Ricorso  per  la Regione Piemonte, in persona della Presidente pro
tempore   della   Giunta  Regionale  Mercedes  Bresso,  in  forza  di
deliberazione di autorizzazione della Giunta Regionale n. 59-9822 del
13  ottobre  2008,  rappresentata  e  difesa, tanto unitamente quanto
disgiuntamente, dagli avvocati Giovanna Scollo e Gabriele Pafundi, ed
elettivamente  domiciliata  presso  il  secondo in Roma, viale Giulio
Cesare n. 14;
   Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la
dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale della legge 6 agosto
2008,  n. 133,  di  conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 recante disposizioni urgenti per
lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione, la competitivita',  la
stabilizzazione  della finanza pubblica e la perequazione tributaria,
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  21  agosto  2008, n. 195, con
riferimento agli artt. 64 e 58.
                              F a t t o
   Nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 195  del  21  agosto  2008 e' stata
pubblicata  la  legge  n. 113/2008 di conversione, con modificazioni,
del  decreto-legge  25  giungo  2008,  n. 112,  recante  disposizioni
urgenti  per  lo sviluppo economico, la semplificazione della finanza
pubblica e la perequazione tributaria.
   Detta legge reca in particolare le disposizioni di cui all'art. 64
e  all'art.  58  che la Regione Piemonte ravvisa lesive della propria
sfera di competenza per i seguenti
                             M o t i v i
Sull'art. 64, violazione degli artt. 117 118 e 120 della Costituzione
e del principio di leale collaborazione.
   Il  capo  II  della  summenzionata  norma contiene disposizioni di
contenimento della spesa per il pubblico impiego.
   In tale contesto l'art. 64, nel dettare disposizioni in materia di
organizzazione scolastica, cosi' statuisce:
     «1.   Ai   fini  di  una  migliore  qualificazione  dei  servizi
scolastici  e di una piena valorizzazione professionale del personale
docente,  a  decorrere  dall'anno scolastico 2009/2010, sono adottati
interventi  e  misure  volti  ad  realizzare  comunque  entro  l'anno
scolastico  2011/2012,  per  un  accostamento  di  tale  rapporto  ai
relativi  standard  europei  tenendo  anche  conto  delle  necessita'
relative agli alunni diversamente abili.
     2.  Si  procede,  altresi',  alla  revisione  dei  criteri e dei
parametri  previsti  per la definizione delle dotazioni organiche del
personale  amministrativo,  tecnico  e  ausiliario  (ATA), in modo da
conseguire,  nel  triennio 2009-2011 una riduzione complessiva del 17
per   cento  della  consistenza  numerica  della  dotazione  organica
determinata  per l'anno scolastico 2007/2008. Per ciascuno degli anni
considerati,  detto  decremento non deve essere inferiore ad un terzo
della  riduzione  complessiva  da  conseguire,  fermo restando quanto
disposto  dall'art. 2, commi 411 e 412, della legge 24 dicembre 2007,
n. 244.
     3.  Per  la  realizzazione delle finalita' previste dal presente
articolo,  il  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca  di  concerto  con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentita  la  Conferenza  unificata  di  cui  all'art.  8  del decreto
legislativo  28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni
parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere
finanziario,  predispone,  entro  quarantacinque giorni dalla data di
entrata  in  vigore  del  presente decreto, un piano programmatico di
interventi  volti  ad  una  maggiore  razionalizzazione dell'utilizzo
delle  risorse  umane e strumentali disponibili, che conferiscano una
maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico.
     4.  Per l'attuazione del piano di cui al comma 3, con uno o piu'
regolamenti  da  adottare  entro dodici mesi dalla data di entrata in
vigore  del  presente  decreto  ed  in modo da assicurare comunque la
puntuale  attuazione  del  piano di cui al comma 3, in relazione agli
interventi  annuali  ivi  previsti,  ai  sensi dell'art. 17, comma 2,
della  legge  23  agosto  1988,  n. 400,  su  proposta  del  Ministro
dell'istruzione,  dell'universita' e della ricerca di concerto con il
Ministro   dell'economia  e  delle  finanze,  sentita  la  Conferenza
unificata  di  cui  al  citato  decreto  legislativo  28 agosto 1997,
n. 281,  anche  modificando  le  disposizioni legislative vigenti, si
provvede   ad   una  revisione  dell'attuale  assetto  ordinamentale,
organizzativo  e  didattico  del  sistema  scolastico, attenendosi ai
seguenti criteri:
      a)  razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso,
per una maggiore flessibilita' nell'impiego dei docenti;
      b)  ridefinizione  dei  curricoli vigenti nei diversi ordini di
scuola  anche  attraverso  la razionalizzazione dei piani di studio e
dei  relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti
tecnici e professionali;
      c) revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle
classi;
      d)  rimodulazione  dell'attuale  organizzazione didattica della
scuola  primaria  ivi  compresa  la  formazione  professionale per il
personale    docente   interessato   ai   processi   di   innovazione
ordinamentale senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica;
      e)  revisione  dei  criteri  e  dei  parametri  vigenti  per la
determinazione  della  consistenza  complessiva  degli  organici  del
personale  docente ed ATA, finalizzata ad una razionalizzazione degli
stessi;
      f)   ridefinizione   dell'assetto  organizzativo-didattico  dei
centri  di  istruzione  per  gli adulti, ivi compresi i corsi serali,
previsto dalla vigente normativa;
      f-bis)  definizione  di  criteri,  tempi  e  modalita'  per  la
determinazione e articolazione dell'azione di ridimensionamento della
rete  scolastica  prevedendo, nell'ambito delle risorse disponibili a
legislazione  vigente,  l'attivazione  di  servizi qualificati per la
migliore fruizione dell'offerta formativa;
      f-ter)  nel  caso  di  chiusura  o  accorpamento degli istituti
scolastici aventi sede nei piccoli comuni, lo Stato, le regioni e gli
enti  locali  possono  prevedere  specifiche  misure finalizzate alla
riduzione del disagio degli utenti.
     4-bis.  Ai fini di contribuire al raggiungimento degli obiettivi
di  razionalizzazione  dell'attuale  assetto  ordinamentale di cui al
comma  4, nell'ambito del secondo ciclo di istruzione e formazione di
cui  al  decreto  legislativo  17  ottobre  2005,  n. 226,  anche con
l'obiettivo  di ottimizzare le risorse disponibili, all'art. 1, comma
622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole da "Nel rispetto
degli  obiettivi  di  apprendimento  generali  e  specifici"  sino  a
"Conferenza  permanente  per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province   autonome  di  Trento  e  Bolzano"  sono  sostituite  dalle
seguenti:  "L'obbligo  di istruzione si assolve anche nei percorsi di
istruzione  e formazione professionale di cui al Capo III del decreto
legislativo  17  ottobre  2005, n. 226, e, sino alla completa messa a
regime   delle   disposizioni   ivi  contenute,  anche  nei  percorsi
sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui al comma
624 del presente articolo".
     4-ter.    Le    procedure   per   l'accesso   alle   scuole   di
specializzazione  per  l'insegnamento  secondario  attivate presso le
universita'  sono  sospese  per l'anno accademico 2008-2009 e fino al
completamento  degli  adempimenti  di  cui  alle lettere a) ed e) del
comma 4.
     5. I dirigenti del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e
della   ricerca,  compresi  i  dirigenti  scolastici,  coinvolti  nel
processo  di  razionalizzazione  di  cui  al  presente  articolo,  ne
assicurano   la   compiuta   e  puntuale  realizzazione.  Il  mancato
raggiungimento  degli  obiettivi  prefissati,  verificato  e valutato
sulla  base  delle  vigenti disposizioni anche contrattuali, comporta
l'applicazione    delle    misure   connesse   alla   responsabilita'
dirigenziale previste dalla predetta normativa.
     6.  Fermo  restando  il  disposto di cui all'art. 2, commi 411 e
412,  della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dall'attuazione dei commi
1,  2,  3, e 4 del presente articolo, devono derivare per il bilancio
dello  Stato  economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di
euro  per  l'anno  2009,  a  1.650 milioni di euro per l'anno 2010, a
2.538  milioni  di  euro  per l'anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a
decorrere dall'anno 2012.
     7.  Ferme  restando  le  competenze istituzionali di controllo e
verifica  in  capo  al  Ministero dell'istruzione, dell'universita' e
della  ricerca  e  al  Ministero  dell'economia  e delle finanze, con
decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri e' costituito,
contestualmente  all'avvio dell'azione programmatica e senza maggiori
oneri  a  carico  del  bilancio  dello Stato, un comitato di verifica
tecnico-finanziaria   composto   da   rappresentanti   del  Ministero
dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca e del Ministero
dell'economia e delle finanze, con lo scopo di monitorare il processo
attuativo  delle disposizioni di cui al presente articolo, al fine di
assicurare  la  compiuta realizzazione degli obiettivi finanziari ivi
previsti,  segnalando  eventuali scostamenti per le occorrenti misure
correttive.  Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso ne'
rimborso spese a qualsiasi titolo dovuto.
     8.   Al   fine  di  garantire  l'effettivo  conseguimento  degli
obiettivi  di  risparmio  di  cui al comma 6, si applica la procedura
prevista  dall'art. 1, comma 621, lettera b), della legge 27 dicembre
2006, n. 296.
     9.  Una quota parte delle economie di spesa di cui al comma 6 e'
destinata,  nella misura del 30 per cento, ad incrementare le risorse
contrattuali  stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione
ed  allo  sviluppo  professionale  della carriera del personale della
scuola  a  decorrere  dall'anno  2010,  con  riferimento  ai risparmi
conseguiti  per  ciascun  anno scolastico. Gli importi corrispondenti
alle  indicate  economie  di spesa vengono iscritti in bilancio in un
apposito  Fondo  istituito  nello  stato  di previsione del Ministero
dell'istruzione   dell'universita'   e  della  ricerca,  a  decorrere
dall'anno    successivo   a   quello   dell'effettiva   realizzazione
dell'economia  di  spesa,  e saranno resi disponibili in gestione con
decreto  del  Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca  subordinatamente  alla  verifica dell'effettivo ed integrale
conseguimento delle stesse rispetto ai risparmi previsti».
   La  norma,  con  particolare  riferimento  ai primi quattro commi,
pretermette  le  competenze  regionali  in  materia di istruzione che
rientra   nella  previsione  del  terzo  comma  dell'art.  117  della
Costituzione.  Come  gia'  sancito  da  codesta  ecc.ma  Corte con la
decisione  n. 13/2004,  «nel  quadro  costituzionale  definito  dalla
riforma  del  Titolo V la materia istruzione (salva l'autonomia delle
istituzioni scolastiche e con esclusione dell'istruzione e formazione
professionale) forma oggetto di potesta' concorrente (art. 117, terzo
comma,  Cost.),  mentre  allo Stato e' riservata soltanto la potesta'
legislativa  esclusiva  in  materia di norme generali sull'istruzione
(art. 117, secondo comma, lettera n)» ... «Nel complesso intrecciarsi
in una stessa materia di norme generali, principi fondamentali, leggi
regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche, si
puo'  assumere  per  certo  che  il prescritto ambito di legislazione
regionale  sta proprio nella programmazione della rete scolastica. E'
infatti  implausibile  che il legislatore costituzionale abbia voluto
spogliare  le  regioni di una funzione che era gia' ad esse conferita
nella  forma  della  competenza  delegata  dell'art.  138 del decreto
legislativo n. 112 del 1998.
   Questo,  per  la  parte che qui rileva, disponeva che alle regioni
fossero   delegate   le   funzioni   amministrative   relative   alla
programmazione  dell'offerta  formativa  integrata  tra  istruzione e
formazione  professionale,  alla suddivisione, sulla base anche delle
proposte  degli  enti locali interessati, del territorio regionale in
ambiti   funzionali   al   miglioramento  dell'offerta  formativa  e,
soprattutto,  alla  programmazione,  sul  piano regionale, nei limiti
delle  disponibilita'  di  risorse  umane  e  finanziarie, della rete
scolastica,   sulla   base  dei  piani  provinciali,  assicurando  il
coordinamento con la programmazione dell'offerta formativa integrata.
In   una   parola  era  conferito  alle  regioni,  nell'ambito  della
programmazione e della gestione del servizio scolastico, tutto quanto
non  coinvolgesse  gli  aspetti  finanziari  e  la  distribuzione del
personale tra le istituzioni scolastiche.
   Una  volta attribuita l'istruzione alla competenza concorrente, il
riparto  imposto dall'art. 117 postula che, in tema di programmazione
scolastica  e  di  gestione  amministrativa  del  relativo  servizio,
compito dello Stato sia solo quello di fissare principi».
   Nel  caso  de  quo,  i criteri elencati nel comma 4 in relazione a
finalita' meramente di risparmio finanziario di cui ai predetti commi
2  e  3,  assunti  senza  nemmeno  la previa intesa, della Conferenza
unificata  di  cui  al  d.lgs.  n. 281/1997,  lungi dal rappresentare
«norme    generali    sull'istruzione»,    intervengono   con   norme
organizzative   in   violazione  delle  competenze  regionali  e  del
principio  di  leale collaborazione. E che l'intenzione sia questa e'
stato  reso  ancora  piu'  chiaro dall'art. 3 del d.l. 7 ottobre 2008
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 dello stesso giorno con il
quale,  dopo  il sesto comma dell'art. 64 di cui si discute, e' stato
inserito   un   comma   con  il  quale  si  impone  alle  regioni  il
«conseguimento   degli  obiettivi  di  razionalizzazione  della  rete
scolastica  previsti  dal presente comma, ... entro e non oltre il 30
novembre  di  ogni  anno» previa diffida del Presidente del Consiglio
dei  ministri  ad  adottare  «entro  quindici  giorni, tutti gli atti
amministrativi,  organizzativi  e  gestionali  idonei  a garantire il
conseguimento   degli   obiettivi  di  ridimensionamento  della  rete
scolastica»,  pena  la  nomina  di un commissario ad acta con oneri a
carico delle regioni e degli enti locali.
   In   relazione   a  questa  norma  ci  si  riserva  una  specifica
impugnativa  dinanzi codesta ecc.ma Corte non senza far rilevare come
l'utilizzo   in   termini   di   equivalenza   dei   concetti   quali
razionalizzazione e ridimensionamento, svela l'univo vero intento del
Governo  che  e'  quello  di  perseguire un risparmio a scapito della
qualita' dell'istruzione pubblica.
   Tra  l'altro  la  Regione  Piemonte  ha  gia'  assunto  la  d.G.R.
n. 25-9034  del  25  giugno  2008  di  approvazione  dei  criteri per
l'organica  revisione del piano di dimensionamento scolastico e, come
gia' statuito dalla Corte costituzionale con la decisione n. 34/2005,
«alla luce del fatto che gia' la normativa antecedente la riforma del
Titolo   V   prevedeva   la   competenza   regionale  in  materia  di
dimensionamento  delle istituzioni scolastiche, e quindi postulava la
competenza  sulla  programmazione  scolastica di cui all'art. 138 del
d.lgs.   n. 112/1998,   e'   da   escludersi   che   il   legislatore
costituzionale  del  2001  abbia  voluto  spogliare le regioni di una
funzione che era gia' ad esse conferita».
Sull'art. 58, violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione.
   L'art. 58 della legge 6 agosto 2008, n. 133, contiene disposizioni
inerenti la «ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare
di regioni, comuni ed altri enti locali» e cosi' dispone:
     1.  Per  procedere  al  riordino,  gestione e valorizzazione del
patrimonio  immobiliare  di  regioni,  province,  comuni e altri enti
locali,  ciascun  ente con delibera dell'organo di Governo individua,
redigendo   apposito   elenco,   sulla   base   e  nei  limiti  della
documentazione  esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli
beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali
all'esercizio  delle  proprie funzioni istituzionali, suscettibili di
valorizzazione  ovvero  di  dismissione. Viene cosi' redatto il piano
delle  alienazioni  e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio
di previsione.
     2.  L'inserimento  degli  immobili  nel  piano  ne  determina la
conseguente  classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone
espressamente  la  destinazione  urbanistica;  la  deliberazione  del
consiglio  comunale  di  approvazione  del  piano delle alienazioni e
valorizzazioni   costituisce   variante  allo  strumento  urbanistico
generale.  Tale variante, in quanto relativa a singoli immmobili, non
necessita   di  verifiche  di  conformita'  agli  eventuali  atti  di
pianificazione  sovraordinata  di  competenza  delle province e delle
regioni.  La  verifica  di  conformita'  e' comunque richiesta e deve
essere  effettuata entro il termine perentorio di trenta giorni dalla
data  di ricevimento della richiesta, nei casi di varianti relative a
terreni   classificati  come  agricoli  dallo  strumento  urbanistico
generale   vigente,   ovvero   nei  casi  che  comportano  variazioni
volumetriche  superiori  al  10  per  cento  dei  volumi previsti dal
medesimo strumento urbanistico vigente.
     3  .  Gli  elenchi  di cui al comma 1, da pubblicare mediante le
forme  previste per ciascuno di tali enti, hanno effetto dichiarativo
della  proprieta', in assenza di precedenti trascrizioni, e producono
gli  effetti  previsti  dall'art.  2644  del  codice  civile, nonche'
effetti sostitutivi dell'iscrizione del bene in catasto.
     4.   Gli  uffici  competenti  provvedono,  se  necessario,  alle
conseguenti attivita' di trascrizione, intavolazione e voltura.
     5. Contro l'iscrizione del bene negli elenchi di cui al comma 1,
e'   ammesso  ricorso  amministrativo  entro  sessanta  giorni  dalla
pubblicazione, fermi gli altri rimedi di legge.
     6.  La  procedura prevista dall'articolo 3-bis del decreto-legge
25  settembre  2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge
23  novembre 2001, n. 410, per la valorizzazione dei beni dello Stato
si  estende ai beni immobili inclusi negli elenchi di cui al comma 1.
In tal caso, la procedura prevista al comma 2 dell'articolo 3-bis del
citato  decreto-legge  n. 351 del 2001 si applica solo per i soggetti
diversi  dai  comuni e l'iniziativa rimessa all'ente proprietario dei
beni da valorizzare. I bandi previsti dal comma 5 dell'articolo 3-bis
del  citato  decreto-legge n. 351 del 2001 sono predisposti dall'Ente
proprietario dei beni da valorizzare.
     7. I soggetti di cui al comma 1 possono in ogni caso individuare
forme  di  valorizzazione  alternative,  nel rispetto dei principi di
salvaguardia   dell'interesse   pubblico  e  mediante  l'utilizzo  di
strumenti competitivi.
     8. Gli enti proprietari degli immobili inseriti negli elenchi di
cui  al  comma  1  possono  conferire  i  propri  beni immobili anche
residenziali  a  fondi  comuni  di  investimento  immobiliare  ovvero
promuoverne  la costituzione secondo le disposizioni degli articoli 4
e  seguenti  del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito,
con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.
     9.  Ai  conferimenti  di  cui al presente articolo, nonche' alle
dismissioni  degli  immobili inclusi negli elenchi di cui al comma 1,
si  applicano  le  disposizioni  dei  commi  18  e 19 dell'art. 3 del
decreto-legge    25   settembre   2001,   n. 351,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410».
   I   primi   due  commi,  in  particolare,  violano  la  competenza
legislativa  concorrente  delle  regioni  in  materia  di governo del
territorio di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost.
   Tali  disposizioni  consentono infatti ai comuni di operare scelte
di  pianificazione  in  materia urbanistica anche in contrasto con le
disposizioni contenute in Piani territoriali regionali e provinciali,
senza alcuna possibilita' reale di valutazione o opposizione da parte
della  regione.  E'  addirittura prevista la possibilita' di disporre
modifiche  agli  strumenti  urbanistici  nelle  zone  agricole  e per
volumetrie  praticamente illimitate in contrasto con la summenzionata
pianificazione.
   Possibilita' per nulla contemperata dalla «verifica di conformita'
di cui nell'ultimo periodo del secondo comma, in considerazione della
estrema genericita' di detta procedura, anche in relazione all'ente o
organo  eventualmente competente, ed all'estrema brevita' del termine
perentorio  di  trenta giorni, che sembrerebbe adombrare una sorta di
silenzio-assenso».
   Con   le  disposizioni  impugnate  il  legislatore  definisce  una
regolamentazione autoapplicativa che comprime la sfera costituzionale
di  autonomia  delle  regioni  e  viola  le  regole di riparto di cui
all'art. 117 Cost.
   Detta  disciplina contrasta anche con l'art. 118 Cost. giacche' la
norma  impugnata  attribuisce  direttamente  l'esercizio  di funzioni
amministrative  ai  comuni,  laddove  tali funzioni dovrebbero essere
conferite con legge regionale, trattandosi di disciplina di dettaglio
in   materia  riservata  alla  competenza  concorrente  (governo  del
territorio)  e  comunque  residuale  (edilizia  e  urbanistica) della
regione.