Sentenza 
nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  420-ter,
comma 5, e 484, comma 2-bis, del codice di procedura penale  promosso
dal Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontana,
nel procedimento penale a carico  di  S.  M.,  con  ordinanza  del  2
ottobre 2008, iscritta  al  n.  24  del  registro  ordinanze  2009  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  6,  prima
serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 10  giugno  2009  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di  Francavilla
Fontana, con ordinanza del 2 ottobre 2008, ha sollevato questione  di
legittimita' costituzionale, in  riferimento  agli  articoli  3,  24,
primo e secondo comma, e  111,  secondo  comma,  della  Costituzione,
dell'art. 420-ter, comma 5, e dell'art. 484, comma 2-bis, del  codice
di procedura penale nella parte in cui «non consentono al giudice del
dibattimento di rinviare  ad  una  nuova  udienza  nel  caso  in  cui
l'assenza del difensore della costituita parte civile sia  dovuta  ad
assoluta  impossibilita'  di  comparire  per  legittimo   impedimento
prontamente comunicato». 
    Il rimettente premette  di  essere  chiamato  a  decidere  in  un
procedimento penale a carico di S. M., imputato del  delitto  di  cui
all'art. 570 codice penale (violazione degli obblighi  di  assistenza
familiare), in  relazione  al  quale,  in  data  5  giugno  2007,  il
difensore della costituita  parte  civile  P.  M.  ha  depositato  in
cancelleria un certificato medico, datato 4 giugno  2007,  attestante
condizioni di  salute  incompatibili  con  la  sua  comparizione  per
l'udienza del 7 giugno 2007. 
    Il giudice a quo riferisce che all'udienza del 7 giugno 2007  non
ha accolto la richiesta di differimento dell'udienza,  in  forza  del
combinato disposto degli artt. 420-ter, comma 5, e 484, comma  2-bis,
cod. proc. pen., in  quanto  dette  norme  riservano  il  diritto  di
differimento  dell'udienza  in   caso   di   legittimo   impedimento,
prontamente comunicato, soltanto al difensore dell'imputato, sicche',
nella medesima udienza, ai sensi dell'art. 519 cod.  proc.  pen.,  ha
provveduto   all'ammissione   di   prove    testimoniali    richieste
dall'imputato a seguito di contestazione suppletiva. 
    Precisa, inoltre, che all'udienza dell'8 maggio 2008 il difensore
della parte civile ha eccepito, ai sensi  dell'art.  180  cod.  proc.
pen., la nullita'  dell'ordinanza  con  la  quale  il  giudicante  ha
respinto la richiesta di rinvio dell'udienza del 7 giugno 2007 e  del
provvedimento   di   ammissione   delle   nuove    prove    richieste
dall'imputato, per violazione dell'art. 178,  lett.  c),  cod.  proc.
pen.,  ovvero  per  inosservanza   delle   disposizioni   concernenti
l'intervento, l'assistenza e la  rappresentanza  della  parte  civile
costituita; in  particolare,  il  difensore  della  parte  civile  ha
eccepito  che  l'ordinanza  di  ammissione  delle   prove   richieste
dall'imputato, a seguito della  contestazione  suppletiva,  e'  stata
pronunziata  nonostante  la  sua  assenza,  dovuta   ad   impedimento
assoluto,   prontamente   comunicato   e,   quindi,    senza    alcun
contraddittorio con una delle parti del processo. 
    Il giudice rimettente prospetta la violazione degli artt. 3,  24,
primo e secondo comma, e 111,  secondo  comma,  Cost.  ritenendo,  in
punto di rilevanza della questione, che l'eccezione  di  nullita'  e,
quindi, il giudizio non  possono  essere  definiti  indipendentemente
dalla risoluzione della  questione  di  costituzionalita'  in  esame,
giacche' l'incostituzionalita' degli artt. 420-ter, comma  5  e  484,
comma 2-bis, «nei  termini  prospettati  dal  difensore  della  parte
civile imporrebbe al decidente di accogliere l'eccezione di nullita». 
    Pone in evidenza  il  rimettente  che  la  questione  appare  non
manifestamente infondata, in quanto «la mancata estensione  da  parte
del combinato disposto degli articoli 420-ter comma 5,  e  484  comma
2-bis, cod. proc. pen. al difensore della parte civile  dell'istituto
del rinvio dell'udienza in caso di mancata comparizione, quanto  meno
quando  la  stessa  sia  dovuta,  come  nel   caso   in   esame,   ad
impossibilita' assoluta per forza maggiore sembra contrastare» con il
principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.,  con  quello  della
parita' delle parti nel processo di cui al  secondo  comma  dell'art.
111 Cost. e con il principio di inviolabilita' della difesa di cui ai
commi primo e secondo dell'art. 24 Cost. 
    L'omessa previsione contrasterebbe, secondo il rimettente, con il
principio di  uguaglianza,  «stante  l'irragionevole  discriminazione
operata tra il difensore dell'imputato ed il  difensore  della  parte
civile che vengono a trovarsi nella medesima situazione incolpevole»;
con il principio della parita'  delle  parti  nel  processo,  «stante
l'attribuzione del diritto al differimento dell'udienza al  difensore
di una delle parti  del  processo  penale  e  la  negazione  di  tale
identico diritto al difensore della parte civile che si  trova  nella
medesima situazione»; inoltre, con il principio della  inviolabilita'
della difesa, «sicuramente applicabile anche alla persona offesa  dal
reato in relazione alle sue  pretese  civilistiche:  diritto  la  cui
effettivita'  sarebbe  vulnerata  dallo  svolgimento   di   attivita'
processuale nella  quale  l'imputato  ed  il  suo  difensore  possono
svolgere la loro difesa in assenza  della  parte  civile  e  del  suo
difensore impossibilitato a presenziare per forza maggiore». 
    2. - Con atto depositato in data 3 marzo 2009, e' intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  che  ha  eccepito  la
manifesta irrilevanza della questione. 
    La difesa erariale ha evidenziato che la questione sollevata  dal
rimettente, «al fine  di  operare  una  corretta  disamina  del  caso
oggetto di cognizione», deve essere affrontata nella  «appropriata  e
diversa sede normativa dell'art. 519 cod. proc. pen., con particolare
riguardo al comma 3 della norma  medesima».  Osserva  che  la  citata
disposizione, in caso  di  contestazione  suppletiva,  effettuata  ai
sensi degli artt. 516, 517 e 518 cod. proc. pen., nelle previsioni di
cui ai commi 1 e 2, impone al giudice di  concedere  termini  per  la
difesa e di sospendere  il  dibattimento,  se  l'imputato  ne  faccia
richiesta; inoltre, il comma 3 prevede che il presidente  dispone  la
citazione della persona offesa osservando un termine non inferiore  a
cinque giorni. 
    L'Avvocatura    ritiene    che     «secondo     l'interpretazione
costituzionalmente orientata della norma processuale  in  esame,  una
volta che lo stesso ordinamento processuale contempla la possibilita'
che dopo l'apertura del dibattimento i fatti  di  reato  per  cui  si
procede vengano integrati e ridefiniti e,  dunque,  che  il  processo
conosca nuovi sviluppi, sarebbe illogico e contraddittorio - rispetto
a questi ultimi - impedire ai soggetti coinvolti l'esercizio dei loro
fondamentali diritti di ordine processuale». 
    La  difesa  pubblica  indica   alcune   decisioni   della   Corte
costituzionale  con   cui   e'   stata   riconosciuta   la   facolta'
dell'imputato di richiedere il «patteggiamento» (sentenza n. 265  del
1994) e di proporre domanda di oblazione (sentenza n. 530 del  1995),
ma anche la facolta' del pubblico ministero  e  delle  parti  private
diverse dall'imputato di chiedere  l'ammissione  di  nuove  prove  in
relazione alle contestazioni introdotte in via  suppletiva  (sentenze
n. 50 del 1995  e  n.  241  del  1992);  inoltre,  evidenzia  che  la
possibilita' di chiedere  l'ammissione  di  nuove  prove  sussiste  a
prescindere dalla circostanza che la contestazione  suppletiva  abbia
ad oggetto  un  fatto  -  reato  gia'  risultante  dagli  atti  prima
dell'inizio del dibattimento o al momento dell'esercizio  dell'azione
penale  o,  ancora,  un  fatto  emerso  successivamente   nel   corso
dell'istruzione dibattimentale. 
    L'interveniente indica, altresi', la giurisprudenza  della  Corte
di cassazione  secondo  cui,  in  caso  di  contestazioni  suppletive
formulate ai sensi degli artt. 516, 517 e 518  cod.  proc.  pen.,  la
parte  offesa,  ancorche'  presente,  ha  diritto   anch'essa,   come
l'imputato,  alla  sospensione   del   dibattimento,   onde   potersi
costituire parte civile per la nuova udienza. Analogo diritto  spetta
anche alla parte civile gia' costituita,  in  vista  della  possibile
modifica, sotto il profilo tanto  della  causa  petendi,  quanto  del
petitum dei gia' costituiti rapporti processuali (Cass., sentenze  n.
12732 del 2000 e n. 10660 del 1995). 
    L'Avvocatura sostiene, dunque, che nel caso di specie difetta  il
nesso di pregiudizialita' che deve necessariamente sussistere tra  la
soluzione della questione e la decisione del giudizio  principale,  e
cio' in quanto «l'eccezione di  nullita'  sollevata  nel  giudizio  a
quo», essendo «riconducibile esclusivamente  alla  mera  inosservanza
della disposizione di cui all'art. 519, comma 3, cod. proc.  pen.  e'
suscettibile di essere  decisa  indipendentemente  dalla  risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale sollevata dal  giudice
a quo». 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di  Francavilla
Fontana,  con  l'ordinanza  indicata  in   epigrafe,   dubita   della
legittimita' costituzionale, in  riferimento  agli  articoli  3,  24,
primo e secondo comma, e  111,  secondo  comma,  della  Costituzione,
dell'art. 420-ter, comma 5, e dell'art. 484, comma 2-bis, del  codice
di procedura penale nella parte in cui «non consentono al giudice del
dibattimento di rinviare  ad  una  nuova  udienza  nel  caso  in  cui
l'assenza del difensore della costituita parte civile sia  dovuta  ad
assoluta  impossibilita'  di  comparire  per  legittimo   impedimento
prontamente comunicato». 
    Il rimettente, chiamato a decidere in un  procedimento  penale  a
carico di S. M., imputato del delitto di violazione degli obblighi di
assistenza familiare, in relazione al quale, in data 5  giugno  2007,
il difensore della costituita parte  civile  P.  M.  ha  prodotto  un
certificato medico, datato 4 giugno 2007,  attestante  condizioni  di
salute incompatibili con la sua  comparizione  per  l'udienza  del  7
giugno  2007,  osserva  che  all'udienza  indicata  ha  respinto   la
richiesta di differimento  in  forza  del  combinato  disposto  degli
articoli 420-ter, comma 5, e 484, comma 2-bis, cod. proc.  pen.,  che
riserva il diritto di differimento dell'udienza, in caso di legittimo
impedimento   prontamente   comunicato,   soltanto    al    difensore
dell'imputato; pertanto, all'udienza del  7  giugno  2007,  ai  sensi
dell'art. 519 cod. proc. pen.,  ha  provveduto  all'ammissione  delle
prove testimoniali richieste dall'imputato a seguito di contestazione
suppletiva. 
    Sussisterebbe, secondo il giudice  a  quo,  la  violazione  degli
artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma,  Cost.,  in
quanto l'omessa previsione del  diritto  del  difensore  della  parte
civile  al  differimento  dell'udienza,  in   caso   di   impedimento
legittimo,  prontamente  comunicato,  violerebbe  il   principio   di
uguaglianza, «stante l'irragionevole discriminazione operata  tra  il
difensore dell'imputato  ed  il  difensore  della  parte  civile  che
vengono  a  trovarsi  nella  medesima  situazione  incolpevole»;   il
principio della inviolabilita' della difesa, «sicuramente applicabile
anche alla persona offesa dal reato in  relazione  alle  sue  pretese
civilistiche: diritto la cui  effettivita'  sarebbe  vulnerata  dallo
svolgimento di attivita' processuale nella quale l'imputato ed il suo
difensore possono svolgere la loro  difesa  in  assenza  della  parte
civile e del suo difensore impossibilitato a  presenziare  per  forza
maggiore»; inoltre, sarebbe  in  contrasto  con  il  principio  della
parita' delle parti nel processo, «stante l'attribuzione del  diritto
al differimento dell'udienza al difensore  di  una  delle  parti  del
processo penale e la negazione di tale identico diritto al  difensore
della parte civile che si trova nella medesima situazione». 
    E' intervenuto nel  giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha eccepito la manifesta irrilevanza  della  questione  in
considerazione del difetto del nesso  di  pregiudizialita'  che  deve
sussistere tra la  soluzione  della  questione  e  la  decisione  del
giudizio principale. 
    2. - L'eccezione di inammissibilita' per  manifesta  irrilevanza,
sollevata dall'Avvocatura dello Stato, non e' fondata. 
    Essa si richiama ad una situazione processuale diversa da  quella
descritta nell'ordinanza di rimessione, ossia alla situazione in cui,
a seguito di nuove contestazioni (artt. 516 e  seguenti,  cod.  proc.
pen.), il presidente debba disporre la citazione della persona offesa
(art. 178, lett. c, cod.  proc.  pen.),  osservando  un  termine  non
inferiore a cinque giorni (art. 519, comma 3, cod. proc. pen.). Ma il
difensore  della  parte  civile  non  fa  valere,  a  quanto  risulta
dall'ordinanza di rimessione, la violazione  di  diritti  processuali
inerenti alla contestazione suppletiva.  Si  duole,  invece,  di  una
diversa  (presunta)   violazione,   correlata   al   mancato   rinvio
dell'udienza per il dedotto suo impedimento a parteciparvi. 
    Pertanto,  non  e'  ravvisabile   la   carenza   del   nesso   di
pregiudizialita' tra la soluzione della questione e la decisione  del
giudizio principale, nei termini  prospettati  dall'Avvocatura  dello
Stato. 
    La difesa erariale omette, inoltre,  di  adempiere  all'onere  di
indicare circostanze a riscontro di cio' che sostiene, in quanto  non
fornisce elementi idonei a dimostrare che l'udienza  nella  quale  il
pubblico ministero ha formulato la contestazione suppletiva sia stata
la stessa cui il difensore di parte civile non ha potuto partecipare,
per impedimento legittimo. 
    Posto, infatti, che l'obbligo per il giudice, sanzionato  a  pena
di nullita' dal comma 3 dell'art. 519 cod. proc. pen.,  di  concedere
il termine in caso di contestazione suppletiva, anche in favore della
persona offesa e della parte civile, e' immediatamente collegato alla
formulazione della contestazione stessa, soltanto  qualora  la  nuova
contestazione  fosse  stata  formulata  all'udienza  alla  quale   il
difensore  della  parte  civile  e'  stato  nella  impossibilita'  di
partecipare, il giudice a quo avrebbe potuto decidere l'eccezione  di
nullita' ricorrendo alla disposizione menzionata (art. 519, comma  3,
cod. proc. pen.). 
    3. - Nel merito, la questione non e' fondata. 
    Si deve premettere che il codice di procedura  penale  del  1988,
introducendo nell'ordinamento il processo penale di tipo accusatorio,
ha comportato significativi riflessi sui rapporti tra processo penale
ed azione civile, ispirati non piu' - come  accadeva  nel  previgente
sistema processuale penale di tipo inquisitorio - alla prevalenza del
processo penale su quello civile e amministrativo, quanto, piuttosto,
alla separazione dei giudizi ed alla indipendenza del giudizio civile
e amministrativo da quello penale. 
    L'intero   corpo   normativo   processuale   risulta,    infatti,
strutturato sulla diversita' delle posizioni processuali della  parte
civile e dell'imputato, in  particolare,  sul  carattere  accessorio,
subordinato ed eventuale  dell'azione  civile  rispetto  al  processo
penale;  si  tratta  di  disposizioni   che   delineano   una   netta
diversificazione dei diritti e dei poteri processuali attribuiti alla
parte  civile  ed  all'imputato,  costituenti,   dunque,   situazioni
soggettive non omologabili. 
    La non equiparabilita' delle posizioni soggettive in questione  e
il favor separationis tra azione civile ed azione penale e' alla base
della piu' volte affermata  non  irragionevolezza  della  scelta  del
legislatore, nei casi in cui non ha esteso anche  alla  parte  civile
facolta' e diritti attribuiti in via  esclusiva  all'imputato  ed  in
quelli in cui non ha riconosciuto autonomi diritti  e  facolta'  alla
parte civile. 
    Questa Corte, infatti, non ha ritenuto discriminatoria la  scelta
del legislatore di consentire soltanto all'imputato  ed  al  pubblico
ministero di  formulare  la  richiesta  di  rimessione  del  processo
(sentenza n. 168 del 2006); ne' ha ritenuto irragionevole il  mancato
riconoscimento  alla  parte  civile  del  diritto  di  impugnare   il
provvedimento con il quale la sua istanza di  sequestro  conservativo
sia stata respinta (ordinanza n. 424 del 1998); anzi, ha affermato la
ragionevolezza del comma 2 dell'art. 495 cod. proc. pen., nella parte
in cui attribuisce soltanto all'imputato ed al pubblico ministero,  e
non  anche  alla  parte  civile,  il  diritto  alla  prova  contraria
(sentenza n. 532 del 1995). 
    Inoltre, la Corte, gia' sotto la vigenza del codice di  procedura
penale  del  1930,  ha  ritenuto  la  portata   non   discriminatoria
dell'art.175 cod. proc. pen., nella parte in cui  non  prevedeva,  in
tema  di  notificazioni,  l'obbligo  di  disporre  le  ricerche   del
danneggiato nei luoghi di nascita e di ultima dimora, cosi' come  era
previsto per l'imputato (sentenza n. 187 del 1972). 
    La Corte, dunque, tutte le volte  in  cui  e'  stata  chiamata  a
decidere  sui  rapporti  tra  azione  civile  e  azione  penale,   ha
costantemente affermato il principio per cui «imputato e parte civile
esprimono due entita' soggettive fortemente diversificate,  non  solo
sul piano del differente risalto degli interessi coinvolti, ma  anche
e soprattutto per l'impossibilita' di configurare in capo ad essi  un
paradigma  di  par  condicio  valido  come  regola  generale  su  cui
conformare i relativi diritti e  poteri  processuali.  Questa  Corte,
d'altra parte, ha  costantemente  avuto  modo  di  affermare  che  le
differenze di «trattamento processuale» tra le parti sono  legittime,
sempre che abbiano una loro ragionevole base all'interno del  sistema
processuale. Se cio' vale per le parti  necessarie  del  processo,  a
fortiori  e'  possibile  tracciare  un   ragionevole   discrimen   in
riferimento alle parti eventuali: specie nelle ipotesi in cui -  come
nel caso della parte civile nel processo penale - sia  assicurato  un
diretto ed  incondizionato  ristoro  dei  propri  diritti  attraverso
l'azione sempre esercitabile in sede propria» (sentenza  n.  168  del
2006). 
    Si deve, inoltre, ribadire  che  la  Corte,  nel  legittimare  la
differenza del trattamento processuale, nei termini indicati, ha,  al
contempo, affermato che l'eventuale impossibilita' per il danneggiato
di partecipare al processo penale non incide in modo apprezzabile sul
diritto di difesa e sulla parita' delle parti, data  la  possibilita'
di esercitare l'azione di risarcimento del danno nella sede civile ed
anche, atteso  il  carattere  accessorio  e  subordinato  dell'azione
civile, in considerazione della facolta' del danneggiato dal reato di
scegliere di far valere i propri diritti nella sede propria oppure in
quella penale dopo aver effettuato una  valutazione  comparativa  dei
relativi vantaggi (sentenza n. 168 del 2006;  ordinanza  n.  124  del
1999). 
    Cio'  premesso,  le  argomentazioni  del  rimettente  in   ordine
all'omessa estensione del diritto del differimento dell'udienza anche
al difensore della parte  civile,  non  sono  idonee  a  superare  le
considerazioni sopra richiamate, che debbono essere qui ribadite, con
la conseguenza che le norme denunziate si  sottraggono  alle  censure
mosse con riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111,
secondo comma, Cost. 
    Anche  con   riferimento   alla   diversita'   della   disciplina
concernente l'impedimento del difensore dell'imputato e di quello  di
parte civile, non puo' non venire in rilievo, ancora  una  volta,  la
eterogeneita'  delle  posizioni  processuali  nel  cui  interesse  il
difensore compie e riceve tutti gli atti del procedimento. 
    La scelta del legislatore di non  estendere  anche  al  difensore
della parte civile il diritto al differimento  dell'udienza  non  e',
dunque, irragionevole, e cio' in quanto il differente  rilievo  degli
interessi di cui l'imputato e la parte civile sono  portatori,  e  la
diversa natura degli scopi  perseguiti,  si  riflettono  anche  sulla
disciplina prevista in relazione  al  diritto  di  partecipazione  al
processo e, quindi, alla presenza del difensore. 
    La non irragionevolezza della disposizione censurata deve  essere
affermata anche in considerazione di  altri  interessi  da  tutelare,
quale quello della speditezza del  processo  penale,  interesse  che,
evidentemente, il legislatore non ha inteso compromettere  attraverso
la previsione del diritto al rinvio  anche  per  il  difensore  della
parte civile, dovendo attribuirsi precipuo rilievo al  dato  che  nel
processo penale l'imputato e' soggetto direttamente coinvolto, mentre
la parte civile  sceglie,  liberamente,  di  far  valere  le  proprie
pretese civili in esso, anziche' in sede civile. 
    In tal senso e' significativa la sentenza n. 39369 del 2  ottobre
2008 della Corte di cassazione che, nell'escludere la possibilita' di
estendere l'applicazione dell'articolo 420-ter  cod.  proc.  pen.  al
difensore della parte civile,  ha  affermato  che  la  diversita'  di
disciplina non appare irragionevole, in  considerazione  dei  plurimi
strumenti presenti nell'ordinamento per  chi  chiede  la  tutela  dei
propri  interessi  civili  in   una   valutazione   comparativa   con
l'interesse alla speditezza processuale. 
    Con tale pronunzia la Corte di cassazione ha ribadito quanto gia'
espresso da questa Corte nella sentenza n. 433 del 1977, secondo  cui
«la separazione dell'azione  civile  dal  processo  penale  non  puo'
essere considerata come  evoluzione  o  menomazione  del  diritto  di
tutela giurisdizionale, costituendone una modalita' che  generalmente
e' alternativa, ma che il legislatore,  nell'ambito  del  suo  potere
discrezionale, puo'  scegliere  come  esclusiva  in  vista  di  altri
interessi da tutelare  come  quello  della  speditezza  del  processo
penale e che  l'autonomo  esercizio  dell'azione  di  restituzione  o
risarcitoria nel processo civile non comprime il diritto  di  difesa,
il quale potra' essere esercitato  secondo  le  regole  generali  del
codice di procedura civile». 
    Con riferimento alla violazione  dell'art.  24  Cost.,  sotto  il
profilo per cui l'effettivita' del  diritto  di  difesa  della  parte
civile sarebbe vulnerata dallo svolgimento di  attivita'  processuale
nella quale l'imputato ed il suo difensore possono svolgere  la  loro
difesa, in assenza della parte civile e del suo  difensore,  si  deve
rilevare che tale lesione non sussiste. Cio'  non  solo  perche'  ben
puo' il difensore legittimamente impedito nominare un  sostituto,  il
quale esercita i diritti e assume i doveri  del  difensore  ai  sensi
dell'art. 102 cod. proc. pen., ma  anche  perche',  come  piu'  volte
affermato da questa Corte,  l'esercizio  dell'azione  civile  per  il
risarcimento del danno nel processo penale  non  rappresenta  l'unico
strumento di tutela giudiziaria a  disposizione  della  parte  civile
«per  l'esistenza  di  validi  e  praticabili   percorsi   giudiziari
alternativi  nella  piena  disponibilita'  del  danneggiato   (azione
risarcitoria davanti al giudice civile)» (ordinanze n. 562 del 2000 e
n. 424 del 1998). 
    Le considerazioni esposte conducono, altresi',  ad  escludere  la
violazione del secondo comma dell'articolo 111 Cost., in particolare,
del principio della parita' delle parti,  atteso  che  la  previsione
della facolta' prevista in capo alla parte civile di  trasferire,  in
qualsiasi momento, l'azione per il risarcimento del  danno  derivante
dal reato nella  sede  civile,  esclude  di  regola  pregiudizi  agli
interessi di cui e' portatrice. 
    In conclusione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale,
sollevata  con  l'ordinanza  indicata  in   epigrafe,   deve   essere
dichiarata non fondata.