IL TRIBUNALE
   Nel  procedimento  penale  nei confronti di Sunny Ighodaro nato in
Benin City (WAN) il 5 marzo 1980 imputato del delitto di cui all'art.
73,  comma  1-bis del d.P.R. n. 309/1990 e art. 61 numero 11-bis c.p.
«per  avere  detenuto  al fine di cessione a terzi complessivi grammi
3,9  di  sostanza  stupefacente  di  tipo  cocaina  suddivisa  in tre
involucri  pronti  per  la  vendita  con l'aggravante dello status di
soggetto  illegalmente  presente  nello  Stato» per fatto commesso in
Ferrara   il  20-21  giugno  2008,  detenuto  per  questa  causa,  ha
pronunciato   la  seguente  ordinanza  dandone  lettura  ai  presenti
all'udienza del 15 luglio 2008.
1) Il processo.
   Sunny  Ighodaro e' stato fermato da ufficiali ed agenti di Polizia
Giudiziaria  della Squadra mobile di Ferrara il giorno 20 giugno 2008
mentre  stava  percorrendo  la  via  Gaetano  Pesci  in direzione via
Bologna a bordo della vettura Toyota Celica AZ128DC.
   La  Squadra  mobile  aveva  ricevuto confidenziali notizie in base
alle  quali  il cittadino nigeriano avrebbe dovuto consegnare droga a
terzi  presso  un parcheggio del centro sociale Rivana Garden sito in
via  Gaetano  Pesci  in  Ferrara; avendo fondato motivo di ritenere -
dopo  la  negativa  perquisizione  personale  e  veicolare  -  che lo
straniero  avesse ingoiato la sostanza stupefacente, gli agenti hanno
accompagnato  il  conducente  unico  occupante  della  vettura presso
l'Ospedale S. Anna ove, con il consenso della persona, era sottoposto
ad accertamenti.
   Le  indagini  radiologiche  evidenziavano la presenza di tre corpi
estranei  di forma sferica di cui uno nel tratto esofageo medio e due
nel  fondo gastrico (certificato del medico radiologo dott. Rollo fg.
20).
   L'adeguata   terapia  lassativa  provocava  l'espulsione  dei  tre
«ovuli»  presi  immediatamente in consegna dagli ufficiali di p.g. ed
analizzati mediante drop test con esito positivo alla cocaina.
   Lo  straniero, dimesso dal nosocomio, era quindi tratto in arresto
per  detenzione  a  fine di spaccio di cocaina ed associato alla casa
circondariale di Ferrara.
   Il  giudice  delle  indagini  preliminari  in  data 23 giugno 2008
convalidava l'arresto ed applicava la misura cautelare della custodia
in carcere.
   Nel  frattempo  era  eseguita  dal  p.m.  una  consulenza  chimico
tossicologica  che  confermava  la  natura  della  sostanza  (cocaina
cloridrato)  il  contenuto assoluto di principio attivo (grammi 0,97)
ed il peso totale (grammi 3.9).
   Con  richiesta  pervenuta  il  25 giugno 2008 il Procuratore della
Repubblica   chiedeva   al   Tribunale  di  Ferrara  in  composizione
monocratica  di procedere ai giudizio direttissimo ai sensi dell'art.
449, comma 4 c.p.p. come modificato dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92.
   Il  Tribunale  di Ferrara fissava per il giudizio l'udienza del 30
giugno 2008, rinviata alla successiva del 15 luglio 2008 a seguito di
richiesta  di  termine  a  difesa.  L'imputato  rendeva dichiarazioni
spontanee asserendo che la droga era detenuta per uso personale.
   All'odierna  udienza l'imputato ha chiesto di essere giudicato con
il  rito  abbreviato. All'esito della discussione - nell'ambito della
quale  il  p.m.  ha  concluso  chiedendo  la  condanna a pena nel cui
calcolo  e'  compreso l'aumento per l'aggravante contestata - ritiene
il  tribunale  di  sollevare  d'ufficio  la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  1, lettera f), d.l. 23 maggio 2008, n. 92,
che  modifica  l'art.  61 del codice penale introducendo l'aggravante
del  «fatto  commesso  da  soggetto  che  si  trovi  illegalmente sul
territorio nazionale».
2) La questione e' rilevante.
   Ighodaro  Sunny  e'  un  cittadino  nigeriano privo di permesso di
soggiorno  (vedi  verbale  di  identificazione fg. 10 e dichiarazioni
rese   nel   corso   dell'interrogatorio  «non  ho  documenti»  «sono
clandestino»  fg.  38).  Il  p.m.  ha  contestato l'aggravante di cui
all'art.  61,  numero 11-bis del codice penale introdotto dal d.l. 23
maggio 2008, n. 92 (art.1, lettera f).
   Il  giudice  deve quindi fare applicazione della norma che ritiene
incostituzionale. La questione e' quindi rilevante.
3) La disposizione di dubbia costituzionalita'.
   La  disposizione  introdotta  dal decreto-legge citato modifica il
codice  penale,  inserendovi all'art 61, comma 1, il numero 11-bis, a
tenore  del  quale il reato e' da considerarsi aggravato «se il fatto
e'  commesso  da  soggetto  che  si trovi illegalmente sul territorio
nazionale».  La  norma  e'  applicabile  a  chiunque  «si  trovi» sul
territorio dello Stato «illegalmente» ossia in violazione delle norme
che  disciplinano  l'ingresso  e  la  permanenza  dello straniero nel
territorio nazionale.
4) Violazione del principio di colpevolezza per il «fatto».
   La  nuova  aggravante  e'  informata  a  canoni propri del diritto
penale d'autore.
   La  sua collocazione sistematica tra le aggravanti comuni e la sua
chiara  formulazione la rendono infatti applicabile a qualunque reato
(delitto,  contravvenzione)  di  qualunque  natura  (dolosa, colposa,
preterintenzionale)  a  prescindere  dall'esistenza  di una qualsiasi
relazione  tra  la  condotta  penalmente  sanzionata  e la situazione
soggettiva  di  clandestinita'. In tal modo l'aumento di pena viene a
dipendere  non  gia'  dalla  gravita'  oggettiva  del fatto (come, ad
esempio,  per  aver  adoperato sevizie o per aver agito con crudelta'
verso  le  persone)  ovvero  da  una  condotta materiale del soggetto
attivo  (come, ad esempio, accade per le aggravanti della latitanza o
della  recidiva),  bensi'  esclusivamente dallo status soggettivo del
reo.
   L'aggravante  in  questione  prescinde,  in  altre  parole,  dalla
valutazione   di  fatti  indicativi  di  una  maggiore  pericolosita'
sociale.
   A  differenza  di  altre  circostanze aggravanti comuni soggettive
l'aggravante   in   questione   prescinde   da   qualsiasi   concreto
collegamento  alla  pericolosita'  dell'autore  come desumibile dalla
condotta.  Si  porta  ad esempio l'art. 61 n. 9 c.p. in cui spetta al
giudice  valutare  se  vi sia stato «abuso» della pubblica funzione o
della  qualita'  di ministro di culto - e conseguente collegamento al
«fatto»  - ed ove quindi la qualita' dell'agente (pubblico ufficiale,
incaricato  di  pubblico  servizio,  ministro  di  un  culto)  non e'
sufficiente  all'applicazione dell'aggravante. Nel caso di specie, al
contrario,  la qualita' del soggetto che semplicemente «si trovi» sul
territorio   dello   Stato   avendo   violato   norme   di  carattere
amministrativo  in  materia di immigrazione e' condizione sufficiente
all'aumento  della  pena, a prescindere da qualsiasi collegamento con
il fatto e a prescindere da qualsiasi valutazione della pericolosita'
del colpevole.
   Si  puo' sospettare, dunque, la violazione degli artt. 25, secondo
comma,   e   27,   primo  comma,  Cost.  perche',  cosi'  conformata,
l'aggravante   in   esame   viola   il  principio  costituzionale  di
colpevolezza  per  il  «fatto»  materiale di reato, affiancandovi una
diversa colpevolezza per lo status personale del reo.
5) Violazione del principio di eguaglianza davanti alla legge.
   Proprio  perche' l'aggravante differenzia la misura della pena non
sulla  qualita'  dell'azione  bensi'  sulla  base dello status di chi
commette il reato cui accede, essa introduce irragionevoli disparita'
di trattamento a parita' di condotta materiale.
   La   medesima   condotta   criminale,  le  medesime  modalita'  di
esecuzione  del  reato,  finiscono  per  essere punite diversamente a
seconda se a commetterle e' un soggetto regolarmente o irregolarmente
presente   sul  territorio  italiano.  Con  effetti  paradossali,  ad
esempio,  nell'ipotesi  di  concorso  nel  reato, dove il clandestino
sara' punito piu' severamente del suo complice.
   E  con  l'ulteriore  conseguenza  che il recidivo o il latitante -
ossia  chi  ha  commesso  reati  precedentemente - puo' essere punito
nella  stessa misura di colui che reati non ha commesso in precedenza
ma che «si trova illegalmente» nel territorio dello Stato.
   Si  puo'  sospettare,  dunque,  la  violazione  dell'art. 3, primo
comma, Cost. espressivo del principio di eguale trattamento di fronte
alla legge penale.
6) Violazione della finalita' rieducativa della pena.
   L'aumento  di  pena  conseguente  ad una aggravante per status che
prescinde   totalmente  dalle  modalita'  dell'azione  criminosa,  si
traduce  in  un  aumento edittale estraneo alla finalita' rieducativa
della sanzione penale.
   La  funzione  di  risocializzazione della pena ha un senso solo ed
esclusivamente  rispetto a condotte materiali imputabili al reo. Tale
condizione costituzionalmente imposta viene meno per quel «di piu» di
detenzione carceraria legata ad una condizione soggettiva (l'ingresso
o  il  soggiorno  illegale  nel territorio italiano) che - allo stato
dell'ordinamento  vigente  - non configura di per se' ne' un illecito
penale, ne' un illecito amministrativo propriamente detto.
   Si  puo' sospettare, dunque, la violazione del vincolo teleologico
della pena prescritto all'art. 27, terzo comma della Costituzione.
7) Irrazionalita' intrinseca dell'aggravante.
   L'aggravante cosiddetta di clandestinita' rivela ulteriori profili
di intrinseca irragionevolezza.
   Innanzitutto,  nella  sua stessa giustificazione, secondo la quale
la  condizione  di  clandestinita'  rappresenterebbe  un elemento che
agevola,  aggravandola,  la  condotta  prevista  e punita come reato.
Siamo  in  presenza di una presunzione legislativa priva di razionale
fondamento:  perche'  non e' collegata - come si e' gia' detto - alla
condotta  materiale sanzionata e aggravata; perche' non esiste alcuna
relazione  automatica tra l'adempimento degli obblighi previsti dalla
legge  nazionale sull'ingresso o il soggiorno nel territorio italiano
e la commissione o non commissione del reato aggravato.
   In  secondo  luogo, l'aggravante muove da una presunzione assoluta
di  pericolosita'  di  tutti i soggetti che si trovino «illegalmente»
sul  territorio  nazionale.  Non  e'  ammessa  la possibilita' di una
distinzione,  previa  verifica,  caso  per  caso. Includendo entrambi
nella  comune figura del soggiorno illegale, non si distingue neppure
tra  irregolari (cui, in ipotesi, non e' stato rinnovato per tempo il
permesso  di  soggiorno)  e  clandestini  (che, in ipotesi, non hanno
volontariamente   adempiuto   al  provvedimento  di  allontanamento).
Diversamente  da  quanto previsto nell'ipotesi di trattenimento dello
straniero  sul  territorio  dello Stato in violazione dell'ordine del
questore  di  allontanamento,  la cui applicazione viene circoscritta
dal  requisito  negativo  espresso  nella formula «senza giustificato
motivo»  (art.  14,  comma  5-ter,  del decreto legislativo 25 luglio
1998,  n. 286,  come  modificato della legge 30 luglio 2002, n. 189),
nulla di simile e' contemplato con riferimento all'ambito applicativo
dell'aggravante in esame.
   A  suggello di quanto detto, e' decisivo segnalare che la sentenza
n. 22/2007 della Corte costituzionale e' esplicita nell'escludere che
la   condizione  di  straniero  irregolare,  in  quanto  tale,  possa
associarsi  ad una presunzione di pericolosita': il reato di indebito
trattenimento  nel  territorio  nazionale  dello  straniero  espulso,
infatti,  ha  come  presupposto la «semplice condotta di inosservanza
dell'ordine di allontanamento dato dal questore» e non «una accertata
o  presunta  pericolosita' dei soggetti responsabili» [considerato in
diritto, punto 7.2].
   Siamo  in  presenza,  dunque,  di  una  irrazionalita'  intrinseca
dell'aggravante  in  esame,  e  conseguente  violazione  del generale
canone  di ragionevolezza, imposto all'intero ordinamento dall'art. 3
Cost.
   E'   infine   opportuna   una  ultima  precisazione  in  punto  di
discrezionalita'  del  legislatore.  La  discrezionalita' legislativa
abbraccia  certamente  le  scelte  in materia di penalizzazione delle
condotte  e di determinazione del relativo trattamento sanzionatorio.
Tuttavia la giurisprudenza costituzionale e' pacifica nel riconoscere
la  possibilita'  di  sottoporre  al  proprio controllo quelle scelte
normative,  laddove  contrastino  in  modo  manifesto con il generale
canone  di  ragionevolezza, rivelando cosi' un uso costituzionalmente
distorto  della  discrezionalita'  legislativa [cfr., ex plurimis, le
sentenze   nn.   26/1979,  102/1985,  341/1994,  313/1995,  217/1996,
287/2001  e  le ordinanze nn. 163/1996, 110/2002, 323/2002, 172/2003,
158/2004, 22/2007 considerato in diritto punto 7.4].