Ordinanza 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 438, comma 5,
e 441, comma 2, del codice di procedura penale, promosso dal  Giudice
per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri  con  ordinanza
del 14 novembre 2007, iscritta al n. 39 del registro ordinanze 2008 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2008. 
    Visti l'atto di costituzione di A.A. nonche' l'atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Udito nell'udienza  pubblica  del  2  dicembre  2008  il  giudice
relatore Gaetano Silvestri; 
    Uditi l'avvocato Pasquale Lattari per la parte costituita A.A.  e
l'avvocato  dello  Stato  Ettore  Figliolia  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Velletri, con ordinanza del 14 novembre 2007,  ha  sollevato -  in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione - questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 438, comma 5, e 441, comma 2,
del codice di procedura penale, nella parte in cui, pur ammettendo la
costituzione della parte civile nel  giudizio  abbreviato  introdotto
dall'imputato  con  richiesta  condizionata   ad   una   integrazione
probatoria, non prevedono per la stessa parte civile la  possibilita'
di chiedere l'ammissione di prova contraria; 
        che  nel  corso  dell'udienza  preliminare,  secondo   quanto
riferito dal giudice a quo, l'imputato ha formulato una richiesta  di
giudizio abbreviato subordinata  ad  integrazione  probatoria,  e  la
parte civile - «accettando di partecipare al giudizio  abbreviato  ai
sensi dell'art. 441, comma 2 c.p.p.» - ha sollecitato l'ammissione di
alcuni testi; 
        che tale ultima «richiesta - avversata  dalla  controparte  -
veniva ritenuta irrituale ed inammissibile e pertanto la parte civile
chiedeva rimettersi gli atti alla Corte costituzionale»; 
        che detta questione di legittimita', prospettata con riguardo
al principio di parita' tra le parti  sancito  dall'art.  111  Cost.,
avrebbe avuto ad oggetto - secondo quanto riferito dal  rimettente  -
il comma 5 dell'art. 438 cod. proc. pen.,  nella  parte  in  cui  non
riconosce alla  parte  civile,  come  invece  riconosce  al  pubblico
ministero, la  possibilita'  di  sollecitare  l'ammissione  di  prova
contraria  a  quella  introdotta  dall'imputato  con   la   richiesta
condizionata di accesso al rito; 
        che il giudice a quo ritiene la  questione  rilevante  e  non
manifestamente infondata; 
        che la carenza di poteri istruttori in capo alla parte civile
si giustificherebbe, infatti, nel caso  di  giudizio  abbreviato  non
condizionato ad una integrazione probatoria, ove la  parte  medesima,
in un quadro probatorio predeterminato, puo'  razionalmente  valutare
se inserirsi nel giudizio penale o se piuttosto far valere le proprie
ragioni mediante l'azione civile; 
        che  sarebbe  diversa,   invece,   l'ipotesi   del   giudizio
abbreviato condizionato, perche'  «in  tal  caso  [...]  il  giudice,
assunti i  mezzi  di  prova  ammessi  su  richiesta  dell'imputato  e
del p.m. ha il potere dovere di accertare la responsabilita' penale e
civile dell'imputato secondo la stessa regola di  giudizio  del  rito
dibattimentale e tuttavia la scelta effettuata dall'imputato [...] ha
l'effetto di precludere al danneggiato  quell'esercizio  del  diritto
alla prova che gli sarebbe garantito nel rito ordinario»; 
        che  in  proposito  non   avrebbero   rilievo,   secondo   il
rimettente, ne' la possibilita' per la parte civile di abbandonare il
processo  penale  ne'  la   constatazione   che,   sul   tema   della
responsabilita',  la  prova  puo'  essere   comunque   integrata   su
iniziativa del pubblico ministero o dello stesso giudice  procedente,
mentre l'accertamento del quantum debeatur, in caso di carenza  della
base cognitiva, potrebbe essere demandato al giudizio civile; 
        che  lo   stesso   rimettente,   al   fine   di   documentare
l'inefficienza di tali «garanzie», ricostruisce le  connotazioni  del
caso di specie: l'imputato avrebbe formulato la propria richiesta; il
giudice avrebbe disposto procedersi mediante  il  rito  speciale;  la
parte civile avrebbe dichiarato di accettare il rito  abbreviato;  il
pubblico  ministero  sarebbe  rimasto  silente,  cosi'  omettendo  di
«surrogare» la parte privata nella  sollecitazione  istruttoria,  pur
concernente la  responsabilita'  dell'imputato;  il  danneggiato,  di
conseguenza, si  sarebbe  di  fatto  trovato  nell'impossibilita'  di
provare la propria pretesa; 
        che il diritto alla prova della parte civile, d'altro  canto,
non potrebbe essere assicurato mediante l'uso dei poteri officiosi di
integrazione probatoria, posto che il giudice, secondo il rimettente,
non sarebbe legittimato a «svolgere funzione di supplenza all'inerzia
volente  o  nolente  delle  parti,  specie   se   in   malam   partem
dell'imputato»; 
        che  la  regiudicanda,  in  tale  contesto,  dovrebbe  essere
definita sulla  base  degli  elementi  originariamente  raccolti  dal
pubblico  ministero  e  di  quelli  introdotti   dall'imputato,   con
estromissione del danneggiato dalla dialettica  probatoria  in  forza
della sollecitazione «meramente potestativa» della parte avversa; 
        che  le  norme  censurate  -  tra  le  quali  il   rimettente
inserisce, a questo punto, il comma 2 dell'art. 441 cod. proc. pen. -
confliggerebbero anzitutto con l'art. 3 Cost., laddove e' imposta  la
rimozione di tutti  gli  ostacoli  all'effettiva  partecipazione  dei
cittadini all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese,
«ivi compresi gli ostacoli che ne impediscano l'accesso  alla  tutela
dei diritti in sede giudiziaria»; 
        che sarebbe violato inoltre, secondo il giudice a quo, l'art.
24 Cost., nella parte  in  cui  assicura  la  tutela  giudiziale  dei
diritti e  stabilisce  «a  tale  scopo»  che  la  difesa  e'  diritto
inviolabile in ogni stato e grado del procedimento; 
        che  sussisterebbe,  infine,  una  violazione  dell'art.  111
Cost.,  secondo  il  quale   ogni   processo   deve   svolgersi   nel
contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti ad un
giudice  terzo  ed  imparziale,  di  talche',  una  volta  consentito
l'esercizio dell'azione civile nel giudizio abbreviato  condizionato,
alla parte  interessata  dovrebbe  essere  garantito  un  trattamento
analogo a quello delle altre parti (imputato e pubblico ministero); 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio con atto depositato il 18 marzo 2008; 
        che  la  questione,  secondo  la  difesa  erariale,   sarebbe
manifestamente infondata, dato  che  la  parte  civile  presente  nel
giudizio abbreviato ha facolta' di revocare la propria  costituzione,
senza che da tale scelta derivino  limiti  per  l'azione  nella  sede
civile; 
        che l'anzidetta facolta', secondo il  disposto  del  comma  1
dell'art. 82 cod. proc. pen.,  potrebbe  essere  esercitata  in  ogni
stato e grado del procedimento, e sarebbe di conseguenza  irrilevante
l'affidamento    eventualmente    riposto    dalla    parte    civile
nell'integrazione  officiosa  della  prova,  quand'anche  lo   stesso
restasse deluso, come sarebbe  accaduto  nel  caso  di  specie,  dopo
l'accettazione del rito; 
        che l'imputato nel procedimento principale si  e'  costituito
nel giudizio, per mezzo del proprio difensore e procuratore speciale,
con atto depositato il 5 marzo 2008; 
        che la parte privata -  dopo  aver  ricordato  che  l'odierna
questione e' stata in altre occasioni valutata, dalla  giurisprudenza
di legittimita', nel senso della manifesta  infondatezza  (e'  citata
Cassazione penale, sentenza n.  320  del  2005)  -  ritiene  che  gli
interessi della parte  civile  siano  adeguatamente  garantiti  dalla
facolta' di non accettare il rito, secondo il disposto  del  comma  4
dell'art. 441 cod. proc. pen.; 
        che  tale  disciplina  sarebbe  congrua,  del  resto,  con  i
connotati di semplificazione del rito speciale, e comunque espressiva
della discrezionalita' del legislatore,  ragionevolmente  esercitata,
cosi'  come  la  Corte  costituzionale  avrebbe  gia'  chiarito,  con
specifico riguardo alla posizione della  parte  civile,  mediante  la
sentenza n. 169 del 2003; 
        che la  stessa  Corte  costituzionale  ha  gia'  negato,  con
riguardo al giudizio abbreviato  condizionato,  che  l'esclusione  di
poteri probatori pieni in capo al  pubblico  ministero  comporti  una
violazione del principio di parita' delle parti, sancito nel  secondo
comma dell'art. 111 Cost. (e' citata la sentenza n. 115 del 2001); 
        che d'altronde, sempre a parere della  parte  costituita,  la
posizione del danneggiato non potrebbe essere assimilata a quella del
pubblico ministero,  trattandosi  di  una  parte  solo  eventuale,  e
portatrice di «interessi egoistici», diversi da  quelli  a  carattere
generale presidiati dalla pubblica accusa; 
        che il peculiare regime della controprova per la parte civile
troverebbe giustificazione, in definitiva, tanto nella particolarita'
del rito (tale  che  sarebbe  inefficace  ogni  comparazione  con  la
disciplina in proposito vigente per  il  dibattimento),  tanto  nella
peculiarita' di  posizione  della  persona  offesa  quale  parte  del
procedimento penale. 
    Considerato che  il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale di  Velletri,  con  ordinanza  del  14  novembre  2007,  ha
sollevato - in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della  Costituzione
- questione di legittimita' costituzionale degli artt. 438, comma  5,
e 441, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte  in  cui,
pur ammettendo  la  costituzione  della  parte  civile  nel  giudizio
abbreviato introdotto dall'imputato con richiesta condizionata ad una
integrazione probatoria, non prevedono per la stessa parte civile  la
possibilita' di chiedere l'ammissione di prova contraria; 
        che la questione e' manifestamente inammissibile, in  ragione
delle gravi carenze che segnano la descrizione dei fatti avvenuti nel
giudizio principale, tali da precludere il  necessario  controllo  di
questa Corte in punto di rilevanza; 
        che   il   rimettente   fornisce   indicazioni   carenti    e
contraddittorie, anzitutto, sui tempi della costituzione della  parte
civile in rapporto alla richiesta difensiva di giudizio abbreviato ed
allo stesso provvedimento che  avrebbe  disposto  l'introduzione  del
rito  (peraltro  non  specificamente   indicato   nell'ordinanza   di
rimessione, sebbene essenziale quale antecedente logico e cronologico
della richiesta di controprova  delle  parti  diverse  dall'imputato:
ordinanza n. 101 del 2008); 
        che infatti, in  esordio  dell'ordinanza  di  rimessione,  il
giudice  a  quo  sembra  prospettare  una   costituzione   successiva
all'avvio  del  procedimento  abbreviato,   sia   per   la   sequenza
nell'illustrazione degli adempimenti, sia per l'evocazione del  comma
2 dell'art. 441  cod.  proc.  pen.,  norma  che  regola  gli  effetti
negoziali della costituzione operata dopo che la  parte  abbia  avuto
conoscenza dell'ordinanza di introduzione del rito; 
        che nel prosieguo del provvedimento, tuttavia, il  rimettente
prospetta  una  sequenza  tra  l'ordinanza  di   accoglimento   della
richiesta di giudizio abbreviato ed  una  accettazione  espressa  del
rito ad opera della parte civile, sostanzialmente evocando il comma 4
dell'art. 441 cod. proc. pen., e  comunque  alludendo  ad  una  parte
costituita in fase antecedente; 
        che l'incerta ricostruzione della fattispecie  condiziona  la
valutazione di rilevanza della questione, con evidenza particolare ed
immediata per quanto concerne la censura mossa al comma  2  dell'art.
441 cod.  proc.  pen.,  della  quale,  peraltro,  il  rimettente  non
fornisce una specifica e chiara giustificazione; 
        che l'esposizione del fatto e' carente e contraddittoria,  su
un piano piu' generale,  per  quanto  attiene  all'oggetto  effettivo
della domanda probatoria avanzata nel  giudizio  a  quo  dalla  parte
civile  (domanda  che  sarebbe  stata  «ritenuta  irrituale   e   non
ammissibile»,   presumibilmente   non   mediante   un   provvedimento
giudiziale  di  rigetto,  che'  altrimenti   la   questione   sarebbe
inammissibile anche in quanto  sollevata  dopo  l'applicazione  della
norma censurata); 
        che, in  particolare,  sebbene  il  rimettente  si  riferisca
ripetutamente alla «controprova» (e dunque all'assunzione di mezzi di
prova aventi ad  oggetto  le  stesse  circostanze  di  fatto  cui  si
riferiscono le prove  integrative  richieste  dall'imputato),  alcuni
passaggi dell'ordinanza di rimessione inducono il dubbio che la parte
civile, nella specie, abbia inteso piuttosto estendere il novero  dei
fatti da accertare mediante l'attivita' istruttoria integrativa; 
        che in effetti, premesso che il  giudice  a  quo  non  indica
l'oggetto della  prova  cui  l'imputato  ha  subordinato  la  propria
richiesta di accesso al rito,  deve  rilevarsi  come  le  indicazioni
fornite circa la domanda proposta dalla parte civile non evochino  un
carattere reattivo della medesima, essendo riferite all'escussione di
testi gia' indicati fin dalla querela e mai sentiti nel  corso  delle
indagini, l'oggetto delle cui dichiarazioni  dovrebbe  consistere  in
colloqui intervenuti con la vittima nell'immediatezza dei fatti; 
        che proprio le giustificazioni fornite dal  rimettente  sulla
rilevanza della  prova  sollecitata  dalla  parte  civile,  in  altre
parole, rendono dubbia la pertinenza della medesima alle  circostanze
di fatto investite dalla  richiesta  istruttoria  dell'imputato,  non
avendo  ad  esempio  alcun  senso,  nella  prospettiva  della   prova
contraria, una considerazione a proposito della risalente indicazione
dei testimoni  indicati,  o  della  completa  assenza  di  precedenti
escussioni dei medesimi; 
        che  la  questione  sollevata   dal   rimettente   presuppone
d'altronde,  in  punto  di  ammissibilita',  l'effettiva  natura   di
controprova della sollecitazione istruttoria proveniente dalla  parte
civile, che' altrimenti sarebbero privi di pertinenza tutti i rilievi
espressi in motivazione, a cominciare  dalla  comparazione  istituita
tra la posizione della parte civile ed il pubblico ministero, cui  la
legge  riconosce  esclusivamente,  ed  appunto,   un   diritto   alla
controprova. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.