IL TRIBUNALE 
    Sulla  domanda  di  ammissione  alla  procedura   di   concordato
preventivo depositata in data  19  marzo  2009  da  SAMAR  s.r.l.  in
liquidazione con sede in  Mottalciata  (Biella),  via  Martiri  della
Liberta' n. 68, in  persona  del  liquidatore  rag.  Fausto  Colombo,
elettivamente domiciliato in Biella, via  Lamarmora,  21  presso  gli
avv.ti Carlo e Luca Boggio, a tanto ritualmente autorizzato (ai sensi
del combinato disposto degli artt.  161  e  152  l.f.)  con  delibera
dell'assemblea straordinaria dei soci in  data  27  febbraio  2009  a
rogito notaio Massimo Ghirlanda; 
      
    Esaminata la documentazione acquisita; 
    Sentito  il  legale  rappresentante  della  societa'  ricorrente,
comparso all'udienza  in  camera  di  consiglio  del  2  aprile  2009
(fissata ai sensi dell'art. 162 l.f.); 
    Dato atto che il p.m., al  quale  veniva  comunicato  il  ricorso
(unitamente al  decreto  di  fissazione  della  predetta  udienza  di
comparizione), non ha inteso depositare alcun parere  ne'  rassegnare
conclusioni in merito alla domanda di concordato; 
    Sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 2 aprile 2009,  ha
pronunciato la  seguente  ordinanza  avente  ad  oggetto  il  rilievo
d'ufficio della questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
163, primo  comma,  in  relazione  all'art.  162,  secondo  comma,  e
all'art. 160, primo comma, lett. c)  (come  modificati  dal  d.l.  14
marzo 2005, n. 35,  convertito,  con  modificazioni,  nella legge  14
maggio 2005, n. 80, dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal  d.lgs.  12
settembre 2007, n. 169) del r.d. 16 marzo 1942,  n.  267  (Disciplina
del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta
amministrativa), per violazione dell'art. 3 Cost. 
    In punto di fatto deve  preliminarmente  rilevarsi  come  possano
ritenersi adeguatamente documentate sia la  qualifica  in  capo  alla
societa'  ricorrente  di  imprenditore  commerciale   soggetto   alle
disposizioni sul concordato preventivo, la cui attuale  ed  effettiva
«dimensione» patrimoniale, economica e finanziaria supera i parametri
definitori previsti dall'art. 1, comma 2, l.f. (come  modificato  dal
d.lgs. n. 169 del 2007), sia la prospettata sussistenza di uno  stato
di crisi,  nella  specie  qualificabile  in  termini  di  insolvenza,
desumibile dalla messa in liquidazione della societa' e  dal  deficit
patrimoniale emergente  dallo  stesso  contenuto  della  proposta  di
concordato. Risultano, del pari,  riscontrate  la  completezza  e  la
coerenza intrinseca del giudizio  in  ordine  alla  fattibilita'  del
piano concordatario formulato nella relazione, ex art. 161, comma  3,
l.f., redatta dal dott. Andrea Foglio Bonda in  data  19  marzo  2009
(integrata in data 17 aprile 2009): giudizio che - in quanto ancorato
ad una ponderata «validazione esterna»  dell'affidabilita'  dei  dati
aziendali e del  sistema  di  rilevazione  contabile  della  societa'
ricorrente  (anche  con  riferimento  alle  perizie  di  stima  delle
attivita'  immobiliari  e  mobiliari   allegate   alla   domanda   di
concordato)  ed  alla  ragionevolezza  delle  concrete  modalita'  di
esecuzione del piano e dei risultati attesi in termini di  entita'  e
tempi di soddisfazione dei crediti -, risulta  idoneo  a  fornire  un
adeguato  supporto  informativo  al  ceto  creditorio   chiamato   ad
esprimere  le  proprie  valutazioni  sulla  «convenienza»  del  piano
concordatario. 
    Sotto tale profilo  non  appare  superfluo  evidenziare  come  la
proposta di concordato, nei termini definitivamente prospettati dalla
ricorrente all'esito dell'udienza del 2 aprile 2009 (ed  ottemperando
alle richieste di chiarimenti  formulate,  ai  sensi  dell'art.  162,
comma 1, l.f., dal tribunale con  decreto  del  30  marzo  2009:  vd.
memoria  integrativa  depositata  il  17  aprile  2009)   -   risulti
riassuntivamente connotata: a) dall'offerta di cessione ai  creditori
di tutti i beni (aziendali e non)  di  proprieta'  della  ricorrente,
senza quindi la previsione di apporti finanziari esterni, nel caso di
specie «qualificata», con riguardo al preventivato  conseguimento  di
una  plusvalenza  patrimoniale  quantificata  nella  proposta  in   €
1.420.000,00 (vd. in dettaglio  i  dati  del  rendiconto  finanziario
previsionale richiamati nella citata memoria  del  17  aprile  2009),
dalla deliberata autorizzazione dell'esercizio provvisorio  (fino  al
31 dicembre 2009) quale  modalita'  di  liquidazione  del  patrimonio
aziendale, ex combinato disposto degli artt. 2487 e  2447  c.c.  (vd.
delibera assemblea straordinaria dei soci in data 27 febbraio  2009);
b) dalla mancata suddivisione dei creditori in  «classi»,  risultando
invero l'intero  ceto  creditorio  collocato  nelle  due  «categorie»
normative dei privilegiati e dei chirografari, le cui prospettive  di
soddisfacimento in caso di  approvazione  della  proposta  (anch'esse
criticamente attestate nella relazione integrativa redatta dal  dott.
Foglio Bonda) risultano indicate in termini  di  pagamento  integrale
dei primi (tenendo conto anche del calcolo degli interessi  maturandi
in corso di procedura) e, quanto  ai  creditori  chirografari,  nella
percentuale (del 51,64 %) risultante  dal  valore  residuo  dei  beni
offerti in cessione, dopo il pagamento delle spese di procedura e dei
creditori privilegiati; esulando  dall'ambito  delle  valutazioni  da
operare in questa sede quella concernente l'individuazione  specifica
dei creditori muniti di diritto di voto (art. 177, comma 2, l.f.). 
    Cio' posto,  con  specifico  riferimento  alla  predetta  mancata
previsione di una differenziazione dei  creditori  chirografari,  non
puo', tuttavia, non rilevarsi come la proposta di  concordato  denoti
un  assoluto  deficit  motivazionale  sul  punto;  e  cio'  ancorche'
l'oggettiva disomogeneita'  degli  interessi  economici  (quantomeno)
della massa creditoria rappresentata dagli istituti di credito  e  di
quella dei fornitori «ordinari» emerga in modo evidente dalle  stesse
allegazioni fattuali e documentali della ricorrente. In  particolare,
indubbia valenza logico-induttiva  in  tal  senso  riveste  il  fatto
(implicitamente  ammesso  dalla  societa'  ricorrente)  dell'avvenuta
individuazione del  «ceto  bancario»  quale  categoria  di  creditori
destinata a rivestire un ruolo  strategico  e  determinante  ai  fini
della concreta attuazione del pianificato  regolamento  concordatario
dello stato di insolvenza della Samar S.r.l.: ruolo che, invero, gia'
nella fase immediatamente precedente al  deposito  della  domanda  di
concordato, risulta avere di fatto indirizzato  (se  non  addirittura
«condizionato») le piu'  recenti  scelte  gestorie  e  di  ingegneria
finanziaria degli organi  amministrativi  della  odierna  ricorrente,
alcune  delle  quali  effettivamente  attuate   (vd.   la   complessa
operazione di cessione delle  quote  di  partecipazione  della  Samar
S.r.l. nella controllata CED Italia S.p.A., analiticamente illustrata
dal legale della societa' nel corso dell'udienza di comparizione  del
2 aprile 2009 e descritta nella  memoria  integrativa  depositata  in
data 17 aprile 2009) Si  evidenzia,  infatti,  nella  citata  memoria
integrativa che «nella prima proposta di risanamento -  risalente  al
settembre 2008 - Samar, recependo quelle stime,  chiese  alle  banche
non solo il consolidamento del  debito  esistente,  ma  anche  «nuova
finanza» per  circa  €  17.200.000,  parte  della  quale  -  circa  €
4.200.000 -  avrebbe  dovuto  essere  destinata  a  far  fronte  allo
sbilancio patrimoniale di Ced Italia a fine 2009 in dipendenza  delle
perdite stimate (€  2.550.000  circa)  e  degli  ulteriori  oneri  di
liquidazione (€ 1.650.000 circa dovuti in gran parte alla  necessita'
di  risolvere  anzitempo  contratti  pluriennali  di  franchising  in
essere), posto che  per  il  «sistema  bancario»  non  sarebbe  stato
accettabile  rifinanziare  la  capogruppo  (Samar)  di  una  societa'
eventualmente  fallita   (Ced   Italia).   Sebbene   senza   prendere
formalmente posizione le banche, il legale delle banche,  avv.  Carlo
Alberto Giovanardi, faceva sapere all'avv. Luca Boggio  che,  per  le
banche assistite, non era accettabile l'utilizzo della nuova  finanza
per la copertura di perdite e il finanziamento  di  una  liquidazione
societaria,  potendo  essere  utilizzata  solo  per  la   continuita'
dell'esercizio  dell'azienda.  Fu   cosi'   che,   preso   atto   dei
(comprensibili) vincoli nei quali si trovavano le  banche  creditrici
nel rifinanziare Samar, si decise di trovare  un  acquirente  per  le
azioni Ced Italia o per l'azienda  da  questa  posseduta,  alfine  di
trovare la soluzione meno onerosa e piu'  rapida  tale  che  rendesse
possibile a Samar di accedere al rifinanziamento bancario, condizione
necessaria per  non  cessare  l'attivita'  aziendale  ...».  ,  altre
soltanto programmate (vd. proposta di piano di risanamento  aziendale
e di riequilibrio finanziario del «Gruppo  Samar»,  indirizzata  agli
istituti di credito, datata 18 settembre 2008 e correlativa relazione
di «attestazione» redatta in data 18 dicembre 2008 dal professionista
nominato dal Tribunale di Biella ai  sensi  dell'art.  67,  comma  3,
lett. d), l.f. nonche' il piano di ristrutturazione definitivo del 24
dicembre 2008) e poi «assorbite» dalla  decisione  di  deliberare  la
messa in liquidazione della societa'  debitrice  e  la  presentazione
della presente proposta di concordato preventivo. Del resto, a fronte
della  prospettata  «giuridica»  omogeneita'  di  trattamento   della
categoria dei  creditori  chirografari,  la  oggettiva  eterogeneita'
degli interessi economici, distintamente riferibili al ceto  bancario
e alla parte residua della predetta comunita' dei creditori, nel caso
di specie trova ulteriore conferma fattuale nelle peculiari modalita'
di accesso della  societa'  debitrice  alle  fonti  di  finanziamento
offerte nel corso degli anni dai vari istituti di credito e di  fatto
«congelate» a partire dal mese di maggio  2008:  modalita'  operative
caratterizzate, in sostanza, dall'utilizzo  di  linee  di  credito  a
breve termine su anticipazione  di  fatture  di  importazione  merci,
quale ordinario mezzo di pagamento dei numerosi fornitori  stranieri,
nei  confronti  dei  quali  il   gia'   manifestatosi   comportamento
inadempiente da parte della  debitrice  Samar  S.p.A.  non  puo'  non
ragionevolmente   atteggiarsi   -   alla   stregua    del    criterio
dell'interesse economico indicato dall'art. 160, comma 1,  lett.  c),
ed in funzione delle reali aspettative di recupero delle  correlative
ed  esigibili  ragioni  creditorie  (numericamente  maggioritarie   e
quantitativamente comunque significative, indicate   nella  relazione
ex art. 161, comma 3, l.f., in complessivi € 9.292.440) - in  termini
«differenziati» e, quindi, di potenziale  «conflitto»  rispetto  alle
eventuali strategie di voto sulla proposta di concordato da parte del
predetto   ceto   bancario,   titolare   della   (sola)   maggioranza
«quantitativa» del credito chirografario concorsuale (€ 34.402.005, a
fronte di  un  totale  della  predetta  massa  passiva  chirografaria
indicato nella relazione ex art. 161, comma 3, l.f. in complessivi  €
45.694.449). 
    Rilevata, pertanto, sulla base della documentazione allegata alla
domanda di concordato e delle specifiche deduzioni ivi contenute,  la
sussistenza  di  indici  fattuali  di  «disomogeneita»  di  interessi
economici  caratterizzanti  la  composizione  della   categoria   dei
creditori chirografari (destinatari del piano concordatario,  la  cui
regolarita' formale sotto tutti i restanti presupposti di legalita' e
di concreta «fattibilita», criticamente verificata ed attestata nella
relazione redatta ai sensi dell'art. 161, comma  3,  l.f.  dal  dott.
Andrea  Foglio  Bonda,  come   gia'   evidenziato,   puo'   ritenersi
ragionevolmente riscontrata),  s'impone  la  pregiudiziale  verifica,
gia' nella presente fase procedimentale (deputata  al  riscontro  dei
presupposti di ammissibilita' della  domanda  di  concordato),  della
sussistenza in capo a questo tribunale del  potere  di  sindacare  la
scelta - rimasta in parte qua immutata anche dopo i chiarimenti e  le
integrazioni   documentali   forniti   all'esito   dell'udienza    di
comparizione dinanzi al collegio del 2 aprile 2009 - della  debitrice
ricorrente di prospettare detta strutturazione  del  ceto  creditorio
(anche)  Risulta,  invero,  controversa  in  dottrina  l'affermazione
secondo cui in alcune ipotesi sarebbe auspicabile (se  non  doverosa)
la suddivisione in classi anche dei creditori muniti  di  prelazione;
dovendo essere salvaguardato, in assoluto,  anche  nei  confronti  di
costoro il principio della omogeneita'  delle  posizioni  economiche,
soprattutto nei  casi  in  cui  viene  prospettato  dal  debitore  un
soddisfacimento (sia pure integrale) di tale tipologia di crediti  in
tempi non specificamente  preventivati  o  comunque,  in  quanto,  ad
esempio  (come  nella  fattispecie  concreta  oggetto  del   presente
giudizio), eziologicamente ancorati  al  realizzo  di  beni  immobili
offerti in cessione ai creditori concorsuali: realizzo, a sua  volta,
spesso  oggettivamente  influenzato  da  imprevedibili  variabili  di
aleatorieta' del mercato, nel caso di  specie  comunque  criticamente
valutate nella relazione ex art. 161, comma  3,  l.f.  allegata  alla
proposta di concordato presentata  dalla  Samar  S.r.l.,  sulla  base
anche  della   perizia   di   stima   autonomamente   richiesta   dal
professionista incaricato della redazione della  predetta  relazione.
chirografario come «unitaria», senza, appunto, alcuna suddivisione in
classi non omogenee: scelta che - ancorche' formalmente legittima, in
quanto espressamente consentita dall'art. 160,  comma  1,  lett.  c),
l.f. - tuttavia rende rilevante e  non  manifestamente  infondato  il
dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 163, comma 1,  ultima
parte, l.f., individuato (ex art. 23, comma 1, legge 11  marzo  1953,
n.  87)  quale  disposizione  normativa  applicabile  ai  fini  della
decisione in ordine all'ammissione  della  societa'  ricorrente  alla
procedura di concordato preventivo. 
    Com'e' noto, la possibilita' per  l'imprenditore  (individuale  o
collettivo) - in possesso dei requisiti soggettivi di cui all'art. 1,
l.f. e che alleghi di trovarsi in uno stato di crisi o di  insolvenza
- di configurare nella proposta di concordato preventivo piu'  classi
di  creditori  costituisce  una  delle  novita'  piu'   significative
introdotte dalla riforma di tale procedura concorsuale (e  di  quella
del concordato fallimentare) sull'esempio dei principali  ordinamenti
stranieri e rinviene il proprio antecedente normativo nella legge  18
febbraio 2004, n. 39, specificamente dettata per il concordato  delle
grandi imprese in stato di insolvenza. 
    Cio' posto, va consolidandosi in seno alla piu' attenta  dottrina
in materia l'opinione che - al di la' della formula  (alquanto  vaga)
Al riguardo,  e'  stato  acutamente  osservato  come  la  nozione  di
«correttezza» che la legge evoca non abbia nulla a che vedere con  la
correttezza intesa  come  «buona  fede».  Corretta  formazione  delle
classi significa,  essenzialmente,  omogeneita'  nella  distribuzione
delle  risorse  alla  luce  della  diversita'  delle  posizioni   dei
creditori; significa attenta  e  analitica  frammentazione  del  ceto
creditorio in modo che tutte le  differenze  vengano  evidenziate  in
funzione di sollecitare un consenso genuino ed «imparziale» da  parte
della maggioranza  del  creditori  ammessi  al  voto. utilizzata  dal
legislatore  della  riforma,  nell'art.  163,  comma  1,  l.f.,   per
individuare il  relativo  parametro  di  giudizio  («...il  tribunale
provvede  analogamente  previa  valutazione  della  correttezza   dei
criteri di formazione delle diverse classi..») -, da un lato  colloca
l'esercizio del potere-dovere del tribunale di verificare, gia' nella
fase di ammissione  alla  procedura,  (anche)  la  correttezza  della
formazione delle  classi  nell'ambito  del  piu'  generale  controllo
preventivo  di  legittimita'  del  piano  concordatario,   dall'altro
individua la ragionevole giustificazione giuridica di tale intervento
«esterno» dell'autorita' giudiziaria nella  operativita'  dei  limiti
(negativi e positivi) imposti,  in  via  generale  ed  a  livello  di
garanzia costituzionale, all'autonomia privata (art. 1322,  comma  1,
c.c.) dagli artt. 2 e 41, commi 2 e 3 Cost.; risultando in tal modo -
e alle predette «condizioni» -  comunque  salvaguardata  l'innovativa
ottica (adottata dal legislatore della riforma)  di  privilegiare  la
risoluzione delle situazioni di  «crisi»  imprenditoriale  attraverso
l'utilizzo di strumenti di matrice privatistica  in  fattispecie  che
riflettono  anche  esigenze  di  tutela  di   interessi   di   natura
«collettiva»  (e  quindi  pubblica  in  senso  lato),  riferite,  nel
concordato  preventivo,  agli   interessi   dell'intera   massa   dei
creditori;  e  cio',  proprio  in  relazione  a   quelle   situazioni
potenzialmente 'patologiche' in cui la ripartizione  in  classi,  nei
termini  prospettati  dal  debitore,  non  risponda  ad   uno   scopo
meritevole  di  tutela  da  parte  dell'ordinamento   giuridico.   In
particolare,  a  sostegno   della   intrinseca   coerenza   di   tale
ricostruzione della ratio sottesa alla previsione  di  un  potere  di
sindacato del tribunale nei limiti espressamente delineati  dall'art.
163, comma l, ultima parte l.f.,  e'  stato  osservato  come,  a  ben
vedere, il piano di concordato (in quanto non preceduto da  una  fase
di  trattative  con  la  «controparte»  interessata)  non  possa  non
qualificarsi  giuridicamente  in  termini  di  (mero)  atto  gestorio
programmatico  di  ristrutturazione  dei  debiti  (e  tendenzialmente
finalizzato anche all'eventuale conservazione dell'impresa),  la  cui
potenziale  efficacia   quale   proposta   contrattuale   (sottoposta
all'accettazione del ceto creditorio concorsuale), tuttavia,  risulta
essere  stata,   di   fatto,   «sospensivamente   condizionata»   dal
legislatore al superamento del preliminare vaglio di  «proponibilita»
da parte del tribunale. 
    Del pari, largamente condivisa risulta l'affermazione secondo cui
tale controllo «esterno» del tribunale trova il proprio  fondamento -
ma nel contempo anche il proprio limite intrinseco di  operativita' -
nel  delicato  potere-dovere   di   sindacare,   esclusivamente,   la
congruita' (rectius: correttezza) dei criteri utilizzati dal debitore
per la formazione delle diverse classi dei creditori, con  esclusione
di qualsiasi interferenza di carattere  «sostitutivo»  rispetto  alle
specifiche scelte negoziali al riguardo  liberamente  effettuate  dal
debitore medesimo: non essendo, ad esempio, consentita  al  tribunale
in questa fase procedimentale non contenziosa (a differenza di quanto
previsto  nella  successiva  fase  dell'omologazione   in   caso   di
presentazione di opposizioni da  parte  dei  creditori  dissenzienti)
un'autonoma riformulazione della  suddivisione  in  classi  del  ceto
creditorio, ne' tanto meno una valutazione in  merito  alle  concrete
modalita' ed ai criteri di distribuzione delle risorse in favore  dei
creditori concorsuali, salvo il divieto generale imposto al  debitore
di non alterare l'ordine delle cause legittime  di  prelazione  (art.
160,  comma  2,  ultima  parte,  l.f.).Cosi'  delimitato   il   thema
decidendum e positivamente riscontratane, pertanto, la  rilevanza  ai
fini del  vaglio  di  ammissibilita'  della  preposta  di  concordato
presentata da Samar S.r.l. in liquidazione,  appare  in  primo  luogo
insuperabile -  in  quanto  ancorata  al  chiaro   tenore   letterale
dell'art. 160, comma 1, lett. d), l.f. («L'imprenditore che si  trova
in stato di crisi puo' proporre ai creditori un concordato preventivo
sulla  base  di  un  piano  che  puo'   prevedere:   d)   trattamenti
differenziati tra creditori  appartenenti  a  classi  diverse....») -
l'obiezione, patrocinata da una parte della dottrina, secondo cui  la
discrezionalita' (ancorche' «vincolata» Come desumibile  (anche)  dal
principio generale sancito nel comma 2, ultima parte, del citato art.
160 ( «..Il trattamento stabilito per ciascuna classe non puo'  avere
l'effetto   di   alterare   l'ordine   delle   cause   legittime   di
prelazione..»). del debitore di suddividere i creditori in classi non
puo' ritenersi  normativamente  (e  necessariamente)  correlata  alla
previsione di un trattamento differenziato dei creditori appartenenti
a classi diverse Al riguardo, e' stato efficacemente evidenziato  che
va senza dubbio ammessa la possibilita' di creare classi  diverse  di
creditori ai quali si prospetta il medesimo trattamento,  purche'  vi
siano posizioni non omogenee fra i creditori. In particolare,  se  la
proposta prevede il  pagamento  di  una  certa  misura  ai  creditori
chirografari obbligazionisti e ai fornitori,  e'  sicuramente  lecito
porli in classi diverse, posto che i loro  interessi  si  fondano  su
presupposti diversi (l'occasionalita' o la continuita'  dei  rapporto
da cui e' sorto il  credito).  In  altri  termini,  priva  di  solido
aggancio normativo deve ritenersi ogni diversa  ricostruzione  (della
volonta' del legislatore)  che,  passando  attraverso  una  eccessiva
valorizzazione del disposto di cui all'art. 160, comma 1,  lett.  d),
l.f., mirasse a sostenere l'esistenza di un divieto per il  tribunale
di sindacare l'omessa formazione di classi quando nella  proposta  di
concordato  preventivo  (di  cui  rimane  dominus  il  debitore)  sia
previsto lo stesso trattamento per tutti  i  creditori  chirografari.
Orbene, nel senso della infondatezza giuridica di tale  ricostruzione
depone il rilievo che, in realta', la norma in questione pone l'unico
limite di trattamenti differenziati fra creditori che fanno parte  di
una stessa classe, restando, per contro, impregiudicata  la  facolta'
del debitore di riservare  lo  stesso  trattamento  a  creditori  che
appartengono a classi differenti, nell'ambito di ciascuna delle quali
va verificato il raggiungimento della maggioranza prevista  dall'art.
177, comma 1, l.f., ma plausibilmente risponde all'autonoma  esigenza
di fondo (cui deve ritenersi senza dubbio ispirata tutta la novellata
disciplina del concordato preventivo) di consentire al  debitore  (in
stato  di  crisi  o  insolvente)  di  strutturare  il  proprio   ceto
creditorio (sia privilegiato Vd. art. 160, comma 2, prima parte.  che
chirografario) in  funzione  del  conseguimento  del  consenso  sulla
proposta di concordato, attraverso il  pronosticato  voto  favorevole
delle «maggioranze»  previste  dall'art.  177,  comma  1,  l.f.  («Il
concordato  e'  approvato,  dai  creditori   che   rappresentano   la
maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano  previste  diverse
classi di creditori, il concordato e' approvato se  tale  maggioranza
si verifica inoltre nel  maggior  numero  di  classi.»).  Sotto  tale
profilo va condivisa l'opzione ricostruttiva che individua  la  ratio
della suddivisione in classi nella avvertita esigenza  da  parte  del
legislatore  della  riforma  «a  tappe»  della   legge   fallimentare
(iniziata  con  il  d.l.  14  marzo  2005,  n.  35,  convertito,  con
modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80,  e  proseguita  con
il d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e con il d.lgs. 12 settembre 2007,  n.
169)  di  prevedere  un  primo  livello  di  «sterilizzazione  »   di
potenziali conflitti di interessi tra le diverse posizioni giuridiche
e categorie economiche dei creditori  in  concreto  interessati  alla
proposta di concordato formulata dal «comune» debitore;  e  cio',  in
funzione preventiva rispetto  alla  eventuale  «concretizzazione»  di
tali conflitti al momento del voto vincolante della  maggioranza  del
ceto creditorio (solo in parte ed  in  via  generale,  a  sua  volta,
neutralizzata dal necessario raggiungimento anche  della  maggioranza
«..nel maggior  numero  di  classi..»,  ove,  appunto,  previste  sin
dall'inizio nella proposta di concordato). 
    Ed invero, puo' ritenersi dato di comune esperienza il fatto che,
benche' nel concordato preventivo il comune interesse  dei  creditori
e'  in  definitiva  rappresentato  dalla  aspirazione  alla   massima
realizzazione del credito,  spesso  (e  la  «composizione»  del  ceto
creditorio evidenziata nella proposta di concordato che ci occupa  ne
costituisce una emblematica conferma) le scelte di  alcune  tipologie
di  creditori  sono  condizionate  dal  perseguimento  di   interessi
diversi. Non mancano, anche  nella  piu'  recente  giurisprudenza  di
merito  (cfr.  Trib.  Milano,  ord.,  4  dicembre  2008),  esempi  di
fattispecie concrete caratterizzate dalla  posizione  di  coloro  che
istituzionalmente   erogano   finanziamenti    (che    rappresentano,
generalmente, una parte rilevante dei crediti ammessi al voto) o  che
vantano garanzie da parte di terzi  ovvero  di  coloro  che  ricavano
dall'esecuzione dei rapporti commerciali con il  debitore  una  parte
cospicua delle proprie entrate, i quali sono piu' disposti  a  votare
in.favore di ristrutturazioni, anche sensibili, dei  debiti,  pur  di
consentire   la    prosecuzione    dell'attivita'    imprenditoriale,
eventualmente previo rilascio di garanzie, a differenza dei creditori
cd. involontari ovvero dei clienti titolari di crediti  derivanti  da
inadempimenti  contrattuali,  i  quali  vedono  con  maggiore  favore
soluzioni che consentano di conseguire una percentuale piu' alta  del
credito vantato. 
      
    Ma se quanto sopra evidenziato e' il reale  fondamento  normativo
che sta alla base della facolta' del  debitore  di  formazione  delle
classi e che, di per se', rende coerente  e  giustificata  sul  piano
sistematico  (e  gia'  nella  fase  di  ammissione   alla   procedura
concorsuale) la  previsione  del  potere  di  sindacato  in  capo  al
tribunale, ex art. 163, comma  l,  ultima  parte  l.f.,  appare,  per
contro, del tutto irragionevole non riconoscere  il  medesimo  spazio
valutativo  giurisdizionale  sulla  «scelta» -  anch'essa  senz'altro
espressione   della    medesima    liberta'    «negoziale»    offerta
dall'ordinamento al debitore di proporre un  determinato  regolamento
del proprio stato di crisi (o di insolvenza:  vd.  art.  160,  ultimo
comma, l.f.) - di non tenere  conto  della  effettiva  e  documentata
(dallo stesso debitore) eterogeneita', della  posizione  giuridica  e
sul piano degli interessi economici, del ceto creditorio concorsuale:
scelta quest'ultima che -  laddove  risultasse,  anche  in  astratto,
ispirata dal fine di evitare il rischio che il voto contrario di  una
classe   (strumentalmente   «non   prevista»)   possa    pregiudicare
l'approvazione del concordato -  rimarrebbe  di  fatto  (in  caso  di
positivo riscontro della sussistenza di tutti gli  altri  presupposti
di ammissibilita' previsti dagli artt. 160, commi primo e secondo,  e
161 l.f.) priva di adeguata e tempestiva «sanzione» processuale,  pur
restando in tale ipotesi  immutati  sul  piano  sostanziale  (art.  3
Cost.)  i  presupposti  per  l'esercizio   del   predetto   sindacato
dell'autorita' giudiziaria. Non a caso, al dichiarato fine di tentare
di superare (in  via  interpretativa)  tale  aporia  normativa  (resa
evidente dal tassativo tenore letterale  del  citato  art.  163  l.f.
«..ove siano previste  diverse  classi  di  creditori,  il  tribunale
provvede..»)  parte  della  piu'  attenta  dottrina  in  materia   ha
intrapreso  percorsi  ermeneutici Sostanzialmente  parametrati  sulla
trasposizione nella sede concordataria dei principi elaborati in tema
di invalidita' delle delibere di assemblea di  societa'  per  azioni,
con il necessario adattamento imposto  dalla  presenza  dell'istituto
delle classi,  dall'oggetto  del  giudizio  e  dai  poteri  officiosi
riconosciuti al tribunale che, tuttavia, a parere di questo tribunale
non appaiono immuni da profili di artificiosita' argomentativa, nella
parte in cui si afferma che, a ben vedere, la proposta di  concordato
senza  classi  e'  come  se  fosse  articolata   con   classe   unica
(pervenendo,  di  conseguenza,  alla  conclusione  di  ritenere   non
incompatibile il sindacato sulla corretta  formazione  delle  classi,
affidato  alla  autorita'  giudiziaria,  con  una   affermazione   di
inammissibilita' della proposta «perche' l'unica classe non  consente
di differenziare posizioni economiche disomogenee»). A  dimostrazione
della infondatezza (logica,  prima  ancora  che  giuridica)  di  tale
opzione interpretativa possono richiamarsi le  obiezioni  di  chi  ha
evidenziato come la (mera) suddivisione dei creditori in prelatizi  e
chirografari  si  risolva  in  un  rinvio  implicito  alle  categorie
giuridiche imposte dall'ordine segnato dalla legge,  con  esclusione,
pertanto, in tale ipotesi di qualsiasi scelta da parte  del  debitore
in ordine alla reale differenziazione nell'ambito di  ciascuna  delle
categorie  in  questione  in  attuazione  della  autonomia   che   il
legislatore (con l'art. 160, comma  1,  lett.  c),  l.f.)  ha  inteso
riconoscere proprio attraverso la previsione della possibilita' della
formazione delle classi Peraltro, secondo la  condivisibile  opinione
che si sta citando, se nel caso ipotizzato si considerano formate due
classi (con l'anomalia di una intera  classe,  quella  dei  creditori
preferenziali, che non vota), diventa  impossibile  stabilire  se  il
concordato e' approvato, posto che la nuova  formulazione  del  primo
comma dell'art. 177 richiede per l'approvazione  che  la  maggioranza
sia raggiunta «inoltre nel maggior numero di classi». In particolare,
se si ritiene che, nell'ipotesi fatta, la classe sia solo quella  dei
chirografari, si raggiunge l'obiettivo di avere un numero dispari  di
classi,  ma  si  evidenzia   anche   l'inutilita'   del   fantomatico
classamento, perche', considerato che i privilegiati non votano,  che
la massa dei chirografari sia considerata  o  non  una  classe  nulla
cambia ai fini del voto. In una diversa, ma connessa, prospettiva  si
colloca altra parte della dottrina che - valorizzando  gli  strumenti
di tutela (nella specie, l'opposizione) offerti ai singoli  creditori
nella  successiva  fase  della  omologazione -   individua   in   una
interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 180, comma  4,
l.f. (norma completamente riscritta dal d.lgs. n. 169  del  2007)  la
valvola di sicurezza per la tenuta del  microsistema  del  concordato
preventivo; evidenziando, in particolare, come anche nelle ipotesi di
omessa formazione della classi al creditore dissenziente deve  essere
comunque  riconosciuta  la  facolta'  di  proporre  opposizione   per
sostenere che il concordato non  e'  conveniente  per  la  massa  dei
creditori, non prevedendo la legge alcun limite in tal senso. 
      
      
      
    Cio' posto, ritiene il collegio che entrambe le sopra  richiamate
opzioni interpretative - in quanto  specificamente  incentrate  sulla
ricerca  di  appaganti  (ed  opposte)  soluzioni    della   complessa
problematica  relativa  alla  possibile   individuazione   di   spazi
normativi da cui desumere un eventuale obbligo  di  formazione  delle
classi  in  capo  al  debitore  -scontino  un  difetto  di   concreta
irrilevanza ai fini del superamento del dubbio  di  costituzionalita'
che si prospetta nel presente giudizio;  e  cio'  sull'assorbente  ed
insuperabile rilievo che la risposta  in  senso  affermativo  a  tale
interrogativo di fondo non possa - de iure condito, stante il  chiaro
tenore letterale dell'art. 160, comma 1, l.f.  («..puo'  proporre  ai
creditori un concordato preventivo sulla base di un  piano  che  puo'
prevedere...»)  - Rilievo  quest'ultimo  che  obiettivamente   sembra
ricevere ulteriore riscontro di  plausibilita'  ermeneutica  sia  dal
disposto di cui all'art. 177 l.f., laddove  prevede,  ai  fini  della
formazione delle maggioranze, che «ove siano previste diverse  classi
di creditori, il concordato e' approvato... »,  sia,  e  soprattutto,
dall'attuale tenore letterale (dopo le modifiche apportate  dal  d.l.
29 novembr 2008, n. 185, convertito con ulteriori modifiche nella  L.
28  gennaio  2009  n.  2)  dell'art.  182-ter  l.f.,  attestante   la
inequivoca  scelta  operata   dal   legislatore   nel   senso   della
facoltativita'  della  formazione  delle  classi  («se   il   credito
tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non
puo' essere differenziato rispetto a  quello  degli  altri  creditori
chirografari,  ovvero,  nel  caso  di  suddivisioni  in  classi,  dei
creditori  rispetto  ai  quali  e'  previsto  un   trattamento   piu'
favorevole»), desumibile dalla espressa previsione di un  trattamento
differenziato  dei  crediti  chirografari  tributari   «condizionato»
proprio alla eventualita' della formazione delle classi.  prescindere
da un espresso (e discrezionale) intervento del  legislatore  in  tal
senso.  In realta', come gia' evidenziato  in  premessa,  si  tratta,
piu' riduttivamente (anche con  riferimento  alle  consequenziali  ed
inevitabili ricadute sul  piano  sistematico) Alla  stregua  di  tale
specifica  prospettazione  della   rilevanza   della   questione   di
legittimita' costituzionale che questo tribunale reputa di  sollevare
in relazione al (solo) parametro generale di cui  all'art.  3  Cost.,
non appare superfluo osservare (al fine  di  sgombrare  il  campo  da
qualsiasi equivoco argomentativo)  come  nella  fattispecie  concreta
possano  escludersi  autonomi  profili   di   eventuale   illegittima
interferenza pregiudizievole con altri principi costituzionali: primo
fra tutti quello della tutela (sia sostanziale che  processuale)  dei
diritti soggettivi individuali sancito nell'art. 24 Cost. (cfr. Corte
sost., sent. n. 110 del 1995 e n. 155/1994 cit.).  di  verificare  la
coerenza  interna,  e  quindi  la  compatibilita'  con  il   generale
principio costituzionale di ragionevolezza  (art.  3  Costa.),  della
scelta, cosi' come in concreto operata dal legislatore della riforma,
di  calibrare  -  gia'  nella  fase  di  ammissione   al   concordato
preventivo -   la   concreta   operativita'   dei   (pur   fortemente
ridimensionati) spazi di eterotutela giurisdizionale degli  interessi
dei creditori «concorsuali» destinatari «passivi»  (nel  senso  della
mancanza in detta fase di qualsiasi contraddittorio)  della  proposta
di concordato formulata dal  debitore:  proposta  la  cui  potenziale
efficacia «vincolante» nei confronti  della  predetta  comunita'  dei
creditori, se, da un lato, trova il suo  fondamento  oggettivo  nello
stato di crisi o  di  insolvenza  del  «comune»  debitore  (e  quindi
nell'esigenza di favorire un regolamento dei conflitti  di  interessi
trai creditori, da ritenersi  tuttora  parametrato  sula  tendenziale
rispetto del  principio  della  par  conditio  creditorum,  sia  pure
rimodulato secondo i piu' ristretti limiti  imposti  dai  criteri  di
«classamento»  indicati  dal  legislatore  della   riforma) In   tale
prospettiva non  sembrano  del  tutto  superate  le  affermazioni  di
principio evidenziate, prima delle recenti e radicali  riforme  della
legge  fallimentare,  da  Corte  cost.,  sent.  n.  155  del  1994. ,
dall'altro non puo' ritenersi sottratta - proprio  in  considerazione
dell'assenza di un preventivo contraddittorio tra le potenziali parti
«contrattuali» e nell'ambito del rispetto dei generali limiti imposti
dall'ordinamento alla libera esplicazione dell'autonomia privata - al
sindacato «esterno» di legittimita' tuttora  riservato  all'autorita'
giudiziaria;  sindacato  che  nel  sistema  normativo  delineato  dal
combinato disposto degli artt. 163, comma 1, 160, comma 1,  lett.  c,
177 e 180, comma 4, l.f. trova la  sua  massima  espressione,  e  nel
contempo (forse) il profilo piu'  delicato  e  problematico,  proprio
laddove rapportato alla verifica della «correttezza» della scelta del
debitore di suddividere i creditori in classi sulla base dei  criteri
(espressamente  enucleati  dal  legislatore   della   riforma   delle
procedure concorsuali) della identita' di posizione  giuridica  e  di
quello (per  la  verita',  connotato  da  evanescenza  definitoria  e
contenutistica) della omogeneita' degli interessi economici. 
    Ritiene, in definitiva, il collegio che la rilevata  (per  quanto
sopra  argomentato)  intrinseca  irragionevolezza  (art.   3   Cost.)
dell'asimmetria normativa emergente dal  tassativo  tenore  letterale
dell'art. 163, comma ultima parte, l.f.,  non  appare  manifestamente
infondata e puo' essere «sanata» soltanto attraverso un intervento di
carattere manipolativo/additivo da parte della Corte  costituzionale,
che «estenda» il potere di sindacato del  tribunale  -  espressamente
previsto dalla norma in questione solo  -  con  riguardo  al  quomodo
dell'avvenuta formazione di classi -  all'ipotesi  di  omessa,  nella
proposta di concordato preventivo, suddivisione del  ceto  creditorio
in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei. 
(1) Si evidenzia, infatti, nella citata memoria  integrativa  che  «nella
prima proposta di risanamento - risalente al settembre 2008 -  Samar,
recependo quelle stime, chiese alle banche non solo il consolidamento
del  debito  esistente,  ma  anche  «nuova  finanza»  per   circa   €
17.200.000, parte della quale - circa € 4.200.000  -  avrebbe  dovuto
essere destinata a far fronte  allo  sbilancio  patrimoniale  di  Ced
Italia a fine 2009 in dipendenza delle perdite stimate  (€  2.550.000
circa) e degli ulteriori oneri di  liquidazione  (€  1.650.000  circa
dovuti in gran parte alla necessita' di risolvere anzitempo contratti
pluriennali di franchising in essere),  posto  che  per  il  «sistema
bancario» non sarebbe stato accettabile  rifinanziare  la  capogruppo
(Samar) di una societa' eventualmente fallita (Ced  Italia).  Sebbene
senza prendere formalmente  posizione  le  banche,  il  legale  delle
banche, avv. Carlo Alberto Giovanardi, faceva  sapere  all'avv.  Luca
Boggio che, per le banche assistite, non era  accettabile  l'utilizzo
della nuova finanza per la copertura di perdite e il finanziamento di
una liquidazione societaria, potendo essere utilizzata  solo  per  la
continuita' dell'esercizio dell'azienda. Fu cosi' che, preso atto dei
(comprensibili) vincoli nei quali si trovavano le  banche  creditrici
nel rifinanziare Samar, si decise di trovare  un  acquirente  per  le
azioni Ced Italia o per l'azienda  da  questa  posseduta,  alfine  di
trovare la soluzione meno onerosa e piu'  rapida  tale  che  rendesse
possibile a Samar di accedere al rifinanziamento bancario, condizione
necessaria per non cessare l'attivita' aziendale ...». 
(2) Risulta, invero, controversa in dottrina l'affermazione  secondo  cui
in  alcune  ipotesi  sarebbe  auspicabile  (se   non   doverosa)   la
suddivisione in classi anche  dei  creditori  muniti  di  prelazione;
dovendo essere salvaguardato, in assoluto,  anche  nei  confronti  di
costoro il principio della omogeneita'  delle  posizioni  economiche,
soprattutto nei  casi  in  cui  viene  prospettato  dal  debitore  un
soddisfacimento (sia pure integrale) di tale tipologia di crediti  in
tempi non specificamente  preventivati  o  comunque,  in  quanto,  ad
esempio  (come  nella  fattispecie  concreta  oggetto  del   presente
giudizio), eziologicamente ancorati  al  realizzo  di  beni  immobili
offerti in cessione ai creditori concorsuali: realizzo, a sua  volta,
spesso  oggettivamente  influenzato  da  imprevedibili  variabili  di
aleatorieta' del mercato, nel caso di  specie  comunque  criticamente
valutate nella relazione ex art. 161, comma  3,  l.f.  allegata  alla
proposta di concordato presentata  dalla  Samar  S.r.l.,  sulla  base
anche  della   perizia   di   stima   autonomamente   richiesta   dal
professionista incaricato della redazione della predetta relazione. 
(3) Al riguardo,  e'  stato  acutamente  osservato  come  la  nozione  di
«correttezza» che la legge evoca non abbia nulla a che vedere con  la
correttezza intesa  come  «buona  fede».  Corretta  formazione  delle
classi significa,  essenzialmente,  omogeneita'  nella  distribuzione
delle  risorse  alla  luce  della  diversita'  delle  posizioni   dei
creditori; significa attenta  e  analitica  frammentazione  del  ceto
creditorio in modo che tutte le  differenze  vengano  evidenziate  in
funzione di sollecitare un consenso genuino ed «imparziale» da  parte
della maggioranza del creditori ammessi al voto. 
(4) Come desumibile (anche) dal principio generale sancito nel  comma  2,
ultima parte, del citato art. 160 ( «..Il trattamento  stabilito  per
ciascuna classe non puo' avere l'effetto di alterare  l'ordine  delle
cause legittime di prelazione..»). 
(5) Al riguardo, e' stato efficacemente evidenziato che va  senza  dubbio
ammessa la possibilita' di creare  classi  diverse  di  creditori  ai
quali  si  prospetta  il  medesimo  trattamento,  purche'  vi   siano
posizioni non  omogenee  fra  i  creditori.  In  particolare,  se  la
proposta prevede il  pagamento  di  una  certa  misura  ai  creditori
chirografari obbligazionisti e ai fornitori,  e'  sicuramente  lecito
porli in classi diverse, posto che i loro  interessi  si  fondano  su
presupposti diversi (l'occasionalita' o la continuita'  dei  rapporto
da cui e' sorto il  credito).  In  altri  termini,  priva  di  solido
aggancio normativo deve ritenersi ogni diversa  ricostruzione  (della
volonta' del legislatore)  che,  passando  attraverso  una  eccessiva
valorizzazione del disposto di cui all'art. 160, comma 1,  lett.  d),
l.f., mirasse a sostenere l'esistenza di un divieto per il  tribunale
di sindacare l'omessa formazione di classi quando nella  proposta  di
concordato  preventivo  (di  cui  rimane  dominus  il  debitore)  sia
previsto lo stesso trattamento per tutti  i  creditori  chirografari.
Orbene, nel senso della infondatezza giuridica di tale  ricostruzione
depone il rilievo che, in realta', la norma in questione pone l'unico
limite di trattamenti differenziati fra creditori che fanno parte  di
una stessa classe, restando, per contro, impregiudicata  la  facolta'
del debitore di riservare  lo  stesso  trattamento  a  creditori  che
appartengono a classi differenti, nell'ambito di ciascuna delle quali
va verificato il raggiungimento della maggioranza prevista  dall'art.
177, comma 1, l.f. 
(6) Vd. art. 160, comma 2, prima parte. 
(7) Sostanzialmente   parametrati   sulla   trasposizione   nella    sede
concordataria dei principi elaborati in  tema  di  invalidita'  delle
delibere di assemblea di  societa'  per  azioni,  con  il  necessario
adattamento  imposto  dalla  presenza  dell'istituto  delle   classi,
dall'oggetto del giudizio e  dai  poteri  officiosi  riconosciuti  al
tribunale  
(8) Peraltro, secondo la condivisibile opinione che si  sta  citando,  se
nel caso ipotizzato si considerano formate due classi (con l'anomalia
di una intera classe, quella dei  creditori  preferenziali,  che  non
vota), diventa impossibile stabilire se il concordato  e'  approvato,
posto che  la  nuova  formulazione  del  primo  comma  dell'art.  177
richiede per l'approvazione che la maggioranza sia raggiunta «inoltre
nel maggior numero di classi». In particolare,  se  si  ritiene  che,
nell'ipotesi fatta, la classe sia solo quella  dei  chirografari,  si
raggiunge l'obiettivo di avere un numero dispari  di  classi,  ma  si
evidenzia anche l'inutilita' del  fantomatico  classamento,  perche',
considerato  che  i  privilegiati  non  votano,  che  la  massa   dei
chirografari sia considerata o non una classe nulla  cambia  ai  fini
del voto. 
(9) Rilievo quest'ultimo che  obiettivamente  sembra  ricevere  ulteriore
riscontro di  plausibilita'  ermeneutica  sia  dal  disposto  di  cui
all'art. 177 l.f., laddove prevede, ai fini  della  formazione  delle
maggioranze, che «ove siano previste diverse classi di creditori,  il
concordato e' approvato... », sia, e soprattutto, dall'attuale tenore
letterale (dopo le modifiche apportate dal d.l. 29 novembr  2008,  n.
185, convertito con ulteriori modifiche nella L. 28 gennaio  2009  n.
2) dell'art. 182-ter l.f., attestante la  inequivoca  scelta  operata
dal legislatore nel senso della facoltativita' della formazione delle
classi  («se  il  credito  tributario  o   contributivo   ha   natura
chirografaria, il trattamento non puo' essere differenziato  rispetto
a quello degli altri creditori  chirografari,  ovvero,  nel  caso  di
suddivisioni in classi, dei creditori rispetto ai quali  e'  previsto
un  trattamento  piu'   favorevole»),   desumibile   dalla   espressa
previsione di un trattamento differenziato dei  crediti  chirografari
tributari «condizionato» proprio alla eventualita'  della  formazione
delle classi. 
(10) Alla stregua di tale specifica prospettazione della  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale che questo tribunale  reputa
di sollevare  in  relazione  al  (solo)  parametro  generale  di  cui
all'art.  3  Cost.,  non  appare  superfluo  osservare  (al  fine  di
sgombrare il campo da qualsiasi equivoco  argomentativo)  come  nella
fattispecie concreta possano escludersi autonomi profili di eventuale
illegittima   interferenza   pregiudizievole   con   altri   principi
costituzionali: primo fra tutti quello della tutela (sia  sostanziale
che processuale) dei diritti soggettivi individuali sancito nell'art.
24 Cost. (cfr. Corte sost., sent. n.  110  del  1995  e  n.  155/1994
cit.). 
(11) In tale prospettiva non sembrano del tutto superate  le  affermazioni
di principio evidenziate, prima  delle  recenti  e  radicali  riforme
della legge fallimentare, da Corte cost., sent. n. 155 del 1994.