Sentenza
nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia 2 ottobre 2007, n. 24 (Attuazione dell'articolo
24,  paragrafo  6,  dell'Accordo relativo agli aspetti dei diritti di
proprieta'   intellettuale  attinenti  al  commercio-Accordo  TRIPs),
promosso  con  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
notificato  il  7  dicembre  2007,  depositato  in  cancelleria il 17
dicembre 2007 ed iscritto al n. 49 del registro ricorsi 2007.
   Visto l'atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
   Udito nell'udienza pubblica del 7 ottobre 2008 il giudice relatore
Giuseppe Tesauro;
   Uditi  l'avvocato  dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente
del   Consiglio   dei  ministri  e  gli  avvocati  Fausto  Capelli  e
Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.
                          Ritenuto in fatto
   1. -  Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale dello Stato, con ricorso notificato
il 7 dicembre 2007, depositato il successivo 17 dicembre, ha promosso
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1 della legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 2 ottobre 2007, n. 24 (Attuazione
dell'articolo 24, paragrafo 6, dell'Accordo relativo agli aspetti dei
diritti  di  proprieta'  intellettuale attinenti al commercio-Accordo
TRIPs),  in  riferimento  agli  artt.  11,  117,  primo  comma, della
Costituzione, ed agli artt. 117, commi secondo, lettera r), e quinto,
della  Costituzione  ed  all'«art.  4,  commi  1  e  2»,  della legge
costituzionale  31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia).
   La  norma  impugnata  stabilisce:  «Ai sensi dell'art. 117, quinto
comma,  della  Costituzione, in attuazione dell'art. 24, paragrafo 6,
dell'Accordo   relativo   agli  aspetti  dei  diritti  di  proprieta'
intellettuale  attinenti  al commercio (Accordo TRIPs), ratificato in
Italia  con  legge  29 dicembre 1994, n. 747, la denominazione "Tocai
Friulano",   patrimonio  della  vitivinicoltura  regionale  ormai  da
secoli,   puo'   continuare   ad  essere  utilizzata  dai  produttori
vitivinicoli  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia, anche dopo il 31
marzo  2007,  per  designare il vino, derivante dall'omonimo vitigno,
che viene commercializzato all'interno del territorio italiano».
   2. -  La difesa erariale premette che i regolamenti (CE) 29 aprile
2002,  n. 753/2002  (Regolamento  della  Commissione che fissa talune
modalita'  di  applicazione  del  regolamento  (CE)  n. 1493/1999 del
Consiglio  per  quanto riguarda la designazione, la denominazione, la
presentazione  e  la  protezione di taluni prodotti vitivinicoli) e 9
agosto  2004,  n. 1429/2004  (Regolamento  della  Commissione recante
modifica  del regolamento (CE) n. 753/2002 che fissa talune modalita'
di  applicazione  del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per
quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e
la  protezione di taluni prodotti vitivinicoli) hanno stabilito che i
produttori  vitivinicoli italiani possono utilizzare la denominazione
«Tocai  Friulano»  sino al 31 marzo 2007, confermando la prescrizione
contenuta  in tal senso nella Decisione del Consiglio del 23 novembre
1993,   n. 93/724/CE   (Decisione   del   Consiglio   concernente  la
conclusione  di  un  accordo tra la Comunita' europea e la Repubblica
d'Ungheria  sulla tutela e il controllo reciproci delle denominazioni
dei  vini)  (di  seguito, Accordo del 1993), allo scopo di evitare di
ingenerare nei consumatori confusione con la denominazione di origine
ungherese «Tokaj».
   Il  ricorrente  dubita  della  compatibilita'  della  disposizione
impugnata   con   le   citate   norme   comunitarie,   esponendo  che
l'utilizzabilita'  della suindicata denominazione entro detti limiti,
sostanzialmente,  era stata stabilita anche dal decreto del Ministero
delle politiche agricole alimentari e forestali del 26 settembre 2002
(Condizioni nazionali per l'utilizzo, in deroga al disposto dell'art.
19,  paragrafo  1,  lettera  c, del regolamento (CE) n. 753/2002, dei
nomi   di   varieta'   di  vite  o  dei  loro  sinonimi  comprendenti
un'indicazione  geografica,  elencati  nell'allegato  II  del  citato
regolamento, che possono figurare nell'etichettatura dei VQPRD e vini
IGT italiani).
   L'Avvocatura  generale  dello  Stato  da'  conto  di  una serie di
giudizi  promossi  innanzi  al  Tar  del  Lazio, aventi ad oggetto la
legittimita'   di  decreti  concernenti  la  denominazione  del  vino
prodotto  con  il  vitigno  Tocai,  nel  corso  dei  quali sono stati
disposti rinvii pregiudiziali alla Corte di giustizia della Comunita'
europea,  nonche'  di  giudizi  promossi,  tra l'altro, dalla Regione
Friuli-Venezia  Giulia e dal Governo italiano davanti al Tribunale di
primo   grado   delle  Comunita'  europee,  allo  scopo  di  ottenere
l'annullamento del regolamento (CE) 9 agosto 2004, n. 1429/2004.
   La  Corte  di giustizia, con sentenza 12 maggio 2005, C-347/03, ha
ritenuto  che  l'art.  113  del  Trattato  CE costituisce idonea base
giuridica del citato accordo tra la Comunita' europea e la Repubblica
d'Ungheria,  escludendo  la  fondatezza  dei dubbi prospettati, sotto
molteplici  profili,  in sede di rinvio pregiudiziale, in ordine alla
legittimita'  del  divieto  di  utilizzazione  della denominazione in
esame da parte dei produttori italiani.
   Il  Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, con
decreto del 28 luglio 2006 (Modificazioni al registro nazionale delle
varieta'  di  vite),  in  vista della scadenza della deroga per l'uso
della  denominazione «Tocai Friulano», ha iscritto nel registro delle
varieta'  di  viti il sinonimo «Friulano», su richiesta della Regione
Friuli-Venezia Giulia.
   Il  decreto e' stato impugnato da alcuni produttori innanzi al Tar
del  Lazio  che,  con  ordinanze  del 4 dicembre 2006, n. 6622/2006 e
n. 6624/2006,  ha  sospeso l'efficacia del decreto, disponendo rinvio
pregiudiziale  alla Corte di giustizia delle Comunita' europee (Cause
riunite C-23/07 e C-24/07).
   Il  Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, con
istanza  del 18 dicembre 2006, ha chiesto alla Commissione europea la
proroga del citato termine del 31 marzo 2007, fino alla decisione del
rinvio  pregiudiziale  disposto  dal  Tar  del  Lazio  (cause riunite
C-23/07  e  C-24/07)  e  dei  ricorsi  proposti al Tribunale di primo
grado.
   La  Commissione  europea,  in data 19 dicembre 2006, ha presentato
relazione  al Consiglio nell'ambito del Comitato speciale agricoltura
del  22  gennaio 2007, con la quale, benche' abbia tenuto conto delle
cause  pendenti  innanzi  alla  Corte  di  giustizia,  ha manifestato
l'intenzione  di  assicurare la protezione esclusiva alla indicazione
geografica  ungherese «Tokaj»; con la nota 16 febbraio 2007, n. 4568,
ha  confermato dette conclusioni, vietando l'uso del nome del vitigno
«Tocai Friulano» per i vini italiani dopo il termine 31 marzo 2007.
   Il  regolamento (CE) 4 aprile 2007, n. 382/2007 (Regolamento della
Commissione  recante  modifica  del  regolamento (CE) n. 753/2002 che
fissa   talune   modalita'   di  applicazione  del  regolamento  (CE)
n. 1493/1999  del  Consiglio  per quanto riguarda la designazione, la
denominazione,  la  presentazione  e la protezione di taluni prodotti
vitivinicoli)  ha soppresso le deroghe per l'uso del «Tocai Friulano»
e  del sinonimo «Tocai italico», inserendo il sinonimo «Friulano» per
l'Italia,  come  richiesto  dal  Ministero  delle  politiche agricole
alimentari   e   forestali   e   come   concordato   con  la  Regione
Friuli-Venezia Giulia in apposito protocollo d'intesa.
   Il  Ministro  delle politiche agricole e forestali, in vista della
vendemmia   2007,  con  decreto  del  31  luglio  2007  (Disposizioni
transitorie per l'uso del sinonimo «Friulano», della varieta' di vite
«Tocai  Friulano»,  nella designazione e presentazione della relativa
tipologia   di   vino   a  denominazione  di  origine  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia), ha autorizzato, in via transitoria, fino alla
decisione   delle   questioni   pregiudiziali  poste  alla  Corte  di
giustizia, l'uso del sinonimo «Friulano».
   2.1.  -  Posta  questa premessa, il ricorrente deduce che la norma
impugnata   violerebbe  gli  artt.  11  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione.
   La   difesa   erariale   osserva   che  l'art.  24,  paragrafo  6,
dell'Accordo  sugli  aspetti  dei diritti di proprieta' intellettuale
attinenti  al commercio (Accordo TRIPs) dispone: la «presente sezione
non  obbliga in alcun modo un membro ad applicarne le disposizioni in
relazione  ad un'indicazione geografica di qualsiasi altro membro per
vini  per  i  quali  la  pertinente  indicazione  sia  identica  alla
denominazione  comune  di una varieta' d'uva esistente nel territorio
di detto membro alla data di entrata in vigore dell'accordo OMC».
   Pertanto,  una parte contraente puo' mantenere il nome di un vino,
qualora  sia  eguale  al  nome  del  relativo  vitigno.  La  Corte di
giustizia,  nel  parere  14  novembre  1994,  n. 1/94, ha qualificato
l'Accordo  TRIPs  come  «accordo misto», ritenendo in tal modo che la
sua  attuazione  spetti  sia  alla  Comunita' europea, sia agli Stati
membri.  Inoltre,  i  diritti  di proprieta' intellettuale oggetto di
detto  Accordo possono essere anche quelli previsti dagli ordinamenti
nazionali  degli  Stati  membri  e,  tra  questi,  rientrano anche le
denominazioni  che  detti  Stati  possono  adottare  per  i  prodotti
vitivinicoli,  come  previsto  dal  regolamento  (CE) 17 maggio 1999,
n. 1493/1999  (Regolamento  del Consiglio relativo all'organizzazione
comune  del  mercato  vitivinicolo),  il  cui  art.  52, paragrafo 1,
stabilisce  che solo gli Stati membri possono abbinare il nome di una
varieta' di vite alla zona geografica di produzione.
   Dunque, poiche' il citato art. 24, paragrafo 6, si riferisce anche
agli  Stati  membri  per le materie rientranti nella loro competenza,
ogni  Stato  puo' applicare la disposizione in relazione alle proprie
denominazioni  di  prodotti  vitivinicoli, con la conseguenza che non
sussisterebbe  una  competenza  della  Comunita'  europea, preclusiva
dell'attuazione della stessa da parte di ogni Stato membro.
   La  Corte  di  giustizia,  con  la  sentenza  11  settembre  2007,
C-431/05,   ha  affermato  che  nei  casi  in  cui  una  disposizione
dell'Accordo  TRIPs  debba  applicarsi  a  materie  rientranti  nella
competenza  degli Stati membri, in quanto la Comunita' europea non ha
ancora legiferato o non ha legiferato a tal punto da far ritenere che
la  materia  rientri  in  ambito  comunitario,  detta disposizione e'
applicabile  nell'ordinamento  interno,  in  primo luogo da parte del
giudice nazionale, che puo' attribuirle efficacia diretta, in secondo
luogo,  mediante una norma nazionale, in terzo luogo, attraverso atti
dell'amministrazione.
   Tuttavia,  nella  materia oggetto della legge regionale impugnata,
la Comunita' europea ha esercitato la propria competenza, emanando il
regolamento   (CE)   n. 753/2002,  modificato  dal  regolamento  (CE)
n. 382/2007,  il  quale,  a  seguito  della adesione della Repubblica
d'Ungheria  alla Comunita' europea, ha soppresso la norma transitoria
relativa  alla  utilizzazione  della  denominazione «Tocai Friulano»,
inserendo la deroga per l'uso del sinonimo «Friulano».
   In conclusione, l'Unione europea, dal 1° aprile 2007, non consente
la  coesistenza  delle  denominazioni «Tocai Friulano» (per i vini di
produzione  italiana) e «Tokaj» (per i vini di produzione ungherese),
ed  ha stabilito la protezione esclusiva della indicazione geografica
ungherese,  con conseguente illegittimita' costituzionale della legge
regionale impugnata.
   2.2.  -  Secondo  il  ricorrente,  la  legge  regionale  in  esame
violerebbe  anche  l'art.  117,  secondo comma, lettera r), e quinto,
della  Costituzione e l'«art. 4, commi 1 e 2», dello statuto speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia.
   La  competenza  ad  esercitare  la facolta' prevista dall'art. 24,
paragrafo  6,  dell'Accordo  TRIPs spetterebbe allo Stato. La formula
«opere  dell'ingegno»  (art.  117,  secondo  comma, lettera r, Cost.)
sarebbe  omologa  a  «proprieta' intellettuale», spesso utilizzata in
alternativa  a «proprieta' industriale», che indica beni immateriali,
che  possiedono «un'autonomia esistenziale propria, a prescindere dal
prodotto      stesso».      D'altronde,     sarebbe     irragionevole
un'interpretazione  che  limitasse la formula «opere dell'ingegno» al
solo diritto d'autore, in quanto essa e' idonea a comprendere tutti i
beni   immateriali,  i  quali,  anche  in  virtu'  del  principio  di
territorialita', devono avere eguale efficacia ed identica disciplina
sull'intero territorio nazionale.
   La  riconducibilita'  della  denominazione  in  esame alla materia
«proprieta'  intellettuale (o industriale)», confermata dal fatto che
la  relativa  regolamentazione  si  interseca  con  la disciplina dei
marchi   (in   particolare   dei   marchi  geografici  e  dei  marchi
collettivi),   sarebbe   altresi'   confortata:  dall'Accordo  TRIPs,
ratificato con legge 29 dicembre 1994, n. 747 (Ratifica ed esecuzione
degli  atti concernenti i risultati dei negoziati dell'Uruguay Round,
adottati  a  Marrakech il 15 aprile 1994), che, nel Capo II, contiene
una   Sezione,  la  III  (artt.  22-24),  dedicata  alle  indicazioni
geografiche;   dal   decreto   legislativo   19  marzo  1996,  n. 198
(Adeguamento  della  legislazione  interna  in  materia di proprieta'
industriale alle prescrizioni obbligatorie dell'accordo relativo agli
aspetti  dei  diritti  di  proprieta'  intellettuale  concernenti  il
commercio-Uruguay  Round),  il  cui capo VI e' intitolato «Disciplina
delle  indicazioni  geografiche»; dall'art. 1 del decreto legislativo
10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprieta' industriale, a norma
dell'art.  15  della  legge  12  dicembre 2002, n. 273), nel quale si
precisa  che  l'espressione proprieta' industriale comprende anche le
indicazioni geografiche e le denominazioni di origine.
   Le   denominazioni  protette  costituiscono  istituti  di  diritto
industriale   -   riconducibili   ai   diritti  di  monopolio  -  che
attribuiscono  un diritto di esclusiva, la cui violazione, secondo la
giurisprudenza,   integra   ipotesi   di   concorrenza   sleale,  per
appropriazione  di  pregi  (art.  2598, numero 2, del codice civile),
ovvero per violazione dei principi di correttezza professionale (art.
2598, numero 3, del codice civile).
   Inoltre,   questa  Corte  ha  dato  della  materia  «tutela  della
concorrenza»  una  nozione  che  rende legittime le norme statali che
interferiscono  con materie riconducibili alla competenza legislativa
delle  Regioni,  concorrente  o  residuale; la sentenza numero 14 del
2004,  ha  affermato  che la politica agricola spetta alla competenza
esclusiva  dello  Stato, appunto in quanto riconducibile alla «tutela
della  concorrenza»,  mentre  la  sentenza  numero  272  del  2004 ha
ritenuto  legittime le norme che recano una disciplina dettagliata ed
autoapplicativa  dei  servizi  pubblici locali, poiche' strumentali a
garantire la liberta' di concorrenza.
   Infine, dovrebbe escludersi che la norma impugnata, siccome avente
ad  oggetto  le indicazioni geografiche di prodotti agricoli, rientri
nella materia dell'agricoltura, spettante alla Regione Friuli-Venezia
Giulia,  in  virtu'  dell'art.  4,  comma  primo, n. 2, dello statuto
speciale,  anche  tenendo  conto  che  la  Corte di giustizia, con la
sentenza  12  maggio 2005, C-347/03, ha ricondotto l'Accordo del 1993
stipulato   tra   Comunita'  europea  e  Repubblica  d'Ungheria  alla
organizzazione   comune  di  mercato  vitivinicolo,  non  sussistendo
coincidenza  tra  le  competenze  costituzionali  nazionali  e quelle
comunitarie.
   In  conclusione, anche qualora si ritenga che la Comunita' europea
non abbia esercitato la facolta' di scelta riconosciuta dall'art. 24,
paragrafo  6, dell'Accordo TRIPs, la competenza nella materia oggetto
della norma impugnata spetterebbe allo Stato.
   3.  -  Si  e'  costituita  nel  giudizio la Regione Friuli-Venezia
Giulia, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore,
che  ha eccepito l'inammissibilita' e l'infondatezza delle questioni,
svolgendo  gli  argomenti  a  conforto  di  dette  conclusioni in una
memoria depositata in prossimita' dell'udienza pubblica ed articolata
in tre parti.
   3.1. - In sintesi, la resistente, nella prima parte della memoria,
premette riferimenti «storici», «poetici e letterari» e «geografici»,
diretti a dimostrare la notorieta' del vino «Tocai» sin dal 1600 e la
circostanza  che  questo  toponimo  e'  presente nelle mappe militari
austriache  sin  dal  1763,  per indicare un borgo, un ruscello e una
collina siti nella Regione Friuli-Venezia Giulia.
   La  resistente  ripercorre  la  storia  della denominazione «Tocai
Friulano»,  per dimostrare che e' stata utilizzata da tempo risalente
ed  e'  coesistita  con  l'omonima denominazione ungherese, senza che
cio'  abbia  dato  luogo  a  rischi  di confusione (al riguardo, sono
richiamati  numerosi atti - tra i quali, l'Arrangement di Lisbona del
31  ottobre 1958, nel testo riveduto a Stoccolma nel 1967, ratificato
con  legge 4 luglio 1967, n. 676, recante «Ratifica ed esecuzione dei
seguenti  atti  internazionali, firmati a Lisbona il 31 ottobre 1958:
a)   Convenzione   di  Parigi  per  la  protezione  della  proprieta'
industriale  del 20 marzo 1883, riveduta successivamente a Bruxelles,
a Washington, a l'Aja, a Londra e a Lisbona; b) Accordo di Madrid per
la  repressione  delle indicazioni di provenienza false o fallaci del
14  aprile  1891,  riveduto  successivamente a Washington, a l'Aja, a
Londra  e  a  Lisbona;  c)  Accordo di Lisbona per la protezione e la
registrazione  internazionale  delle  denominazioni  di  origine»; il
Bollettino  n. 210  del  1948  dell'Office  International  du Vin; il
decreto  del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1969, n. 1164; i
regolamenti  16 dicembre 1981, n. 3800/81, recante «Regolamento della
Commissione  che  stabilisce  la  classificazione  delle  varieta' di
viti»,  e  16  ottobre  1990,  n. 3201/90, recante «Regolamento della
Commissione  recante  modalita' di applicazione per la designazione e
la  presentazione  dei vini e dei mosti di uve» - e la sentenza della
Corte di cassazione 30 aprile 1962, n. 1659).
   A  suo  avviso,  soltanto  «per motivi rimasti oscuri, che possono
essere   unicamente   spiegati   con   gli   sconvolgimenti  politici
intervenuti  in  Italia nella prima meta' degli anni '90», il Governo
italiano  avrebbe consentito all'Accordo del 1993, che ha precluso ai
produttori italiani l'uso della denominazione «Tocai».
   La  resistente  offre  poi  una propria ricostruzione della genesi
dell'Accordo  da  ultimo  citato,  per  contestarne  la legittimita';
espone  le ragioni che dovrebbero far dissentire dalla sentenza della
Corte  di  giustizia  del  12  maggio 2005, C-347/03 e dubitare della
legittimita'  del  regolamento  (CE)  n. 1429/2004, impugnato da essa
istante e dalle Associazioni dei produttori friulani, con due ricorsi
dichiarati  irricevibili  dal  Tribunale di primo grado (ordinanze 12
marzo  2007,  T-417/04  e  T-418/04),  nonche'  dallo  Stato italiano
(ricorso  quest'ultimo  non  deciso,  benche'  sia stata rigettata la
domanda cautelare con l'ordinanza 12 marzo 2007, T-431/04); prende in
esame  l'ordinanza della Corte di giustizia 12 giugno 2008, C-23/07 e
C-24/07,  che  ha  ribadito  i  principi  affermati nella sentenza 12
maggio 2005, C-347/03.
   3.2.   -   La   Regione,   nella   seconda  parte  della  memoria,
approfondisce  il  profilo  della  tutela  della denominazione «Tocai
Friulano»  in  base all'Accordo TRIPs, ricostruendo la giurisprudenza
della  Corte  di  giustizia  in  tema  di  rapporti  tra disposizioni
dell'OMC   (Organizzazione   mondiale   del   commercio)   e  diritto
comunitario;  sviluppa  la  propria  tesi  in ordine alle ragioni che
avrebbero   indotto   detta   Corte   a  negare  l'efficacia  diretta
dell'Accordo  TRIPs  e  svolge argomenti per dimostrare che il citato
indirizzo non sarebbe applicabile nella presente fattispecie.
   A  suo  avviso,  l'Accordo  del  1993  non avrebbe attribuito alla
Comunita'  europea  il  potere  di creare o sopprimere un'indicazione
geografica  relativa ad un vino, conferitole, per la prima volta, con
il  regolamento  (CE)  29  aprile  2008, n. 479/2008 (Regolamento del
Consiglio    relativo    all'organizzazione    comune   del   mercato
vitivinicolo,  che  modifica  i  regolamenti  (CE) n. 1493/1999, (CE)
n. 1782/2003,   (CE)   n. 1290/2005  e  (CE)  n. 3/2008  e  abroga  i
regolamenti  (CEE) n. 2392/86 e (CE) n. 1493/1999), che cio' permette
in  riferimento  a denominazioni in precedenza registrate all'interno
degli Stati.
   La  Regione  deduce che l'art. 24, paragrafo 6, dell'Accordo TRIPs
permetterebbe agli Stati membri dell'Unione europea di mantenere come
denominazione  di  un  vino  il  nome  del  relativo  vitigno,  senza
pretendere  di  esportarlo  al  di  fuori  del  proprio territorio, e
ricorda  le  iniziative  assunte  anche  dallo Stato italiano in sede
comunitaria,   per   sostenere   questa   tesi.   Pertanto,   osserva
testualmente,  «se  il  Governo  desse  attuazione,  con  un  proprio
provvedimento,  all'art.  24,  paragrafo  6,  dell'Accordo  TRIPs, la
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  non  avrebbe  alcuna  difficolta'  a
rinunciare alla citata legge n. 24/2007».
   Secondo  la resistente, dal ricorso traspare il timore del Governo
italiano  di incorrere in sanzioni comunitarie che, tuttavia, sarebbe
infondato.  La  norma impugnata concernerebbe la materia agricoltura,
anche  in quanto l'Accordo del 1993 neppure riguardava la creazione o
la  soppressione  della  denominazione  di  un vino, poiche', se cio'
fosse  stato,  avrebbe  avuto  ad oggetto la materia della proprieta'
intellettuale,  quindi  sarebbe  stata  necessaria la sua ratifica da
parte  di  tutti  gli  Stati  membri.  Siffatta  conclusione  sarebbe
confortata   dalla   constatazione   che   i  decreti  relativi  alla
denominazione  sono  stati  adottati  dal  Ministero  delle politiche
agricole  e  forestali, con la conseguenza che la norma concernerebbe
appunto  una  materia  attribuita alla competenza legislativa di tipo
esclusivo della Regione Friuli-Venezia Giulia.
   3.3.  -  La  Regione,  nella  terza  parte della memoria, contesta
specificamente  le  censure  svolte  dal ricorrente e, in riferimento
alla   prima  delle  due  questioni  sollevate,  sulla  scorta  delle
argomentazioni  sopra  sintetizzate,  sostiene  che spetta agli Stati
membri  dell'Unione  europea  l'attuazione  all'art. 24, paragrafo 6,
dell'Accordo TRIPs.
   A suo avviso, la seconda questione sarebbe infondata, in quanto la
norma  impugnata  non  concernerebbe la materia «opere dell'ingegno»,
poiche'  difetta il carattere «creativo» del segno, e neppure avrebbe
ad  oggetto  la  disciplina  di  profili  concernenti  la  proprieta'
industriale,  dato  che  «Tocai Friulano» non sarebbe una indicazione
geografica o una denominazione di origine.
   La norma riguarderebbe le materie agricoltura e commercio, come si
evincerebbe  dai  regolamenti  comunitari  e dai decreti adottati dal
Ministero  delle  politiche  agricole  e  forestali sopra richiamati,
nonche'  dalle  sentenze di questa Corte n. 371 del 2001 e n. 106 del
2006.  Siffatta  tesi  sarebbe confortata dall'esame della disciplina
delle  denominazioni d'origine dei mosti e dei vini (ripercorsa nella
memoria),  mentre  questa  Corte,  sebbene con la sentenza n. 171 del
1971  abbia sottolineato che la tutela della denominazione di origine
dei  vini  non e' completamente compresa nella materia agricoltura, e
con  la  sentenza n. 333 del 1995 abbia dichiarato di spettanza dello
Stato  la  definizione  del  procedimento per il riconoscimento della
denominazione di origine dei vini, ha tuttavia ritenuto incensurabile
il  decreto  del  Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 348,
che  aveva ampliato le competenze delle Regioni, affermando quindi la
competenza  dello  Stato  soltanto  per  la  sussistenza  di esigenze
unitarie, e cioe' di un interesse nazionale. Siffatte esigenze, nella
specie,  sarebbero  insussistenti,  poiche'  la norma autorizza l'uso
della  denominazione in esame soltanto nel territorio italiano, senza
riflessi   sul   commercio  internazionale  e,  comunque,  il  limite
dell'interesse  nazionale e' venuto meno, a seguito della riforma del
Titolo V della Costituzione.
   In   ogni  caso,  poiche'  in  virtu'  dell'art.  10  della  legge
costituzionale  18  ottobre  2001,  n. 3, le norme del Titolo V della
parte  seconda della Costituzione sono applicabili anche alle Regioni
a  statuto speciale, qualora prevedano forme di autonomia piu' ampia,
la  competenza  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  in materia di
agricoltura   neanche   potrebbe   ritenersi   soggetta   al   limite
dell'interesse nazionale.
   Infine,  la  circostanza  che  le  denominazioni  di  origine sono
tutelate anche come proprieta' industriale non comporta che non siano
riconducibili  alle materie agricoltura e commercio, restando esclusa
la  possibilita' di evocare la materia «tutela della concorrenza»; in
ogni  caso,  la norma impugnata non pregiudicherebbe, ne' limiterebbe
la concorrenza.
   3.3.1.  -  Infine,  la  Regione eccepisce l'inammissibilita' delle
censure  riferite agli artt. 11 e 117, quinto comma, Cost., in quanto
generiche.
   La  seconda  questione  sarebbe, invece, inammissibile, poiche' il
ricorrente  non  ha esposto gli argomenti che dovrebbero far ritenere
applicabile  ad  una  Regione  a statuto speciale l'art. 117, secondo
comma,  lettere e) ed r), Cost. (peraltro, il richiamo alla lettera e
non   sarebbe   stato   operato   indicando  espressamente  la  norma
costituzionale).   Il   riferimento   alla   materia   «tutela  della
concorrenza»  sarebbe, inoltre, generico e, comunque, a questa non fa
riferimento la delibera del Consiglio dei ministri che ha autorizzato
l'impugnazione  della  norma;  la  censura  relativa all'art. 4 dello
statuto  sarebbe, infine, inammissibile per genericita', in quanto il
ricorso  non esporrebbe compiutamente le ragioni per escludere che la
norma in esame sia riconducibile alla materia «agricoltura».
   4.   -   All'udienza   pubblica   le  parti  hanno  insistito  per
l'accoglimento  delle  conclusioni da ciascuna formulate nelle difese
scritte.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita'  costituzionale,  in  via  principale, dell'art. 1 della
legge  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  2  ottobre 2007, n. 24
(Attuazione dell'articolo 24, paragrafo 6, dell'Accordo relativo agli
aspetti   dei   diritti  di  proprieta'  intellettuale  attinenti  al
commercio-Accordo  TRIPs),  in riferimento agli artt. 11 e 117, primo
comma,  della Costituzione, ed agli artt. 117, commi secondo, lettera
r),  e  quinto,  della  Costituzione  ed  all'«art.  4, commi 1 e 2»,
(recte:  art.  4,  comma  primo,  n. 2) della legge costituzionale 31
gennaio  1963,  n. 1  (Statuto  speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia).
   La  norma  impugnata  stabilisce:  «Ai sensi dell'art. 117, quinto
comma,  della  Costituzione, in attuazione dell'art. 24, paragrafo 6,
dell'Accordo   relativo   agli  aspetti  dei  diritti  di  proprieta'
intellettuale  attinenti  al commercio (Accordo TRIPs), ratificato in
Italia  con  legge  29 dicembre 1994, n. 747, la denominazione "Tocai
Friulano",   patrimonio  della  vitivinicoltura  regionale  ormai  da
secoli,   puo'   continuare   ad  essere  utilizzata  dai  produttori
vitivinicoli  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia, anche dopo il 31
marzo  2007,  per  designare il vino, derivante dall'omonimo vitigno,
che viene commercializzato all'interno del territorio italiano».
   2.  -  Ad avviso del ricorrente, la norma impugnata violerebbe gli
artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in quanto la Comunita' europea ha
stabilito  che  i produttori vitivinicoli italiani possono utilizzare
solo  sino  al 31 marzo 2007 la denominazione «Tocai Friulano», per i
vini prodotti nelle Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia.
   Siffatta  prescrizione  e'  stata  stabilita  dai  seguenti  atti:
Decisione del Consiglio del 23 novembre 1993, n. 93/724/CE (Decisione
del  Consiglio  concernente  la  conclusione  di  un  accordo  tra la
Comunita'  europea  e  la  Repubblica  d'Ungheria  sulla  tutela e il
controllo  reciproci  delle denominazioni dei vini); regolamenti (CE)
29  aprile 2002, n. 753/2002 (Regolamento della Commissione che fissa
talune  modalita'  di  applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999
del  Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione,
la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli) e 9
agosto  2004,  n. 1429/2004  (Regolamento  della  Commissione recante
modifica  del regolamento (CE) n. 753/2002 che fissa talune modalita'
di  applicazione  del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per
quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e
la protezione di taluni prodotti vitivinicoli).
   Il  regolamento (CE) 4 aprile 2007, n. 382/2007 (Regolamento della
Commissione  recante  modifica  del  regolamento (CE) n. 753/2002 che
fissa   talune   modalita'   di  applicazione  del  regolamento  (CE)
n. 1493/1999  del  Consiglio  per quanto riguarda la designazione, la
denominazione,  la  presentazione  e la protezione di taluni prodotti
vitivinicoli)  ha,  infine,  soppresso  le  deroghe  per  l'uso della
denominazione  «Tocai  Friulano»  e  del  sinonimo  «Tocai  italico»,
inserendo  il  sinonimo  «Friulano»  per l'Italia, come richiesto dal
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
   Inoltre,  secondo la difesa erariale, sebbene l'art. 24, paragrafo
6, dell'Accordo sugli aspetti dei diritti di proprieta' intellettuale
attinenti  al  commercio  (Accordo  TRIPs)  permetta  agli  Stati  di
conservare,  quale denominazione di un vino, quella corrispondente ad
un'indicazione  geografica  concernente  il vino prodotto in un altro
Stato,  qualora  sia  eguale  al nome del vitigno da cui esso deriva,
nella  materia  oggetto della norma impugnata la Comunita' europea ha
esercitato  la propria competenza, vietando, a far data dal 1° aprile
2007, la coesistenza delle denominazioni «Tocai Friulano», per i vini
di   produzione  italiana,  e  «Tokaj»,  per  i  vini  di  produzione
ungherese,  stabilendo  in  tal  modo  la  protezione esclusiva della
indicazione    geografica    ungherese   «Tokaj»,   con   conseguente
illegittimita' costituzionale della norma impugnata.
   La  Regione Friuli-Venezia Giulia ha eccepito l'inammissibilita' e
l'infondatezza  della  questione,  svolgendo  una  serie di argomenti
diretti, sostanzialmente, a contestare la legittimita' e la validita'
del  divieto  stabilito dalle norme comunitarie, contestazioni queste
ultime  respinte  da  tre  pronunce  della  Corte  di giustizia delle
Comunita'  europee  (sentenza  12 maggio 2005, C-347/03; ordinanza 11
maggio 2006, C-231/04; ordinanza 12 giugno 2008, C 23/07 e C 24/07).
   Inoltre,  il  Tribunale  di primo grado delle Comunita' europee ha
dichiarato  irricevibili due ricorsi aventi ad oggetto una domanda di
annullamento  della  disposizione  che  limita  al  31  marzo 2007 il
diritto di utilizzare il nome «Tocai Friulano», inserito, sotto forma
di  nota  esplicativa, al punto 103 dell'allegato I del Regolamento 9
agosto   2004,  n. 1429,  ricorsi  proposti,  rispettivamente,  dalla
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  e da alcune associazioni, societa' e
produttori di questa Regione (ordinanze del 12 marzo 2007, T-417/04 e
T-418/04).
   Lo  stesso  Tribunale  ha  respinto  la  domanda,  proposta  dalla
Repubblica  italiana, avente ad oggetto la richiesta di provvedimenti
provvisori  mirante  ad  ottenere,  in via principale, la sospensione
dell'esecuzione  della  disposizione  che  limita al 31 marzo 2007 il
diritto  di  utilizzare  la  denominazione «Tocai Friulano» contenuta
nella   citata  nota  esplicativa  (ordinanza  del  18  giugno  2007,
T-431/04).
   Il  regolamento  (CE) 29 aprile 2008, n. 479/2008 (Regolamento del
Consiglio    relativo    all'organizzazione    comune   del   mercato
vitivinicolo,  che  modifica  i  regolamenti  (CE) n. 1493/1999, (CE)
n. 1782/2003,   (CE)   n. 1290/2005  e  (CE)  n. 3/2008  e  abroga  i
regolamenti  (CEE)  n. 2392/86 e (CE) n. 1493/1999), sopravvenuto nel
corso  del  giudizio, neppure ha introdotto elementi di significativa
novita', rilevanti in ordine a detta questione. Da ultimo, il decreto
ministeriale  25 settembre 2008 (Cessazione degli effetti del decreto
11  febbraio  2008,  recante disposizioni transitorie per l'uso della
varieta'  di  vite  «Tocai  Friulano» e del sinonimo «Friulano» nella
designazione  e  presentazione  della relativa tipologia di vino, dei
vini  a denominazione di origine della Regione Friuli-Venezia Giulia,
e  l'adozione  delle  disposizioni  definitive per l'uso del sinonimo
"Friulano"),   sulla   dichiarata   premessa   di   dare   esecuzione
all'ordinanza  della Corte di giustizia del 12 giugno 2008, C-23/07 e
C-24/07,  reca  «le  opportune  disposizioni  nazionali  al  fine  di
consentire  in  termini definitivi l'utilizzo del sinonimo "Friulano"
nella  designazione  e  presentazione  dei  vini  a  denominazione di
origine della regione Friuli-Venezia Giulia».
   3.  -  Secondo  il  ricorrente,  la  norma  impugnata  violerebbe,
altresi',  l'art.  117,  commi  secondo, lettera r), e quinto, Cost.,
nonche'  l'art.  4,  comma  primo, n. 2, dello statuto speciale della
Regione Friuli-Venezia Giulia.
   A  suo  avviso,  la  disciplina  della  denominazione in esame non
concernerebbe    la   materia   «agricoltura»,   ma   quella   «opere
dell'ingegno».  Peraltro,  quest'ultima  locuzione  sarebbe omologa a
«proprieta'   intellettuale»,  spesso  utilizzata  in  alternativa  a
«proprieta' industriale», che comprende la regolamentazione dei segni
distintivi  dei  prodotti,  delle  indicazioni  geografiche  e  delle
denominazioni  di  origine.  Inoltre,  la  violazione  di detti segni
rileverebbe  sul  piano  del diritto civile e la disciplina stabilita
dalla  norma  impugnata  sarebbe  riconducibile  anche  alla  materia
«tutela della concorrenza».
   Tale questione deve essere esaminata per prima.
   Secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  infatti, le norme
comunitarie  integrano il parametro per la valutazione di conformita'
della  norma  regionale  agli  artt.  117,  primo  comma,  e 11 Cost.
(quest'ultimo  inteso  quale  principio fondamentale), che ineriscono
«non    gia'   alla   violazione   della   competenza   statale,   ma
all'inosservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario»,
quindi  riguardano  anche  le Regioni a statuto speciale (tra le piu'
recenti, sentenze n. 102 del 2008; n. 62 del 2008).
   Ne  consegue  che  le censure dirette a contestare il potere della
Regione  di  emanare  la  norma  impugnata,  in  base alle regole che
disciplinano  il  riparto  interno  delle competenze, hanno carattere
preliminare, sotto il profilo logico-giuridico, rispetto a quelle che
denunciano il vizio oggetto della prima questione.
   3.1. - In via preliminare, devono essere esaminate le eccezioni di
inammissibilita'   della   questione,  sollevate  dalla  Regione  con
riferimento ai parametri evocati dal ricorrente.
   La   difesa   erariale   contesta  che  la  norma  statutaria  che
attribuisce  alla  competenza  della Regione Friuli-Venezia Giulia la
materia   «agricoltura»   costituisca  idonea  base  giuridica  della
disposizione  impugnata.  Il  riferimento, della stessa difesa, anche
all'art.   117,   secondo   comma,   lettera  r),  Cost.,  nonche'  -
implicitamente,  ma  univocamente  -  alle  lettere e) («tutela della
concorrenza») ed l) («ordinamento civile», mediante la descrizione di
alcuni  degli effetti della violazione del segno) del medesimo comma,
risulta  effettuato  al  chiaro  scopo  di  dimostrare  che  la norma
impugnata  non  concerne la materia «agricoltura», tenuto anche conto
che,  nel  corso  dei  lavori  preparatori, la sua adozione era stata
giustificata   proprio  invocando  la  «competenza  esclusiva  [della
Regione  Friuli-Venezia  Giulia]  in  materia  di  agricoltura e [la]
competenza  concorrente nelle materie elencate all'articolo 117 della
Costituzione» (Relazione della V Commissione permanente del Consiglio
Regionale, FZ/AL, n. 235-A).
   Interpretato il ricorso in detti termini, e' infondata l'eccezione
di  inammissibilita'  della  questione,  sollevata  sotto  il duplice
profilo  dell'inapplicabilita' dell'art. 117, secondo comma, Cost., e
della mancata indicazione del parametro dell'art. 117, secondo comma,
lettera  e), Cost. nella delibera di autorizzazione del Consiglio dei
ministri   all'impugnazione  della  norma  (non  occorrendo,  quindi,
approfondire  se  detta  indicazione  sia  vincolante  per  la difesa
erariale).
   Inoltre,  l'ampiezza  delle argomentazioni svolte a conforto della
irriconducibilita'   alla   materia  «agricoltura»  della  disciplina
stabilita   dalla  norma  impugnata,  sviluppate  anche  mediante  il
richiamo,  in  funzione descrittiva, delle materie elencate nell'art.
117, secondo comma, Cost., rende palese l'infondatezza dell'eccezione
di  inammissibilita'  della  questione  per  asserito  difetto di una
adeguata motivazione a sostegno dell'impugnazione.
   L'indicazione  dell'art. 117, quinto comma, Cost., contenuta nella
parte  finale  del  ricorso,  e'  infine  corretta;  detto  parametro
riguarda,  infatti,  anche  le  Regioni  a statuto speciale (sentenza
n. 239  del  2004)  ed  il suo richiamo e' stato svolto allo scopo di
contestare  il  potere  della  Regione di attuare l'Accordo TRIPs, in
riferimento  ad  una  materia  nella  quale  essa  non  ha competenza
legislativa.
   3.2. - Nel merito, la questione e' fondata.
   Occorre  anzitutto  identificare la materia nella quale si colloca
la  disposizione  impugnata,  avendo  riguardo  all'oggetto  ed  alla
disciplina  dalla  stessa  stabilita, per cio' che dispone, alla luce
della  sua  ratio,  tralasciando  gli aspetti marginali e gli effetti
riflessi,   cosi'   da  identificare  correttamente  e  compiutamente
l'interesse tutelato (sentenza n. 165 del 2007).
   Ebbene, la norma censurata, attribuendo ai produttori vitivinicoli
della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  la  facolta' di utilizzare la
denominazione «Tocai Friulano» per designare il vino commercializzato
all'interno  del  territorio  italiano, ha senza dubbio ad oggetto la
disciplina di un segno distintivo di tale prodotto, indipendentemente
dalla esatta qualificazione che di esso puo' darsene.
   L'elemento   caratterizzante   della  regolamentazione  dei  segni
distintivi  e'  stato individuato da questa Corte, sin dalla sentenza
n. 44  del  1967,  nella  circostanza  che  «la disciplina dei marchi
(assunto  questo  termine  in un senso generico, comprensivo dei vari
istituti  designati  dalla  vigente  legislazione  con  denominazioni
molteplici,  come  quelle  di  marchi  di impresa, marchi collettivi,
denominazioni  di  origine,  o  denominazioni  di  provenienza, e con
funzioni  in  parte  diverse, e cioe' o prevalentemente di tutela dei
produttori  contro  la concorrenza sleale, o invece di certificazione
della   qualita'   del  prodotto  avente  lo  scopo,  almeno  in  via
principale,  di  garanzia  del  consumatore)».  Pertanto, la relativa
disciplina  ha  «riflessi  [...]  nel  commercio internazionale ed in
quello  comunitario»,  anche in quanto la Regione «non costituisce un
mercato chiuso».
   In  seguito, e' stato precisato che «la tutela della denominazione
di origine dei vini non puo' essere disposta che in modo unitario sul
piano nazionale», in considerazione appunto della «complessita' degli
interessi  connessi alla produzione e distribuzione di vini pregiati,
tali  da  indurre  ad  escludere  che  la  materia  sia completamente
ricompresa   in   quella   propria  dell'agricoltura,  di  competenza
regionale» (sentenze n. 333 del 1995 e n. 171 del 1971).
   Da  ultimo, dopo la riforma del Titolo V della parte seconda della
Costituzione,  la disciplina dei segni distintivi e' stata ricondotta
anche  alla  «tutela della concorrenza» (sentenza n. 175 del 2005, in
riferimento  al  marchio  «made  in  Italy»),  materia  di competenza
esclusiva dello Stato. Inoltre, una norma regionale avente ad oggetto
la  promozione  di  certificazioni  di  qualita'  di  un  determinato
prodotto  ittico  catturato  dalla  marineria  della Regione Abruzzo,
ovvero  allevato in impianti dislocati nel territorio della medesima,
e'  stata  giudicata  non censurabile, in riferimento, tra gli altri,
all'art.  117,  secondo  comma, lettera e), Cost., soltanto in quanto
non  istituiva,  ne'  disciplinava  un  marchio  identificativo di un
prodotto,  ma  si  limitava  a  prevedere  forme di incentivazione di
quest'ultimo,  del  quale  non  erano indicate o protette particolari
qualita' o caratteristiche tipologiche (sentenza n. 213 del 2006).
   3.2.1.  -  L'incidenza  della disciplina del segno con il quale e'
commercializzato  il vino su una molteplicita' di interessi eccedenti
la  materia  «agricoltura» e' stata, peraltro, costantemente rilevata
anche  dalla  Corte  di giustizia delle Comunita' europee. Il giudice
comunitario  ha,  in  particolare,  sottolineato  che  la  «normativa
comunitaria  in  materia  di designazione e presentazione dei vini ha
l'obiettivo  di  conciliare  la  necessita' di fornire al consumatore
finale  un'informazione esatta e precisa sui prodotti interessati con
quella  di  proteggere  i  produttori  sul  loro territorio contro le
distorsioni  della  concorrenza» (sentenza 12 maggio 2005, C-347/05);
ed  ha precisato che «le denominazioni di origine rientrano nel campo
dei  diritti  di  proprieta'  industriale e commerciale» (sentenza 16
maggio 2000, C-388/95).
   3.2.2.  -  La giurisprudenza di questa Corte ha, dunque, affermato
la   sostanziale  convergenza  della  disciplina  di  tutti  i  segni
distintivi  (comprese  le  indicazioni geografiche e le denominazioni
d'origine)  verso  una  identica  funzione  e  la molteplicita' degli
interessi  dalla  stessa  tutelati.  Si  tratta  di  una  convergenza
agevolmente  desumibile  dalle  norme  nazionali che, tra l'altro, di
recente  hanno  ricondotto alla «proprieta' industriale» i molteplici
segni  distintivi,  stabilendo  il  principio  dell'unitarieta' degli
stessi  (artt.  1  e  22  del d.lgs. n. 30 del 2005), in quanto tutti
costituiscono  mezzi  di designazione e presentazione di un prodotto,
occorrendo  che  la  loro regolamentazione sia ispirata al divieto di
inganno   dei   consumatori,   alla   tutela  degli  imprenditori  ed
all'esigenza   di   garantire   la  corretta  e  libera  esplicazione
dell'iniziativa  economica. Peraltro, i riflessi della disciplina sul
corretto  svolgimento  della concorrenza tra imprenditori (quindi sul
piano  civilistico)  sono  rilevabili  sin dal decreto del Presidente
della  Repubblica  12  luglio 1963, n. 930 (Norme per la tutela delle
denominazioni di origine dei mosti e dei vini), mentre l'interferenza
con  la  materia  agricoltura, benche' giustifichi, in riferimento ad
alcuni  profili, il coinvolgimento delle Regioni, non esclude che gli
interessi  oggetto della disciplina istitutiva di un segno distintivo
del prodotto eccedano tale materia.
   In  questa  parte, le norme nazionali sono in armonia con le norme
comunitarie    che,   nella   specifica   materia   dei   segni   che
contraddistinguono  i  vini,  mirano  ad «incoraggiare la concorrenza
leale e non trarre in inganno i consumatori» (regolamento (CE) del 29
aprile   2008,   n. 479/2008,   si   veda,  in  particolare,  il  32°
considerando  e  l'art.  33,  paragrafo 2; in precedenza, si veda, il
regolamento  (CE)  17  maggio  1999, n. 1493/1999, 54° considerando e
l'art. 47, paragrafo 1).
   Analogamente,   avendo  riguardo  alle  norme  internazionali,  e'
sufficiente  ricordare  che  le  indicazioni geografiche - tutelate e
ricondotte alla proprieta' industriale, unitamente alle denominazioni
di  origine,  in  virtu'  di una risalente tradizione (Convenzione di
Parigi  per  la  protezione della proprieta' industriale del 20 marzo
1883, ratificata, nelle versioni successivamente rivedute, unitamente
all'Accordo   di   Lisbona  per  la  protezione  e  la  registrazione
internazionale  delle  denominazioni  di origine del 31 ottobre 1958,
con  legge  4  luglio 1967, n. 676) - di recente sono state sistemate
all'interno   di   un   Trattato  avente  ad  oggetto  la  proprieta'
intellettuale   «a   reciproco   vantaggio  dei  produttori  e  degli
utilizzatori  di  conoscenze  tecnologiche  e  in modo da favorire il
benessere  sociale  ed  economico, nonche' l'equilibrio tra diritti e
obblighi» (artt. 7 dell'Allegato 1-C dell'Accordo TRIPs).
   3.2.3.    -    In    definitiva,   indipendentemente   dall'esatta
configurazione  del  segno distintivo in esame e dalla categoria alla
quale  esso  e'  riconducibile,  e' palese che la norma impugnata, in
considerazione  del  suo  contenuto  e  del  suo obiettivo, incide su
molteplici   interessi:   dei   produttori,  dei  consumatori,  della
collettivita'  al  rispetto  del  principio  di verita', del corretto
svolgimento  della  concorrenza,  interferendo  in  tal  modo  in una
molteplicita'  di  materie. Siffatta interferenza va composta facendo
ricorso  al  criterio della prevalenza (tra le molte, sentenze n. 165
del  2007;  n. 422 e n. 81 del 2006), che e' qui applicabile, poiche'
risulta   evidente   l'appartenenza   del   nucleo  essenziale  della
disciplina   a   materie   diverse   dall'agricoltura  (tutela  della
concorrenza,  ordinamento  civile), nessuna delle quali e' attribuita
alla   resistente,   con   conseguente   illegittimita'  della  norma
impugnata.
   Restano  assorbiti  gli ulteriori profili e la questione sollevata
in riferimento agli altri parametri costituzionali sopra indicati.