Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, promosso dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Montepulciano nel procedimento penale a carico di C. E. ed altro con ordinanza del 30 ottobre 2007, iscritta al n. 831 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2008. Udito nella Camera di consiglio dell'8 ottobre 2008 il giudice relatore Giuseppe Tesauro. Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 30 ottobre 2007, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Montepulciano, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' alla funzione di giudice dell'udienza preliminare del giudice che, all'esito del precedente dibattimento riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, abbia ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la ritenuta diversita' del fatto rispetto a quello contestato, ai sensi dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen. Chiamato alla trattazione dell'udienza preliminare in un procedimento per il reato di sfruttamento della prostituzione altrui, il giudice a quo riferisce che, nello stesso procedimento, all'esito di un precedente dibattimento, quale componente del collegio giudicante, egli aveva disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero in ragione della diversita' del fatto accertato da come descritto nell'imputazione, in applicazione dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen. Il rimettente esclude che l'art. 34 cod. proc. pen. contempli quale ipotesi d'incompatibilita' del giudice la situazione descritta e, tuttavia, assume che, rispetto ad essa, sussistano le stesse ragioni poste a fondamento dell'incostituzionalita' della norma dichiarata, con la sentenza n. 455 del 1994, per il caso di giudizio dibattimentale celebrato dal giudice che, nel precedente dibattimento riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, ha emesso ordinanza di trasmissione degli al pubblico ministero ai sensi dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen.; nonche', con la sentenza n. 224 del 2001, in relazione al caso della trattazione dell'udienza preliminare ad opera del giudice che ha pronunciato sentenza, poi annullata, nei confronti del medesimo imputato e per lo stesso fatto. Invero, per il carattere tassativo delle cause di incompatibilita' del giudice, l'udienza preliminare, quale sede pregiudicabile, non potrebbe ritenersi compresa nelle statuizioni della pronuncia n. 455 del 1994, in base alle quali «il giudice, quando accerta che il fatto e' diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio, compie una penetrante delibazione del merito della regiudicanda», con la conseguenza che «un dibattimento bis riguardante il medesimo fatto storico e il medesimo imputato non puo' [...] non essere attribuito alla cognizione di altro giudice». A parere del giudice a quo, pero', il principio cosi' espresso in riferimento al giudice del dibattimento dovrebbe valere anche per il giudice dell'udienza preliminare, la cui determinazione conclusiva, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 224 del 2001, in conseguenza delle innovazioni recate dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice di procedura penale e all'ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennita' spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), e dalla legge 7 dicembre 2000, n. 397 (Disposizioni in materia di indagini difensive), poggia su un apprezzamento del merito dell'accusa privo del carattere della sommarieta', non piu' distinguibile da quello proprio di altri momenti processuali, gia' ritenuti non solo pregiudicanti, ma anche pregiudicabili, ai fini della sussistenza della incompatibilita'. La disciplina denunciata, percio', violerebbe il «principio di parita' di trattamento di situazioni simili», comprimendo le garanzie d'imparzialita' ed indipendenza del giudice ed il diritto di difesa. Considerato in diritto 1. - Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Montepulciano dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, nella parte in cui non inibisce la trattazione dell'udienza preliminare al giudice che, all'esito del precedente dibattimento riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, abbia ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la ritenuta diversita' del fatto, a norma dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen. A suo avviso, ricorrerebbero nella fattispecie le medesime ragioni d'incompatibilita' che hanno condotto questa Corte all'accoglimento di altre questioni di costituzionalita' dell'art. 34 cod. proc. pen., con particolare riferimento al caso del giudice che, avendo emesso in un precedente dibattimento ordinanza ai sensi dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen., sia chiamato a partecipare al nuovo dibattimento (sentenza n. 455 del 1994); nonche' al caso del giudice investito della funzione di giudice dell'udienza preliminare dopo che abbia pronunciato sentenza, poi annullata, nei confronti del medesimo imputato e per lo stesso fatto (sentenza n. 224 del 2001). La mancata previsione dell'anzidetta causa d'incompatibilita', dunque, determinerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni tra loro assimilabili e comprimerebbe il diritto di difesa e le garanzie d'imparzialita' del giudice. 2. - La questione e' fondata, nei termini di seguito precisati. Con la sentenza n. 455 del 1994 e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedeva l'incompatibilita' alla funzione di giudizio del giudice che avesse, all'esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero a norma dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen. Nella pronuncia questa Corte ha rilevato che il giudice, quando accerta che il fatto e' diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio, compie una piena delibazione del merito della regiudicanda, facendone conseguire che «un dibattimento bis riguardante il medesimo fatto storico e il medesimo imputato non puo' [...] non essere attribuito alla cognizione di altro giudice, trattandosi della stessa ratio di tutela della imparzialita' e serenita' di giudizio che informa la regola posta dall'art. 34, comma 1, cod. proc. pen., affermativa della incompatibilita' del giudice che abbia pronunciato sentenza in un precedente grado di giudizio relativamente al medesimo procedimento». L'ipotesi che qui interessa e' rimasta estranea al decisum della citata sentenza, avendo quest'ultima identificato una relazione d'incompatibilita' il cui secondo termine era dato dal giudizio inteso quale funzione che si estrinseca nella celebrazione del dibattimento. In seguito, la sentenza n. 224 del 2001 ha ricondotto l'udienza preliminare, nella configurazione assunta per effetto delle innovazioni introdotte dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, e dalla legge 7 dicembre 2000, n. 397, al novero delle sedi suscettibili di essere pregiudicate dalla precedente valutazione in ordine alla medesima regiudicanda: secondo quanto osservato dalla Corte, nella vigente disciplina, «l'alternativa decisoria che si offre al giudice quale epilogo dell'udienza preliminare riposa su una valutazione del merito della accusa non piu' distinguibile - quanto ad intensita' e completezza del panorama delibativo - da quella propria di altri momenti processuali, gia' ritenuti non solo ''pregiudicanti'', ma anche ''pregiudicabili'', ai fini della sussistenza della incompatibilita'». Questo orientamento ha trovato conferma in successive pronunce, emesse riguardo a casi di reiterazione della funzione di giudice dell'udienza preliminare, nelle quali la locuzione «giudizio», utilizzata dal legislatore nell'art. 34 cod. proc. pen., e' stata intesa come comprensiva anche dell'udienza preliminare (sentenza n. 335 del 2002; ordinanze n. 20 del 2004, n. 271 e n. 269 del 2003). In tale quadro, se l'apprezzamento in ordine alla diversita' del fatto compiuto al termine del precedente dibattimento, implicando una valutazione contenutistica dell'ipotesi di accusa, costituisce attivita' idonea a radicare l'incompatibilita' del giudice a partecipare al nuovo dibattimento, alle medesime conclusioni deve pervenirsi quando, a seguito della vicenda regressiva, l'ulteriore attivita' che il giudice sia chiamato ad esercitare consista nella trattazione dell'udienza preliminare. Tenuto conto dei precedenti, pertanto, esigenze di certezza impongono di dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' alla trattazione dell'udienza preliminare del giudice che abbia ordinato, all'esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, la trasmissione degli atti al pubblico ministero, a norma dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen.