Sentenza
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale del combinato disposto
dell'art.  3,  comma  132,  della  legge  24  dicembre  2003,  n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello   Stato -   legge   finanziaria   2004),  e  dell'art.  47  del
decreto-legge  30  settembre  2003,  n. 269 (Disposizioni urgenti per
favorire  lo  sviluppo  e  per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici),  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 24 novembre
2003,  n. 326,  promossi  dal  Tribunale  di  Genova nei procedimenti
civili  vertenti  tra  R.  M.  e  T.  G. e l'Istituto nazionale della
previdenza  sociale  (INPS),  con due ordinanze del 18 dicembre 2007,
iscritte rispettivamente al n. 115 e al n. 116 del registro ordinanze
2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, 1ª
serie speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli  atti  di  costituzione  dell'INPS  nonche' gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  21  ottobre  2008  il  giudice
relatore Francesco Amirante;
   Uditi  l'avvocato  Mario  Poti per l'INPS e l'avvocato dello Stato
Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso di un giudizio instaurato da una pensionata, nei
confronti  dell'Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale, allo
scopo  di  ottenere la rivalutazione, con il coefficiente di 1,5, del
periodo  di  lavoro nel quale ella era stata esposta all'amianto e la
conseguente  ricostituzione  della  pensione, il Tribunale di Genova,
con  ordinanza  del  18  dicembre  2007, ha sollevato, in riferimento
all'art.    3   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 3, comma 132, della legge 27 dicembre 2003,
n. 299   (recte:  della  legge  24  dicembre  2003,  n. 350,  recante
«Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello   Stato   -  legge  finanziaria  2004»),  e  dell'art.  47  del
decreto-legge  30  settembre  2003,  n. 269 (Disposizioni urgenti per
favorire  lo  sviluppo  e  per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici),  convertito,  con  modificazioni,  dalla legge 24 novembre
2003, n. 326.
   Premette,  in fatto, il remittente che deve ritenersi pacifico, in
base  agli atti di causa, che la ricorrente, nel corso dell'attivita'
lavorativa  protrattasi  dal 22 gennaio 1962 fino 13 gennaio 1992, e'
stata  esposta  all'amianto  per  piu'  di  dieci  anni  in attivita'
assoggettate  all'assicurazione obbligatoria gestita dall'INAIL e che
la  medesima  e' titolare di pensione di vecchiaia dal giugno 2005, a
seguito  del compimento del sessantesimo anno di eta'. L'ordinanza di
rimessione,  inoltre,  da'  per  pacifica  la  legittimazione passiva
dell'INPS  e  l'interesse  ad  agire della ricorrente, trattandosi di
lavoratrice  esposta  all'amianto  per  il  periodo  «qualificato» di
almeno  un  decennio, cosi' come fissato dall'art. 13, comma 8, della
legge   27   marzo  1992,  n. 257  (Norme  relative  alla  cessazione
dell'impiego dell'amianto).
   Cio' posto, il Tribunale di Genova osserva che il suddetto art. 47
del  d.l.  n. 269 del 2003, nel modificare - con decorrenza 2 ottobre
2003  -  il testo dell'art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992,
ha  reso  meno  favorevole  la  disciplina dei benefici previdenziali
previsti  da  tale norma; ed infatti, oltre a ridurre il coefficiente
di  rivalutazione  da 1,5 a 1,25, ne ha anche attribuito rilevanza ai
soli  fini  dell'importo della pensione e non anche della maturazione
del  diritto  alla medesima (peraltro, facendo salva l'applicabilita'
del precedente regime in favore di alcune categorie di lavoratori). E
poiche',  nella  specie,  occorre  stabilire se alla ricorrente debba
applicarsi  la  precedente  (e  piu'  favorevole)  disciplina, ovvero
quella  vigente, cio' da' conto - ad avviso del giudice a quo - della
rilevanza dell'odierna questione di legittimita' costituzionale.
   Nell'esporre  il  contenuto di tale questione, il Tribunale pone a
confronto  il  testo  delle due disposizioni censurate, rilevando che
l'art.  3,  comma 132, della legge n. 350 del 2003, pur presupponendo
la  norma  dell'art.  47,  ha ampliato la platea dei soggetti esclusi
dall'applicazione   della  normativa  nuova  e  meno  favorevole,  in
particolare  disponendo  l'ultrattivita'  del  sistema previgente nei
confronti  di  altre tre categorie di destinatari: 1) coloro i quali,
alla  data  del  2  ottobre  2003 (data di entrata in vigore del d.l.
n. 269  del 2003), avevano gia' maturato il diritto alla pensione; 2)
coloro   che,   alla  stessa  data,  avevano  presentato  domanda  di
riconoscimento  del  beneficio derivante dall'esposizione all'amianto
all'Istituto  nazionale  per l'assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro  ovvero all'INPS; 3) coloro che, a tale data, avevano comunque
introdotto  una  controversia  giudiziale  poi  conclusasi  con esito
favorevole per il lavoratore. Tale lettura della citata norma e' - ad
avviso  del  Tribunale  di Genova - l'unica consentita, non potendosi
ritenere, in assenza di apposita previsione, che il legislatore abbia
«realmente  inteso mantenere ferma la disciplina previgente per tutti
coloro  che erano stati esposti ad amianto prima del 2 ottobre 2003»;
e simile interpretazione e' anche quella fatta propria dalla Corte di
cassazione in numerose pronunce.
   E'  successivamente  intervenuto il d.m. 27 ottobre 2004 il quale,
nel  regolare la posizione dei lavoratori che alla data del 2 ottobre
2003  avevano  gia'  maturato il diritto ai benefici previdenziali di
cui  all'art.  13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, ha previsto,
all'art.  1, comma 2, per tutti costoro, la possibilita' di avvalersi
del  precedente  regime  presentando  apposita domanda nel termine di
centottanta   giorni  dalla  data  di  pubblicazione  nella  Gazzetta
Ufficiale  del decreto medesimo (15 giugno 2005). Siffatta previsione
-  che, ad avviso del Tribunale di Genova, e' illegittima, sicche' se
ne rende necessaria la disapplicazione - ha peraltro tentato di porre
rimedio  a  quella  che  «pare  essere un'irragionevole disparita' di
trattamento».  Nella  specie, infatti, la perdurante applicazione del
precedente e piu' favorevole regime previdenziale e' stata collegata,
come  si  e'  detto,  alla sussistenza di almeno una delle condizioni
indicate  dal  censurato  art.  3, comma 132; ad avviso del giudice a
quo, mentre sembra «del tutto ragionevole» collegare la diversita' di
trattamento  alla  gia'  avvenuta maturazione del diritto a pensione,
non  altrettanto puo' dirsi per la presentazione, entro la data del 2
ottobre   2003,  di  una  qualsiasi  domanda  amministrativa  per  il
riconoscimento  del beneficio in questione. Secondo la giurisprudenza
della  Corte  di  cassazione  in  precedenza richiamata, infatti, nel
regime  antecedente  l'entrata in vigore delle disposizioni censurate
non  era  prevista la necessita' di alcuna domanda amministrativa per
fare   accertare   il   diritto  alla  rivalutazione  dei  contributi
previdenziali  per  effetto dell'esposizione all'amianto. Ne consegue
che   al   remittente  pare  si  possa  fondatamente  dubitare  della
ragionevolezza «della disparita' di trattamento stabilita dalla legge
in  ragione  di  un  atto  - la presentazione della domanda - che non
soltanto  non  rientra in alcun modo tra gli elementi costitutivi del
beneficio  disciplinato, ma neppure ne condiziona il riconoscimento».
Introdurre  la necessita' di una domanda che prima non era prevista e
ricollegare  alla  mancata  precedente  presentazione di tale domanda
l'applicazione della nuova e meno favorevole disciplina «significa di
fatto introdurre un termine di decadenza con effetto retroattivo».
   Nel  caso  specifico,  la lavoratrice alla data del 2 ottobre 2003
non  possedeva  i requisiti per il pensionamento ed ha presentato per
la  prima  volta  la  domanda  all'INAIL  per  il  riconoscimento dei
benefici  in  data  15 giugno 2005; alla medesima, pertanto, dovrebbe
applicarsi  la nuova disciplina di cui all'impugnato art. 47 del d.l.
n. 269  del 2003. Tale situazione appare al remittente tale da creare
un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento tra due lavoratori che
abbiano subito la medesima esposizione all'amianto, per il solo fatto
che  uno  di  costoro abbia omesso di presentare una domanda «che non
era   tenuto   a   presentare»,  con  violazione  dell'art.  3  della
Costituzione.
   Il  Tribunale di Genova, quindi, solleva questione di legittimita'
costituzionale  delle  censurate  disposizioni  nella  parte  in  cui
escludono  dall'applicazione  della  disciplina  previgente  a quella
introdotta  dall'art.  47  del d.l. n. 269 del 2003 «coloro che prima
del  2  ottobre 2003 non abbiano presentato domanda amministrativa di
riconoscimento  dei  benefici  previsti  dall'art. 13, comma 8, della
legge  n. 257  del  1992»,  pur  avendo poi presentato la domanda nel
termine di decadenza di cui al menzionato art. 47.
   2. - Nel corso di un'altra controversia, promossa da un lavoratore
nei  confronti  dell'INPS,  per  ottenere  la  rivalutazione,  con il
coefficiente  di  1,5,  del  periodo  lavorativo  nel quale era stato
esposto  all'amianto,  il Tribunale di Genova ha sollevato, sempre in
riferimento  all'art.  3 Cost., un'identica questione di legittimita'
costituzionale.
   In  questa  diversa  ordinanza  il  giudice  a  quo precisa che il
ricorrente  era  stato esposto all'amianto per oltre diciassette anni
(dal  14 novembre 1975 al 31 dicembre 1992) e che il suo interesse ad
agire   e'   dimostrato   dal   fatto   che  egli  potrebbe  accedere
immediatamente  alla  pensione  di  anzianita'  solo  ove gli venisse
applicata la previgente disciplina dell'art. 13, comma 8, della legge
n. 257 del 1992. Il lavoratore, infatti, alla data del 2 ottobre 2003
aveva  maturato  poco  meno  di  trentuno anni di contribuzione e non
avrebbe  potuto raggiungere i quarant'anni neppure col riconoscimento
dei benefici in questione. Al momento della proposizione del ricorso,
pero',  il  medesimo  lavoratore  aveva  maturato  trentatre  anni di
contribuzione  che,  rivalutati  con  il  coefficiente  di  1,5,  gli
consentirebbero  di accedere alla pensione di anzianita'; prestazione
che  non  potrebbe  conseguire,  invece,  ove  gli  si applicasse «la
successiva  - e meno favorevole - disciplina» introdotta dall'art. 47
del d.l. n. 269 del 2003.
   Nel  prosieguo  dell'ordinanza,  il  Tribunale  chiarisce  che  il
ricorrente  ha presentato domanda all'INAIL per il riconoscimento dei
benefici  in data 3 dicembre 2004, sicche' deve essergli applicata la
nuova  e meno favorevole disciplina previdenziale, con la conseguenza
che  egli  matura  il  diritto a pensione «piu' tardi e in un importo
inferiore  per  il  solo fatto di non aver presentato una domanda che
non era tenuto a presentare»; donde la rilevanza della questione.
   Per   il   resto,   l'ordinanza  e'  di  contenuto  identico  alla
precedente.
   3.  -  Si  e' costituito in entrambi i giudizi l'INPS, con atti di
contenuto  identico,  chiedendo  che  la  Corte dichiari la questione
inammissibile o comunque infondata.
   Rileva l'ente previdenziale che dal confronto tra l'art. 47, comma
6-bis,   del   d.l.  n. 269  del  2003,  introdotto  dalla  legge  di
conversione  n. 326  del  2003,  e  l'art.  3, comma 132, della legge
n. 350  del 2003, emerge - anche alla luce della giurisprudenza della
Corte  di  cassazione  - che il perdurare dell'applicazione dell'art.
13,  comma  8,  della  legge  n. 257  del 1992 e' collegato alla gia'
avvenuta  maturazione,  alla  data  del 2 ottobre 2003, del diritto a
pensione  ovvero  all'avviamento  di un procedimento amministrativo o
giurisdizionale.  Tali  condizioni  sono  fra  loro alternative e non
cumulative,  sicche'  il  possesso  anche  di  una  sola  di  esse e'
sufficiente  ad evitare l'effetto sfavorevole costituito dall'entrata
in  vigore  della  nuova  disciplina.  Nella  specie,  ove pure fosse
accolta  la  prospettata questione, continuerebbe a doversi applicare
la   disposizione   del   censurato  art.  47,  perche'  «l'eventuale
espunzione della preventiva domanda amministrativa di prestazione dal
novero  delle condizioni legittimanti l'ultrattivita' della pregressa
normativa non varrebbe comunque ad escludere l'applicazione dello ius
superveniens»  nei  confronti  dei ricorrenti i quali, per ammissione
dello  stesso Tribunale di Genova, non avevano maturato il diritto al
trattamento di pensione e non avevano avanzato alcuna domanda in sede
giurisdizionale.
   Nel  merito, la questione sarebbe infondata, poiche' costruita sul
convincimento  del giudice a quo, reputato «eccessivamente drastico»,
secondo  cui  nel  vigore del testo originario della legge n. 257 del
1992 non era necessaria alcuna domanda amministrativa per ottenere il
riconoscimento  del  diritto  alla  rivalutazione  dei  contributi in
conseguenza   dell'esposizione  all'amianto.  Nella  prassi,  invece,
ancorche'  in  difetto di una specifica norma di legge, la domanda di
riconoscimento  dell'esposizione  era  stata  prevista  dall'INPS fin
dalla circolare n. 304 del 1995, che specificava la necessita' di una
domanda  da  corredare  con  la  certificazione gia' resa dall'INAIL;
sicche'  collegare  la perdurante applicazione della pregressa e piu'
favorevole   normativa   all'avvenuto   inoltro  di  una  domanda  di
accertamento appare del tutto ragionevole.
   La  stessa  Corte  di  cassazione,  infatti,  pur  avendo ribadito
l'inesistenza   di   una   previsione   di  legge  che  imponesse  la
presentazione  di  una domanda amministrativa per ottenere i benefici
previdenziali   in  questione,  ha  affermato  che  la  rivalutazione
determina in concreto il contenuto del diritto alla pensione, di modo
che   la   richiesta  di  accredito  dei  contributi  figurativi  per
l'esposizione  all'amianto  si puo' immedesimare nella stessa domanda
di  pensione.  Il che, del resto, e' del tutto logico, essendo l'INPS
nella  chiara  impossibilita'  di provvedere d'ufficio al computo del
beneficio.
   4.  -  E'  intervenuto  in  entrambi  i  giudizi il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che,  con  due  atti di contenuto pressoche'
identico,    ha    concluso   nel   senso   dell'inammissibilita'   o
dell'infondatezza della questione.
   Osserva  l'Avvocatura che l'inammissibilita' deriverebbe dal fatto
che   il   remittente   non  ha  esposto  le  ragioni  per  le  quali
dall'accoglimento  della  questione  dovrebbe  derivare ai ricorrenti
l'applicazione  di un trattamento piu' favorevole; la declaratoria di
illegittimita'  costituzionale,  infatti,  non  potrebbe  condurre ad
estendere  il  beneficio  ai lavoratori dei giudizi a quibus, i quali
non rientrano nelle altre categorie indicate dal legislatore, sicche'
rimarrebbero  comunque esclusi. Non sarebbe possibile, d'altra parte,
neppure  una  pronuncia  additiva,  in  mancanza di una soluzione dal
contenuto costituzionalmente obbligato.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  Tribunale  di  Genova  - con due ordinanze di contenuto
sostanzialmente  eguale  quanto  alle  disposizioni  impugnate e alla
motivazione   sulla   non  manifesta  infondatezza  della  questione,
ancorche'  le  fattispecie  oggetto dei giudizi si diversifichino per
alcuni  elementi  -  ha  sollevato,  in  riferimento all'art. 3 della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale del combinato
disposto dell'art. 3, comma 132, della legge 27 dicembre 2003, n. 299
(recte:  legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2004»),  e  dell'art.  47 del decreto-legge 30 settembre
2003,  n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la
correzione   dell'andamento  dei  conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.
   Le  suddette  disposizioni  vengono  censurate  nella parte in cui
escludono  dall'applicazione  della  disciplina  previgente  a quella
introdotta dall'art. 47, comma 1, del richiamato d.l. n. 269 del 2003
«coloro  che  prima del 2 ottobre 2003 non abbiano presentato domanda
amministrativa  di riconoscimento dei benefici previsti dall'art. 13,
comma  8,  legge  n. 257  del  1992, come sostituito dall'articolo 1,
comma  1,  d.l. n. 169 del 1993, convertito in legge n. 271 del 1993,
pur  avendo  poi presentato domanda nel termine decadenziale previsto
dal citato art. 47».
   2.  -  Dalle  ordinanze  di  rimessione  risulta,  per  quanto qui
interessa,  che  la  questione viene posta nell'ambito di due giudizi
promossi,  con  ricorsi  rispettivamente  del  13  ottobre 2006 (r.o.
n. 115  del  2008) e 26 settembre 2005 (r.o. n. 116 del 2008), da due
ex   lavoratori   dipendenti   addetti   ad   attivita'  assoggettate
all'assicurazione  obbligatoria  gestita  dall'INAIL  con esposizione
all'amianto  in  concentrazione oltre i limiti di legge e per periodi
ultradecennali  (cessati,  in  entrambi  i casi, entro il 31 dicembre
1992)   che   hanno   chiesto   di   poter  usufruire  del  beneficio
previdenziale di cui all'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992,
n. 257  (Norme  relative  alla cessazione dell'impiego dell'amianto),
nel  testo  previgente  all'art. 47 del d.l. n. 269 del 2003, pur non
essendo  alla  data  di  entrata  in vigore di tale ultimo decreto (2
ottobre  2003)  titolari  di  pensione  di vecchiaia o anzianita' ne'
avendo   presentato,  entro  la  stessa  data,  la  relativa  domanda
amministrativa o giudiziaria seguita da sentenza di accoglimento.
   Il  remittente premette che la disciplina originaria dell'art. 13,
comma 8, della legge n. 257 del 1992 attribuiva ai lavoratori addetti
a  lavorazioni  comportanti  contatti  con  l'amianto,  per una certa
durata   e   con   un   rilevante   quantitativo   di  concentrazione
potenzialmente  morbigeno,  il  beneficio  della  moltiplicazione dei
periodi di contribuzione in cui dette lavorazioni avevano avuto luogo
per  il  coefficiente  1,50 e che tale beneficio era efficace al fine
del   conseguimento   dell'anzianita'   contributiva  necessaria  per
ottenere   la   pensione   oltre   che   sulla   misura   di  questa.
Successivamente e' stato emanato il d.l. n. 269 del 2003, il cui art.
47,  per  quanto  rileva  nel  presente  giudizio,  ha  ridotto,  con
decorrenza  dal  2  ottobre  2003, il coefficiente suddetto da 1,50 a
1,25  ed  ha stabilito che siffatto beneficio non e' utilizzabile per
la  maturazione del diritto al trattamento pensionistico, ma soltanto
ai fini della determinazione dell'importo delle relative prestazioni.
Con  la  legge  di  conversione n. 326 del 2003 nel citato art. 47 e'
stato  inserito il comma 6-bis, il quale ha previsto l'applicabilita'
delle  previgenti  disposizioni  anche  per coloro che avessero, alla
data  indicata,  gia'  maturato il diritto a pensione avvalendosi del
beneficio  previdenziale  in  oggetto,  nonche'  per coloro che, alla
stessa  data,  fruissero  del  trattamento  di  mobilita'  o avessero
definito  la  risoluzione  del  rapporto  di lavoro in relazione alla
domanda di pensionamento.
   I  precedenti  commi  5  e 6 dello stesso articolo hanno, inoltre,
prescritto che coloro che intendessero ottenere il riconoscimento del
beneficio  dovessero  presentare  domanda all'INAIL entro centottanta
giorni  dalla  data  di  pubblicazione  del decreto interministeriale
contenente  le  modalita'  di  attuazione  della nuova disciplina, da
emanare  entro  sessanta  giorni  dall'entrata in vigore dello stesso
d.l.  n. 269  del  2003.  Tale decreto ministeriale e' stato, invece,
emanato  il 27 ottobre 2004 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
17  dicembre  2004,  sicche'  il termine per la suindicata domanda e'
scaduto il 15 giugno 2005.
   L'art.  3,  comma  132, della legge finanziaria n. 350 del 2003 ha
esteso  le  categorie  dei  soggetti  che  possono  godere del regime
previgente  all'emanazione  del  d.l.  n. 269  del 2003, prevedendone
l'applicazione anche a coloro che, alla data 2 ottobre 2003, avessero
«gia'  maturato  [...]  il  diritto  al  conseguimento  dei  benefici
previdenziali di cui all'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992,
n. 257  e  successive  modificazioni»,  nonche'  «a  coloro che hanno
avanzato domanda di riconoscimento all'INAIL o che ottengono sentenze
favorevoli per cause avviate entro la stessa data».
   Successivamente,  il citato decreto interministeriale attuativo ha
stabilito  che  «ai lavoratori che sono stati esposti all'amianto per
periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni  sul lavoro e le malattie professionali gestita dall'INAIL,
che  abbiano  gia' maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto
al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma
8,  della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, si
applica  la disciplina previgente alla medesima data, fermo restando,
qualora non abbiano gia' provveduto, l'obbligo di presentazione della
domanda  [...]  entro  il  termine  di 180 giorni a pena di decadenza
dalla data di entrata in vigore del presente decreto».
   Premesso l'esposto svolgimento normativo, il remittente riferisce,
in  fatto,  che,  per entrambi i ricorrenti, sono state accertate sia
l'esposizione   all'amianto  per  il  tempo  e  nelle  concentrazioni
previsti, sia la mancata maturazione del diritto a pensione alla data
del  2 ottobre 2003. Piu' precisamente, la ricorrente nel giudizio di
cui  all'ordinanza  n. 115  del 2008 gode della pensione di vecchiaia
dal  giugno  2005  e il ricorrente nell'altro giudizio maturerebbe il
diritto  alla pensione di anzianita' se gli fosse applicato il regime
previgente  il  d.l. n. 269 del 2003. Entrambi i ricorrenti, inoltre,
hanno  presentato  la  domanda  in  sede amministrativa solo in epoca
successiva (rispettivamente, il 15 giugno 2005 e il 3 dicembre 2004).
   Il  giudice  a  quo  sostiene  che  la  normativa censurata, nella
interpretazione  datane  dalla Corte di cassazione in alcune pronunce
tra  loro  conformi  -  costituenti,  quindi, «diritto vivente» - non
consente  l'applicazione  ai  ricorrenti  nei  giudizi principali del
regime  previgente  piu' favorevole per quanto concerne la misura del
coefficiente  di  rivalutazione.  La Corte di cassazione, infatti, ha
precisato   che,   nella   lettura   della  suddetta  disciplina:  a)
l'espressione «maturazione del diritto» deve intendersi riferita alla
maturazione  del  diritto  a  pensione;  b) «tra coloro che non hanno
ancora   maturato   il  diritto  a  pensione,  la  salvezza  concerne
esclusivamente  gli  assicurati  che,  alla  data  indicata,  abbiano
avviato    un   procedimento   amministrativo   o   giudiziario   per
l'accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva».
   Conseguentemente,  ad  avviso  del Tribunale di Genova, il decreto
ministeriale  attuativo, nella parte in cui attribuisce il diritto al
piu' favorevole coefficiente di rivalutazione anche a coloro che alla
data  del  2  ottobre 2003 non avevano maturato il diritto a pensione
ne' presentato alcuna domanda, purche' provvedessero a farlo entro il
15  giugno  2005, non e' conforme alla legge e va disapplicato. Ma la
disciplina legale suddetta e' irragionevole perche', condizionando il
trattamento   piu'  favorevole  alla  presentazione  di  una  domanda
amministrativa  entro  una  certa  data  quando,  all'epoca,  non era
previsto  alcun  onere  di  una simile presentazione, fa derivare una
diversita' di regime da un fatto puramente casuale.
   3.  -  In via preliminare deve essere disposta la riunione dei due
giudizi aventi ad oggetto la medesima questione.
   Non  puo'  essere accolta l'eccezione d'inammissibilita' avanzata,
sia  pure  in  termini  formalmente diversi, dalla difesa dell'INPS e
dall'Avvocatura   dello  Stato,  secondo  cui  la  motivazione  sulla
rilevanza   sarebbe   insufficiente   in   quanto  le  ordinanze  non
chiarirebbero  in  che modo l'eventuale accoglimento della questione,
cosi' come proposta, influirebbe sui giudizi di provenienza.
   Il   remittente,   infatti,   chiede   che   la  dichiarazione  di
illegittimita'  colpisca  quella parte della normativa che condiziona
la  fruizione  del piu' favorevole previgente regime del beneficio in
oggetto,  da  parte  di coloro che non avessero maturato il diritto a
pensione  alla  data del 2 ottobre 2003, alla presentazione, entro la
stessa  data,  di una apposita domanda amministrativa. Eliminato tale
requisito,  poiche'  entrambi i ricorrenti nei giudizi a quibus hanno
presentato la domanda amministrativa entro il 15 giugno 2005 (termine
fissato dalla nuova disciplina), le loro domande, sotto tale profilo,
non troverebbero ostacoli all'accoglimento.
   4. - La questione e', invece, inammissibile per ragioni diverse.
   Senza   voler  qui  ripercorrere  tutta  la  vicenda  normativa  e
giurisprudenziale  relativa  alle lavorazioni comportanti esposizione
all'amianto,  e'  necessario,  tuttavia,  metterne in evidenza alcuni
punti rilevanti per comprendere i termini della questione stessa.
   In una prima fase, una volta accertata l'efficacia morbigena delle
polveri  di amianto, ancorche' non ben identificati i modi, i tempi e
i  livelli  di  concentrazione  della  esposizione  perche'  siffatta
efficacia   potesse  spiegarsi,  l'esigenza  primaria  fu  quella  di
favorire  la  dismissione  delle  lavorazioni concernenti il suddetto
minerale.
   Il  problema  si  pose in sede comunitaria nella prima meta' degli
anni  ottanta. L'Italia tardo' a dare esecuzione alle misure disposte
in  quella  sede  e  solo dopo la sentenza di condanna della Corte di
giustizia  CE  13  settembre  1990,  n. 240, seguita ad una procedura
d'infrazione,  fu  emanata  la  legge n. 257 del 1992, principalmente
finalizzata,   come  si  evince  anche  dal  titolo,  a  favorire  la
cessazione dell'impiego dell'amianto.
   Tra  le misure previste per raggiungere tale obiettivo, l'art. 13,
comma  8,  stabili'  che  i periodi di lavoro relativi alle attivita'
assoggettate  all'assicurazione  obbligatoria  gestita dall'INAIL che
esponevano  alle  polveri  di  amianto  fossero  moltiplicati  per il
coefficiente  1,50  quando  superavano  i  dieci  anni.  E' opportuno
precisare  che tale misura non comportava l'introduzione di una nuova
prestazione  previdenziale,  bensi'  una  modalita'  di calcolo della
anzianita'   contributiva   ai   fini   delle  ordinarie  prestazioni
pensionistiche  di  vecchiaia e di anzianita' o di queste sostitutive
in  regimi  speciali, modalita' di calcolo che aveva il fine precipuo
di  favorire  l'esodo  dal  mondo  del  lavoro  del maggior numero di
lavoratori  che  subivano,  sul  piano  occupazionale, le conseguenze
della  voluta  dismissione.  In  correlazione  a  tale  finalita', il
beneficio  non  era attribuito a coloro che fossero gia' titolari dei
suddetti trattamenti pensionistici (sentenza n. 434 del 2002).
   Dopo  oltre  un  decennio, durante il quale sono anche intervenute
modifiche normative che qui non rilevano, con il d.l. n. 269 del 2003
la  misura suindicata ha subito una radicale trasformazione dovuta ad
un  duplice  ordine  di ragioni. Da un lato, infatti, e' stato logico
presumere  che, a distanza di tanti anni dall'entrata in vigore della
legge   n. 257   del  1992,  il  risultato  della  dismissione  delle
lavorazioni dell'amianto, comportanti esposizione dei lavoratori alle
sue  polveri,  fosse  stato  ormai  conseguito; dall'altro, e' venuto
emergendo,  dalle  indagini  epidemiologiche  e  dai  progressi della
scienza  medica,  che  gli effetti dannosi della suddetta esposizione
possono  prodursi  anche  a  lunga  distanza  di tempo e che non era,
quindi,  irragionevole attribuire un beneficio previdenziale a coloro
che  a  siffatto  rischio  erano  stati esposti, anche se le relative
attivita'  non erano obbligatoriamente assoggettate all'assicurazione
INAIL. La nuova normativa ha, pertanto, previsto che il beneficio non
valga  al  fine  del raggiungimento della anzianita' contributiva, ma
sia attribuito, in presenza delle altre condizioni di legge, a coloro
che  abbiano maturato il diritto al trattamento di quiescenza secondo
gli  ordinari  criteri  di  calcolo,  al solo fine della misura della
pensione.  La  riduzione  del coefficiente di rivalutazione da 1,50 a
1,25 e' dovuta alla non irragionevole previsione che vi sarebbe stato
un  allargamento  della  platea degli aventi diritto e, quindi, a una
nuova valutazione delle esigenze di bilancio.
   Le  disposizioni  dell'art.  47,  commi 5 e 6, del d.l. n. 269 del
2003  sono predisposte alla definizione delle modalita' di attuazione
della nuova disciplina, con riguardo alla quale stabiliscono a carico
degli  aventi  diritto  l'onere della domanda amministrativa entro il
termine  di  decadenza  collegato  alla  pubblicazione  del  suddetto
decreto interministeriale.
   Il  comma  6-bis  dello  stesso art. 47, introdotto dalla legge di
conversione,  e  l'art.  3, comma 132, della legge finanziaria n. 350
del  2003,  disciplinano  il regime transitorio in considerazione del
mutamento   delle   finalita'   e   dei   presupposti   della  misura
previdenziale  in  oggetto.  Il  primo,  come  si  e' detto, consente
l'attribuzione del beneficio previdenziale secondo il piu' favorevole
previgente  regime  in  favore  di coloro che alla data di entrata in
vigore  del d.l. n. 269 del 2003 (2 ottobre 2003) abbiano maturato il
diritto  al  trattamento  pensionistico  anche  in  base  ai benefici
previdenziali  di  cui  all'art.  13, comma 8, della legge n. 257 del
1992,  e  ad  altre categorie che qui non rilevano. Il citato art. 3,
comma 132, a sua volta stabilisce che il regime previgente si applica
ai  lavoratori  che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano maturato «il
diritto  al  conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art.
13,  comma  8,  della  legge  27  marzo  1992,  n. 257,  e successive
modificazioni»,  nonche'  «a  coloro  che hanno presentato domanda di
riconoscimento  all'INAIL  o  che  ottengono  sentenze favorevoli per
cause avviate entro la stessa data».
   Il  remittente  ritiene,  anche  in conformita' ad un orientamento
della  Corte  di  cassazione,  che l'espressione «abbiano maturato il
diritto  al  conseguimento  dei  benefici previdenziali» debba essere
interpretata    come    riferentesi   al   diritto   alla   pensione,
implicitamente  con  l'attribuzione  dei  benefici  di cui si tratta,
nonche'  che  il  regime  previgente  si  applichi anche a coloro che
abbiano fatto domanda amministrativa entro il 2 ottobre 2003.
   Ai  fini del giudizio di costituzionalita' e' sufficiente rilevare
che   siffatta   interpretazione  non  e'  implausibile,  qualora  si
consideri  che  la  disposizione  di  cui all'art. 13, comma 8, della
legge  n. 257  del  1992,  come  gia' osservato, non ha istituito una
nuova   prestazione   previdenziale,  ma  soltanto  un  sistema  piu'
favorevole di calcolo della contribuzione per la determinazione della
pensione.  Non  si  puo',  pertanto,  configurare «la maturazione del
diritto  ai benefici» indipendentemente dal conseguimento del diritto
a pensione.
   Cio' che non puo' essere condiviso nel ragionamento del remittente
e' l'affermazione che il fatto di aver subordinato l'attribuzione del
piu'  favorevole  originario regime alla presentazione di una domanda
amministrativa,  effettuata entro una data ricadente in un periodo in
cui   essa   non   era  obbligatoriamente  prevista,  costituisca  la
retroattiva - e quindi irragionevole - imposizione di un onere. A tal
proposito,  si  rileva  che  il  legislatore ha dettato la disciplina
transitoria  inerente  al  passaggio  da  un  regime  ad  un altro in
correlazione con il mutamento di funzione e di struttura della misura
disciplinata.   Considerando   che   tale   passaggio  comportava  un
trattamento  meno  favorevole,  ha voluto far salve alcune situazioni
ritenute  meritevoli di tutela, introducendo disposizioni derogatorie
rispetto  all'immediata applicazione della nuova disciplina. Tra tali
ipotesi   ha   inserito   anche   quella   di   coloro  che  avessero
precedentemente  presentato  domanda  amministrativa  per ottenere il
riconoscimento  del beneficio, in ragione della relativa efficacia ai
fini del conseguimento della pensione.
   La  tesi  del  remittente  non  si  limita  all'affermazione della
irragionevolezza  della  suddetta  disposizione  derogatoria,  ma  si
estende    dalla    richiesta   della   relativa   dichiarazione   di
illegittimita'  a  quella  della  introduzione,  come diversa ipotesi
derogatoria,  della  presentazione della domanda entro il termine del
15  giugno 2005, termine, quest'ultimo, che e' stato stabilito a fini
diversi,  come  non  contesta  lo stesso remittente, il quale afferma
l'impossibilita'  di applicarlo in via puramente interpretativa della
normativa censurata.
   A quanto rilevato consegue l'inammissibilita' della questione, dal
momento   che,  per  giurisprudenza  costante  di  questa  Corte,  va
riconosciuta  al legislatore ampia discrezionalita' - salvo il limite
della  palese  irragionevolezza  -  nella  fissazione  delle norme di
carattere transitorio dettate per agevolare il passaggio da un regime
ad  un  altro,  tanto  piu'  ove si tratti di disciplina di carattere
derogatorio  comportante  scelte  connesse  all'individuazione  delle
categorie    dei   beneficiari   delle   prestazioni   di   carattere
previdenziale.