Sentenza
nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato - legge finanziaria 2003), come
modificato dall'art. 5-bis, comma 1, lettera e), del decreto-legge 24
dicembre 2002, n. 282 (Disposizioni urgenti in materia di adempimenti
comunitari  e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilita),
convertito,  con  modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 21
febbraio 2003, n. 27, promossi con ordinanze depositate il 10 ottobre
2006  dalla  Commissione tributaria provinciale di Frosinone ed il 24
agosto  2007  dalla Commissione tributaria provinciale di Cosenza nei
giudizi rispettivamente vertenti tra la S.p.A. DEA in amministrazione
straordinaria  e  l'Agenzia  delle  entrate,  ufficio  di  Frosinone,
nonche'  tra  la  S.r.l. Ciesse e l'Agenzia delle entrate, ufficio di
Cosenza,  iscritte al n. 120 ed al n. 124 del registro ordinanze 2008
e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 e n. 19,
1ª serie speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
   Udito  nella  Camera  di  consiglio dell'8 ottobre 2008 il giudice
relatore Franco Gallo.
                          Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un giudizio promosso da una societa' per azioni,
in   amministrazione   straordinaria,   avverso   alcuni   avvisi  di
accertamento   delle   imposte  sui  redditi,  dell'IRAP  e  dell'IVA
notificati  in data 10 ottobre 2005 e riguardanti i periodi d'imposta
dal 1998 al 2001, la Commissione tributaria provinciale di Frosinone,
con  ordinanza  depositata il 10 ottobre 2006 (r.o. n. 120 del 2008),
ha  sollevato  -  in  riferimento  agli  artt.  3, 24, 97 e 111 della
Costituzione  - questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 10
della  legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2003),  come  modificato  dall'art.  5-bis,  comma 1, lettera e), del
decreto-legge  24  dicembre  2002,  n. 282  (Disposizioni  urgenti in
materia  di  adempimenti  comunitari  e  fiscali, di riscossione e di
procedure  di  contabilita), convertito, con modificazioni, dall'art.
1,  comma  1, della legge 21 febbraio 2003, n. 27, nella parte in cui
proroga  di  due  anni  -  nei  confronti dei contribuenti che non si
avvalgono delle agevolazioni fiscali previste dagli articoli da 7 a 9
della  medesima  legge  n. 289  del  2002  -  i  termini di decadenza
previsti  dagli  artt.  43  del  d.P.R.  29 settembre 1973, n. 600 (e
successive modificazioni), e 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (e
successive  modificazioni),  per  la  notificazione  degli  avvisi di
accertamento  delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, e cio'
anche  nei  confronti dell'imprenditore sottoposto ad amministrazione
straordinaria  ai sensi del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270
(Nuova  disciplina  dell'amministrazione  straordinaria  delle grandi
imprese  in  stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della legge
30  luglio  1998,  n. 274),  allorche'  l'autorita' fiscale non abbia
provveduto  a  far inserire il proprio credito tributario nello stato
passivo della procedura.
   1.1. -  Il giudice rimettente premette, in punto di fatto, che: a)
la  societa'  ricorrente  ha  impugnato  gli  avvisi  di accertamento
deducendo che le erano stati notificati oltre il termine decadenziale
previsto  dall'art.  43  del  d.P.R.  n. 600  del  1973  (quarto anno
successivo  a quello in cui e' stata presentata la dichiarazione); b)
l'amministrazione  finanziaria,  benche'  avesse  ricevuto tempestiva
notificazione  della  sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza
della  predetta  societa',  non  aveva  insinuato  i suddetti crediti
tributari  nello stato passivo dell'amministrazione straordinaria; c)
la  societa'  non  si era avvalsa delle agevolazioni fiscali previste
dagli articoli da 7 a 9 della legge n. 289 del 2002.
   1.2.  -  Lo stesso giudice premette altresi', in punto di diritto,
che:  a)  la  norma  censurata  proroga  di due anni i termini per la
notificazione  degli avvisi di accertamento delle imposte sui redditi
e  sul  valore aggiunto esclusivamente nei confronti dei contribuenti
che,  pur potendo accedere alle suddette agevolazioni fiscali al fine
di   «estinguere   il   credito  certo  vantato  dall'Amministrazione
finanziaria»,  hanno  tuttavia  ritenuto  di  non  avvalersene; b) la
mancata  insinuazione  dei  crediti  tributari nello stato passivo e,
quindi,  il  mancato accertamento del credito erariale hanno impedito
al  commissario  straordinario  della  procedura  di  avvalersi delle
agevolazioni fiscali previste dalla legge n. 289 del 2002.
   1.3.  -  In ordine alla non manifesta infondatezza delle sollevate
questioni,  il  giudice  a  quo afferma che la disposizione censurata
viola:   a)  l'art.  3  Cost.,  perche'  comporta  una  irragionevole
disparita'  di  trattamento  «tra  chi  puo'  accedere  al meccanismo
"premiale"»  previsto  dalla  legge  n. 289 del 2002, avvalendosi del
"condono",  e  «chi,  invece,  [...]  subisce  soltanto il meccanismo
"punitivo"  della  proroga dei termini per l'accertamento»; b) l'art.
24  Cost.,  perche', avendo omesso di indicare «che, i termini di cui
all'art. 43 del DPR 600/73, non sono prorogati per i contribuenti che
non  possono  accedere  al  beneficio del condono», assoggetta «ad un
termine   indefinito   il   cittadino  alla  azione  di  accertamento
dell'Amministrazione  finanziaria»;  c)  l'art.  97  Cost.,  perche',
escludendo «quella minima attivita' di riscontro volta ad individuare
la    possibilita'   di   un   soggetto   giuridico   sottoposto   ad
amministrazione   straordinaria  di  accedere  al  condono»,  lede  i
principi   di   efficienza   e   di  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione,  nonche'  il  dovere  di  leale  collaborazione  nei
confronti degli amministrati; d) l'art. 111 Cost.
   2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque
infondate.
   La  difesa  erariale osserva che: a) le questioni sono irrilevanti
con riferimento agli anni 2000 e 2001, perche' la notificazione degli
avvisi  di accertamento per tali anni (effettuata il 10 ottobre 2005)
e' avvenuta entro il termine di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 600 del
1973,   senza  l'applicazione  della  proroga  disposta  dalla  norma
denunciata;  b)  il  commissario  straordinario  della  procedura  di
amministrazione  straordinaria  avrebbe  ben  potuto  avvalersi delle
agevolazioni  fiscali  previste  dalla  legge n. 289 del 2002 (previa
acquisizione del parere del comitato di sorveglianza) - come chiarito
dal   punto   2.1.3.   della   circolare  21  febbraio  2003,  n. 12,
dell'Agenzia   delle   entrate   -,  indipendentemente  dalla  previa
inserzione del credito tributario nello stato passivo.
   3.  -  Nel  corso  di  un  giudizio  promosso  da  una  societa' a
responsabilita'   limitata   avverso   un   avviso   di  accertamento
dell'IRPEG, dell'IRAP e dell'IVA notificato in data 27 dicembre 2005,
conseguito  ad  un  processo  verbale  di constatazione redatto dalla
Guardia  di  finanza  in  data  1°  ottobre 2002 e riguardante l'anno
d'imposta 1998, la Commissione tributaria provinciale di Cosenza, con
ordinanza  depositata  il  24  agosto 2007 (r.o. n. 124 del 2008), ha
sollevato - in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost. - questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge n. 289 del 2002,
come   modificato   dall'art.   5-bis,   comma  1,  lettera  e),  del
decreto-legge   n. 282   del  2002,  convertito,  con  modificazioni,
dall'art.  1, comma 1, della legge n. 27 del 2003, nella parte in cui
proroga  di  due  anni  -  nei  confronti dei contribuenti che non si
avvalgono delle agevolazioni fiscali previste dagli articoli da 7 a 9
della  medesima  legge  n. 289  del  2002  -  i  termini di decadenza
previsti  dagli  artt.  43  del  d.P.R. n. 600 del 1973 (e successive
modificazioni),  e  57  del  d.P.R.  n. 633  del  1972  (e successive
modificazioni),  per  la  notificazione  degli avvisi di accertamento
delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
   3.1.  -  Il giudice rimettente premette, in punto di fatto, che la
societa'  ricorrente  ha impugnato l'avviso di accertamento deducendo
che  le  era  stato notificato oltre il termine decadenziale previsto
dall'art.  43  del  d.P.R.  n. 600 del 1973 (quarto anno successivo a
quello  in  cui e' stata presentata la dichiarazione); b) la societa'
non si era avvalsa delle agevolazioni fiscali previste dagli articoli
da 7 a 9 della legge n. 289 del 2002.
   3.2.  -  In ordine alla non manifesta infondatezza delle sollevate
questioni,  il  giudice a quo afferma che la disposizione censurata -
oltre  a porsi in contrasto sia con il divieto di proroga dei termini
di  prescrizione  e  di  decadenza  per  gli  accertamenti  d'imposta
stabilito   dall'art.   3   della   legge   27  luglio  2000,  n. 212
(Disposizioni  in  materia  di statuto dei diritti del contribuente),
sia  con i principi di affidamento, di certezza nei rapporti e di non
discriminazione  garantiti dalle norme comunitarie - viola: a) l'art.
3  Cost., perche' irragionevolmente penalizza il contribuente che non
presenti  istanza  di  definizione  agevolata,  prorogando  nei  suoi
confronti  i  termini  per  la  notificazione dell'accertamento delle
imposte riguardanti non solo l'«anno di imposta in scadenza alla data
di  entrata  in  vigore  della  legge  289/2002, come e' avvenuto con
l'art.  32,  sesto  comma,  della  legge 516/1982, bensi' cinque anni
d'imposta»;  b)  l'art.  24  Cost.;  c)  l'art. 97 Cost., perche', in
contrasto  con  i principi di buon andamento e di imparzialita' della
pubblica  amministrazione,  favorisce l'amministrazione finanziaria e
danneggia  il  contribuente, il quale, per i motivi piu' vari, non si
sia  avvalso  delle  suddette  agevolazioni  fiscali.  Il  rimettente
aggiunge  che  la  Corte  costituzionale,  con la sentenza n. 280 del
2005,  ha  ricordato  che  il contribuente non puo' essere sottoposto
sine  die alla volonta' dell'Erario e che, con le sentenze n. 175 del
1986  e  n. 85 del 1965, ha dichiarato «incostituzionali norme che si
ponevano al di fuori del principio della ragionevolezza».
   4.  -  Anche  in  questo giudizio e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che le questioni siano dichiarate
inammissibili o comunque infondate.
   La  difesa  erariale  deduce  che le questioni sono inammissibili,
perche':  a)  la  dedotta  violazione  dell'art. 24 Cost. e' priva di
motivazione; b) il giudice rimettente ammette la ragionevolezza della
proroga  dei  termini  di accertamento delle imposte relative al solo
«anno  di  imposta  in  scadenza alla data di entrata in vigore della
legge  289/2002»,  cioe'  all'anno  2003 (essendo la legge entrata in
vigore  il  1°  gennaio  2003),  ma  non  considera che «in tale anno
scadevano  le  sole dichiarazioni presentate nel 1998 per il 1997, in
quanto  a  norma dell'art. 43 del d.P.R. n. 600/73 e dell'art. 57 del
D.P.R.  n. 633/72  il  termine  per  gli  accertamenti  scadeva il 31
dicembre  del  5°  anno successivo per le imposte dirette (ridotto al
quarto  anno solo per le dichiarazioni successive al 1° gennaio 1999)
e il 31 dicembre del 4° anno per l'IVA».
   Nel  merito,  la medesima difesa erariale afferma che le questioni
non  sono fondate, perche': a) la proroga dei termini di accertamento
disposta  dalla censurata disposizione si e' resa necessaria a tutela
dell'efficacia   dell'azione  amministrativa,  in  conseguenza  della
possibilita'  offerta  ai  contribuenti  di avvalersi del condono nel
periodo  compreso  tra  il  1° gennaio 2003 ed il 20 aprile 2004, con
correlativo   rallentamento   di   fatto,   nello   stesso   periodo,
dell'attivita'  di accertamento; b) la denunciata proroga dei termini
dell'accertamento  e'  diretta,  altresi', ad ovviare all'aggravio di
lavoro      derivante,     per     l'Amministrazione     finanziaria,
dall'applicazione   delle   suddette  agevolazioni  e,  pertanto,  si
giustifica     in     ragione     della     tutela     dell'interesse
dell'Amministrazione   finanziaria   al   regolare   accertamento   e
riscossione  delle  imposte, che trova una precisa garanzia nell'art.
53  Cost.,  secondo  cui  tutti  sono  tenuti a concorrere alle spese
pubbliche  (l'Avvocatura  generale dello Stato richiama, al riguardo,
la  decisione della Corte costituzionale n. 375 del 2002, riguardante
l'analoga  proroga  dei termini per l'accertamento disposta dall'art.
57,  comma  2,  della  legge  30  dicembre  1991,  n. 413); c) non e'
pertinente  il  richiamo,  da  parte  del  giudice  rimettente, della
sentenza  della Corte costituzionale n. 280 del 2005, con la quale e'
stata  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale di una norma che,
diversamente  da  quella denunciata dal medesimo rimettente, aveva di
fatto  eliminato  il  termine  per la notificazione della cartella di
pagamento.
                       Considerato in diritto
   1.  -  In due distinti giudizi - aventi ad oggetto l'impugnazione,
rispettivamente,  di:  a) alcuni avvisi di accertamento delle imposte
sui redditi, dell'IRAP e dell'IVA, notificati in data 10 ottobre 2005
e  riguardanti  i periodi d'imposta dal 1998 al 2001; b) un avviso di
accertamento  dell'IRPEG,  dell'IRAP e dell'IVA notificato in data 27
dicembre  2005,  conseguito  ad  un processo verbale di constatazione
redatto   dalla  Guardia  di  finanza  in  data  1°  ottobre  2002  e
riguardante   l'anno  d'imposta  1998  -  le  Commissioni  tributarie
provinciali  di  Frosinone  (r.o. n. 120 del 2008) e di Cosenza (r.o.
n. 124 del 2008) hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97
della   Costituzione   e,   quanto  alla  Commissione  tributaria  di
Frosinone,  anche  all'art.  111  Cost.,  questioni  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  10  della  legge  27 dicembre 2002, n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  - legge finanziaria 2003), come modificato (con effetto
dal  23  febbraio  2003)  dall'art.  5-bis,  comma 1, lettera e), del
decreto-legge  24  dicembre  2002,  n. 282  (Disposizioni  urgenti in
materia  di  adempimenti  comunitari  e  fiscali, di riscossione e di
procedure  di  contabilita), convertito, con modificazioni, dall'art.
1,  comma  1,  della legge 21 febbraio 2003, n. 27. In particolare, i
giudici  rimettenti  censurano  detta disposizione nella parte in cui
proroga  di  due  anni,  nei  confronti  dei  contribuenti che non si
avvalgono delle agevolazioni fiscali previste dagli articoli da 7 a 9
della medesima legge n. 289 del 2002, i termini di decadenza previsti
dagli  artt.  43  del  d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (e successive
modificazioni), e 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (e successive
modificazioni),  per  la  notificazione  degli avvisi di accertamento
delle  imposte  sui  redditi  e  sul  valore aggiunto (ordinanza r.o.
n. 124  del 2008), nonche' nella parte in cui rende applicabile detta
proroga  all'imprenditore sottoposto ad amministrazione straordinaria
ai  sensi  del  decreto  legislativo  8  luglio  1999,  n. 270 (Nuova
disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in
stato  di  insolvenza,  a norma dell'articolo 1 della legge 30 luglio
1998,  n. 274),  anche  nel caso in cui l'autorita' fiscale non abbia
provveduto  a  far inserire il proprio credito tributario nello stato
passivo della procedura (ordinanza r.o. n. 120 del 2008).
   2.  - L'identita' della disposizione denunciata e l'analogia delle
censure  prospettate  dai  giudici  a  quibus  impone la riunione dei
giudizi   di   legittimita'   costituzionale,  al  fine  di  decidere
congiuntamente le sollevate questioni.
   3. - I rimettenti affermano che la disposizione denunciata - nello
stabilire la proroga di due anni dei termini per l'accertamento delle
imposte  sui  redditi  e dell'IVA per i contribuenti che non si siano
avvalsi  delle  agevolazioni fiscali di cui agli artt. da 7 a 9 della
legge  n. 289  del  2002  -  viola  l'art.  3  Cost.,  perche': a) in
violazione  del  principio di uguaglianza, comporta una irragionevole
disparita'  di  trattamento  «tra  chi  puo'  accedere  al meccanismo
"premiale"»  previsto  dalla  legge  n. 289 del 2002, avvalendosi del
"condono",  e  «chi,  invece,  [...]  subisce  soltanto il meccanismo
"punitivo"  della  proroga dei termini per l'accertamento» (ordinanza
r.o.   n. 120   del   2008);   b)  in  violazione  del  principio  di
ragionevolezza,  penalizza  irragionevolmente il contribuente che non
presenti  istanza  di  definizione  agevolata,  prorogando  nei  suoi
confronti  i  termini  per  la  notificazione dell'accertamento delle
imposte riguardanti non solo l'«anno di imposta in scadenza alla data
di  entrata  in  vigore  della  legge  289/2002, come e' avvenuto con
l'art.  32,  sesto  comma,  della  legge 516/1982, bensi' cinque anni
d'imposta» (ordinanza r.o. n. 124 del 2008).
   Entrambi   i   rimettenti   denunciano,  altresi',  la  violazione
dell'art.  24  Cost.  E  cio',  secondo  quanto  precisato nella sola
ordinanza  r.o.  n. 120  del  2008, perche' la suddetta disposizione,
omettendo  di  indicare  «che,  i  termini di cui all'art. 43 del dPR
600/73,  non  sono  prorogati  per  i  contribuenti  che  non possono
accedere  al  beneficio  del  condono»,  assoggetta  «ad  un  termine
indefinito    il    cittadino    alla    azione    di    accertamento
dell'Amministrazione finanziaria».
   Inoltre,   i  giudici  a  quibus  affermano  che  la  disposizione
censurata,  in  violazione  dell'art.  97  Cost.,  lede i principi di
efficienza  e  di  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,
nonche'  il  dovere  di  leale  collaborazione  nei  confronti  degli
amministrati,  perche'  esclude «quella minima attivita' di riscontro
volta  ad  individuare  la  possibilita'  di  un  soggetto  giuridico
sottoposto  ad  amministrazione straordinaria di accedere al condono»
(ordinanza   r.o.   n. 120   del  2008);  ovvero,  perche'  favorisce
l'Amministrazione  finanziaria  e danneggia il contribuente il quale,
per   i   motivi  piu'  vari,  non  si  sia  avvalso  delle  suddette
agevolazioni fiscali (ordinanza r.o. n. 124 del 2008).
   La  Commissione  tributaria  provinciale  di  Frosinone (ordinanza
n. 120   del   2008)  denuncia  anche  il  contrasto  della  suddetta
disposizione  con  l'art.  111  Cost.,  senza  pero'  addurre  alcuna
argomentazione a sostegno.
   Va  infine  rilevato  che, nell'ordinanza emessa dalla Commissione
tributaria  provinciale di Cosenza (r.o. n. 124 del 2008), si accenna
anche  al  contrasto dell'art. 10 della legge n. 289 del 2002: a) con
il  principio  generale  dell'ordinamento  tributario  costituito dal
divieto  di  proroga - mediante leggi speciali o norme non espresse -
dei   termini  di  decadenza  e  prescrizione  per  gli  accertamenti
d'imposta,  stabilito  dagli  artt. 1 e 3 della legge 27 luglio 2000,
n. 212   (Disposizioni   in   materia  di  statuto  dei  diritti  del
contribuente);  b)  con  i  principi  di affidamento, di certezza nei
rapporti  e di non discriminazione menzionati in non meglio precisate
«norme  Comunitarie».  Tuttavia,  l'accenno a tali contrasti e' fatto
dal  rimettente  solo  ad abundantiam, per colorare le argomentazioni
svolte  a  sostegno  delle  sollevate  censure  e  non  si traduce in
ulteriori  questioni  di illegittimita' costituzionale per violazione
del   cosiddetto   statuto   del   contribuente   e  della  normativa
comunitaria,  perche -  come risulta chiaramente dalla parte motiva e
dal   dispositivo   dell'ordinanza   -   i   parametri  evocati  sono
esclusivamente  gli  artt. 3, 24, 97 Cost. e viene chiesto alla Corte
di costituzionale di pronunciarsi sulla violazione di essi soltanto.
   4.   -   La   difesa   erariale  eccepisce,  in  via  preliminare,
l'inammissibilita' di alcune delle questioni sollevate.
   4.1. - In primo luogo, l'Avvocatura generale dello Stato eccepisce
il  difetto  di motivazione della questione posta dall'ordinanza r.o.
n. 124 del 2008 con riferimento all'art. 24 Cost.
   L'eccezione e' fondata.
   Il  giudice  rimettente,  infatti,  con  riferimento  al  suddetto
parametro costituzionale, non ha articolato alcuna censura, essendosi
limitato    ad    affermare,    senza   motivarla,   l'illegittimita'
costituzionale  della  disposizione censurata. Cio' comporta, in base
alla   costante   giurisprudenza   di   questa  Corte,  la  manifesta
inammissibilita'  della  questione  (ex plurimis: ordinanze n. 72 del
2007; n. 414 e n. 311 del 2005).
   4.2.  -  Per i medesimi motivi e' inammissibile anche la questione
posta  dall'ordinanza  r.o.  n. 120 del 2008 con riferimento all'art.
111 Cost., essendo tale questione del tutto priva di argomentazione.
   4.3.  - In secondo luogo, la difesa erariale, quanto all'ordinanza
r.o.  n. 120  del  2008, eccepisce la manifesta inammissibilita', per
difetto  di rilevanza, delle questioni concernenti gli anni d'imposta
2000 e 2001, con riferimento a tutti i parametri evocati.
   L'eccezione  e'  fondata, perche' la notificazione degli avvisi di
accertamento relativi a tali anni e' stata tempestivamente effettuata
in data 10 ottobre 2005, cioe' entro l'originario termine di cui agli
artt.  43  del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972
(quarto  anno  successivo  a  quello  in  cui  e' stata presentata la
dichiarazione)  e  non  nel  termine  prorogato  previsto dalla norma
denunciata.  Ne  consegue  che  il  giudice  rimettente non deve fare
applicazione,  in  riferimento  agli  anni  d'imposta suddetti, della
norma censurata e, pertanto, la questione e' irrilevante.
   4.4.  - In terzo luogo, la difesa erariale eccepisce, con riguardo
al giudizio r.o. n. 124 del 2008, la manifesta inammissibilita' della
questione sollevata in riferimento all'art. 3 Cost.
   Secondo  l'Avvocatura  generale dello Stato, tale inammissibilita'
deriverebbe   dal  fatto  che  il  giudice  rimettente  riconosce  la
ragionevolezza  della  proroga  dei  termini  di  accertamento  delle
imposte  relative  al  solo «anno di imposta in scadenza alla data di
entrata  in vigore della legge 289/2002» (e cioe' al 2003, essendo la
legge entrata in vigore il 1° gennaio 2003), ma non considera che «in
tale  anno scadevano le sole dichiarazioni presentate nel 1998 per il
1997, in quanto a norma dell'art. 43 del d.P.R. n. 600/73 e dell'art.
57 del d.P.R. n. 633/72 il termine per gli accertamenti scadeva il 31
dicembre  del  5°  anno successivo per le imposte dirette (ridotto al
quarto  anno solo per le dichiarazioni successive al 1° gennaio 1999)
e il 31 dicembre del 4° anno per l'IVA».
   Anche tale eccezione e' fondata.
   Il  giudice  a  quo  afferma  che il censurato art. 10 della legge
n. 289 del 2002 e' «irragionevole perche' la norma non si e' limitata
a  prorogare  l'ultimo  anno  in scadenza [rectius: "i termini per la
notificazione   dell'accertamento  aventi  scadenza"]  alla  data  di
entrata  in  vigore  della legge 289/2002 [scilicet: nell'anno 2003],
come  e'  avvenuto  con l'art. 32, sesto comma, della legge 516/1982,
bensi'   cinque   anni   d'imposta   [rectius:   "i  termini  per  la
notificazione  dell'accertamento relativo a cinque anni d'imposta"]».
Il    rimettente,   pertanto,   denuncia   l'irragionevolezza   della
disposizione  solo  in  quanto  quest'ultima proroga i termini per la
notificazione  dell'accertamento  che non scadono nel 2003. Tuttavia,
nella  specie,  il  giudizio  a  quo  ha  ad  oggetto  un  avviso  di
accertamento  dell'IRPEG,  dell'IRAP e dell'IVA notificato in data 27
dicembre 2005 e riguardante l'anno d'imposta 1998, con termine per la
notificazione  dell'accertamento avente originariamente scadenza - ai
sensi  dei citati artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57 del d.P.R.
n. 633  del  1972 - proprio nel 2003 (anno di entrata in vigore della
disposizione  censurata),  cioe'  nel quarto anno successivo a quello
(1999)  in  cui  e'  stata  presentata  la  dichiarazione.  Pertanto,
l'irragionevolezza  dedotta  dalla Commissione tributaria provinciale
di  Cosenza  non  rileva  nel giudizio a quo, perche' prospettata con
esclusivo  riferimento  ad  anni di imposta diversi da quello oggetto
dell'impugnazione del contribuente.
   La questione e', di conseguenza, manifestamente inammissibile.
   5.   -  Nel  merito,  la  Commissione  tributaria  provinciale  di
Frosinone  (ordinanza  r.o.  n. 120  del  2008)  afferma che la norma
denunciata,  nel  disporre  la  proroga  dei termini decadenziali per
l'accertamento  nei  confronti  dei contribuenti che non si avvalgono
delle  agevolazioni  previste  dagli  articoli  da  7 a 9 della legge
n. 289  del 2002, viola l'art. 3 Cost., nella parte in cui si applica
«ad un soggetto giuridico sottoposto ad Amministrazione Straordinaria
ex  d.lgs.  270/99 nel caso in cui l'autorita' fiscale non abbia gia'
provveduto  ad iscrivere il proprio credito nello stato passivo della
procedura».    Detta   disposizione   comporterebbe,   infatti,   una
irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra  chi, avvalendosi del
"condono",  «puo'  accedere  al meccanismo "premiale"» previsto dalla
legge  n. 289  del  2002  e  chi invece, non potendovi aderire per il
fatto  del  terzo - cioe' dell'amministrazione finanziaria che non ha
insinuato  il  proprio  credito  tributario nello stato passivo della
procedura -, «subisce soltanto il meccanismo "punitivo" della proroga
dei  termini  per  l'accertamento».  In  altri termini, il rimettente
denuncia  l'irragionevolezza  della previsione di un'identica proroga
dei  termini  decadenziali  riguardo  a  situazioni  da  lui reputate
diverse:  da  un  lato, la situazione di chi sceglie di non avvalersi
del  condono,  potendosene avvalere, e, dall'altro, quella di chi non
si  avvale  del  condono,  non  avendo  la  possibilita' giuridica di
avvalersene.
   La  questione  sollevata  si  basa  su  due  distinti  presupposti
interpretativi:   a)  che  la  denunciata  proroga  dei  termini  per
l'accertamento  ha  carattere punitivo nei confronti del contribuente
che  sceglie  di  non avvalersi del condono, potendosene avvalere; b)
che  il  contribuente sottoposto ad amministrazione straordinaria non
puo'  accedere,  anche  volendolo,  al  condono  se l'amministrazione
finanziaria  non  ha  provveduto  ad  insinuare  il  proprio  credito
tributario nello stato passivo della procedura.
   La  questione  non  e'  fondata,  per  l'erroneita'  di entrambi i
presupposti interpretativi da cui muove il rimettente.
   5.1.  -  Riguardo  al  primo  presupposto, si deve rilevare che la
proroga  disposta  dalla  norma  censurata  ha  la  finalita'  non di
"punire" chi abbia scelto di non avvalersi del condono, ma di ovviare
al sensibile aggravio di lavoro e ai relativi rischi di disservizio e
di  mancato  rispetto  degli  ordinari  termini  di prescrizione e di
decadenza  della  pretesa  fiscale, che prevedibilmente derivano agli
uffici  finanziari  dalla  necessita'  di  eseguire  le operazioni di
verifica  conseguenti  alla  presentazione delle richieste di condono
dei contribuenti.
   Tale   proroga  e',  dunque,  diretta  a  tutelare  il  preminente
interesse dell'amministrazione finanziaria al regolare accertamento e
riscossione  delle  imposte nei confronti del contribuente che non si
avvalga  dell'agevolazione,  indipendentemente  dalla circostanza che
quest'ultimo  non si sia avvalso, per qualche ragione (giuridica o di
fatto), dell'agevolazione medesima.
   In  tal  senso,  si  e' gia' espressa questa Corte con la sentenza
n. 375  del 2002, in riferimento ad una disposizione analoga a quella
oggetto del presente giudizio.
   5.2.   -   Riguardo  al  secondo  presupposto  interpretativo,  va
osservato  che,  contrariamente  a quanto ritenuto dal rimettente, la
legge  n. 289  del  2002 e la correlativa prassi attuativa (circolare
dell'Agenzia   delle  entrate  n. 12/E  del  21  febbraio  2003)  non
escludono che il commissario dell'amministrazione straordinaria delle
grandi   imprese   in  stato  di  insolvenza  possa  avvalersi  delle
disposizioni agevolative sopra citate, previa acquisizione del parere
del  comitato  di  sorveglianza e con l'autorizzazione dell'autorita'
amministrativa   che   vigila   sulla   liquidazione.  Il  fatto  che
l'amministrazione  finanziaria  non  abbia provveduto ad insinuare il
proprio  credito  tributario  nello stato passivo della procedura non
costituisce, pertanto, un ostacolo a che l'imprenditore sottoposto ad
amministrazione  straordinaria  ai  sensi  del d.lgs. n. 270 del 1999
possa aderire al condono.
   5.3.  -  Ne'  a tale conclusione puo' opporsi, come fa il medesimo
rimettente,  che,  con  la  disciplina  censurata,  il legislatore ha
previsto «termini di scadenza [...], sostanzialmente, indefiniti, per
la notifica dell'avviso di accertamento», con cio' violando l'evocato
art.  3  Cost. Infatti, contrariamente all'assunto del giudice a quo,
il censurato art. 10 della legge n. 289 del 2002 ha eccezionalmente e
transitoriamente disposto una proroga definita nel tempo (un biennio)
dei   termini   previsti  per  la  notificazione  degli  accertamenti
tributari  relativi  ad alcuni anni d'imposta. L'eccezionalita' della
situazione  in cui si vengono a trovare gli uffici per l'applicazione
delle  agevolazioni  fiscali  di  cui agli artt. da 7 a 9 della legge
n. 289  del  2000 e la precisa determinazione temporale della proroga
giustificano,  percio',  una  transitoria  disciplina  dei termini di
notificazione degli accertamenti tributari, che ben puo' divergere da
quella  a regime (per tale principio, ex plurimis: sentenze n. 11 del
2008;  n. 21  del  2005, n. 413 del 2002 e n. 217 del 1998; ordinanze
n. 66 del 1994 e n. 131 del 1988).
   6.  -  Entrambi  i  rimettenti denunciano, altresi', la violazione
dell'art.  97 Cost., affermando che la disposizione censurata si pone
in  contrasto:  a)  con  i principi di efficienza e di buon andamento
della  pubblica  amministrazione,  nonche'  con  il  «dovere di leale
collaborazione  nei  confronti  degli  amministrati», perche' esclude
«quella  minima  attivita'  di  riscontro  volta  ad  individuare  la
possibilita'  di  un soggetto giuridico sottoposto ad amministrazione
straordinaria  di  accedere  al  condono»  (ordinanza r.o. n. 120 del
2008);  b)  con i principi di buon andamento e di imparzialita' della
pubblica   amministrazione,   perche'   favorisce   l'amministrazione
finanziaria  e  danneggia il contribuente il quale, per i motivi piu'
vari,   non  si  sia  avvalso  delle  suddette  agevolazioni  fiscali
(ordinanza r.o. n. 124 del 2008).
   Nessuno di tali rilievi puo' essere accolto.
   Come  gia'  osservato,  la ratio delle proroghe dei termini per la
notifica  degli  avvisi di accertamento e' quella di porre gli uffici
finanziari  in  condizione  di  far  fronte all'oggettivo aggravio di
lavoro  determinato  dall'applicazione  delle agevolazioni fiscali di
cui  agli  artt. da 7 a 9 della legge n. 289 del 2002 ed e', percio',
ispirata  proprio a quei valori costituzionali, presupposti dall'art.
97  Cost.,  che  i  rimettenti  erroneamente  affermano  essere stati
violati  dal  legislatore.  Infatti, la suddetta proroga: a) mette la
pubblica  amministrazione  in  grado  di far valere, nei confronti di
tutti  contribuenti  ed  in condizioni di uguaglianza, le pretese del
fisco  e  non comporta, quindi, alcuna lesione dell'evocato principio
di  imparzialita';  b) trova la propria giustificazione nell'esigenza
di  evitare  i  disservizi conseguenti all'aggravio di lavoro imposto
dall'applicazione  del  condono  e,  pertanto, non viola il principio
dell'efficienza della pubblica amministrazione.
   7.  -  La Commissione tributaria provinciale di Frosinone afferma,
altresi',  che  la disposizione censurata, in violazione dell'art. 24
Cost.,  lede il diritto di difesa del contribuente, perche' proroga i
termini  per  la notificazione dell'accertamento previsti dagli artt.
43  del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, anche
«per i contribuenti che non possono accedere al beneficio del condono
e,  quindi»,  assoggetta  «ad un termine indefinito il cittadino alla
azione  di  accertamento dell'Amministrazione Finanziaria» (ordinanza
r.o. n. 120 del 2008).
   La  censura  non  e'  fondata  per  le stesse ragioni indicate con
riguardo  alla  dedotta  violazione  degli  artt.  3  e  97  Cost. Va
ribadito,  in  particolare,  che la disposizione denunciata fissa una
proroga  limitata  ad  un biennio e, percio', non puo' mai comportare
l'assoggettamento  del contribuente all'azione di accertamento per un
tempo indefinito.