Sentenza
nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1-bis,
del  decreto-  legge 9 ottobre 2006, n. 263 (Misure straordinarie per
fronteggiare  l'emergenza  nel  settore  dei  rifiuti  nella  regione
Campania  -  Misure  per  la  raccolta differenziata), comma aggiunto
dalla  legge  di  conversione  6  dicembre 2006, n. 290, promosso con
ordinanze  del  22  febbraio  2006 (n. 5 ordinanze) e del 12 dicembre
2007    dal    Tribunale   amministrativo   regionale   del   Molise,
rispettivamente iscritte ai nn. 687, 688, 689, 690 e 691 del registro
ordinanze  2007  e  al  n. 54 del registro ordinanze 2008, pubblicate
nella   Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 40,  prima  serie
speciale, dell'anno 2007, e n. 12, 1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli  atti  di  costituzione  di Falcione Giovanni ed altri,
nonche'  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica del 24 giugno 2008 e nella Camera di
consiglio  del  25  giugno  2008  il  giudice  relatore  Paolo  Maria
Napolitano;
   Uditi  gli  avvocati  Massimo  Luciani  e  Salvatore  di Pardo per
Giovanni  Falcione  ed  altri e l'avvocato dello Stato Luca Ventrella
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  cinque ordinanze di analogo tenore (r.o. nn. 687, 688,
689,  690  e 691 del 2007), il Tribunale amministrativo regionale del
Molise  ha  sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in
riferimento  agli  artt. 2 e 3 della Costituzione, dell'art. 6, comma
1-bis,   del   decreto-legge  del  9  ottobre  2006,  n. 263  (Misure
straordinarie  per  fronteggiare  l'emergenza nel settore dei rifiuti
nella regione Campania - Misure per la raccolta differenziata), comma
aggiunto dalla legge di conversione 6 dicembre 2006, n. 290, «sia ove
interpretato  nel  senso  di  conferire solo ai datori di lavoro e ai
lavoratori  privati  il  diritto di beneficiare della sospensione dei
contributi,  sia  ove  inteso  nel senso che ai soli datori di lavoro
privati  e'  concesso il beneficio di non versare la propria quota di
contribuzione ai competenti Istituti previdenziali».
   Il  TAR  del  Molise  ha  sollevato  la  questione di legittimita'
costituzionale  della citata disposizione nel corso di giudizi aventi
ad  oggetto  l'accertamento  del  diritto  di  taluni  magistrati, in
servizio  presso  il  Tribunale  di Campobasso, alla percezione della
retribuzione   mensile   al   lordo   delle   ritenute  e  trattenute
previdenziali, a far data dal novembre 2002.
   L'art.  7 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri
(in seguito o.P.C.m.) del 29 novembre 2002, n. 3253 (Primi interventi
urgenti  diretti  a  fronteggiare i danni conseguenti ai gravi eventi
sismici verificatisi nel territorio delle province di Campobasso e di
Foggia  ed altre misure di protezione civile), e successive proroghe,
aveva  previsto  che  -  a  seguito  degli eventi sismici che avevano
investito la Regione Molise tra i mesi di ottobre e novembre del 2002
-  fosse sospeso l'obbligo del versamento dei contributi previdenzali
e  assistenziali  per  i  soggetti  residenti,  aventi  sede legale o
operativa,  alla  data dei predetti eventi calamitosi, nelle province
di  Campobasso e Foggia, disponendo che la sospensione dovesse essere
comprensiva  anche  della  quota  a carico dei lavoratori dipendenti,
nonche' di coloro che avessero contratti di collaborazione coordinata
e continuativa.
   Da  qui  i  ricorsi  degli  interessati, secondo i quali il quadro
normativo,  come  sopra  delineato,  «evidenzierebbe  la  sussistenza
dell'obbligo,   in  capo  ai  datori  di  lavoro,  di  sospendere  le
trattenute   previdenziali   e   assistenziali   relative  ai  propri
dipendenti,  che  prestano servizio nel territorio della provincia di
Campobasso».
   1.2.  -  Il  legislatore,  dopo  che  si erano determinate diverse
interpretazioni della norma stessa - tra cui una del medesimo TAR del
Molise  (sentenza del 29 aprile 2006, n. 400) - e' intervenuto con la
legge  16  dicembre  2006, n. 290, che ha convertito in legge il d.l.
n. 263  del  2006,  introducendo all'art. 6 il comma 1-bis che recita
testualmente:  «La  legge 24 febbraio 1992, n. 225, si interpreta nel
senso  che  le  disposizioni delle ordinanze di protezione civile che
prevedono   il   beneficio   della  sospensione  dei  versamenti  dei
contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi si
applicano  esclusivamente  ai  datori  di  lavoro privati aventi sede
legale ed operativa nei comuni individuati da ordinanze di protezione
civile».
   Il  giudice  a  quo,  ritenuta  la natura interpretativa di questo
intervento,  solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale del
citato  1-bis  «sia  ove  interpretato nel senso di conferire solo ai
datori  di  lavoro  e ai lavoratori privati il diritto di beneficiare
della  sospensione  dei  contributi,  sia ove inteso nel senso che ai
soli datori di lavoro privati e' concesso il beneficio di non versare
la   propria   quota   di   contribuzione   ai   competenti  Istituti
previdenziali».
   Secondo  il rimettente, la prima lettura violerebbe l'art. 3 Cost.
per  l'irragionevole  disparita'  di  trattamento  che  si verrebbe a
determinare tra i dipendenti del settore privato e quelli del settore
pubblico;  la  seconda  lettura sarebbe in contrasto sia con l'art. 2
Cost.,  «per  ingiustificata  esclusione  dal  godimento dei benefici
emergenziali  dei lavoratori dipendenti, anch'essi pregiudicati dalle
conseguenze  del  sisma ed anch'essi destinatari su un piano generale
degli   interventi   in   parola»,  sia  con  l'art.  3  Cost.,  «per
irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra  datori  di  lavoro e
lavoratori», in quanto la calamita' naturale avrebbe «inciso in ugual
misura  su  entrambe  le  categorie di soggetti», ma soltanto i primi
«beneficerebbero della sospensione del versamento della propria quota
di contribuzione».
   Sotto  il  profilo  della rilevanza, il rimettente osserva come la
stessa  sussista  poiche' «solo attraverso l'eliminazione della norma
sospettata   di   incostituzionalita',   i   ricorrenti,   lavoratori
dipendenti  del  settore  pubblico e residenti «in un Comune molisano
individuato   da  ordinanza  della  protezione  civile,  potrebbe[ro]
continuare  a  percepire la propria retribuzione al lordo della quota
di contribuzione».
   2.  -  E'  intervenuto nei giudizi il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  di legittimita' costituzionale
sollevata  sia  dichiarata  inammissibile o, comunque, manifestamente
infondata.
   2.1. - L'Avvocatura dello Stato ritiene, anzitutto, che sussistano
gli  estremi  per  la  declaratoria di inammissibilita', in quanto la
questione  di  legittimita'  costituzionale  della norma censurata e'
avanzata  «sotto  due  diverse chiavi di lettura della medesima», non
consentendo, pertanto, l'identificazione del thema decidendum.
   Infatti,   l'ordinanza   del   TAR   del   Molise   si   fonda  su
interpretazioni  contrapposte della norma applicabile e non opera una
scelta  tra  contenuti  normativi  che  pur  risultando  diversi sono
prospettati  contestualmente,  senza  alcuna  subordinazione dell'uno
rispetto all'altro.
   La difesa erariale ritiene, altresi', che sussista un altro motivo
di inammissibilita', perche' si propone alla Corte una mera questione
interpretativa  che,  per pacifica giurisprudenza, non e' ammissibile
in sede di giudizio incidentale di legittimita' costituzionale.
   2.2.  -  Nel  merito,  osserva,  poi,  l'Avvocatura  che  la norma
sospettata  di  incostituzionalita'  e'  rivolta, inequivocabilmente,
«direttamente  ed  in  primo  luogo  ai  datori  di  lavoro  e non ai
lavoratori»,  datori di lavoro i quali «non possono che essere quelli
privati».
   La  ratio  dell'intervento,  infatti,  e'  quella  di  tutelare la
produzione  di beni e servizi e l'intermediazione economica; in altri
termini,  il  legislatore  guarda  «al settore economico privato, non
certo all'attivita' della P.A.».
   Per  rilanciare  il  sistema produttivo, secondo la prospettazione
dell'Avvocatura,  si  utilizza  lo  strumento nella sospensione di un
obbligo  contributivo particolarmente gravoso per i datori di lavoro,
al  fine  di  consentire  a  questi  ultimi  di  «investire in misura
maggiore» in una situazione di emergenza determinata dal sisma.
   Se  questa  e'  la ratio posta alla base della scelta legislativa,
osserva  ancora  l'Avvocatura,  ha rilievo marginale l'effetto che la
stessa  determina  anche  in  favore  dei  soli  lavoratori  privati,
considerato  tra  l'altro  che la quota di contribuzione dagli stessi
dovuta  (e  normalmente  prelevata  dal  datore  di  lavoro nella sua
qualita'  di  sostituto)  e'  modesta  e  la  maggior retribuzione e'
comunque  fiscalizzata.  D'altro  canto,  che  non  sia questo ultimo
effetto  quello voluto dal legislatore (ma solo una conseguenza della
ratio  della norma che e' di incentivare la produzione economica), lo
confermerebbe  il  rilievo  che  se  il  rilancio  di  un territorio,
gravemente  colpito  da  una  calamita'  naturale,  fosse affidato ad
un'azione  finalizzata  «a garantire maggior liquidita' ai lavoratori
della  zona  terremotata»,  questa  sarebbe «una misura dalla portata
economicamente debole e soprattutto poco lungimirante».
   In  relazione  a  quanto sopra, la difesa erariale conclude per la
manifesta infondatezza della questione con riferimento agli artt. 2 e
3 Cost.
   2.3.  -  Ugualmente manifestamente infondata sarebbe la denunciata
disparita'  di  trattamento  tra  lavoratori  pubblici  e privati, in
quanto  il confronto sarebbe condotto rispetto a situazioni del tutto
disomogenee.  In  proposito  l'Avvocatura  osserva che e' sufficiente
considerare  che  la pubblica amministrazione non ha fini lucrativi e
la  prestazione  di  lavoro  si svolge secondo regole e parametri sui
quali sono ininfluenti i fenomeni naturali e le condizioni ambientali
eccezionali.  Tutto  al  contrario,  il datore di lavoro privato, che
opera  in  un determinato territorio, e' significativamente esposto a
tutti  quegli accadimenti che incidono sulla dimensione organizzativa
dell'impresa  e sulla possibilita' di un suo esercizio caratterizzato
da rigorosi parametri economici.
   Ne  discende,  quindi,  oltre  alla disomogeneita' delle posizioni
poste   a   confronto,   l'assoluta   ragionevolezza  di  una  scelta
legislativa  che limiti il beneficio ai soli datori di lavoro privati
i  quali,  a  differenza  della  pubblica amministrazione, non sempre
dispongono  di  una  capacita'  organizzativa  e  di risorse idonee a
fronteggiare in modo adeguato le situazioni di emergenza originate da
un evento sismico.
   Infine,  per  l'Avvocatura,  l'ordinanza  di  rimessione  cerca di
ottenere  dalla  Corte  un  vero  e proprio intervento manipolativo o
additivo,  finalizzato  a  creare  una  norma  che  non  e'  presente
nell'ordinamento.
   3.  -  Nel  procedimento  r.o. n. 687 del 2007 si e' costituito il
ricorrente  nel  giudizio  a  quo,  il  quale, riservandosi ulteriori
argomentazioni  e  deduzioni,  ha  concluso  per l'accoglimento della
questione.
   3.1.  -  In prossimita' della data di udienza, la costituita parte
privata,   sciogliendo   la  riserva  precedentemente  formulata,  ha
depositato  memoria  illustrativa. In essa, ricostruita brevemente la
vicenda  normativa  che  ha  portato  all'adozione della disposizione
censurata,   afferma   che,  contrariamente  a  quanto  ritenuto  dal
rimettente,    la    stessa   non   avrebbe   natura   «propriamente»
interpretativa,  ma  innovativa  con effetto retroattivo. Al riguardo
osserva  che  la  giurisprudenza  costituzionale,  anche recentemente
(sentenza  n. 170 del 2008), riconosce al legislatore la possibilita'
di  emanare  norme  che  precisino  il  significato  di  preesistenti
disposizioni   anche   nel  caso  che  non  siano  insorti  contrasti
giurisprudenziali, «ma sussista comunque una situazione di incertezza
nella  loro  applicazione».  Nel caso di specie, pero', non sarebbero
esistiti contrasti interpretativi da dirimere; cosi' come, parimenti,
non  vi  sarebbero  incertezze  interpretative quanto alla disciplina
preesistente,  essendo la stessa cosi' lineare da potersi prestare ad
un'unica lettura.
   Inoltre,  sempre  secondo la parte privata, la cosiddetta norma di
interpretazione   autentica   non   svolgerebbe   tale  funzione  con
riferimento  ad  una legge (specificamente la legge 24 febbraio 1992,
n. 225,  recante «Istituzione del servizio nazionale della protezione
civile»),  ma  soltanto  con riguardo ad ordinanze del Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  dal momento che la legge sopra richiamata,
all'art.  5,  si  limiterebbe  a  prevedere il potere di ordinanza di
questo ultimo in caso di calamita' naturali.
   Comunque,  prosegue  la  difesa  di  parte  privata, anche volendo
ritenere interpretativa la norma censurata, va segnalato che le norme
di interpretazione autentica, avendo come tali efficacia retroattiva,
dovrebbero   essere   sottoposte   ad   un   rigoroso   scrutinio  di
ragionevolezza.
   Peraltro,  la  norma  in  questione  «non potrebbe passare indenne
neppure  da uno scrutinio di ragionevolezza che eventualmente fosse a
maglie  larghe»,  in  quanto  sarebbe  priva  di  giustificazioni  la
differenza di trattamento fra dipendenti privati e pubblici.
   Viene,  inoltre,  sottolineato che tutta la popolazione del Molise
avrebbe  subito i disagi del sisma, non essendo gli stessi riferibili
ai soli lavoratori privati.
   3.2.   -   Sostiene,  infine,  la  parte  privata,  l'infondatezza
dell'eccezione  avanzata  dalla  difesa  erariale, la' dove la stessa
afferma  l'inammissibilita'  della questione poiche' proposta in modo
alternativo o ancipite: in realta', l'ordinanza di rimessione avrebbe
solo  voluto  prospettare  tutti  i profili di irragionevolezza della
disposizione censurata, risultando chiaro che la censura investe solo
l'irragionevole  discriminazione  di  cui  sono  oggetto i dipendenti
pubblici.
   4. - Con successiva ordinanza del 12 dicembre 2007 (r.o. n. 54 del
2008),   analoga   questione  di  legittimita'  costituzionale  della
medesima  norma  di interpretazione, in riferimento agli artt. 2, 3 e
24  della  Costituzione,  e'  stata  sollevata  dallo  stesso TAR del
Molise,    investito    del   ricorso   proposto   da   due   docenti
dell'Universita'  di  Campobasso volto ad accertare il loro diritto a
percepire  la  retribuzione  al  lordo  delle  ritenute  e trattenute
previdenziali,  in  base a quanto disposto dall'art. 7 dell'ordinanza
del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  n. 3253  del  2002  e
successive proroghe.
   4.1.   -  Diversamente  da  quanto  argomentato  nelle  precedenti
ordinanze, il TAR prospetta ora una sola lettura della norma, in base
alla  quale sarebbero esclusi dal beneficio della sospensione tutti i
lavoratori,  pubblici  e  privati.  Si denuncia anche l'irragionevole
disparita'  di  trattamento  nei  confronti dei lavoratori autonomi e
degli «imprenditori artigiani».
   La disposizione censurata violerebbe, con le identiche motivazioni
di  cui sopra, gli artt. 2 e 3 Cost., nonche' l'art. 24 Cost. Secondo
il  rimettente,  difatti,  relativamente  a questa ultima censura, la
norma  interpretativa  avrebbe  vulnerato  le  prerogative del potere
giurisdizionale,  essendo  stata  emanata  «nell'intento specifico di
eludere e paralizzare gli effetti delle decisioni giurisprudenziali»,
che  avevano riconosciuto ai lavoratori dipendenti, anche privati, il
diritto   a   fruire   della   sospensione   del   versamento   della
contribuzione.
   4.2.  -  Il  giudice  a  quo  ritiene  rilevante,  ai  fini  della
definizione  del  giudizio  principale,  la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 1-bis, del d.l. n. 263 del 2006, in
quanto  il  dettato  del  citato  comma  osta  all'accoglimento delle
pretese dei ricorrenti.
   4.3.  -  In  ordine, quindi, alla non manifesta infondatezza della
questione,  il  rimettente  afferma che la norma denunciata, violando
l'art.  3,  primo  comma,  Cost.,  determinerebbe  una ingiustificata
disparita'  di  trattamento  tra  datori  di  lavoro e lavoratori sia
pubblici che privati, oltre che autonomi ed «imprenditori artigiani»,
risultando  tutti,  tranne  i  primi,  esclusi  dal  beneficio.  Tale
disparita'  di  trattamento  non  troverebbe  alcuna giustificazione,
secondo  il rimettente, «in una diversita' di situazioni di partenza,
in  quanto  entrambi  i soggetti - datore di lavoro/lavoratore - sono
stati colpiti allo stesso modo dall'evento calamitoso». Inoltre, tale
scelta del legislatore si dimostrerebbe vieppiu' irrazionale, tenendo
conto  dell'esclusione  dal beneficio anche dei lavoratori autonomi e
degli  artigiani, i quali «pur essendo datori di lavoro di se stessi,
non  possono  nondimeno  beneficiare della sospensione dei contributi
previdenziali  gravanti a loro carico, in evidente contraddizione con
la  ratio  legis  volta  a  favorire  nel  suo  complesso il rilancio
economico - produttivo delle zone interessate dall'evento sismico».
   Quindi,  la  norma impugnata verrebbe a ledere anche gli artt. 2 e
3, primo e secondo comma, Cost., in quanto essa - pur collocandosi in
un contesto di benefici alle popolazioni colpite dal sisma del 2002 -
escluderebbe,   ingiustificatamente,  dalla  possibilita'  di  godere
«delle   misure   emergenziali»  i  lavoratori  dipendenti,  colpiti,
anch'essi, al pari dei datori di lavoro, dalla calamita' e «anch'essi
destinatari su un piano generale degli interventi in questione».
   4.4. - Il TAR del Molise ravvisa, poi, anche una lesione dell'art.
24  Cost.,  in  quanto la norma sospettata di incostituzionalita' - a
fronte  di  un  consolidato  orientamento  sia  della  giurisprudenza
amministrativa  che  di  quella  ordinaria, che aveva riconosciuto ai
lavoratori  dipendenti  il  diritto  a  fruire  della sospensione del
versamento  della contribuzione - sarebbe stata emanata con l'intento
di   «paralizzare   ed   eludere  gli  effetti  [di  tali]  decisioni
giurisprudenziali, con vulnerazione conseguente delle prerogative del
potere giurisdizionale».
   5.  -  E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  di legittimita' costituzionale
sollevata  sia  dichiarata  inammissibile o, comunque, manifestamente
infondata.
   La  difesa  erariale,  in  particolare,  afferma che la denunciata
violazione dell'art. 3 Cost. non sussiste, in quanto le posizioni dei
lavoratori  dipendenti e dei datori di lavoro privati, «ai fini della
prospettata   ingiustificata  disparita'  di  trattamento,  non  sono
omogenee»,  poiche' i primi, pur colpiti dal sisma, non sopportano le
conseguenze economiche inerenti al rischio d'impresa.
   La  difesa pubblica sottolinea, poi, l'inammissibilita', stante la
sua   irrilevanza,   della  questione  relativa  alla  disparita'  di
trattamento,  la'  dove  la  stessa viene prospettata con riferimento
alla categoria dei lavoratori autonomi ed artigiani, essendo pacifico
che  i ricorrenti nel giudizio a quo sono dipendenti dell'Universita'
degli studi del Molise.
   Infine,  sempre  con  riferimento  alla  violazione  del parametro
rappresentato  dall'art.  3 Cost., l'Avvocatura dello Stato evidenzia
come   la   scelta  del  legislatore  non  possa  comunque  definirsi
arbitraria.
   Quanto,  ancora,  alla  violazione dell'art. 2 Cost., la questione
viene ritenuta inammissibile per carenza di supporti argomentativi.
   Infine, inammissibile e, comunque, infondata e', per l'Avvocatura,
la  questione  in riferimento all'art. 24 Cost., perche' il parametro
evocato e' «assolutamente inconferente».
   6.  -  Si  sono costituiti in giudizio i ricorrenti nel giudizio a
quo,  i  quali,  riservandosi  ulteriori  argomentazioni e deduzioni,
hanno  concluso  per  la  richiesta di declaratoria di illegittimita'
costituzionale della disposizione censurata.
   6.1.  -  In  prossimita' dell'udienza pubblica, la difesa di parte
privata  ha  presentato  una  memoria illustrativa nella quale svolge
considerazioni   pressoche'   identiche   a   quelle   gia'  proposte
relativamente  alla  precedente questione (r.o. n. 687 del 2007), sia
in  riferimento  alla natura della disposizione interpretata, sia con
riguardo alla fondatezza della questione.
   Inoltre, per quanto attiene alla violazione dell'art. 24 Cost., la
parte  privata  contesta l'opinione della difesa erariale che ritiene
la   evocazione   di   tale  parametro  inconferente,  in  quanto  la
disposizione   impugnata   atterrebbe  «al  piano  sostanziale  della
disciplina e dei rapporti e non a quello processuale della tutela dei
diritti»,  affermando che risulta evidente dalla giurisprudenza della
Corte  come  sia  illegittima ogni disposizione normativa che intenda
eludere  o paralizzare, come nel caso in questione, gli effetti delle
decisioni giurisprudenziali.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  Tribunale  regionale  del  Molise,  con cinque distinte
ordinanze  di  identico  contenuto (r.o. nn. 687, 688, 689, 690 e 691
del  2007),  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 2 e 3 della
Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 6,
comma  1-bis,  del  decreto-legge  9  ottobre  2006,  n. 263  (Misure
straordinarie  per  fronteggiare  l'emergenza nel settore dei rifiuti
nella regione Campania - Misure per la raccolta differenziata), comma
aggiunto dalla legge di conversione 6 dicembre 2006, n. 290.
   Il   TAR   rimettente   solleva   la   questione  di  legittimita'
costituzionale  del  citato comma, «sia ove interpretato nel senso di
conferire solo ai datori di lavoro e ai lavoratori privati il diritto
di  beneficiare  della  sospensione  dei  contributi» previdenziali e
assistenziali e dei premi assicurativi, «sia ove inteso nel senso che
ai  soli  datori  di  lavoro  privati e' concesso il beneficio di non
versare  la  propria  quota  di  contribuzione ai competenti Istituti
previdenziali».
   Secondo  la  prima  interpretazione,  la  disposizione  sarebbe in
contrasto   con   l'art.  3  Cost.,  poiche'  verrebbe  ad  escludere
irragionevolmente   i  dipendenti  pubblici  dal  godimento  di  tale
beneficio.  In  base  alla  seconda, essa contrasterebbe con l'art. 2
Cost.  «per  ingiustificata  esclusione  dal  godimento  dei benefici
emergenziali  dei lavoratori dipendenti, anch'essi pregiudicati dalle
conseguenze  del  sisma ed anch'essi destinatari su un piano generale
degli interventi in parola», e con l'art. 3 Cost., «per irragionevole
disparita'  di trattamento tra datori di lavoro e lavoratori» perche'
la  calamita' naturale avrebbe «inciso in ugual misura su entrambe le
categorie  di  soggetti», mentre soltanto i primi verrebbero a godere
del benefico in questione.
   Successivamente,  con  altra  ordinanza  (r.o. n. 54 del 2008), lo
stesso  TAR  del  Molise ha nuovamente sollevato analoga questione di
legittimita'  costituzionale  della  citata  norma di interpretazione
autentica, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione.
   Il  TAR  rimettente, in questa ordinanza, prospetta, rispetto alle
precedenti  ordinanze  di  rimessione,  una  sola lettura della norma
censurata,  e,  pertanto, lamenta la sola irragionevole disparita' di
trattamento  tra  datori  di  lavoro privati e lavoratori, siano essi
pubblici  o  privati,  nonche' nei riguardi dei lavoratori autonomi e
«imprenditori artigiani».
   La disposizione censurata violerebbe, con le identiche motivazioni
di  cui alle gia' citate precedenti ordinanze, gli artt. 2 e 3 Cost.,
nonche'  l'art.  24  Cost.,  poiche', secondo il rimettente, la norma
interpretativa   avrebbe   vulnerato   le   prerogative   del  potere
giurisdizionale,  essendo  stata  emanata  «nell'intento specifico di
eludere  e paralizzare gli effetti delle decisioni giurisprudenziali»
che  avevano riconosciuto ai lavoratori dipendenti, anche privati, il
diritto   a   fruire   della   sospensione   del   versamento   della
contribuzione.
   I giudizi, in quanto concernenti la stessa disposizione e relativi
a  questioni  analoghe o connesse, devono essere riuniti e decisi con
unica pronuncia.
   2.   -   Preliminarmente,  deve  essere  dichiarata  la  manifesta
inammissibilita'   delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate  con  le  ordinanze  r.o.  nn. 687, 688, 689, 690 e 691 del
2007.
   Deve,    infatti,    essere    accolta    l'eccezione,   sollevata
dall'Avvocatura dello Stato, relativa alla loro prospettazione «sotto
due  diverse  chiavi  di lettura», che non consentirebbe, pertanto, a
questa Corte l'esatta identificazione del thema decidendum.
   Le   questioni  risultano  formulate  in  termini  di  alternativa
irrisolta  e,  dunque,  in  forma  ancipite,  non  avendo  operato il
rimettente  una  scelta  tra  contenuti normativi che, pur risultando
diversi,    sono    prospettati    contestualmente,    senza   alcuna
subordinazione dell'uno rispetto all'altro.
   La   proposizione  di  questioni  di  legittimita'  costituzionale
formulate  in  via alternativa, secondo giurisprudenza costituzionale
costante,   le   rende   manifestamente  inammissibili  (ex  plurimis
ordinanze n. 449 e n. 122 del 2007; ordinanza n. 362 del 2005).
   Inoltre, le questioni risultano manifestamente inammissibili anche
per l'indeterminatezza di cio' che viene richiesto a questa Corte. La
dedotta violazione dell'art. 3 Cost. o, in alternativa, degli artt. 2
e  3  Cost.,  e'  argomentata  sulla base dell'asserita disparita' di
trattamento,   evocata   ora  tra  lavoratori  dipendenti  privati  e
pubblici,  ora  tra datori di lavoro e lavoratori privati e pubblici,
senza  che le ordinanze di rimessione tengano conto delle sostanziali
differenze  tra  i  soggetti  rispetto  ai  quali viene lamentata una
disparita' di regime normativo.
   Poiche'  il  giudice  a  quo,  onde  porre rimedio alla denunciata
violazione  dei  parametri  costituzionali,  non  ha  concentrato  il
quesito   sull'una  o  sull'altra  delle  disparita'  di  trattamento
prospettate,  anche  le  questioni  sottoposte  a questa Corte (oltre
all'interpretazione    della    disposizione   legislativa   che   ne
determinerebbe  l'incostituzionalita)  risultano  formulate  in  modo
ancipite  e  ne  deve  essere,  anche  per questo concorrente motivo,
dichiarata la manifesta inammissibilita'.
   3.  -  Con l'ordinanza r.o. n. 54 del 2008, il rimettente propone,
come  si  e'  gia'  detto,  una  sola  lettura della disposizione che
sospetta  di  incostituzionalita'.  E',  al  riguardo,  innanzitutto,
necessario  precisare, con riferimento alla piu' ampia prospettazione
formulata  dalle parti costituite, che il thema decidendum e' fissato
dall'ordinanza  di  rimessione, potendo la parte privata addurre suoi
argomenti  nei confronti dei parametri e dei profili sollevati, senza
pero' poterne modificare l'impianto strutturale, e, con riferimento a
quanto  viene  dedotto  nell'ordinanza,  che il giudizio, dato il suo
carattere  incidentale, non puo' riguardare fattispecie non rilevanti
nel  processo  a quo (le quali, del resto, nelle precedenti ordinanze
nn.  687,  688, 689, 690 e 691 del 2007, erano state riportate con la
precisa indicazione che esse erano evocate ad colorandum).
   3.1.  - Passando all'esame delle censure formulate dal rimettente,
debbono  essere dichiarate inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale  sollevate  in  riferimento  agli  artt.  2 e 24 della
Costituzione.
   3.2.  -  Con  riguardo  alla  violazione  dell'art.  2  Cost., e',
infatti,  da  accogliere  l'eccezione  di  inammissibilita'  avanzata
dall'Avvocatura  dello  Stato  per carenza di supporti argomentativi.
Invero  il  TAR rimettente denuncia la violazione di questo parametro
costituzionale, lamentando l'ingiustificata esclusione dei lavoratori
dipendenti dal godimento del beneficio della sospensione dell'obbligo
contributivo,  sulla  base  del  solo  richiamo  alla circostanza che
anch'essi risultano pregiudicati dalle conseguenze del sisma.
   In  proposito,  l'ordinanza di rimessione non illustra in che modo
si  concretizzi  questo  pregiudizio  in  relazione  alla  disciplina
dell'adempimento  contributivo  che e' a carico del datore di lavoro,
il  quale  opera anche come sostituto del lavoratore nell'adempimento
dell'obbligazione   nei  confronti  dell'Ente  previdenziale.  Manca,
altresi', qualsivoglia argomentazione in ordine alla ragionevolezza o
meno  della  distribuzione  degli  oneri  connessi  al  principio  di
solidarieta'  economica  e sociale di cui e' espressione il parametro
evocato.
   Nulla  dice  il rimettente anche in ordine alle ragioni per cui il
legislatore  avrebbe, nell'ambito della sua ampia discrezionalita' in
materia,  irragionevolmente distribuito gli oneri della contribuzione
previdenziale  nel  caso  in esame. Sotto tale profilo, oltre che per
carenza   nella   motivazione,   l'ordinanza  di  rimessione  risulta
inammissibile  anche  perche' chiede a questa Corte - a fronte di una
fattispecie normativa che realizza un non irragionevole bilanciamento
di interessi fra i valori costituzionali in gioco - «l'adozione di un
altro,  diverso,  criterio di bilanciamento» sulla «base di una [...]
personale   sensibilita'   alla   tematica  in  questione»,  la  «cui
individuazione,  nella  molteplicita'  delle  soluzioni possibili e',
pero',   rimessa  alla  prudente  discrezionalita'  del  legislatore»
(ordinanza n. 393 del 2007).
   In  termini ancora piu' generali, non viene chiarito se la censura
ipotizza una violazione della parte della disposizione costituzionale
che  «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo» o della
parte  in  cui  «richiede  l'adempimento  dei  doveri inderogabili di
solidarieta' politica, economica e sociale».
   3.3.  -  Ugualmente  inammissibile - come del resto eccepito anche
dalla  difesa  erariale  -  e'  la  censura  relativa alla violazione
dell'art.  24  Cost.,  in quanto il parametro costituzionale invocato
risulta inconferente. Il TAR del Molise, infatti, non chiarisce sotto
quale  profilo venga prospettata tale violazione, stante il carattere
sostanziale  della  norma  denunciata,  che si limita ad interpretare
autenticamente  l'ambito di applicazione della temporanea sospensione
dell'obbligo  contributivo.  E',  tra  l'altro,  da  osservare che il
rimettente  non  contesta la natura interpretativa della disposizione
in questione.
   L'inconferenza  del  parametro  evocato  e', del resto, confermata
dalla  circostanza  che,  secondo  l'ordinanza  di rimessione, la sua
violazione    si    concretizzerebbe   nel   fatto   che   la   legge
d'interpretazione  autentica  avrebbe prospettato una lettura diversa
rispetto  a  quella  operata dal TAR rimettente e da altri giudici di
merito in precedenti decisioni.
   Al  riguardo,  anche prescindendo dalla considerazione che il tipo
di  censura  sollevata  (nell'ordinanza  si lamenta una «vulnerazione
[...]  delle  prerogative  del  potere  giurisdizionale») sembrerebbe
postulare  una  violazione  degli  artt.  101  e  113  Cost. piu' che
dell'art.   24   Cost.,   occorre   sottolineare   che   la  costante
giurisprudenza  di  questa  Corte ha sempre affermato che la legge di
interpretazione  autentica  non  puo'  considerarsi lesiva dei canoni
costituzionali  di  ragionevolezza, e dei principi generali di tutela
del  legittimo affidamento e di certezza delle situazioni giuridiche,
quando «essa si limita ad assegnare alla disposizione interpretata un
significato  riconoscibile come una delle possibili letture del testo
originario»  (ex  multis,  sentenze  n. 74 del 2008; n. 234 del 2007;
n. 274 del 2006).
   3.4.  -  Non  fondata  e',  invece,  la  questione di legittimita'
costituzionale  prospettata  dal  TAR  del  Molise per violazione del
principio  di  uguaglianza, di cui all'art. 3 Cost., sotto il profilo
della  disparita'  di  trattamento  -  relativamente al godimento del
beneficio  della sospensione dei versamenti contributivi - tra datori
di  lavoro  e  lavoratori  sia  pubblici  che  privati, oltre che nei
confronti dei lavoratori autonomi ed «imprenditori artigiani».
   In   proposito,   come   afferma   l'Avvocatura  dello  Stato,  la
limitazione  del beneficio ai soli datori di lavoro non e' incoerente
con la disciplina in materia assistenziale e previdenziale che pone a
carico del datore di lavoro l'onere del versamento contributivo anche
per la quota a carico del lavoratore.
   Per  altro verso, corrisponde ad un principio di non irragionevole
esercizio   della  discrezionalita'  del  legislatore  la  scelta  di
limitare  il  beneficio della sospensione del versamento contributivo
ai soli datori di lavoro del settore privato. Questi ultimi, infatti,
a  differenza  delle amministrazioni pubbliche, spesso non dispongono
di  sufficienti  risorse  e  di  idonea  capacita'  organizzativa per
fronteggiare   in  modo  adeguato  emergenze  come  quelle  originate
dall'evento sismico.
   Sempre  con  riferimento  alla  sollevata censura di disparita' di
trattamento, e' opportuno sottolineare che nell'ordinanza si sostiene
la  tesi  che  la  norma sospettata di incostituzionalita' verrebbe a
determinare  una  «violazione  del  principio  di uguaglianza» non in
quanto   discriminerebbe  i  lavoratori  privati  rispetto  a  quelli
pubblici,  come  invece  si  sosteneva in una delle due letture della
disposizione  impugnata  nel gruppo di ordinanze di cui al precedente
punto  2,  ma  in  quanto  la discriminazione si verificherebbe tra i
datori di lavoro ed i lavoratori dipendenti.
   Anche  tralasciando la circostanza che e' improprio ravvisare (ne'
l'ordinanza   fornisce   adeguati   argomenti)   una   disparita'  di
trattamento   in   materia  previdenziale  tra  datori  di  lavoro  e
lavoratori  dipendenti, qualunque sia la natura dei primi, perche' la
disciplina  riferisce  ai  soli  datori  di  lavoro  le  obbligazioni
relative  ai  versamenti  contributivi, cosicche' il lavoratore ne e'
destinatario  soltanto  di  riflesso,  e'  tuttavia  evidente  che la
trasparente   disomogeneita'   delle  situazioni  poste  a  confronto
determina  l'infondatezza della questione. I termini di raffronto non
presentano,  infatti,  aspetti  di  tale conformita' che impongano al
legislatore,  pena  la  violazione dell'art. 3 della Costituzione, di
adottare identica disciplina.
   Ne   consegue   che   l'asserita   ingiustificata   disparita'  di
trattamento non sussiste, perche' eventuali agevolazioni previste per
i  datori  di  lavoro privati ben possono, non irragionevolmente, non
essere  estese  anche  ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni,
stante  la  non  omogeneita'  dei  due  termini  che  vengono presi a
paragone.
   Va,  infine,  affermata la carenza di rilevanza quanto all'evocata
disparita'  di  trattamento  con i lavoratori autonomi (nei confronti
dei  quali  il  Tribunale  amministrativo regionale non avrebbe avuto
giurisdizione),  in  quanto, nella fattispecie oggetto del giudizio a
quo,  i  ricorrenti  nel  processo  principale sono dipendenti di una
pubblica amministrazione.