IL TRIBUNALE
   Sciogliendo la riserva che precede;
   Ritenuto  che  la  debitrice deve essere dichiarata contumace, non
essendosi  costituita  nonostante  la  rituale  notifica  del ricorso
introduttivo  e del decreto di fissazione di udienza entro il termine
stabilito da questo giudice;
   Rilevato  che  le  opponenti  Smerigliatrice  V.S. S.a.s. e GE.GA.
S.n.c.  -  che,  con  ricorso  depositato  il  4  ottobre 2007, hanno
proposto  opposizione di terzo all'esecuzione esattoriale promossa da
G.E.T.  S.p.A.  contro  Ilaria Lavorazione Pellami S.r.l. (in seguito
Ilaria),  deducendo la loro proprieta' sui beni pignorati il 2 agosto
2007   in   danno  della  Ilaria -  hanno  eccepito  1'illegittimita'
costituzionale dell'art. 63 del d.P.R. n. 602/1973 (nel testo vigente
dopo  le modifiche di cui al d.lgs. n. 46/1999) per contrasto con gli
artt.  3, 24 e 42 Cost., dopo che il concessionario, nel costituirsi,
ne  aveva  invocato l'applicazione, laddove prescrive che l'ufficiale
di riscossione deve astenersi dal pignoramento solo quando il diritto
del  terzo  (diverso  dai soggetti indicati nell'art. 58, comma 3) e'
provato  in  forza di atto pubblico, scrittura privata autenticata, o
sentenza  passata  in  giudicato  pronunciata  su  domanda  anteriore
all'anno in cui si riferisce il tributo iscritto a ruolo:
     che  nel  caso  di  specie  le  opponenti  hanno fondato la loro
opposizione  su due contratti di affitto, l'uno di azienda, e l'altro
di  ramo  di azienda, entrambi stipulati per atto pubblico in data 29
aprile  2003,  contenenti  in  allegato i rispettivi elenchi dei beni
mobili  compresi  nell'affitto,  alcuni  dei quali pignorati in danno
della conduttrice, debitrice dell'Erario;
     che   tali   documenti,   secondo   il  concessionario,  essendo
contemporanei  all'anno  cui  si  riferiscono  i  tributi  per cui si
procede  (2003),  non  sarebbero  idonei  a fondare l'opposizione, ai
sensi del ridetto art. 63;
     che la difesa del concessionario e' fondata sull'interpretazione
accolta dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 4417 del 1996, in
cui,  con  riferimento  all'art. 65 del d.P.R. n. 602/1973 (nel testo
vigente  prima  delle  modifiche  introdotte  dal decreto legislativo
n. 46/1999,  riprodotto  con alcune varianti nell'attuale art. 63) si
afferma  che  non  e'  condivisibile  l'interpretazione, proposta dal
ricorrente  in  quel  giudizio,  secondo cui la disposizione di legge
sarebbe  rivolta al solo ufficiale esattoriale, e non all'esattore, e
concernerebbe  il  solo  pignoramento, e non anche la fase successiva
della   procedura   di   riscossione:  per  contestare  tale  ipotesi
interpretativa,   avanzata   dalla   parte  ricorrente,  la  S.C.  ha
richiamato la sentenza della Corte costituzionale n. 358 del 1994, in
cui  si  afferma  che  l'art. 65 cit. poneva «ragionevoli limitazioni
alla  prova  contraria  ed all'opposizione di terzi, che affermino di
essere proprietari dei beni pignorati. Difatti il terzo che si oppone
all'esecuzione mobiliare dell'esattore puo' dimostrare l'appartenenza
del  bene  solo  mediante  atto  pubblico o scrittura privata di data
certa, anteriore a quella di consegna del ruolo»;
     che   la   questione   risulta  rilevante,  in  quanto  dal  suo
accoglimento  dipendono  le  sorti  della  proposta  opposizione, che
potrebbe  essere  accolta  se,  e  solo  se,  i  limiti  temporali di
riferimento  della  prova scritta richiesta fossero posti dopo l'anno
antecedente  al  tributo  da riscuotere, essendo contemporanei (e non
anteriori)  a  tale  anno  i contratti di affitto che giustificano la
detenzione dei beni da parte del debitore non proprietario; mentre la
prova  dell'acquisto  degli stessi beni da parte delle opponenti, non
ancora completamente offerta, potrebbe sopravvenire in corso di causa
(non  essendo ancora scattate le preclusioni istruttorie), e comunque
puo'  emergere  gia'  in parte dai contratti di affitto prodotti, che
negli  elenchi  allegati  dei  beni  mobili  compresi  nelle  aziende
affittate  fanno  riferimento  a «costi storici» ed «ammortamenti», i
quali  lasciano  presumere  annotazioni  sui  libri  contabili  delle
opponenti  (che sono due societa' commerciali) e tenuta di fatture ed
altri documenti di acquisto, cui per legge sono obbligate (cfr. Cass.
06/3999,  secondo cui «in tema di opposizione di terzo all'esecuzione
ai  sensi  dell'art.  619 c.p.c. la dimostrazione della proprieta' da
parte del terzo rivendicante puo' essere fornita anche con le fatture
relative  all'acquisto dei beni successivamente pignorati, purche', a
termini degli artt. 2702 e 2704 c.c., esse risultino sottoscritte dal
venditore, accettate dall'acquirente, ed abbiano data certa anteriore
al pignoramento», certezza che puo' essere acquisita anche tramite le
scritture    contabili    regolarmente   tenute   del   venditore   o
dall'acquirente);
     che la questione sollevata non risulta manifestamente infondata;
la  giurisprudenza  costituzionale,  che  piu' volte ha avuto modo di
occuparsi  della  speciale disciplina dell'esecuzione esattoriale, ha
ammesso la legittimita' di deroghe alle norme sull'esecuzione forzata
ordinaria,   poiche',   in   vista  del  «fondamentale  interesse  di
assicurare  la  tempestiva  riscossione  dei  crediti  tributari, che
concorre  a  garantire  il regolare svolgimento della vita fmanziaria
dello  Stato»,  possono  prevedersi  «procedure semplificate, tali da
assicurare  speditezza ed incisivita' all'esecuzione coattiva, che e'
assistita  da  presunzioni  in  ordine  all'appartenenza dei beni che
possono essere sottoposti a pignoramento e da preclusioni nel sistema
delle  opposizioni,  per prevenire ed escludere fraudolente elusioni»
(sent.  Corte cost. n. 444 del 1995; conf. n. 351 del 1998); il tutto
pero'  condizionato  alla  ragionevolezza  della disciplina, che deve
essere  appunto  finalizzata all'esigenza di evitare frodi, cosicche'
sono   state   dichiarate   costituzionalmente   illegittime   quelle
disposizioni che limitavano la proponibilita' di opposizione di terzi
con  riferimento a «quei beni che, con certezza e senza alcun rischio
di  fraudolente  elusioni  o  di  impedimenti  alla soddisfazione del
credito  esattoriale, non appartengono al contribuente moroso» (sent.
444/95 cit.; conf. n. 415 del 1996);
     che,  nel  caso  che  interessa,  non  viene in rilievo tanto la
qualita'   soggettiva   del  terzo  opponente  (societa'  commerciali
sicuramente  diverse  ed  estranee  al  debitore, costituito da altra
societa'  commerciale),  quanto  il  limite  temporale entro il quale
opera  la  presunzione  di  frode  dell'atto  con cui si prova il suo
diritto  e  il  trasferimento  della  detenzione  al  debitore; nella
disciplina  della  riscossione anteriore alla riforma del 1999, cioe'
nel  testo originario del d.P.R. n. 602/1973 (art. 65), il limite era
costituito  dalla data di consegna del ruolo all'esattore: era questo
il  momento  rispetto  al  quale  dovevano  essere anteriori gli atti
aventi  data  certa  volti  a  provare  il  diritto del terzo (se non
parente:  per  i congiunti, coniuge e parenti e affini entro il terzo
grado,  valevano  invece  i  ristretti limiti di cui all'art. 52, che
consentiva   l'opposizione   di  terzo  solo  in  relazione  ai  beni
costituiti  in  dote  con  atto  anteriore  alla  presentazione della
dichiarazione  annuale  o alla notifica dell'avviso di accertamento),
perche' l'ufficiale di riscossione dovesse astenersi dal pignoramento
(e,  in  caso  contrario,  l'opposizione potesse essere accolta); nel
caso  deciso  dalla  Corte  costituzionale con la sentenza n. 444 del
1995, infatti, uno dei giudici a quibus (il Pretore di Cosenza) aveva
sollevato la questione di legittimita' costituzionale con riferimento
all'ipotesi  dell'opposizione  di  terzo  proposta  dal coniuge per i
mobili  pervenutigli  con  atto di data certa anteriore alla consegna
del   ruolo   all'esattore:   senonche'  la  Corte,  con  motivazione
estremamente    succinta,    ma    verosimilmente   per   scongiurare
l'eventualita'  di  collusioni  fraudolente  tra  il  debitore  ed il
coniuge,  ritenne  di  poter  accogliere  la  questione limitatamente
all'ipotesi  in  cui  l'atto di donazione in favore del coniuge fosse
addirittura anteriore al verificarsi del presupposto dell'imposta;
     che  tale  scelta  della  Corte  si giustifica in relazione alla
posizione del coniuge, che puo' presumersi a conoscenza delle vicende
patrimoniali  dell'altro  coniuge, e quindi in grado di colludere col
medesimo  anche  quando si verifichi semplicemente il presupposto del
tributo,  e  non solo quando e' in corso la procedura di riscossione;
tuttavia  il  legislatore,  con  la riforma del 1999, estrapolando il
principio  affermato dalla Corte al di la' del caso deciso, ha esteso
ai  terzi  opponenti,  non parenti del debitore, la disciplina frutto
della  sentenza  n. 444/1995  piu'  volte  richiamata,  imponendo  la
dimostrazione  del  diritto  con atto «avente data anteriore all'anno
cui  si riferisce l'entrata iscritta a ruolo» (art. 63, d.P.R. n. 602
come  risulta  dopo  le modifiche introdotte dall'art. 16 del d. lgs.
n. 46  del  1999),  in tal modo giungendo addirittura ad aggravare la
posizione  del  terzo  non parente rispetto al prossimo congiunto del
debitore  (coniuge,  parente  o affine entro il terzo grado), che, ai
sensi  dell'art.  58, come modificato dal predetto art. 16 del d.lgs.
n. 46/1999,  deve  provare  l'opposizione  con  atti  di  data  certa
anteriore: a)
     che  nel  caso  di  specie, come afferma il Concessionario della
riscossione  nella comparsa di risposta, le cartelle si riferiscono a
tributi  quali  IVA,  IRPEG,  IRAP ecc. relativi al periodo d'imposta
2003:  pertanto,  se  si dovesse applicare la disciplina (che secondo
logica   dovrebbe  essere  piu'  rigorosa)  applicabile  ai  prossimi
congiunti  ai sensi dell'art. 58 nel testo vigente del d.P.R. n. 602,
l'opposizione   sarebbe   proponibile,  poiche'  (almeno  per  quanto
concerne   le  imposte  dirette)  se  la  dichiarazione  fosse  stata
presentata,  tale presentazione risalirebbe sicuramente al 2004, anno
successivo a quello in cui si e' verificato il presupposto d'imposta,
(come  e'  noto, la dichiarazione dei redditi va presentata nell'anno
successivo  a  quello cui si riferisce l'imposta), e sempre nel 2004,
in caso di omessa presentazione, si sarebbe verificata la violazione;
in subordine, applicandosi la lettera c), avrebbe rilievo la data del
31  dicembre  2003, e cioe' il momento in cui, chiudendosi il periodo
d'imposta, potrebbe dirsi venuto in essere il presupposto del reddito
assoggettabile  ad  imposta (i contratti di affitto sono invece, come
si e' detto, del 29 aprile 2003, registrati il 12 maggio 2003);
     che  pertanto  sussiste  una macroscopica violazione dell'art. 3
Cost., non tanto perche', come osservano le opponenti, si applica una
disciplina  diversa  da  quella prevista per i crediti non tributari,
quanto  perche'  si sottopone ad un regime piu' rigoroso la posizione
dell'estraneo  rispetto  a  quella  del  congiunto,  mentre la logica
vorrebbe semmai che avvenisse l'opposto;
     che comunque, anche a prescindere da tale comparazione, non pare
ragionevole  presumere che siano simulati o fraudolenti atti posti in
essere durante l'anno in cui si verifica semplicemente il presupposto
del  tributo,  e  quindi  prima  ancora che esso si sia compiutamente
verificato  (cio'  che  avviene,  come  si  e'  detto, solo alla fine
dell'anno),  quando  il  terzo  non  e' coniuge, parente o affine del
debitore,  parendo  piu' che sufficiente (e forse gia' eccessivo), in
questo caso, fissare una presunzione di frode in relazione al momento
della   consegna   del  ruolo  all'esattore,  come  nella  disciplina
originaria del d.P.R. n. 602/1973; infatti ben difficilmente il terzo
che  affitta  propri  beni  ad  un  soggetto non legato da vincoli di
parentela  potra' conoscere se questi abbia in animo di non pagare le
imposte   che  matureranno  per  l'anno  in  corso;  cosi'  come  ben
difficilmente il debitore tributario vorra' predisporre atti simulati
e  fraudolenti  per  sottrarre  beni  all'erario,  con tanto anticipo
rispetto ad un eventuale accertamento;
     che l'irragionevolezza della disciplina incide anche sul diritto
di  difesa  ex  art.  24  Cost.,  limitando  il  diritto  di proporre
opposizione  di  terzo all'esecuzione e di provare le proprie ragioni
in  tale  sede, oltre che sul diritto di proprieta' privata garantito
dall'art.  42  Cost.,  dando  vita, quale pratica conseguenza, ad una
sorta di espropriazione senza indennizzo;
     che  deve  pertanto  sollevarsi  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  come  sopra prospettata, mentre, nelle more, ritenuta
la  possibilita'  che tale questione sia accolta, deve confermarsi il
provvedimento  di  sospensione dell'esecuzione adottato con decreto 5
ottobre 2007.