Ricorso  della  Regione  Calabria (c.f. e p.i. 02205340793), nella
persona   del   suo   presidente  pro  tempore,  on.  Agazio  Loiero,
autorizzato  a  costituirsi  in giudizio innanzi codesta ecc.ma Corte
costituzionale  con deliberazione della giunta regionale n. 393 del 3
giugno  2008,  rappresentato  e  difeso, giusta procura a margine del
presente atto, dall'avv. prof. Giovanni Pitruzzella, ed elettivamente
domiciliato presso il suo studio in Roma, piazza della Marina n. 1;
   Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri pro tempore,
domiciliato per la carica in Roma, presso gli Uffici della Presidenza
del  Consiglio  dei ministri, Palazzo Chigi, e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato.
                              F a t t o
   Nell'ambito  delle previsioni di cui al d.1. 27 maggio 2008, n. 93
(Disposizioni  urgenti  per salvaguardare il potere di acquisto delle
famiglie),  l'art.  1  (Esenzione  ICI  prima casa) stabilisce che «a
decorrere  dall'anno  2008  e'  esclusa  dall'imposta  comunale sugli
immobili  di  cui  al  decreto  legislativo 30 dicembre 1992, n. 504,
l'unita'  immobiliare  adibita  ad abitazione principale del soggetto
passivo.  Per unita' immobiliare adibita ad abitazione principale del
soggetto  passivo  si  intende  quella  considerata tale ai sensi del
decreto   legislativo   30   dicembre   1992,  n. 504,  e  successive
modificazioni,  nonche'  quelle  ad  esse  assimilate  dal comune con
regolamento  vigente  alla  data  di  entrata  in vigore del presente
decreto,  ad  eccezione  di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9
per   le   quali   continua  ad  applicarsi  la  detrazione  prevista
dall'articolo  8,  commi  2  e 3, del citato decreto n. 504 del 1992.
L'esenzione  si  applica  altresi' nei casi previsti dall'articolo 6,
comma  3-bis,  e  dall'articolo  8,  comma 4, del decreto legislativo
n. 504  del  1992,  e successive modificazioni; sono conseguentemente
abrogati  il  comma  4  dell'articolo  6  ed  i  commi  2-bis e 2-ter
dell'articolo 8 del citato decreto n. 504 del 1992».
   In  particolare,  ai  sensi  del  comma  4, «La minore imposta che
deriva  da1l'app1icazione dei commi 1, 2 e 3, pari a 1.700 milioni di
euro  a decorrere dall'anno 2008, e' rimborsata ai singoli comuni, in
aggiunta  a  quella  prevista  dal  comma  2-bis  dell'articolo 8 del
decreto  legislativo  n. 504  del  1992,  introdotto dall'articolo 1,
comma  5,  della  legge  24 dicembre 2007, n. 244. A tale fine, nello
stato  di  previsione  del Ministero dell'interno l'apposito fondo e'
integrato  di  un  importo  pari a quanto sopra stabilito a decorrere
dall'anno  2008.  In  sede  di  Conferenza  Stato-Citta' ed autonomie
locali sono stabiliti, entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore  del  presente  decreto, criteri e modalita' per la erogazione
del  rimborso  ai  comuni  che  il  Ministro dell'Interno provvede ad
attuare con proprio decreto.
   Relativamente  alle regioni a statuto speciale, ad eccezione delle
regioni  Sardegna e Sicilia, ed alle province autonome di Trento e di
Bolzano,  i  rimborsi  sono in ogni caso disposti a favore dei citati
enti,  che  provvedono  all'attribuzione delle quote dovute ai comuni
compresi  nei  loro  territori  nel rispetto degli statuti speciali e
delle   relative  norme  di  attuazione.  Al  fine  di  garantire  il
contributo  di  cui all'articolo 3, comma 1, del decreto del Ministro
dell'economia  e  delle  finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 13  del  17  gennaio 2006, come determinato dall'articolo 1, comma
251,  della legge 24 dicembre 2007, n. 244, il Ministero dell'interno
eroga al soggetto di cui al medesimo decreto ministeriale 22 novembre
2005, per le medesime finalita', lo 0,8 per mille dei rimborsi di cui
al comma 4. I commi 7, 8 e 287 dell'articolo 1 della legge n. 244 del
2007 sono abrogati [corsivo aggiunto, n.d.r.]».
   Infine, ai sensi del comma 7, «Dalla data di entrata in vigore del
presente  decreto  e  fino  alla  definizione dei contenuti del nuovo
patto  di  stabilita'  interno,  in  funzione  della  attuazione  del
federalismo  fiscale, e' sospeso il potere delle regioni e degli enti
locali  di  deliberare  aumenti dei tributi, delle addizionali, delle
aliquote  ovvero  delle  maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi
attribuiti  con  legge  dello Stato. Sono fatte salve, per il settore
sanitario,  le  disposizioni  di cui all'articolo 1, comma 174, della
legge  30  dicembre  2004,  n. 311,  e  successive  modificazioni,  e
all'articolo  1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006,
n. 296, e successive modificazioni, nonche', per gli enti locali, gli
aumenti  e le maggiorazioni gia' previsti dallo schema di bilancio di
previsione presentato dall'organo esecutivo all'organo consiliare per
l'approvazione  nei  termini  fissati  ai sensi dell'articolo 174 del
testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al
decreto   legislativo  18  agosto  2000,  n. 267  [corsivo  aggiunto,
n.d.r.]».
   Tanto premesso, si rappresenta quanto segue.
                            D i r i t t o
   La  riferita  disciplina normativa appare meritevole di censura. I
relativi  profili  di  illegittimita' costituzionale si rappresentano
come segue.
   1. - Violazione dell'art. 119 Cost.
   Ai  sensi  dell'art.  119  Cost. «I comuni, le province, le citta'
metropolitane  e  le regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e
di spesa. I comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni
hanno risorse autonome.
   Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con
la  Costituzione  e secondo i principi di coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al
gettito  di  tributi erariali riferibile al loro territorio. La legge
dello  Stato  istituisce  un  fondo  perequativo,  senza  vincoli  di
destinazione,  per  i  territori  con  minore  capacita'  fiscale per
abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti
consentono ai comuni, alle province, alle citta' metropolitane e alle
regioni  di  finanziare  integralmente  le  funzioni  pubbliche  loro
attribuite.
   Per   promuovere   lo   sviluppo   economico,  la  coesione  e  la
solidarieta'   sociale,  per  rimuovere  gli  squilibri  economici  e
sociali,   per  favorire  l'effettivo  esercizio  dei  diritti  della
persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle
loro  funzioni,  lo  Stato  destina  risorse  aggiuntive  ed effettua
interventi speciali in favore di determinati comuni, province, citta'
metropolitane   e   regioni.   I   comuni,  le  province,  le  citta'
metropolitane  e  le  regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito
secondo  i  principi  generali  determinati  dalla legge dello Stato.
Possono  ricorrere  all'indebitamento  solo  per  finanziare spese di
investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli
stessi contratti».
   Nell'alveo  di  tale  previsione  -  anche  alla  luce di un ormai
consolidato  orientamento  giurisprudenziale - trovano collocazione i
principi  cui si ispira il sistema di autonomia finanziaria regionale
e  degli  EE.LL.  (cfr.  art.  119  Cost.,  comma 1, «I comuni [e] le
regioni   hanno   autonomia  finanziaria  di  entrata  e  di  spesa»)
introdotto  a  seguito  della  riforma  del  Titolo V, Parte II della
Costituzione (legge Cost. n. 3/2001).
   In   specie   tali   principi   possono   essere   condensati  nel
riconoscimento    della    potesta'   tributaria   regionale,   nella
compartecipazione  al  gettito  di  tributi  erariali  - per la quota
riferibile  al  territorio  regionale  -  e  nell'attribuzione  delle
risorse  del  fondo  perequativo  (cfr.  art. 119 Cost., commi 2 e 3,
«stabiliscono ed applicano tributi ed entrate propri [...] dispongono
di  compartecipazioni  al  gettito  di tributi erariali riferibile al
loro   territorio.   La   legge   dello  Stato  istituisce  un  fondo
perequativo,  senza  vincoli  di  destinazione,  per  i territori con
minore,    capacita'   fiscale   per   abitante»)   per   l'integrale
finanziamento  delle  relative funzioni; a tali fondi si aggiungono -
per  completare  il  quadro della finanza locale - la destinazione di
risorse aggiuntive per interventi speciali, il patrimonio regionale e
l'eventuale ricorso all'indebitamento per investimenti (cfr. art. 119
Cost.,  commi 5 e 6, «lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua
interventi  speciali  in  favore  di  determinati  comuni [e] regioni
[...].   I  comuni  [e]  le  regioni  hanno  un  proprio  patrimonio,
attribuito  secondo i principi generali determinati dalla legge dello
Stato.  Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese
di investimento»).
   E'  proprio  nel  contesto  delle  relative  previsioni  che  pare
incidere  la  disciplina  introdotta  con  l'articolo  I  del  citato
decreto-legge.
   La  esenzione  dalla  imposta  comunale sugli immobili dell'unita'
immobiliare adibita ad «abitazione principale» (cfr. art. 1, comma 1,
d.l.  n. 93/2008)  determina  infatti  l'acquisizione  di  una minore
imposta,  calcolata  in  un ammontare pari ad 1.700 milioni di €
(cfr.  art. 1, comma 4). In tal senso, la relativa carenza di risorse
finanziarie  in  capo  ai  Comuni  si pone - di per se' - in evidente
contrasto  con  la previsione di cui all'art. 119 Cost., commi 2 e 4,
ai sensi dei quali «i Comuni [...] dispongono di compartecipazioni al
gettito  di tributi erariali riferibile al loro territorio», le quali
«consentono  ai  comuni [...] di finanziare integralmente le funzioni
pubbliche  loro attribuite». Lo schema delineato dal riformato Titolo
V,  Parte  II, della Costituzione in materia di autonomia finanziaria
degli  EE.LL. (art. 119 Cost., comma 1) presuppone che sia garantita,
infatti,  la  autonomia  delle risorse finanziarie degli stessi (art.
119 Cost., comma 2).
   In  tal senso la norma in esame contempla la misura del «rimborso»
ai  singoli comuni del minor gettito percepito, giusta l'integrazione
dell'apposito  fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero
dell'interno  per  un  importo  pari  a  quello predetto, a decorrere
dall'anno  2008  (cfr.  art.  1,  comma  4) rinviando, peraltro, alla
Conferenza  Stato-Citta'  ed  autonomie  locali  la  definizione  dei
«criteri  [e  delle]  modalita'  per  la  erogazione  del rimborso ai
comuni,  che il Ministro dell'interno provvede ad attuare con proprio
decreto».  E'  proprio  alla  luce  di tale disciplina che emerge con
evidenza  il  vulnus  procurato  alle  regioni ed, in particolare, al
principio   di   autonomia  finanziaria  ugualmente  contemplato  dal
medesimo art. 119 Cost. in favore delle stesse. Non solo, infatti, le
minori  risorse  finanziarie  destinate agli EE.LL. sono compensate e
recuperate  attraverso l'eventuale storno di contributi gia' devoluti
a favore delle regioni (cfr. comma 2-bis, art. 8, d.lgs. n. 504/1992,
introdotto  dal comma 5, art. 1, legge n. 244/2007) ma - ai sensi del
comma  7,  art. 1 - dalla data di entrata in vigore del decreto-legge
«e  fino  alla  definizione  dei  contenuti  del  patto di stabilita'
interno  [...]  e'  sospeso  il  potere  delle  regioni di deliberare
aumenti  dei  tributi  delle addizionali, delle aliquote ovvero delle
maggiorazioni  di  aliquote  di  tributi ad essi attribuiti con legge
dello Stato».
   Tale   disposizione  si  pone  in  contrasto  sia  con  la  chiara
previsione  di  cui  all'art.  119  Cost.  in  materia  di  autonomia
finanziaria  e tributaria regionale - tanto in linea di principio, ex
art.  119,  comma 1, quanto nel dettaglio delle indicazioni di cui ai
commi  2  e  4  del  medesimo  articolo - sia con l'ormai consolidato
indirizzo giurisprudenziale della Corte costituzionale circa i limiti
che deve incontrare la potesta' legislativa tributaria statale. Fatti
salvi i principi di coordinamento della finanza pubblica, infatti, lo
Stato  non  puo'  introdurre  una  disciplina  normativa che sia piu'
restrittiva dei confini di autonomia finanziaria regionale, delineati
dal  citato art. 119 (ex plurimis, cfr. Corte cost., sentt. 296, 297,
311,  370 e 376 del 2003; n. 4, 16, 17, 29, 36, 37 e 49 del 2004; 35,
51, 64, 72, 77, 107, 160, 162, 222, 397 e 417 del 2005).
   2.  -  Violazione  del principio di leale collaborazione (art. 120
Cost.).
   Il  suddetto  vizio  di legittimita' - nei termini in cui e' stato
riferito  -  appare  ancora piu' rilevante laddove si consideri come,
nel  caso  in  oggetto,  la relativa disciplina sia compendiata in un
provvedimento  normativo  (i.e.  il  decreto  legge)  sottratto  alla
necessaria (in materia) dialettica istituzionale Stato-regioni.
   Per tal motivo, oltre alla pretesa violazione dell'art. 119 Cost.,
si   puo'   ritenere   violato   altresi'   il   principio  di  leale
collaborazione  fra  lo  Stato  e  le  regioni  che - in virtu' della
particolare  importanza  della  materia  e  rilevanza degli interessi
implicati dalla stessa - avrebbe dovuto essere implementato.
   La   relativa   criticita'   emerge   con  chiarezza  dalle  prime
osservazioni licenziate, in materia, dalla Conferenza delle regioni e
delle province autonome (cfr. all. 1). Nel documento de quo, infatti,
si  rileva come la ratio - pur condivisibile, nel merito - sottesa al
provvedimento  normativo  sia  stata  perseguita attraverso forme che
aggirano  i  «metodi  della  concertazione e leale collaborazione fra
livelli istituzionali, intenti piu' volte richiamati dalla Conferenza
delle  regioni  e  delle province autonome» ed altresi' oggetto - per
l'attuazione  della  normativa  relativa a tali ambiti materiali - di
una  giurisprudenza  costituzionale  costante nel richiamare lo Stato
alle  necessarie  forme  di  cooperazione,  tipiche  di un sistema di
governo multilivello.
   Nel  merito  la  Conferenza  rileva - in particolare - la «elevata
criticita»  proprio  della  «sospensione  del  potere delle regioni e
EE.LL.  di  deliberare  aumenti  di tributi, delle addizionali, delle
aliquote  ovvero  delle  maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi
attribuiti con legge dello Stato»; invero - rileva la Conferenza - il
«provvedimento,  in  palese  e manifesto contrasto con la volonta' di
procedere  in  tempi  brevi  all'attuazione  del federalismo fiscale,
penalizza  le regioni e gli enti locali nel giudizio delle agenzie di
rating e, quindi, di riflesso, sul costo dell'indebitamento futuro».
   Sotto   tale   profilo,  la  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione  ridonda  anche  sulla violazione dell'art. 119 Cost.,
laddove  «la  sterilizzazione della autonomia finanziaria comportera'
l'ingiustificabile  rigidita'  dei bilanci, mortificando il principio
di  responsabilita' e rappresentanza dei livelli di governo regionali
e degli enti locai» (cfr. ancora all. 1).
   Tanto  premesso  e  con  riserva di produrre ulteriori memorie, ai
sensi e per gli effetti degli artt. 10 e 23 N.I.