IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 58 del 2009, proposto da: Comunita' montana Antigorio Divedro Formazza ed Altri, rappresentati e difesi dal prof. avv. Paolo Scaparone, con domidilio eletto presso il suo studio in Torino, via S. Francesco D'Assisi, 14; Contro Regione Piemonte, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanna Scollo, con domicilio eletto presso la stessa in Torino, piazza Castello, 165; Comunita' Montana Valle Antrona, Comunita' montana Monte Rosa (Valle Anzasca), Comunita' montana Valle Ossola, Comunita' montana Valle Vigezzo, per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia: della deliberazione del Consiglio regionale 3 novembre 2008 n. 217-46169, pubblicata sul B.U.R. del 27 novembre 2008, n. 48, recante «Riordino territoriale delle comunita' montane. Individuazione delle zone omogenee della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 2 luglio 1999, n. 16 e dell'art. 34 della legge regionale 1° luglio 2008, n. 19»; di tutti gli atti preparatori, consequenziali, preordinati o comunque connessi e, in particolare, della deliberazione della Giunta regionale 13 ottobre 2008 n. 64-9827. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Piemonte; Visti gli artt. 19 e 21, u.c., della legge 6 dicembre 1971, n. 1034; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 03 aprile 2009 il dott. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritiene il Collegio la questione di legittimita' costituzionale di cui all'art. 2, comma 17, 18, 19 nonche' commi 20, 21 e 22, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (Finanziaria per il 2008) sia rilevante e non manifestamente infondata. La questione e' rilevante, in quanto il provvedimento impugnato si basa esclusivamente su tale norma ed e' stato gia' oggetto di ricorso alla Consulta, tuttora pendente, da parte di alcune regioni (segnatamente Veneto e Toscana). Peraltro, con separata ordinanza cautelare il Collegio ha ritenuto non sussistente il fumus relativamente ai motivi di ricorso proposti, se non con riferimento alla questione di costituzionalita' in oggetto come appresso illustrata; pertanto, risulta di tutta evidenza la rilevanza della questione. Inoltre, la disposizione non puo' essere interpretata in modo conforme ai principi costituzionali, avendo un contenuto assolutamente stringente ed univoco. La questione non e' manifestamente infondata in relazione al riparto di competenze Stato-regione disegnato nell'attuale assetto costituzionale. In proposito, si deve rilevare che l'art. 3, comma 162, legge n. 244/2007 prevede che le disposizioni suddette «costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali» richiamando cosi' la potesta' legislativa statale di tipo concorrente nella materia della «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» individuata dall'art. 117, terzo comma, Cost. Coerentemente con siffatta caratterizzazione del potere normativo utilizzato, che implica, a norma dello stesso art. 117, terzo comma, Cost., la spettanza alle regioni della potesta' legislativa su singole materie «salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato», l'art. 2, comma 18 e 19, della medesima legge impegna le leggi regionali a tenere conto, ai fini della costituzione delle comunita' montane, dei principi fondamentali della riduzione del numero complessivo delle comunita' sulla base di indicatori specificati, della riduzione del numero dei componenti degli organi rappresentativi delle stesse e della riduzione delle indennita' spettanti ai componenti di questi. Sempre ai fini della predetta identificazione si realizza una marcata ingerenza delle disposizioni in questione sull'assetto complessivo delle comunita' montane, che non costituisce soltanto l'effetto di una scelta finanziaria, ma e' autonomamente voluta come strumento di un particolare obiettivo istituzionale. In proposito, e' significativa la formulazione legislativa (art. 2, comma 17, legge n. 244/2007) di tale obiettivo come «riordino della disciplina delle comunita' montane, ad integrazione di quanto previsto dall'art. 27 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267». Piu' precisamente, la dichiarata finalizzazione di tale riordino alla riduzione della spesa corrente per il funzionamento delle comunita' montane non sembra attrarre l'intera nuova disciplina nella materia del «coordinamento della finanza pubblica» a causa della presenza di norme inerenti al riordino stesso che non risultano necessarie al perseguimento dello scopo finanziario, essendo quest'ultimo palesemente realizzabile con l'utilizzazione di taluni soltanto degli strumenti cumulativamente imposti ovvero di strumenti ulteriori autonomamente scelti dagli enti interessati. Del resto, nella legge finanziaria sono presenti altre disposizioni - quali l'art. 2, comma 28, che impone ad ogni amministrazione comunale l'adesione ad un'unica forma associativa «ai fini della semplificazione della diversita' delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture» - che esprimono, ancor piu' chiaramente, la volonta' dello Stato di riordinare l'assetto delle autonomie locali con particolare riguardo alle comunita' montane indipendentemente dal profilo finanziario. Il duplice obiettivo del risparmio economico e del riordino istituzionale perseguito dal legislatore statale induce, pertanto, ad una considerazione della legge emanata, allo scopo della valutazione del rispetto dei parametri costituzionali rilevanti. Nell'ambito della potesta' statale relativa ala disciplina della finanza pubblica, lo Stato e' abilitato unicamente a prevedere criteri e obiettivi cui debbono attenersi le regioni e gli enti locali nell'esercizio della loro autonomia finanziaria, senza invece imporre loro precetti specifici e puntuali. Quand'anche la norma in questione venisse collocata nell'area del coordinamento della finanza pubblica, sarebbe palese, dal tenore delle disposizioni sospette di incostituzionalita', che il legislatore statale, vincolando regioni e province autonome all'adozione di misure analitiche e di dettaglio, ne ha compresso illegittimamente l'autonomia finanziaria, esorbitando dal compito di formulare i soli principi fondamentali della materia. Con le disposizioni di cui all'art. 2, comma 17 e 18, legge n. 244/2007 lo Stato giunge, da un lato, ad imporre alle regioni un particolare procedimento legislativo aggravato, prevedendo l'intervento in esso dei «consigli delle autonomie locali»; per altro verso, non si limita ad indicare obiettivi o effettuare scelte politico-legislative fondamentali, quali la «riduzione a regime della spesa corrente per il funzionamento delle comunita' montane» in una determinata dimensione (art. 2, Co. 17), ma individua puntuali misure che le regioni devono obbligatoriamente adottare per raggiungere detto obiettivo; precisamente, la riduzione sia del numero comunita' montane secondo «indicatori» assai articolati delle caratteristiche dei territori interessati, sia del numero dei componenti degli organi rappresentativi delle stesse, sia dell'ammontare delle indennita' spettanti ai membri di questi. Inoltre, vengono configurati incisivi meccanismi di controllo e di sanzionamento dell'eventuale inadeguatezza dell'attuazione legislativa regionale. In sintesi, lo Stato, in un campo in cui dovrebbe porre solo «principi fondamentali», impone alle regioni come, e cioe' con quale procedimento, legiferare e che cosa statuire nelle leggi attuative e, per altro verso, stabilisce controlli e sanzioni in ordine al contenuto e all'efficacia delle leggi stesse. Si verifica, pertanto, a parere del Collegio remittente uno sconfinamento della legge statale dal piano dei principi fondamentali a quello delle norme attuative o di dettaglio con evidente incostituzionale compressione della potesta' legislativa e regolamentate delle regioni. Invero, la riduzione della spesa riguardante le comunita' montane ben avrebbe potuto essere perseguita lasciando le regioni libere o, almeno, piu' libere di individuare gli strumenti piu' appropriati alla stregua della specificita' del complessivo ordinamento delle comunita' montane nel rispettivo ambito. Quanto alla prospettiva della caratterizzazione della potesta' legislativa in ordine alle comunita' montane, rileva innanzitutto la circostanza che la disciplina delle comunita' montane e' demandata costituzionalmente alla potesta' legislativa residuale delle regioni, non risultando le comunita' stesse inserite tra gli oggetti della potesta' legislativa esclusiva dello Stato ne' della potesta' legislativa concorrente. In proposito, la Corte costituzionale ha gia' affermato che la disciplina delle Comunita' montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel d.lgs. n. 267 del 2000, rientra, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, nella competenza legislativa residuale delle regioni, ai sensi dell'art. 127, quarto comma, della Costituzione. Cio' comporta che, ai fini dello scrutinio di costituzionalita' delle norme regionali in materia, non puo' farsi utile riferimento ai principi fondamentali clic sarebbero desumibili dalla legislazione statale, e segnatamente dal d.lgs. n. 267 del 2000, in materia di disciplina delle autonomie locali; e cio' perche', vertendosi in materia rientrante nella competenza residuale delle Regioni, non puo' trovare applicazione la disposizione di cui all'art. 127, terzo comma, ultima parte, della Costituzione, la quale presuppone, invece, che si verta nelle materie di legislazione concorrente» (Corte cost., 23 dicembre 2005, n. 456). Pertanto, illegittimamente il comma 17 in esame si configura come disposizione integrativa dei principi fondamentali, sulle comunita' montane che sarebbero desumibili dalla legislazione statale e, in specie, dal d.lgs. n. 267/2000. Quanto alla lesione dell'autonomia orgamzzativa delle comunita' montane e dei comuni, si osserva che la Corte costituzionale attribuisce alle comunita' montane «natura di ente locale autonomo, quale proiezione: dei comuni che ad essa fanno capo» e «caso speciale di unione di comuni» (Corte cost., 23 novembre 2005, n. 456) e che la legge n. 131/2003 (c.d. legge «La Loggia») di adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale di riforma del Titolo V (art. 4) riconosce alle comunita' montane, oltre che alle unioni di comuni, la stessa potesta' normativa, statutaria e regolamentate attribuita a comuni, province e citta' metropolitane. Inoltre, va considerato che, ai sensi dell'art. 7, comma 1, legge n. 131/2003, le comunita' montane e le unioni di comuni costituiscono forme associative di cui i comuni possono liberamente avvalersi per l'esercizio delle proprie funzioni amministrative e, quindi, risultano espressione dell'autonomia comunale non condizionabile, in linea di massima, dalla potesta' legislativa dello Stato. Pertanto, l'ingerenza statale nell'ordinamento delle comunita' montane comporta una lesione incostituzionale dell'autonomia dei comuni, prima ancora che delle stesse comunita' montane. In conclusione, il Collegio ritiene che il giudizio debba essere sospeso e che gli atti debbano essere trasmessi alla Corte costituzionale, attesa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 2, comma 17, 18, 19 nonche' commi, 20, 21 e 22, della legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (Finanziaria per il 2008), cosi' come precisato in motivazione.