti  (art.  192,  comma  2  c.p.p.), applicata al
novellato  art.  186  c.d.s., induce la maggioranza dei commentatori,
secondo  la regola del favor rei, a ritenere legittima l'applicazione
della  sanzione  meno  grave  di  cui alla lett. a) del comma 2 della
norma  incriminatrice,  ancorche' il dato sintomatico sia compatibile
con  il  superamento  di  soglie  piu'  elevate (si veda, in termini,
Francesco  Cozzi,  Commento alle nuove disposizioni penali in materia
di  circolazione  stradale, in Diritto Penale e Processo, 2, 2008 150
ss. IPSOA Ed.);
     che  all'esposto  ragionamento  ha  prestato  adesione  il  p.m.
richiedente il decreto penale di condanna;
                            O s s e r v a
   L'opzione ermeneutica contenuta nell'atto di esercizio dell'azione
penale  e',  in  effetti,  l'unica  consentita  dal  vigente  sistema
normativo:  a  fronte  di tre autonome ipotesi di reato espressamente
calibrate, in ordine di progressione criminosa, sul quantum crescente
di   concentrazione   alcolemica   rintracciato   nell'organismo  del
guidatore,  la  guida  in  stato  di  ebbrezza accertata con criterio
sintomatico, per ritenersi compatibile con il principio del favor rei
di    matrice    costituzionale    (art.   25,   comma   2),   dovra'
obbligatoriamente  assumere  a  proprio  riferimento sanzionatorio la
previsione di minore gravita'.
   Ne',  men  che  meno,  sarebbe  costituzionalmente accettabile una
soluzione  -  pure  da  taluni commentatori adombrata - che ritenesse
oggi  priva  di  rilevanza  penale  la  guida  in  stato  di ebbrezza
accertata soltanto in via sintomatica.
   Tuttavia,  la  necessitata  conclusione  stride  essa  stessa  con
plurimi  principi  costituzionali.  Innanzitutto  con  il  canone  di
ragionevolezza  posto dall'art. 3 Cost. il quale, fra l'altro, impone
al   legislatore   che   situazioni   identiche   o   ontologicamente
assimilabili  ricevano  il  medesimo  trattamento  -  anche  di  tipo
sanzionatorio - pena un'ingiustificabile disparita' di disciplina.
   Ebbene,  nei  casi  in  cui  la  prova  dell'ebbrezza alcolica del
guidatore sia raggiunta, per cosi' dire, ictu oculi, cioe' in ragione
di  una  serie  di  elementi  esplicativi sensorialmente apprezzabili
(alito  vinoso,  eloquio  sconnesso,  difficolta' di deambulazione ed
equilibrio  precario,  guida  incontrollata,  et  similia), e' logico
ritenere   che  il  conducente  versi  in  una  condizione  di  grave
alterazione  psicofisica,  se  non  di  vera e propria ubriachezza, e
ciononostante  egli,  rifiutando  ogni  accertamento  tecnico,  sara'
punito nel vigente regime con la sanzione penale piu' lieve, prevista
e  voluta  dal  legislatore  -  all'opposto  - per le fattispecie che
destano minore allarme sociale, connotate da minimo superamento della
soglia  limite  prudenziale  (vedi  nota 1) c.d.s. punito con la sola
pena  dell'ammenda,  e'  estinguibile  per oblazione ex art. 162 c.p.
Indi il trasgressore che appaia in stato di ebbrezza acuta, pur anche
sintomatico  del  superamento  della  soglia  massima  di  1,5 gr./l,
rifiutando  la  verifica tecnica, non solo beneficera' della sanzione
penale  piu' lieve, ma avra' titolo per estinguere la contravvenzione
contestatagli  mediante  pagamento di 1/3 del massimo dell'ammenda di
legge.  Si  noti - a comprova della ricaduta in termini pratici della
questione  di  costituzionalita'  prospettata  -  che l'imputato R.S.
opponendo  il  decreto  penale  di  condanna  emesso  per  la pena di
condanna emesso per la pena indicata dal p.m., potrebbe richiedere, e
necessariamente  ottenere,  di accedere al rito dell'oblazione, senza
che  nessun  effetto  preclusivo gli derivi dai gravi precedenti, per
reati  di  indole criminosa comune a quello presente, esistenti a suo
carico. di alcool in corpore.
   L'approdo  interpretativo sopra descritto contrasta, altresi', con
la  finalita'  rieducativa  della sanzione penale posta dall'art. 27,
terzo  comma Cost.: intanto la risposta sanzionatoria al reato potra'
costituire,   non   solo   giusta   retribuzione   della   realizzata
trasgressione,  ma  anche  efficace  monito rispetto a nuove condotte
illecite, indi essere portatrice di reale forza dissuasiva, in quanto
risulti  proporzionata  ed  adeguata  al concreto disvalore del fatto
commesso.
   Non  cosi'  e'  nel caso in cui ad una violazione accertata in via
sintomatica  come  massima  -  ebbrezza  acuta  - corrisponda la pena
prevista per la trasgressione lieve, di minima rilevanza penale.
   Nel  qual caso, altresi', il conducente, consapevole di esporsi ad
un    accertamento    tecnico   dalle   conseguenze   particolarmente
pregiudizievoli,  avra'  sommo  interesse  a  rifiutarlo, incentivato
appunto dall'irrilevanza penale di tale condotta.
   La  compatibilita'  costituzionale  della  suddetta  ricostruzione
sarebbe  stata  ancora  sostenibile  laddove  il  legislatore  avesse
sanzionato penalmente - con la pena prevista per la piu' grave fra le
condotte  di  guida  in stato di ebbrezza - il rifiuto del guidatore,
anche   del   solo  guidatore  la  cui  alterazione  psico-fisica  da
ingestione  di  alcool  emerga in via sintomatica, di sottoporsi agli
accertamenti   tecnici  di  legge.  In  tal  caso  la  blandizie  del
trattamento  irrogabile  nei  casi  di  ebbrezza  sintomatica avrebbe
trovato  compensazione nella disciplina delle conseguenze del rifiuto
ovvero  la  situazione  di  apparente stallo probatorio sarebbe stata
superata  sul piano sanzionatorio dalla congiunzione dei due elementi
rappresentati   dall'ebbrezza   manifesta   e   dal   rifiuto   degli
accertamenti  tecnici;  invece, l'intervenuta depenalizzazione hic et
nunc della fattispecie, originariamente sanzionata con la stessa pena
del  reato  di guida in stato di ebbrezza, in uno con la introduzione
di  un  sistema  di  incriminazioni intimamente connesso a specifiche
fasce   quantitative   di   concentrazione   alcolica  a  carico  del
trasgressore,  consente  di fatto a costui, resosi responsabile della
piu'  grave  delle violazioni, di beneficiare del trattamento proprio
dei  comportamenti  di minore pericolosita', in difetto di ogni altra
conseguenza di natura penale.
   Sebbene  il  tema  non  pertenga la presente fattispecie, tuttavia
l'assonanza   delle   questioni   impone   di  sottolineare  come  la
prospettata  situazione interpretativa divenga ancor piu' complessa -
ed   irragionevole   -  in  riferimento  all'omologo  reato  previsto
dall'art. 187 c.d.s., (guida in stato di alterazione psico-fisica per
uso  di  sostanze stupefacenti), in relazione al quale il rifiuto dei
prescritti  accertamenti  tecnici  e'  parimenti  sanzionato  in  via
amministrativa  (negli  stessi  termini suddetti di cui all'art. 186,
comma  7).  Secondo  la  giurisprudenza  di legittimita', infatti, il
reato  in  oggetto  non  si  presta  ad  essere dimostrato attraverso
elementi sintomatici ma solo mediante accertamenti tecnici, di natura
medica  ovvero biologica, idonei a dimostrare la quantita' e qualita'
dello  stupefacente  consumato  (cfr.  Cass. sez. IV, 28 aprile 2006,
n. 20247,   RV   234464).  Pertanto  il  rifiuto  del  conducente  di
sottoporsi a detti approfondimenti tecnici puo', di fatto, precludere
l'accertamento del reato.
   Non  puo'  che  concludersi  -  con  un  ragionamento  che involge
direttamente  anche  la  questione  qui  rilevante della «guida sotto
l'influenza  dell'alcool»  -  per una valutazione di irragionevolezza
della  depenalizzazione  del  rifiuto  di  sottoporsi ad accertamenti
tecnici   da  parte  del  conducente,  non  essendo  accettabile  che
l'accertamento  del reato e del grado della sua pericolosita' dipenda
dal consenso dell'interessato.
   La  rilevanza  nel  caso  di specie della prospettata questione di
costituzionalita'  e'  innegabile:  R.S.  sottoposto  a controllo dai
Carabinieri  di  Cassano  d'Adda in data 17 giugno 2007, rifiutava il
proposto accertamento del tasso alcolemico mediante etilometro ed era
denunciato  per  la violazione di cui all'art. 186, comma 2 c.d.s. in
ragione  delta  sintomatologia  di  ebbrezza  ritenuta dagli operanti
sulla   scorta  di  plurimi  indicatori:  «alito  fortemente  vinoso,
linguaggio  sconnesso,  difficolta'  di  espressione  verbale, parole
senza   senso,   occhi   lucidi,  difficolta'  di  coordinamento  dei
movimenti,  tono  di  voce  immotivatamente alto, stato confusionale,
eccessiva sudorazione, equilibrio precario andatura barcollante».
   L'unica sanzione penale prospettabile a carico del trasgressore in
relazione  alla assai grave sul piano dell'allarme sociale - condotta
accertata  e'  quella  posta  dal  vigente art. 186, lett. a) c.d.s.,
nonostante    che   tale   comportamento,   per   le   sue   concrete
caratteristiche,  sia  piuttosto  sussumibile  nel  fatto descritto e
contemplato dalla lett. c) della norma incriminatrice.


(1) Si noti che il reato di cui all'art. 186, comma 1, lett. a)