Sentenza
nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 505,
della  legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2008),  promossi dalla Corte di appello di Trieste, con ordinanza del
7  febbraio  2008,  e  dalla  Corte  di  appello  di  Torino, con tre
ordinanze  del  29  gennaio  2008, rispettivamente iscritte ai numeri
181,  191,  192  e 193 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  numeri  25  e  27, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2008.
   Visti  gli  atti  di  costituzione  dell'Istituto  nazionale della
previdenza  sociale  (INPS),  di B. M., di A. A. e altri, nonche' gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  4  novembre  2008  il  Giudice
relatore Francesco Amirante;
   Uditi  gli  avvocati Nicola Valente per l'INPS, Mario Albanese per
B. M., Carlo De Angelis per A. A. ed altri e gli avvocati dello Stato
Vittorio  Russo  e  Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.1.  -  La  Corte  di  appello  di  Trieste - adita dall'Istituto
nazionale  della  previdenza  sociale  (INPS)  per  la  riforma della
sentenza   di  primo  grado  che  aveva  riconosciuto  ad  alcuni  ex
combattenti  il  diritto  a  vedersi  calcolata  sulla  maggiorazione
pensionistica prevista dall'art. 6 della legge 15 aprile 1985, n. 140
(Miglioramento  e perequazione di trattamenti pensionistici e aumento
della  pensione  sociale),  la  perequazione automatica sin dall'anno
1985  e  non  solo  dalle  date  di  costituzione  del beneficio - ha
sollevato,  con  ordinanza  del  7 febbraio 2008, in riferimento agli
artt.  3,  primo  e  secondo  comma,  24 primo e secondo comma, e 38,
secondo   comma,   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 2, comma 505, della legge 24 dicembre 2007,
n. 244  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008).
   Il  giudice a quo specifica che la norma impugnata e' sopravvenuta
in  corso  di  causa e ricostruisce la ratio del beneficio osservando
che  il  legislatore,  facendosi carico delle conseguenze del secondo
conflitto  mondiale,  ha  previsto - con il citato art. 6 della legge
n. 140  del  1985  -  in favore degli ex combattenti che non avessero
goduto   di  altri  benefici,  una  maggiorazione  reversibile  della
pensione  nella misura di lire 30.000 mensili (attuali 15,49 euro). A
norma  del  comma  3  della disposizione citata, la maggiorazione «e'
soggetta alla disciplina della perequazione automatica».
   Tuttavia  l'interpretazione  dell'art. 6, secondo cui il beneficio
va  perequato  sin  dalla  sua istituzione, suffragata dalla sentenza
della  Corte  di  cassazione n. 14285 del 2005, e' stata contraddetta
dalla  norma  impugnata,  la  quale,  a ben ventidue anni di distanza
dall'emanazione della citata legge n. 140 del 1985, ha stabilito che,
viceversa,  la  suddetta  perequazione  debba  decorrere «dal momento
della concessione della maggiorazione agli aventi diritto».
   Si   sarebbe  cosi'  determinata  un'irragionevole  disparita'  di
trattamento, in violazione dell'art. 3, primo e secondo comma, Cost.,
fra  coloro  che  ottennero  la  prestazione  nel  1985 (e negli anni
seguenti)  ed  i nuovi e successivi aventi diritto: per i primi vi e'
stata   una   perequazione   immediata,   mentre  per  gli  altri  la
maggiorazione  e'  stata  perequata  solo  dopo  la  concessione, pur
trattandosi   di   soggetti   parimenti  meritevoli  e  nelle  stesse
condizioni.   Infatti,   l'unico   requisito   per   ottenere   detta
maggiorazione  e'  l'appartenenza alle categorie previste dalla legge
24  maggio  1970,  n. 336 (Norme a favore dei dipendenti civili dello
Stato  ed  Enti  pubblici  ex  combattenti  ed  assimilati), cioe' il
possesso di una condizione gia' in essere da anni.
   Risulterebbe  vulnerato  anche l'art. 38, secondo comma, Cost., in
quanto  il  trattamento  pensionistico, del quale la maggiorazione in
parola  e'  parte  integrante  a  tutti gli effetti, mira a conferire
mezzi adeguati, mentre la concessione di un trattamento differenziato
contrasta  con  la circostanza che la pensione dovrebbe essere eguale
in parte qua.
   Sarebbe  infine  violato  anche  l'art. 24, primo e secondo comma,
Cost.,  in  quanto  la  norma  impugnata avrebbe compresso il diritto
degli  interessati  ad ottenere la perequazione anche per il passato:
infatti  la  maggiorazione verra' pagata dalla data della domanda, ma
con  un  importo  inferiore  a  quello del lontano 1985, cosi' che il
ricorso a norma interpretativa per sacrificare detto diritto concreta
un intervento in una materia gia' oggetto del giudizio.
   1.2.  - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha concluso per la declaratoria di manifesta infondatezza,
osservando  come  la  norma  denunciata  non faccia venir meno alcuna
prerogativa  giudiziale,  limitandosi  a  disciplinare  la decorrenza
della misura perequativa.
   In   una   memoria  depositata  successivamente,  l'Avvocatura  ha
altresi'  sottolineato la discrezionalita' del legislatore in materia
di perequazione del trattamento pensionistico, nonche' le esigenze di
bilancio sottese alla norma stessa.
   1.3.  -  Nel  giudizio  dinanzi  a questa Corte si sono costituiti
l'INPS ed uno degli appellati nel giudizio a quo.
   1.3.1. - L'Istituto ricorda di aver sostenuto, fin dalla circolare
n. 117  del  25  maggio  1985, la tesi secondo cui si ha perequazione
solo a partire dal momento della concessione della maggiorazione, nel
senso  che  la  maggiorazione e' suscettibile di essere aumentata, in
virtu'  della  perequazione  automatica,  solo  dopo  che  sia  stata
acquisita  al  trattamento  pensionistico.  Ma la Corte di cassazione
(peraltro,  con  la  sola  sentenza n. 14285 del 2005) - diversamente
interpretando  il  citato  terzo comma dell'art. 6 della legge n. 140
del  1985  - ha ricavato la regola per cui la perequazione automatica
opera,  per  tutti  i  beneficiari della maggiorazione, fin dal 1985,
anno dell'istituzione del beneficio.
   In  questa  situazione  di  incertezza  tra  una  costante  prassi
amministrativa  ed un sopravvenuto orientamento giurisprudenziale, il
legislatore  e'  intervenuto  con  la  norma impugnata, interpretando
l'art.  6,  comma  3,  della  legge  n. 140  del  1985  nel senso che
l'importo della maggiorazione deve essere attribuito, alla decorrenza
della  medesima,  nella misura originaria e non in quella comprensiva
delle     perequazioni    intervenute    dalla    sua    istituzione.
Nell'argomentare   la  non  fondatezza  della  questione,  l'Istituto
ricorda  la  giurisprudenza  di  questa  Corte in materia di norme di
interpretazione  autentica,  rilevando,  inoltre,  che  la differenza
quantitativa  trova  giustificazione  nel  diverso momento di accesso
alla  maggiorazione,  si'  che il solo trascorrere del tempo ben puo'
essere   gia'   di   per   se'  elemento  idoneo  a  giustificare  un
differenziato trattamento.
   Sarebbero  altresi'  infondate le censure relative agli artt. 24 e
38  Cost.:  sotto  il  primo profilo, infatti, la norma impugnata non
determinerebbe alcuna riduzione ex post del trattamento previdenziale
spettante   agli   assicurati,   ne'   cagionerebbe   un  trattamento
pensionistico insufficiente al soddisfacimento delle esigenze di vita
del  lavoratore,  limitandosi ad imporre (quanto al secondo parametro
evocato)   un'interpretazione   gia'  desumibile  dalle  disposizioni
interpretate.
   1.3.2. -  La  parte privata, nel ribadire le argomentazioni di cui
all'ordinanza  di  rimessione,  specifica in via esemplificativa come
coloro  che  hanno  beneficiato  della  maggiorazione  in  parola sin
dall'entrata  in  vigore  della  legge n. 140 del 1985 - in quanto da
quell'epoca  pensionati - si siano visti rivalutare l'importo di lire
30.000  (euro  15,49)  e,  quindi,  attualmente  ricevano  un importo
mensile  pari  a  circa euro 36,00, mentre chi andando in pensione si
vede  costituire  la  prestazione  oggi, percepisca l'importo di euro
15,49, soggetto a perequazione solo per il futuro.
   2.1.  -  Nel  corso  di tre giudizi in cui l'INPS aveva chiesto la
riforma  della  sentenza  di  primo  grado  che aveva riconosciuto ai
ricorrenti  -  appartenenti  alle  categorie  degli ex combattenti ed
assimilati  -  il diritto a che la maggiorazione pensionistica di cui
all'art.   6  della  legge  n. 140  del  1985  fosse  assoggettata  a
perequazione  automatica  sin dall'anno 1985 e non solo dalle date di
costituzione  della  prestazione,  la  Corte  di appello di Torino ha
sollevato,  con  tre  identiche  ordinanze  in  data 29 gennaio 2008,
questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3
Cost., del medesimo art. 2, comma 505, della legge n. 244 del 2007.
   Il  remittente riporta alcuni stralci della motivazione della gia'
citata   sentenza  n. 14285  del  2005  della  Corte  di  cassazione,
affermativa   del   diritto   di   cui  sopra,  ed  aggiunge  che  le
argomentazioni  addotte  da  quella decisione a favore della tesi dei
pensionati  -  nel  senso, cioe', della decorrenza della perequazione
automatica  della  maggiorazione  di cui all'art. 6, legge n. 140 del
1985  a partire dalla data di entrata in vigore della norma, e non da
quella  eventualmente  successiva  della liquidazione del trattamento
pensionistico  -  «paiono  ora  decisive  ai fini del giudizio di non
manifesta    infondatezza    della    questione    di    legittimita'
costituzionale».
   2.2.  -  In tutti e tre i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che  ha  concluso  per  la  declaratoria  di
manifesta  infondatezza  ovvero  di inammissibilita' della questione,
osservando  come la maggiorazione in argomento sia stata riconosciuta
a  quanti potevano vantare requisiti combattentistici, ponendo questa
categoria  in  una  posizione differenziata rispetto alla generalita'
dei  pensionati, con la conseguenza che essa rappresenta un'eccezione
in   melius  al  principio  della  necessaria  corrispondenza  tra  i
contributi versati e le prestazioni erogate, in quanto posta a carico
del  bilancio  dello  Stato,  al  di  fuori  del sistema contributivo
obbligatorio.
   2.3.  - In tutti e tre i giudizi si sono costituiti l'INPS (che ha
formulato  conclusioni  identiche  a  quelle  sopra  riportate, con i
medesimi  argomenti)  nonche'  le  parti private, tutte rappresentate
dagli   stessi   difensori.  Queste  ultime,  anche  in  una  memoria
depositata  nell'imminenza  dell'udienza, affermano che il piu' volte
citato  art.  6  della legge n. 140 del 1985, nel prevedere, al terzo
comma,  che  la  maggiorazione e' soggetta a perequazione automatica,
avrebbe  inteso  conservare  l'originario  potere  di  acquisto della
prestazione   indipendentemente   dalla  data  di  maturazione  della
pensione.   Le   parti   sostengono  il  carattere  innovativo  della
disposizione  censurata,  che  priverebbe di ogni autonoma valenza la
perequazione stabilita dall'anzidetto comma 3 dell'art. 6.
   La  norma,  che  si autoqualifica di interpretazione autentica, in
realta'   verrebbe  a  stravolgere  completamente  la  disciplina  di
adeguamento  concepita dal legislatore per assicurare la dinamica nel
tempo   del  valore  della  maggiorazione:  essa  sarebbe  diretta  a
modificare radicalmente il contenuto originario della disposizione e,
come  tale,  non  dovrebbe  ritenersi applicabile ai trattamenti gia'
maturati.  Anche  in  tale caso (applicabilita' ai soli pensionamenti
decorrenti  dal  1° gennaio 2008), essa sarebbe comunque illegittima,
in   quanto   genera   disparita'   di   trattamento  tra  situazioni
oggettivamente  eguali,  che si differenziano tra di loro solo per la
diversa data di maturazione del diritto.
                       Considerato in diritto
   1. -  Questa  Corte  viene  chiamata  a  risolvere la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  2, comma 505, della legge 24
dicembre  2007,  n. 244  (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale   e   pluriennale  dello  Stato -  legge  finanziaria  2008),
sollevata  dalla Corte d'appello di Trieste in riferimento agli artt.
3,  primo  e  secondo comma, 24, primo e secondo comma, e 38, secondo
comma, della Costituzione, e dalla Corte d'appello di Torino, con tre
ordinanze  di identico contenuto, in riferimento al solo art. 3 della
Costituzione.
   Va  premesso  che  l'art.  6,  della  legge 15 aprile 1985, n. 140
(Miglioramento  e perequazione di trattamenti pensionistici e aumento
della  pensione  sociale) ha istituito, con decorrenza dal 1° gennaio
1985,  a  favore  di  ex  combattenti  e  di  appartenenti  ad alcune
categorie  a questi assimilati, una maggiorazione reversibile di lire
trentamila mensili del rispettivo trattamento di pensione determinato
secondo  le  norme  ordinarie,  posta  a  totale  carico dello Stato,
soggetta  a  perequazione  automatica  e  indifferente  ad  eventuali
integrazioni al minimo.
   La  disposizione impugnata ha stabilito che «l'articolo 6, comma 3
,  della legge 15 aprile 1985, n. 140, si interpreta nel senso che la
maggiorazione prevista dal comma 1 del medesimo articolo si perequa a
partire  dal  momento  della concessione della maggiorazione medesima
agli aventi diritto».
   Secondo  i  remittenti,  poiche'  la qualita' di appartenenti alle
categorie  degli  aventi  diritto al beneficio e' stata acquisita ben
prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge e la maggiorazione e' a
totale   carico   dello   Stato   e   non  correlata  alla  posizione
previdenziale dei beneficiari, la norma di interpretazione autentica,
introdotta  dalla  suddetta  disposizione, determina un'irragionevole
disparita'  di  trattamento  riguardo all'entita' della maggiorazione
stessa,  dipendente  dalle  diversita'  di  date di maturazione della
pensione.
   Secondo   la   sola   Corte  d'appello  di  Trieste,  inoltre,  la
disposizione  in scrutinio violerebbe anche l'art. 38, secondo comma,
Cost. e, non consentendo agli aventi diritto di agire in giudizio per
ottenere la perequazione della maggiorazione calcolata con decorrenza
dalla  sua  istituzione,  contrasterebbe anche con l'art. 24, primo e
secondo comma, Cost., che garantisce a tutti il diritto di difesa.
   2.  - In  via  preliminare  deve  essere  disposta la riunione dei
giudizi  aventi  ad  oggetto  una  questione  per  tutti  identica  e
questioni alla prima connesse, sollevate soltanto in uno di essi.
   3.  1.  - Le  questioni  non  sono  fondate con riguardo a tutti i
parametri evocati.
   La  tesi  dei  remittenti,  per  quanto  concerne  la  denuncia di
violazione  dell'art.  3  Cost.,  si  fonda  sul  presupposto  che la
fattispecie costitutiva del diritto al beneficio combattentistico sia
indipendente   dalla   maturazione   del   diritto  alla  prestazione
previdenziale,   sicche'   essa  costituirebbe  un  diritto  autonomo
rispetto   a   questa.   La  disposizione  censurata  avrebbe  quindi
determinato  disparita'  di  trattamento  sulla  base  di circostanze
irrilevanti riguardo a tale diritto.
   Il  presupposto  su cui si fonda la tesi non trova giustificazione
nelle  norme  che  disciplinano  la  maggiorazione  di cui si tratta.
Infatti,  fino  al  momento  della  maturazione della pensione nessun
diritto  nasce  in  capo  al soggetto, anche se egli appartiene a una
delle  categorie  che  il legislatore, in considerazione di pregresse
vicende, ha voluto beneficiare.
   Se  il  legislatore avesse voluto riconoscere un autonomo diritto,
avrebbe  disposto  l'immediata  attribuzione periodica delle relative
somme  a  tutti  coloro  che rientravano nelle categorie previste, in
aggiunta   alla   retribuzione,   indipendentemente  dalla  posizione
previdenziale;  ne'  avrebbe  stabilito  la  «perequazione»  di detto
beneficio, espressione che normalmente si riferisce ai trattamenti di
quiescenza.
   La  subordinazione  dell'acquisizione del diritto di cui si tratta
alla  maturazione  del  diritto  a  pensione  e  la sua inclusione in
quest'ultima  a tutti gli effetti fa si' che non sia irragionevole la
disposizione  censurata  la'  dove  stabilisce  la  decorrenza  della
perequazione  dalla  data della effettiva e concreta attribuzione del
beneficio.  A  tal  proposito,  occorre ribadire i principi secondo i
quali  lo  scorrere  del  tempo  e  la collocazione in esso dei fatti
giuridici  possono  legittimare  una diversa modulazione dei rapporti
che ne scaturiscono.
   3.2.  - Parimenti,  non  fondata  e'  la  questione in riferimento
all'art. 38, secondo comma, della Costituzione.
   Il beneficio oggetto della normativa in scrutinio non e', infatti,
predisposto  al  fine di rendere congrua la prestazione previdenziale
in  relazione  alle  necessita'  degli aventi diritto alla medesima -
finalita' cui sopperiscono istituti diversi, quali la rivalutazione e
la  integrazione  al  minimo  -  bensi' a fornire agli appartenenti a
determinate categorie, ritenuti meritevoli di una gratificazione, una
elargizione dimostrativa della gratitudine della Nazione.
   3.3.  - Non  fondata,  infine,  e' anche la questione sollevata in
riferimento all'asserita violazione del diritto di difesa.
   La  disposizione  dell'art.  24  della Costituzione, evocata dalla
remittente  Corte  triestina,  attribuisce  diritti  processuali  che
presuppongono  la  posizione  sostanziale alla cui soddisfazione essi
sono  finalizzati,  con  la conseguenza che la disciplina sostanziale
non attiene alla garanzia del suddetto parametro costituzionale.