IL TRIBUNALE Nel procedimento penale in epigrafe rubricato a carico di Monti Gianni nato il 2 febbraio 1946 a Premosello Chiovenda res. Angola d'Ossola via Megolo n. 2, difeso avv. Ruga Riva; imputato del reato p e p dall'art. 594 c.p. in Anzola d'Ossola il 27 novembre 2003, appellante; avverso la sentenza n. 77/07 del Giudice di pace di Verbania del 12 giugno 2007 con la quale e' stato condannato alla pena di euro 1.422,00 di multa ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile; con parte civile costituita il sig. Carbone Michele con avv. Monica Rossi; O s s e r v a Non e' manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art.593 c.p.p. di procedura penale nella parte in cui prevede la facolta' di appellare le sentenze di condanna al di fuori della ipotesi di cui all'art. 603 c.p.p. comma primo, secondo e quarto. La questione appare intrinsecamente rilevante dovendosi celebrare il giudizio di appello nel procedimento di cui sopra ed essendo stata rigettata con ordinanza in limine la richiesta dell'appellante di ammissione di prova liberatoria richiesta ex art. 596, comma terzo n. 1 c.p. Conseguentemente, in caso di declaratoria di incostituzionalita' della norma cosi' come prospettata, l'appello dovrebbe essere dichiarato inammissibile. La questione appare anche non manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3 e 111 Cost. Ed invero ritiene questo giudice che, con la definizione dei principi del giusto processo il legislatore sia vincolato a piu' stringenti parametri di ragionevolezza ed al rispetto specifico dei canoni costituzionalizzati ex art. 111 Cost. e che il mantenimento «tout court» dell'appello quale secondo grado di giurisdizione del processo penale e' incompatibile con la disciplina degli artt. 3 e 111 Cost. Ed invero: la scelta legislativa del doppio grado di giurisdizione non fruisce di per se' di diretto riconoscimento costituzionale; la scelta legislativa di prevedere un secondo grado di giurisdizione trova un suo fondamento indiretto nel solo valore espresso dal diritto di difesa ex art. 24 Cost. quale facolta' di impugnazione dell'imputato (e di riflesso, per il solo principio di parita' delle parti e quale mera proiezione non necessaria del principio di obbligatorieta' dell'azione penale, nella facolta' di appellare della parte pubblica.); poiche' il legislatore non e' vincolato da uno specifico precetto costituzionale(ne' da norme internazionali) l'uso della sua discrezionalita' deve essere sottoposto a vaglio costituzionale con riferimento agli specifici parametri costituzionale previsti nell'art. 111 Cost. Tale vaglio appare di esito negativo. Ed invero: l'appello devia dal principio dell'oralita' e di formazione della prova quale costituzionalizzato affidando in via generale e normale il finale giudizio di merito a giudici che non hanno partecipato alla formazione della prova; la deviazione da questo principio non ha carattere eccezionale e motivato (come ad esempio per gli incidenti probatori, o per la lettura di atti consentiti), ma e' la regola del giudizio, regola derogabile solo a precise e limitate condizioni; tali eccezioni non sono idonee a salvaguardare la costituzionalita' del giudizio cosi' come strutturato atteso che la costituzionalizzazione del principio di formazione della prova implica una scelta del costituente di un modello processuale che si ritiene essere il modello costituzionalmente idoneo per pervenire alla migliore decisione; la legge per garantire il giusto processo di cui all'art. 111 Cost. in appello deve limitare l'appello alle ipotesi di cui all'art. 603 c.p.p. comma primo, secondo e quarto. Solo con tale limitazione infatti la discrezionalita' legislativa di prevedere un secondo grado di giudizio non si pone in contrasto con la previsione dell'art. 111 Cost. Con tale limitazione infatti la deroga al principio di formazione della prova diviene giustificata dalla necessita' intrinseca di rielaborazione del giudizio e contemporaneamente giustifica anche un allungamento dei tempi processuali altrimenti non compatibile con il principio di ragionevole durata. Non puo' infine ritenersi neppure in se' ragionevole, a fronte di una disciplina che fissa quale regola fondamentale base a garanzia della correttezza della decisione (e quindi dello stesso diritto di difesa dell'imputato) che la prova si formi avanti al giudice che decide, che la reale decisione di merito sia sistematicamente assunta da un giudice meramente cartolare. Giova infine rimarcare che la questione dedotta e' dirompente per gli appelli avverso la sentenze del giudice di pace ove il nucleo probatorio, in relazione alla usuale tipologia dei reati,si fonda per lo piu' su prove orali ed i motivi di appello sulla valutazione di credibilita' e attendibilita' di dichiaranti sempre (tale essendo normativamente “di regola” la verbalizzazione) riportati in verbali sintetici. Cio' comporta ineluttabilmente una surrettizia trasformazione de facto del giudizio di appello in giudizio di legittimita'.