IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 724 del 2008, proposto da Marino Bin, rappresentato
e difeso dall'avv. Carlo Emanuele Gallo, con domicilio eletto  presso
il suo studio in Torino, via Pietro Palmieri, 40; 
    Contro   Universita'   degli   studi   di    Torino;    Ministero
dell'istruzione dell'universita' e  della  ricerca,  in  persona  del
Ministro  pro  tempore,  rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato, domiciliata  per  legge  in  Torino,  corso
Stati Uniti, 45; per l'annullamento del decreto emanato  dal  rettore
dell'Universita' degli studi di Torino  il  4  marzo  2008  n.  1405,
comunicato successivamente, con il quale  il  ricorrente,  professore
ordinario  per  il  settore  scientifico-disciplinare  IUS/01-Diritto
privato, presso la facolta'  di  giurisprudenza,  e  stato  collocato
fuori ruolo a decorrere dal 1° novembre 2008 e  fino  al  31  ottobre
2009,  nonche'  per  l'annullamento  degli  atti  tutti  antecedenti,
preordinati,  consequenziali  e  comunque   connessi   del   relativo
procedimento, e per ogni ulteriore consequenziale statuizione. 
    Visto il ricorso con i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento
impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente; 
    Visto  l'atto  di   costituzione   in   giudizio   di   Ministero
dell'istruzione dell'universita' e della ricerca; 
    Visti gli artt. 19 e 21, u.c., della legge 6  dicembre  1971,  n.
1034; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  12  febbraio  2009  il
primo referendario dott. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per  le
parti i difensori come specificato nel verbale; 
    Ritiene  il   Collegio   che   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art 2, comma 434,  della  legge  n.  244  del  24
dicembre  2007  (Finanziaria  per  il  2008)  sia  rilevante  e   non
manifestamente infondata. 
    La questione e' rilevante, in quanto il  provvedimento  impugnato
si basa su tale norma e anche se il provvedimento e' stato  in  parte
annullato da  questa  Sezione  con  separata  sentenza  parziale,  in
relazione   all'applicazione   della   disciplina   transitoria,   il
provvedimento  esplica  ancora  i  suoi  effetti  in  relazione  alla
riduzione  comunque  sussistente,  in  base  alla  norma   di   legge
richiamata,  del  periodo  di  fuori  ruolo   rispetto   al   sistema
previgente. 
    Inoltre, la disposizione non puo'  essere  interpretata  in  modo
conforme   ai   principi   costituzionali,   avendo   un    contenuto
assolutamente stringente ed una disciplina espressa  per  i  rapporti
pendenti. 
    Ai sensi dell'art. 2, comma 434, della legge  n.  244  del  2007,
infatti, si prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2008,  il  periodo
di fuori ruolo dei professori universitari precedente la  quiescenza,
e' ridotto a due anni accademici e coloro che alla medesima data sono
in servizio come professori nel terzo  anno  accademico  fuori  ruolo
sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico. A decorrere
dal 1° gennaio  2009,  il  periodo  di  fuori  ruolo  dei  professori
universitari precedente la quiescenza e' ridotto a un anno accademico
e coloro che alla medesima data sono in servizio come professori  nel
secondo anno accademico fuori  ruolo  sono  posti  in  quiescenza  al
termine dell'anno accademico. A decorrere dal  1°  gennaio  2010,  il
periodo di fuori ruolo  dei  professori  universitari  precedente  la
quiescenza e' definitivamente abolito e coloro che alla medesima data
sono in servizio come professori  nel  primo  anno  accademico  fuori
ruolo sono posti in quiescenza al termine dell'anno accademico. 
    L'unica interpretazione della norma che possa  dare  un  senso  a
tutte le disposizioni porta a ritenere  che  solo  per  i  professori
collocati fuori ruolo nel novembre  2005  sia  mantenuto  il  periodo
triennale fino alla fine dell'anno accademico nel  novembre  2008,  i
quali altrimenti avendo  compiuto  gia'  due  anni  sarebbero  dovuti
andare in quiescenza con l'entrata in vigore della nuova disciplina. 
    Per i professori fuori ruolo  dal  novembre  2006  non  essendovi
alcuna disposizione derogatoria che faccia salvo l'intero periodo, si
deve ritenere immediatamente applicabile  la  riduzione  a  due  anni
accademici, con conseguente collocamento a riposo nel novembre 2008. 
    Progressivamente il periodo di fuori ruolo e' ridotto e destinato
ad essere soppresso del tutto nel 2010. 
    Infatti, dal 1° gennaio 2009 esso e' ridotto ad un  anno  facendo
salva la posizione solo di coloro che, collocati fuori ruolo  dal  1°
novembre 2007, il 1° gennaio  2009  si  troverebbero  ad  avere  gia'
compiuto  tale  anno;   pertanto   e'   espressamente   previsto   il
completamento del secondo anno accademico  fuori  ruolo  fino  al  1°
novembre 2009. Analogo regime riguarda il  1°  gennaio  2010  quando,
venendo meno il  periodo  di  fuori  ruolo,  tutti  coloro  che  sono
collocati fuori ruolo dovrebbero essere posti in quiescenza. La norma
fa salve le posizioni dei  professori  che  essendo  stati  collocati
fuori ruolo dal novembre 2009, dovrebbero cessare dal servizio al  1°
gennaio 2009, permettendo loro il completamento dell'anno accademico. 
    Tale interpretazione assolutamente obbligata  del  comma  434  e'
l'unica in grado di attribuire alla norma un significato in relazione
alla indubbia volonta' del  legislatore  di  prevedere  la  riduzione
progressiva del fuori ruolo dei professori universitari. 
    La questione di legittimita' costituzionale e'  quindi  rilevante
rispetto al presente giudizio. Infatti, al professore  ricorrente  e'
applicabile tale norma con  conseguente  riduzione  di  un  anno  del
periodo di fuori ruolo. 
    La questione  di  legittimita'  costituzionale  e'  altresi'  non
manifestamente infondata sotto diversi profili. 
    Lo e' con riferimento all'art. 3 della Costituzione, il principio
di irretroattivita' della legge ed al principio di ragionevolezza, in
quanto risulta ignorare il particolare  significato  del  periodo  di
fuori ruolo, la distinzione fra attivita' didattica  e  attivita'  di
ricerca dei professori universitari, l'incidenza che questa attivita'
differenziata  e  questa  specifica  disciplina  ha  sul  loro  stato
giuridico. 
    E',  inoltre,  costituzionalmente  illegittima  con   riferimento
all'art. 97 della Costituzione, in quanto contrasta con il  principio
di buon andamento dell'Amnunistrazione universitaria,  privandola  di
studiosi  ancora   in   grado   di   fornire   contributi   rilevanti
all'Amministrazione alla quale appartengono. 
    Ritiene il Collegio che la disposizione in esame sia sospettabile
di violazione dell'art. 3 della Costituzione, in primo luogo, per  la
retroattivita' dei suoi contenuti precettivi, in secondo luogo per la
sua irragionevolezza  apprezzata  con  riferimento  alla  particolare
attivita' svolta dai professori universitari nel periodo fuori  ruolo
e alla  tendenza  dell'ordinamento  al  prolungamento  dell'attivita'
lavorativa, apparendo la scelta in esame una palese ed  irragionevole
controtendenza. 
    Con  riguardo  al  primo  degli  anzidetti  profili,   la   Corte
costituzionale ha affermato piu' volte che la irretroattivita'  della
legge e' un principio di carattere costituzionale solo per  le  norme
penali, in quanto sancito dall'art. 25 della Costituzione. 
    Per le norme non penali la retroattivita' della legge e'  ammessa
ma nel  rispetto  dei  principi  di  ragionevolezza  ed  uguaglianza.
Pertanto, sono costituzionalmente legittime le norme retroattive  che
trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non
contrastino con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti
(Corte cost. 26 giugno 2007, n. 234). 
    In questo quadro sono,  in  primo  luogo,  ammissibili  le  norme
retroattive di carattere interpretativo che danno una delle possibili
letture che gia' emergevano dalla norma interpretata;  in  tal  caso,
infatti,  non  sussiste  la  lesione  dei  canoni  costituzionali  di
ragionevolezza, di tutela del legittimo  affidamento  e  di  certezza
delle situazioni giuridiche (Corte costituzionale, 7 luglio 2006,  n.
274);  infatti  il  divieto  di  retroattivita'  della   legge,   pur
costituendo fondamentale valore di  civilta'  giuridica  e  principio
generale dell'ordinamento,  cui  il  legislatore  ordinario  deve  in
principio attenersi, non ha dignita' costituzionale, salvo che per la
materia  penale;  il   legislatore   ordinario   puo'   emanare   sia
disposizioni   di   interpretazione   autentica,   che   determinano,
chiarendola,  la  portata   precettiva   della   norma   interpretata
fissandola in un contenuto plausibilmente gia' espresso dalla stessa,
sia  norme  innovative  con   efficacia   retroattiva,   purche'   la
retroattivita'  trovi  adeguata  giustificazione  sul   piano   della
ragionevolezza  e  non  contrasti  con  altri  valori  ed   interessi
costituzionalmente protetti, tra i quali il  rispetto  del  principio
generale  di  ragionevolezza   e   di   eguaglianza   e   la   tutela
dell'affidamento legittimamente sorto nei  soggetti  quale  principio
connaturato allo Stato di diritto (Corte  costituzionale,  15  luglio
2005, n. 282). 
    Nel caso di specie, la norma contenuta  nella  legge  finanziaria
per il 2008, ha introdotto  una  nuova  disciplina  del  collocamento
fuori ruolo dei professori universitari.  Si  tratta  dunque  di  una
norma di carattere innovativo per la quale ritiene il Collegio che vi
sia  motivo  di   sospettare   una   violazione   dei   principi   di
ragionevolezza e di  affidamento  che  le  norme  retroattive  devono
rispettare. 
    E' pur vero che la retroattivita'  puo'  essere  giustificata  in
relazione al fatto che la norma ha inciso sul futuro svolgimento  del
periodo fuori ruolo, disciplinato unitariamente. Tuttavia,  la  Corte
costituzionale ha anche affermato  che  l'affidamento  del  cittadino
nella sicurezza giuridica non impedisce  al  legislatore  di  emanare
norme modificatrici della disciplina dei rapporti di durata in  senso
sfavorevole  per  i  beneficiari,  purche'  tali   disposizioni   non
trasmodino in un regolamento irragionevole di situazioni  sostanziali
fondate su leggi precedenti (sent. n. 393 del 2000). 
    Con riferimento all'art. 3 della Costituzione ed al principio  di
ragionevolezza, la legge  sospetta  di  incostituzionalita'  risulta,
dunque, immemore del particolare significato  del  periodo  di  fuori
ruolo, della distinzione  fra  attivita'  didattica  e  attivita'  di
ricerca  dei  professori  universitari,  dell'incidenza  che   questa
attivita' differenziata e questa specifica  disciplina  ha  sul  loro
stato giuridico. Il fuori ruolo, infatti, e' un periodo di  attivita'
riconosciuto ai professori universitari sin dal  1958,  allorche'  e'
stato introdotto un limite di eta' per il collocamento a riposo. 
    Si e' trattato di una scelta opportuna del  legislatore,  che  ha
considerato come  nell'attivita'.  del  professore  universitario  si
debbano  individuare  due  specifiche  funzioni,  distinte  ancorche'
connesse: l'attivita' di ricerca e l'attivita' didattica. 
    Per questa ragione, l'iniziativa della legge finanziaria  per  il
2008, che ha prima ridotto e poi del tutto eliminato  il  periodo  di
fuori ruolo, appare irragionevole,  poiche'  contrastante  anche  con
l'orientamento della legislazione odierna, che e' volta a  prolungare
il periodo di permanenza in servizio e  non  a  ridurlo.  A  cio'  va
aggiunto che la riduzione o l'eliminazione del fuori ruolo  ha  anche
per  il  professore  universitario   delle   conseguenze   economiche
negative, poiche' riduce il periodo di  servizio  rilevante  ai  fini
dell'indennita' di buonuscita, riduce  il  trattamento  pensionistico
usufruibile al termine del servizio, impedisce il  conseguimento  dei
benefici economici ordinari (scatti biennali; adeguamenti annuali)  e
dei miglioramenti eventualmente previsti nel periodo in  cui  non  si
sara' piu' presenti nell'amministrazione. 
    Questo  modo  di  procedere  appare,  dunque,  irragionevole  dal
momento che, per i dipendenti privati, ai  quali  ormai  peraltro  il
pubblico impiego e' sostanzialmente assimilato, nel caso in cui venga
ridotto  il  periodo  di  attivita'  sono  previsti  dei   meccanismi
premiali, volti ad evitare il danno economico che  questo  anticipato
pensionamento provoca. La  scelta  improvvisa  e  penalizzante  della
legge  finanziaria  e'  dal  punto  di   vista   della   legittimita'
costituzionale, percio', censurabile con riferimento all'art. 3 della
Costituzione ed al principio di ragionevolezza. 
    Essa e', inoltre, costituzionalmente illegittima con  riferimento
all'art. 97 della Costituzione, in quanto contrasta con il  principio
di buon andamento dell'amministrazione universitaria,  privandola  di
studiosi  ancora   in   grado   di   fornire   contributi   rilevanti
all'amministrazione alla quale appartengono. 
    Tali contributi si esplicano in vari aspetti della attivita'  che
il professore compie nel periodo di fuori ruolo. 
    In primo luogo,  in  relazione  allo  svolgimento  dell'attivita'
scientifica. In particolare 1'attivita' di  ricerca,  prevalente  nel
periodo di fuori ruolo, ha necessita' di programmazione e di un tempo
lungo di svolgimento. Tali attivita'  possono  restare  incomplete  a
causa del collocamento a riposo entro breve termine. 
    Ne' la retroattivita'  puo'  essere  giustificata  dalla  riforma
complessiva della disciplina dei professori universitari operata  con
la legge n. 230 del 4 novembre 2005, che ha  abolito  il  periodo  di
collocamento fuori ruolo e previsto il limite  di  eta'  di  settanta
anni per il collocamento a riposo. L'art. 1, comma 17, della legge n.
230  cit.  si  applica,  infatti,  solo  ai  professori  universitari
nominati ai sensi della nuova legge. 
    Infine,  irragionevole  e'  la  stessa  previsione   di   diritto
transitorio.  Se,  da  una   parte,   tale   previsione   denota   la
consapevolezza del legislatore di  non  potere  incidere  in  maniera
immediata sulle situazioni in corso, facendo  decorrere  la  completa
abolizione del fuori ruolo dal 1° gennaio 2010, dall'altra prevede la
riduzione del fuori ruolo sia  per  coloro  che  sono  gia'  in  tale
posizione da uno o due anni (prevedendo per entrambe le categorie  la
riduzione a due anni), sia per coloro, che al momento di  entrata  in
vigore della legge sono ancora in servizio di ruolo, essendo previsto
il periodo di fuori ruolo di un anno per coloro che saranno collocati
fuori ruolo nel novembre  2008  e  nel  novembre  2009  e  appare  in
contrasto  altresi'  con  il  principio  di  buon   andamento   della
amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. 
    Infatti, anche in relazione alla efficienza  organizzativa  della
Universita' la previsione della immediata riduzione del  fuori  ruolo
per i tutti professori ordinari  comporta  la  immediata  perdita  di
risorse intellettuali, la interruzione di programmi  di  ricerca,  la
dispersione dell'attivita' scientifica. 
    La programmazione della attivita' universitaria trova un espresso
riscontro normativo nell'art. 1-ter del d.l.  n.  7  del  31  gennaio
2005, che prevede a decorrere  dall'anno  2006  che  le  Universita',
anche al fine di perseguire obiettivi di  efficacia  e  qualita'  dei
servizi offerti, entro il 30 giugno di ogni anno, adottino  programmi
triennali coerenti con le linee generali di  indirizzo  definite  con
decreto  del  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e   della
ricerca,  sentiti  la  Conferenza  dei  rettori   delle   universita'
italiane,  il  consiglio  universitario  nazionale  e  il   consiglio
nazionale degli studenti universitari, tenuto  altresi'  conto  delle
risorse  acquisibili  autonomamente.  I  predetti   programmi   delle
universita' individuano in particolare tra gli  altri  obiettivi,  il
programma di sviluppo della ricerca scientifica. 
    I programmi delle universita' di cui  al  comma  1,  fatta  salva
l'autonoma  determinazione  degli  atenei  per  quanto  riguarda   il
fabbisogno     di     personale     in     ordine     ai      settori
scientifico-disciplinari,     sono     valutati     dal     Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della  ricerca  e  periodicamente
monitorati sulla base di parametri e criteri individuati dal Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della  ricerca,  avvalendosi  del
Comitato nazionale per  la  valutazione  del  sistema  universitario,
sentita la Conferenza dei rettori  delle  universita'  italiane.  Sui
risultati   della   valutazione    il    Ministro    dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca  riferisce  al  termine  di  ciascun
triennio, con apposita relazione, al Parlamento. Dei programmi  delle
universita' si tiene  conto  nella  ripartizione  del  fondo  per  il
finanziamento ordinano delle universita'. 
    A tale attivita' di programmazione  fa  riferimento  altresi'  la
legge n. 230 del 4 novembre 2005, per cui l'Universita',  sede  della
formazione e della trasmissione critica del sapere, coniuga  in  modo
organico ricerca e didattica, garantendone la completa  liberta'.  La
gestione delle universita' si ispira ai principi di  autonomia  e  di
responsabilita' nel quadro degli indirizzi fissati  con  decreto  del
Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della   ricerca.   I
professori universitari hanno il diritto  e  il  dovere  di  svolgere
attivita' di ricerca e di didattica, con piena liberta' di scelta dei
temi  e  dei  metodi  delle  ricerche  nonche',  nel  rispetto  della
programmazione universitaria di cui all'art. 1-ter del  decreto-legge
31 gennaio 2005, n. 7, dei contenuti  e  dell'impostazione  culturale
dei propri corsi di insegnamento. 
    La cessazione dal servizio fuori  ruolo  di  numerosi  professori
ordinari sembra comportare una grave  inefficienza  del  sistema  con
inutile dispendio di risorse gia' destinate a progetti di ricerca. Il
collocamento fuori  ruolo  determina  per  il  docente  universitario
soltanto  la  perdita  della  titolarita'  dell'insegnamento  e   una
proporzionata riduzione dei connessi compiti  didattico  scientifici,
ma gli conserva il compimento di rilevanti attivita'  scientifica  di
ricerca ed il contributo al dibattito accademico. 
    In conclusione, il Collegio ritiene che il giudizio debba  essere
sospeso e che gli atti vadano trasmessi  alla  Corte  costituzionale,
attesa la rilevanza e la non manifesta infondatezza  della  questione
di costituzionalita' dell'art. 2, comma 434, della legge n.  244  del
24 dicembre 2007 (legge finanziaria per il 2008).