Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale dello Stato, presso i cui uffici e'
legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
   Contro la Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta
regionale  pro  tempore,  per  la  declaratoria  della illegittimita'
costituzionale della legge della Regione Piemonte n. 23 del 28 luglio
2008,  pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Piemonte del
29 luglio 2008, n. 30, come da delibera del Consiglio dei ministri in
data 19 settembre 2008.
                              F a t t o
   In  data  29  luglio  2008  e'  stata  pubblicata  nel  Bollettino
ufficiale  della  Regione  Piemonte  la  legge regionale n. 23 del 28
luglio   2008,   con   la   quale   e'  stata  posta  la  «disciplina
dell'organizzazione  degli  uffici  regionali»  e  sono state emanate
«disposizioni concernenti la dirigenza ed il personale».
   Con  tale  complessa normazione la regione ha inteso regolamentare
in  modo  organico l'organizzazione dei propri uffici «in armonia con
la  Costituzione e secondo i principi generali risultanti dalle leggi
della   Repubblica   in  materia  di  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche».
   In particolare - per quanto in questa sede interessa - nell'ambito
del  Capo  IV  regolante  la dirigenza, il comma 2 dell'art. 24 della
legge (Incarichi dirigenziali esterni), prevede testualmente che «gli
incarichi  di  direttore regionale possono essere conferiti, entro il
limite  del 30 per cento dei rispettivi posti ...., a persone esterne
all'amministrazione regionale».
   Detta    disposizione   viola   i   principi   costituzionali   di
ragionevolezza  e  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,
eccede  pertanto  dalle competenze regionali ed e' parimenti invasiva
della  competenza  statale; la stessa viene pertanto impugnata con il
presente   atto   affinche'   ne  sia  dichiarata  la  illegittimita'
costituzionale,   con  conseguente  annullamento,  sulla  base  delle
seguenti considerazioni in punto di
                            D i r i t t o
   1.1.  -  La  legge  regionale del Piemonte n. 23/2008 contiene, al
Capo  I, una serie di disposizioni generali, di natura per cosi' dire
«programmatica».  Accanto  al risalto assegnato ai principi contenuti
nello    Statuto   regionale   e   all'accentuazione   dell'autonomia
organizzativa,  che  costituiscono  oggetto  di puntuale enunciazione
negli  articoli  da  2  a  5,  l'art.  1  -  come  visto  - pone come
riferimento  primario  e  pertanto  fondamentale  per l'esercizio del
potere  organizzativo  il  richiamo  alla  Costituzione  e alle leggi
statali in materia di lavoro dei dipendenti pubblici.
   Vengono  pertanto  al  riguardo  in  evidenza,  in  primo luogo, i
principi   costituzionali   di   buon   andamento   e   imparzialita'
dell'amministrazione e di accesso alla stessa mediante concorso - che
del  primo  e' specificazione ed esplicazione - di cui ai commi 1 e 3
dell'art. 97, nonche' il principio di ragionevolezza che abitualmente
si  ricava  quale naturale evoluzione del principio di uguaglianza di
cui  all'art.  3  e  che  postula  l'adeguatezza  della norma al fine
pubblico perseguito.
   In  secondo  luogo,  i  principi generali in materia di lavoro dei
dipendenti pubblici possono essere reperiti - a livello di normazione
statale  -  nell'art.  18, comma 6, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165.
Detta  disposizione,  nel  regolamentare  gli  incarichi  di funzioni
dirigenziali, testualmente prevede che «gli incarichi di cui ai commi
da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro
il  limite  del  10  per cento della dotazione organica dei dirigenti
appartenenti  alla  prima  fascia  dei ruoli di cui all'articolo 23 e
dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla
seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente
comma.  La durata di tali incarichi, comunque, non puo' eccedere, per
gli  incarichi  di  funzione  dirigenziale  di cui ai commi 3 e 4, il
termine  di  tre  anni,  e,  per  gli  altri  incarichi  di  funzione
dirigenziale il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti
a  persone  di particolare e comprovata qualificazione professionale,
che  abbiano svolto attivita' in organismi ed enti pubblici o privati
ovvero  aziende  pubbliche  o  private  con  esperienza acquisita per
almeno  un  quinquennio  in  funzioni  dirigenziali,  o  che  abbiano
conseguito  una particolare specializzazione professionale, culturale
e   scientifica   desumibile   dalla   formazione   universitaria   e
postuniversitaria,   da  pubblicazioni  scientifiche  o  da  concrete
esperienze  di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali,
ivi  comprese  quelle  che  conferiscono  gli incarichi, in posizioni
funzionali  previste  per  l'accesso alla dirigenza, o che provengano
dai   settori  della  ricerca,  della  docenza  universitaria,  delle
magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.
   Il  trattamento  economico puo' essere integrato da una indennita'
commisurata  alla  specifica  qualificazione  professionale,  tenendo
conto  della temporaneita' del rapporto e delle condizioni di mercato
relative  alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di
durata  dell'incarico,  i  dipendenti delle pubbliche amministrazioni
sono  collocati  in  aspettativa  senza  assegni,  con riconoscimento
dell'anzianita' di servizio».
   1.2. - Orbene, la legge regionale, nel disciplinare nel Capo IV la
dirigenza,  contempla  come visto all'art. 24 la possibilita' che gli
incarichi  dirigenziali  esterni  siano conferiti a soggetti estranei
all'amministrazione regionale nel limite del 30 per cento.
   Tale amplissima previsione, che consente l'assunzione di personale
dirigenziale  all'esterno  in misura addirittura tripla rispetto alla
previsione  statale, appare del tutto irragionevole, ingiustificata e
contraria a Costituzione.
   Se    anche,    infatti,    si   volesse   ritenere   la   materia
dell'organizzazione   dei   propri   uffici   quale  pertinente  alla
competenza  legislativa  residuale  della regione, quest'ultima, come
insegna   codesto   ecc.mo  Collegio,  non  potrebbe  comunque  esser
esercitata in contrasto con altri principi costituzionali (cfr. Corte
cost.,  n. 380/2004 e Corte cost., n. 274/2003). Contrasto che, nella
fattispecie in esame, appare palese.
   E'  infatti  certamente in urto con il principio di buon andamento
dell'amministrazione di cui al primo comma dell'art. 97 - anche nella
forma  specifica  contemplata  dal  successivo  comma  3 - consentire
l'assunzione  senza concorso con contratti a tempo determinato (comma
5)  di  soggetti  estranei  all'amministrazione  in  un  numero cosi'
consistente (fino ad un terzo del personale dirigenziale).
   Una  tale  previsione,  oltre  ad  avere una presumibile rilevante
incidenza  sotto  il profilo economico, omette ingiustificatamente di
valorizzare il personale dipendente. Inoltre, la consistente quota di
dirigenti  esterni  - e, quindi, almeno inizialmente non a conoscenza
delle   dinamiche   dell'amministrazione   -   e   la   temporaneita'
dell'incarico   (che,   a   differenza   di   quanto  accade  per  il
dirigente-dipendente   contemplato   dalla   normativa   statale,  e'
rinnovabile  solo  per  un  periodo  limitato) costituiscono - per la
posizione  apicale dei soggetti contemplati - fattori suscettibili di
rendere  l'azione  amministrativa  slegata  e  frammentaria,  si'  da
incidere  in misura rilevante sulla organizzazione. E cio' appare del
tutto  ingiustificato  e irragionevole anche perche' in contrasto con
la  stessa  affermazione  contenuta  nell'art.  l,  a  modi principio
informatore  dell'intera disciplina, della volonta' di uniformarsi ai
principi fondamentali della normativa statale in materia.
   E'  ben  noto  che  codesta  ecc.ma  Corte  ha  ritenuto possibile
valutare  caso  per  caso  la  conformita'  di  eventuali  deroghe ai
principi  costituzionali  ora  richiamati,  ravvisandola,  ad esempio
(sentenza  n. 274/2003 cit.), nel ricorrere di particolari situazioni
tali  da  renderle  non irragionevoli (nel caso allora esaminato, che
presenta  punti  di  contatto  con  l'odierna  questione, si trattava
dell'inserimento  in  posti  di  ruolo  di  soggetti  da tempo in una
posizione di precarieta' nell'ambito dell'amministrazione regionale).
   Ma  la  genericita'  della previsione della norma oggi impugnata e
l'assenza  di  qualsivoglia  elemento esplicativo sulla necessita' di
una  eccezione  alle  disposizioni  costituzionali  e della normativa
statale fondamentale rendono evidentemente irragionevole e, pertanto,
illegittima,   anche   sotto   il   profilo  dell'art.  3  Cost.,  la
disposizione che si impugna.
   Conclusivamente,  la norma fin qui esaminata e' costituzionalmente
illegittima,   e  tale  dovra'  essere  dichiarata,  con  conseguente
annullamento,  in  quanto violativa dei principi costituzionali posti
dagli  artt.  3  e  97  Cost.,  come  piu'  precisamente  specificato
nell'esposizione che precede.