Ricorso della Regione Campania, in persona del  Presidente  della
Giunta regionale pro tempore,  autorizzato  con  deliberazione  della
Giunta  regionale  n.  1288  del  30  luglio  2009  (all.  1)  e  con
deliberazione della Giunta regionale n. 1473 del  18  settembre  2009
(all. 2), rappresentata e difesa - come  da  procura  a  margine  del
presente atto  -  dall'avv.  prof.  Giandomenico  Falcon  di  Padova,
dall'avv. Vincenzo Baroni dell'Avvocatura regionale e dall'avv. Luigi
Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso l'avv.  Manzi,  in
via Confalonieri, 5; 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione che non spetta allo Stato, in assenza dei presupposti e
in violazione delle procedure prescritte, adottare  la  deliberazione
del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2009, trasmessa alla Regione
Campania in data 30 luglio 2009 con nota prot. n. 21188 del Gabinetto
del Ministro dell'economia e delle finanze, con  la  quale  e'  stato
disposto l'esercizio dei poteri sostitutivi del Governo nei confronti
della Regione Campania al fine di dare attuazione al piano di rientro
dei disavanzi del Servizio sanitario regionale campano,  nonche'  per
il conseguente annullamento della predetta delibera,  per  violazione
degli artt. 114, 117,  118,  119  e  120  della  Costituzione  e  del
principio di leale collaborazione,  per  i  profili  e  nei  modi  di
seguito illustrati. 
                              F a t t o 
1) Il ricorso e le sue ragioni. 
    Il presente ricorso per conflitto di attribuzioni  e'  rivolto  a
far valere la violazione delle competenze e  garanzie  costituzionali
della Regione Campania, in quanto la delibera  impugnata,  ad  avviso
della regione: 
        a) e' stato adottato sulla base di una procedura viziata  per
il mancato rispetto dei principi di leale collaborazione; 
        b) e' stato adottato in assenza dei presupposti legittimanti,
ed in particolare in assenza di pericoli per l'unita' economica e per
l'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni; 
        c) e' stato  adottato  sulla  base  di  valutazioni  relative
all'andamento dei conti regionali nel settore sanitario unilaterali e
non fondate; 
        d) nella parte  dispositiva  affida  al  commissario  non  il
compimento di specifici atti doverosi per l'attuazione del «Piano  di
rientro», ma  in  modo  generale  tutti  i  poteri  amministrativi  e
legislativi degli organi  regionali,  alterandosi  anche  il  sistema
delle fonti. 
    Tuttavia, la complessita' della materia  richiede  che  prima  di
tutto si ricostruisca nella sua interezza il  sistema  normativo  che
governa  la  materia  in  questione,  ed  in  secondo  luogo  che  si
ricostruiscano gli  eventi  che  hanno  portato  alla  decisione  qui
contestata di nominare un commissario per l'attuazione del  Piano  di
rientro. 
2) Il sistema dei rapporti tra Regioni  e  Stato  nella  garanzia  di
equilibrio dei conti del sistema sanitario. 
Il sistema della legge n. 311 del 2004. 
    Il tema del «disavanzo» dei servizi sanitari -  con  le  connesse
questioni se esso sia dovuto all'eccesso della spesa o alla scarsita'
delle risorse - ha alle spalle una storia relativamente lunga. 
    Ai  fini  della  presente  vicenda,   sara'   pero'   sufficiente
cominciare dall'art. 1, comma 164, 1egge n.  311/2004,  il  quale  ha
stabilito che «lo Stato... concorre  al  ripiano  dei  disavanzi  del
Servizio sanitario nazionale per gli anni  2001,  2002  e  2003».  Il
comma  173  del  medesimo  art.  1  aggiungeva  che   «l'accesso   al
finanziamento integrativo a carico dello Stato  derivante  da  quanto
disposto al comma 164; e' subordinato alla stipula di  una  specifica
intesa tra Stato e regioni ai sensi dell'articolo 8, comma  6,  della
legge 5 giugno 2003, n. 131». 
    L'intesa doveva  contemplare  diversi  interventi  «ai  fini  del
contenimento della  dinamica  dei  costi»,  quali:  «adempimenti  per
migliorare il monitoraggio  della  spesa  sanitaria  nell'ambito  del
Nuovo sistema informativo sanitario»; «il rispetto degli obblighi  di
programmazione  a   livello   regionale,   al   fine   di   garantire
l'effettivita'  del  processo   di   razionalizzazione   delle   reti
strutturali dell'offerta ospedaliera e  della  domanda  ospedaliera»;
«il vincolo di crescita delle  voci  dei  costi  di  produzione,  con
esclusione di quelli per il personale cui  si  applica  la  specifica
normativa di settore». Veniva anche ribadito «in ogni caso, l'obbligo
in  capo  alle  regioni  di  garantire  in  sede  di   programmazione
regionale, coerentemente con gli obiettivi  sull'indebitamento  netto
delle amministrazioni pubbliche,  l'equilibrio  economico-finanziario
delle  proprie  aziende  sanitarie,  aziende   ospedaliere,   aziende
ospedaliere universitarie ed Istituti di ricovero e cura a  carattere
scientifico  sia  in  sede  di  preventivo  annuale  che   di   conto
consuntivo, realizzando forme di verifica trimestrale della  coerenza
degli andamenti con  gli  obiettivi  dell'indebitamento  netto  delle
amministrazioni    pubbliche    e    prevedendo     l'obbligatorieta'
dell'adozione di misure  per  la  riconduzione  in  equilibrio  della
gestione ove si  prospettassero  situazioni  di  squilibrio,  nonche'
l'ipotesi di decadenza del direttore generale». 
    L'art. 1, comma 174, della stessa legge n. 311 del 2004 stabiliva
che, «al fine del rispetto dell'equilibrio economico-finanziario,  la
regione, ove si prospetti sulla base del monitoraggio trimestrale una
situazione di squilibrio, adotta i provvedimenti  necessari»,  e  che
«qualora dai dati del monitoraggio del quarto trimestre  si  evidenzi
un disavanzo di gestione a fronte del quale non sono stati adottati i
predetti provvedimenti, ovvero essi non  siano  sufficienti,  con  la
procedura di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno  2003,  n.
131, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida  la  regione  a
provvedervi entro il 30  aprile  dell'anno  successivo  a  quello  di
riferimento». 
    Di seguito era previsto che  «qualora  la  regione  non  adempia,
entro i successivi trenta giorni  il  presidente  della  regione,  in
qualita' di commissario ad acta, approva  il  bilancio  di  esercizio
consolidato del Servizio sanitario regionale al fine  di  determinare
il disavanzo di gestione e adotta i necessari  provvedimenti  per  il
suo  ripianamento,   ivi   inclusi   gli   aumenti   dell'addizionale
all'imposta sul reddito delle  persone  fisiche  e  le  maggiorazioni
dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attivita' produttive entro
le misure stabilite dalla normativa vigente». Infine e' stabilito che
«qualora i provvedimenti necessari per il ripianamento del  disavanzo
di gestione non vengano adottati dal commissario ad acta entro il  31
maggio, nella regione  interessata,  con  riferimento  agli  anni  di
imposta 2006 e successivi, si applicano comunque nella misura massima
prevista  dalla  vigente  normativa  l'addizionale  all'imposta   sul
reddito  delle  persone  fisiche  e  le  maggiorazioni  dell'aliquota
dell'imposta regionale sulle attivita' produttive». 
    Il comma 180, infine, statuiva che «la regione interessata, nelle
ipotesi indicate ai commi 174  e  176  nonche'  in  caso  di  mancato
adempimento per  gli  anni  2004  e  precedenti,...  procede  ad  una
ricognizione  delle  cause  ed  elabora  un  programma  operativo  di
riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio
sanitario  regionale,  di  durata   non   superiore   al   triennio»,
aggiungendo che «i Ministri della  salute  e  dell'economia  e  delle
finanze e la singola regione stipulano apposito accordo che individui
gli  interventi  necessari  per  il   perseguimento   dell'equilibrio
economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e  degli
adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 173»; e che inoltre
«la sottoscrizione  dell'accordo  e'  condizione  necessaria  per  la
riattribuzione alla regione interessata  del  maggiore  finanziamento
anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla  verifica
della effettiva attuazione  del  programma».  L'accesso  ai  maggiori
finanziamenti ed  il  contenuto  dell'accordo  erano  regolati  anche
dall'art. 8 dell'Intesa sopra citata del 23 marzo 2005. 
L'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005. 
    In attuazione di tali normative e' stata stipulata  il  23  marzo
2005,  in  sede  di  Conferenza  Stato-regioni,  l'Intesa,  ai  sensi
dell'art. 8,  comma  6,  della  legge  5  giugno  2003,  n.  131,  in
attuazione dell'art. 1, comma 173, della legge 30 dicembre  2004,  n.
311. 
    Tale intesa ha  tra  l'altro  istituito  il  Comitato  paritetico
permanente  per  la  verifica  dell'erogazione  dei  LEA  presso   il
Ministero della salute  (art.  9)  e  il  Tavolo  di  verifica  degli
adempimenti presso il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  -
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (art. 12). 
    Il Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione
dei LEA e' deputato a verificare «l'erogazione dei Livelli Essenziali
di  Assistenza  in  condizioni  di  appropriatezza  e  di  efficienza
nell'utilizzo delle risorse e per la verifica della congruita' tra le
prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione» (comma  1).
Esso «si avvale del  supporto  tecnico  dell'Agenzia  per  i  Servizi
sanitari regionali» e «opera sulla base delle informazioni desumibili
dal sistema di monitoraggio e garanzia di cui al decreto ministeriale
12 dicembre 2001, nonche' dei flussi informativi afferenti  al  Nuovo
Sistema Informativo Sanitario» (comma 2). Il Comitato «e' composto da
quattro rappresentanti del Ministero della salute,  di  cui  uno  con
funzioni  di   coordinatore,   due   rappresentanti   del   Ministero
dell'economia e delle finanze, un rappresentante del Dipartimento per
gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri e da
sette rappresentanti delle regioni  designati  dalla  Conferenza  dei
presidenti delle regioni e delle province autonome» (comma 3). 
    Quanto al Tavolo di verifica degli  adempimenti,  esso  e'  stato
istituito «ai fini della verifica degli adempimenti per le  finalita'
di quanto disposto dall'art. 1, comma 184, lettera c) della legge  30
dicembre 2004, n. 311. Esso e' coordinato da  un  rappresentante  del
Ministero dell'economia e delle finanze e composto da rappresentanti:
del  Dipartimento  degli  affari  regionali  della   Presidenza   del
Consiglio dei ministri; del Ministero  della  salute;  delle  regioni
capofila delle Aree sanita' e affari  finanziari,  nell'ambito  della
Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome;  di  una
ulteriore regione indicata  dalla  Conferenza  dei  presidenti  delle
regioni  e  delle  province  autonome;  dell'Agenzia  per  i  Servizi
sanitari regionali; della Segreteria della Conferenza permanente  per
i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di  Trento
e Bolzano; della Segreteria della  Conferenza  dei  presidenti  delle
regioni e delle province autonome» (comma 1). 
    I commi successivi regolano l'operato del Tavolo  tecnico  e  del
Tavolo politico, che pure e' coinvolto nella procedura di verifica. 
La legge n. 266 del 2005. 
    Gli obblighi derivanti alle regioni, nel settore sanitario, dalla
citata  intesa  Stato-regioni  del  23  marzo  2005,  finalizzati   a
garantire l'equilibrio economico-finanziario, a mantenere  i  livelli
essenziali di assistenza, a rispettare gli ulteriori  adempimenti  di
carattere sanitario previsti dalla medesima intesa e a prevedere, ove
si prospettassero situazioni  di  squilibrio  nelle  singole  aziende
sanitarie, la contestuale presentazione di piani di rientro  pena  la
dichiarazione di  decadenza  dei  rispettivi  direttori  generali,  e
l'obbligo di adottare i provvedimenti necessari di  cui  all'art.  1,
comma 174, 1egge n.  311/2004  sopra  citato  erano  mantenuti  fermi
dall'art. 1, comma 274, 1egge n. 266/2005. 
    Analogamente, anche il comma 279 dell'art. 1, legge  n.  266/2005
prevedeva poi che lo Stato concorresse al ripiano dei  disavanzi  del
Servizio sanitario nazionale per gli anni 2002, 2003 e  2004;  a  tal
fine veniva autorizzata la spesa di 2.000 milioni di euro per  l'anno
2006:  ma  l'erogazione  del  suddetto   importo   era   «subordinata
all'adozione, da parte delle regioni, dei provvedimenti di  copertura
del residuo disavanzo posto a loro carico per i medesimi anni». 
    Inoltre, il comma 280 subordinava l'accesso al concorso di cui al
comma 279 «all'espressione... da parte della Conferenza  unificata...
dell'intesa sullo schema  di  Piano  sanitario  nazionale  2006-2008,
nonche'... alla stipula di una intesa  tra  Stato  e  regioni...  che
preveda la realizzazione da  parte  delle  regioni  degli  interventi
previsti dal Piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa»; ed
il comma 281 aggiungeva che «l'accesso al concorso di  cui  al  comma
279 e' altresi' subordinato, per le regioni che nel periodo 2001-2005
abbiano fatto registrare, in  base  ai  dati  risultanti  dal  Tavolo
tecnico di verifica degli adempimenti regionali, un  disavanzo  medio
pari o superiore al 5 per cento, ovvero che abbiano fatto  registrare
nell'anno 2005 un incremento del  disavanzo  rispetto  all'anno  2001
pari o superiore al 200  per  cento,  alla  stipula  di  un  apposito
accordo tra la regione  interessata  e  i  Ministri  della  salute  e
dell'economia e delle finanze,  ovvero  all'integrazione  di  accordi
gia' sottoscritti ai sensi dell'art. 1, comma  180,  della  legge  30
dicembre 2004, n. 311, per l'adeguamento alle indicazioni  del  Piano
sanitario nazionale  2006-2008  e  il  perseguimento  dell'equilibrio
economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza». 
    Nel quadro di questa normativa - che sostanzialmente confermava i
meccanismi della precedente -  veniva  conclusa  l'Intesa,  ai  sensi
dell'art. 8, comma 6, della legge 5  giugno  2003,  n.  131,  tra  il
Governo, le Regioni e le Province autonome di  Trento  e  di  Bolzano
concernente un nuovo Patto  sulla  salute  (provvedimento  5  ottobre
2006, n. 2648). 
La legge n. 296 del 2006. 
    La legge n. 296 del 2006 conferma  il  concorso  dello  Stato  al
ripiano dei disavanzi, istituendo per il triennio 2007-2009 «un Fondo
transitorio di 1.000 milioni di euro per l'anno 2007, di 850  milioni
di euro per l'anno 2008 e di 700 milioni di  euro  per  l'anno  2009»
(art. 1, comma 796, lettera b) la cui  ripartizione  tra  le  regioni
interessate  da  elevati  disavanzi  era  disposta  con  decreto  del
Ministro della salute, di concerto con il  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. 
    Si precisava pero' che l'apposito accordo ai sensi  dell'art.  1,
comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (al  quale  anche  la
nuova legge subordinava l'accesso alle risorse  del  Fondo),  avrebbe
dovuto comprendere «un piano di rientro dai disavanzi»,  che  avrebbe
dovuto contenere «sia le misure di riequilibrio del profilo erogativo
dei livelli essenziali di assistenza, per renderlo conforme a  quello
desumibile dal  vigente  Piano  sanitario  nazionale  e  dal  vigente
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di  fissazione  dei
medesimi livelli essenziali di assistenza, sia le  misure  necessarie
all'azzeramento del disavanzo entro il 2010, sia gli  obblighi  e  le
procedure previsti dall'art. 8 dell'intesa 23 marzo 2005». Ancora, il
comma 796, lettera b), prevedeva che «tale accesso presuppone che sia
scattata formalmente in modo automatico  o  che  sia  stato  attivato
l'innalzamento  ai   livelli   massimi   dell'addizionale   regionale
all'imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche  e   dell'aliquota
dell'imposta regionale sulle attivita' produttive», e  che,  «qualora
nel procedimento di  verifica  annuale  del  piano  si  prefiguri  il
mancato rispetto di parte degli obiettivi intermedi di riduzione  del
disavanzo contenuti nel piano di rientro, la regione interessata puo'
proporre misure equivalenti che devono essere approvate dai Ministeri
della salute e dell'economia e delle finanze». 
    Era ancora stabilito che in ogni caso,  «l'accertato  verificarsi
del  mancato  raggiungimento  degli  obiettivi   intermedi»   avrebbe
comportato che, con  riferimento  all'anno  d'imposta  dell'esercizio
successivo, «l'addizionale  all'imposta  sul  reddito  delle  persone
fisiche  e  l'aliquota   dell'imposta   regionale   sulle   attivita'
produttive si  applicano  oltre  i  livelli  massimi  previsti  dalla
legislazione  vigente  fino  all'integrale  copertura   dei   mancati
obiettivi». 
    Era infine previsto che gli interventi «individuati dai programmi
operativi di riorganizzazione,  qualificazione  o  potenziamento  del
servizio  sanitario  regionale,  necessari   per   il   perseguimento
dell'equilibrio economico, nel rispetto  dei  livelli  essenziali  di
assistenza, oggetto degli accordi di cui all'art. 1, comma 180, della
legge 30 dicembre 2004, n.  311,  e  successive  modificazioni,  come
integrati dagli accordi di cui all'art. 1, commi  278  e  281,  della
legge 23 dicembre 2005, n. 266» fossero «vincolanti  per  la  regione
che ha sottoscritto  l'accordo»  e  che  le  determinazioni  in  esso
previste   potessero   «comportare   effetti   di   variazione    dei
provvedimenti  normativi  ed  amministrativi  gia'   adottati   dalla
medesima regione in materia di programmazione sanitaria». 
Il decreto-legge n. 159 del 2007. 
    L'art. 4, d.l. n. 159/2007, convertito  con  modificazioni  dalla
legge  n.  222/2007,  detta  la  disciplina  attuata  dall'atto   qui
impugnato. 
    Nel comma 1 si  stabilisce  che,  «qualora  nel  procedimento  di
verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro, effettuato  dal
Tavolo di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la
verifica dei livelli essenziali di assistenza, di cui rispettivamente
agli articoli 12 e 9 dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo  2005,...
con  le  modalita'  previste  dagli  accordi  sottoscritti  ai  sensi
dell'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n.  311,...  si
prefiguri  il  mancato  rispetto  da  parte   della   regione   degli
adempimenti  previsti  dai  medesimi   Piani,   in   relazione   alla
realizzabilita' degli equilibri finanziari  nella  dimensione  e  nei
tempi ivi programmati, in funzione degli interventi  di  risanamento,
riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del  sistema
sanitario  regionale,  anche  sotto  il  profilo   amministrativo   e
contabile,  tale  da  mettere  in  pericolo  la  tutela   dell'unita'
economica e dei livelli essenziali delle prestazioni, ferme  restando
le disposizioni di cui all'art. 1, comma 796, lettera b), della legge
27 dicembre 2006, n. 296, il Presidente del Consiglio  dei  ministri,
con la procedura di cui all'art. 8, comma 1,  della  legge  5  giugno
2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,
di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli
affari regionali  e  le  autonomie  locali,  diffida  la  regione  ad
adottare  entro   quindici   giorni   tutti   gli   atti   normativi,
amministrativi, organizzativi e  gestionali  idonei  a  garantire  il
conseguimento degli obiettivi previsti nel Piano». 
    Il comma 2 dispone poi che, «ove  la  regione  non  adempia  alla
diffida di cui al comma 1, ovvero gli  atti  e  le  azioni  posti  in
essere, valutati dai predetti Tavolo e Comitato, risultino inidonei o
insufficienti  al  raggiungimento  degli  obiettivi  programmati,  il
Consiglio dei ministri, su  proposta  del  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, di concerto con il Ministro della salute,  sentito  il
Ministro per gli affari regionali e le autonomie  locali,  nomina  un
commissario ad acta per l'intero periodo di vigenza del singolo Piano
di rientro». La disposizione aggiunge che, «al fine di assicurare  la
puntuale attuazione del piano di rientro, il Consiglio dei  ministri,
su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,  di  concerto
con il Ministro del lavoro, della salute e delle  politiche  sociali,
sentito il Ministro per i rapporti con  le  regioni,  puo'  nominare,
anche  dopo  l'inizio  della  gestione  commissariale,  uno  o   piu'
subcommissari  di  qualificate  e  comprovate   professionalita'   ed
esperienza in materia  di  gestione  sanitaria,  con  il  compito  di
affiancare  il  commissario  ad  acta   nella   predisposizione   dei
provvedimenti da assumere in esecuzione dell'incarico commissariale». 
3) La situazione della Regione Campania e i relativi atti. 
    Si espongono qui di  seguito  le  specifiche  vicende  che  hanno
portato al commissariamento.  L'esposizione  di  tali  vicende  sara'
compiuta - soprattutto in relazione alle risultanze relative al  2009
ed alle previsioni relative al 2009 - in modo analitico,  dando  atto
delle ragioni di merito della  Regione  Campania  e  anticipando  per
questa parte l'esposizione in diritto: la  quale  ne  risultera'  poi
corrispondentemente semplificata. 
3a) L'Accordo per l'approvazione del Piano di rientro e  l'avvio  del
risanamento dei conti. 
    In attuazione delle normative sopra esposte (legge n. 311/2004  e
1egge n. 296 del 2006) la Regione Campania, il Ministro della  salute
ed il Ministro dell'economia e delle finanze stipulavano in  data  13
marzo 2007 l'Accordo per  l'approvazione  del  Piano  di  rientro  di
individuazione degli interventi per il perseguimento  dell'equilibrio
economico (doc. 3). 
    Sul versante regionale l'Accordo ed il Piano di rientro (doc.  4)
venivano approvati con la delibera della Giunta  regionale  20  marzo
2007, n. 460, Approvazione del Piano di rientro dal  disavanzo  e  di
riqualificazione e razionalizzazione del Servizio sanitario regionale
ai  fini  della  sottoscrizione  dell'Accordo  tra  Stato  e  Regione
Campania ai sensi dell'art. 1, comma 180,  della  legge  n.  311/2004
(doc. 5). Con essi la Regione si  impegnava  ad  attuare  «misure  di
riequilibrio  del  profilo  erogativo  dei  livelli   essenziali   di
assistenza, per renderlo conforme a  quello  desumibile  dal  vigente
Piano sanitario nazionale e dal vigente d.P.C.m.  di  fissazione  dei
medesimi livelli di  assistenza»,  ad  attuare  «gli  obblighi  e  le
procedure previste dall'art. 8 dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo
2005» e ad attuare «misure di riequilibrio  della  gestione  corrente
necessarie all'azzeramento del disavanzo entro il 2010» (v. l'art.  1
dell'Accordo). Il termine del 2010 per  l'azzeramento  del  disavanzo
risultava dall'art. 1, comma 796, lettera b), legge  n.  296/2006  ed
era ribadito dalla succitata delibera regionale n. 460/2007. 
    L'art.   2   dell'Accordo   prevedeva   che    il    monitoraggio
sull'attuazione del Piano di  rientro  fosse  svolto  dal  Tavolo  di
verifica degli adempimenti di cui all'art. 12  dell'Intesa  23  marzo
2005 e dal Comitato permanente per la  verifica  dell'erogazione  dei
LEA, in corrispondenza con i  due  principali  obiettivi  del  piano,
cioe' le «misure di riequilibrio della gestione  corrente  necessarie
all'azzeramento  del  disavanzo  entro  il  2010»  e  le  «misure  di
riequilibrio  del  profilo  erogativo  dei  livelli   essenziali   di
assistenza». 
    Il  Piano  riportava  ed  attestava   tra   l'altro   i   diversi
provvedimenti gia' assunti dalla Regione  Campania  per  risanare  la
finanza  del  Servizio  sanitario:  v.  il  punto  1.A.2  del  Piano.
Risultava infatti che la Regione Campania aveva gia'  intrapreso  nel
2005 importanti azioni di risanamento (delibera di  Giunta  regionale
n. 1843/2005; legge finanziaria regionale per  il  2006  n.  24/2005;
cartolarizzazione dei debiti sanitari maturati fino  al  31  dicembre
2005 tramite la So.Re.Sa. S.p.A.), che hanno consentito di ridurre la
spesa sanitaria campana nel 2006 di quasi il 5% rispetto al  2005  (a
fronte di un incremento nazionale di oltre il 3%). 
    Tale importante risultato fu posto a base del Piano  di  rientro,
che  riguarda  gli  esercizi  2007-2009.   Il   risultato   economico
dell'esercizio 2006 e' stato confermato, residuando anzi  18  milioni
di euro di coperture non  utilizzate,  che  sono  state  destinate  a
parziale copertura del disavanzo 2007. 
    Il totale dei costi della sanita' regionale ha avuto il  seguente
andamento, rispetto al  livello  raggiunto  nel  2005  (cfr.  tabella
allegata, dettaglio costi 2005-2008, doc. 5-bis): 
        anno 2006 rispetto al 2005: - 4,7%;  anno  2007  rispetto  al
2005: + 0,5%; anno 2008  rispetto  al  2005:  +  2,0%.  Questi  dati,
conformi alle risultanze dei Tavoli di verifica del Piano di  rientro
eccetto che per il 2008 (anno per il quale, come vedremo, i Ministeri
interessati  sovrastimano  di  circa  €  185  milioni  il   disavanzo
regionale), dimostrano un buon trend di contenimento dei costi  della
sanita' campana. 
    Questo trend lasciava supporre  un  percorso  ragionevolmente  in
grado di portare nei tempi previsti i  conti  ad  una  situazione  di
stabile  equilibrio,  mediante  riforme  strutturali  condivise   tra
Regione e Stato (in concreto, i Ministeri interessati). 
    La regione ha  dovuto  invece  constatare  che  all'atteggiamento
collaborativo  dello  Stato  si  e'   sostituito   un   atteggiamento
pregiudizialmente negativo, rivolto ad amplificare oltre ogni ragione
i possibili elementi negativi, e ad omettere e trascurare  i  fattori
positivi. 
    Questo atteggiamento, unito al blocco nelle erogazioni dei  fondi
statali, che ha drammaticamente acuito  i  problemi  e  creato  nuovi
oneri finanziari e legali  per  centinaia  di  milioni  di  euro,  ha
gravemente danneggiato la stessa azione di risanamento in corso. 
    In effetti, come risulta dalla tabella allegata (doc. 5-bis),  in
relazione alla sanita' la Regione Campania deve ancora ricevere dallo
Stato 2319 milioni di euro. Si noti che  pur  se  per  una  parte  di
questa somma lo Stato  afferma  la  non  spettanza  in  relazione  ai
presunti  inadempimenti  regionali,  per  una  parte  cospicua   (737
milioni)  non  c'e'  alcun  dubbio  sulla  spettanza  alla   Regione,
trattandosi delle addizionali regionali IRPEF e IRAP incassate  dallo
Stato per gli anni 2006, 2007  e  2008  e  non  ancora  versate  alla
Regione Campania.  Nella  tabella  allegata  (doc.  5-bis)  e'  anche
contenuta una stima  degli  oneri  finanziari  (interessi)  e  legali
derivanti dalla mancata  erogazione  delle  risorse  da  parte  dello
Stato. 
    Sia consentito di osservare sin d'ora  che  si  tratta  di  somme
talmente  ingenti  che  da  sole   smentiscono   la   situazione   di
disequilibrio che secondo il Governo giustifica il  commissariamento.
Si tratta inoltre - nella parte relativa ad IRPEF ed IRAP - di  somme
che  spettano  alla  Regione  annualmente,   costituendo   un'entrata
stabilmente prevista. 
    Sia consentito anche di notare fin d'ora che il  Piano  attestava
formalmente  che  la  Regione   «e'   adempiente»   con   riferimento
all'erogazione dei LEA (punto 1.C). 
    Per il rimanente, nel punto 1.E si sintetizzavano gli  «obiettivi
generali» (che erano i seguenti: «riduzione strutturale del disavanzo
2007-2009», «modificazione dell'organizzazione quali/quantitativa del
SSR per contribuire all'equilibrio economico-finanziario nel rispetto
dei LEA», «verifica situazione debitoria al 31 dicembre 2005») e  gli
«obiettivi specifici». Nel punto 2.C si  riportavano  gli  «obiettivi
operativi»  e  gli  «interventi  progettuali»  per  raggiungere   gli
obiettivi generali appena indicati e  gli  obiettivi  specifici.  Nel
punto 2.E si descrivevano in dettaglio i vari interventi, divisi  nei
seguenti gruppi: «applicazione della DGRC 1843/2005», «riduzione  del
costo  nel  personale»,  «applicazione   dei   tetti   di   spesa   e
rimodulazione delle  tariffe»,  «centralizzazione,  razionalizzazione
acquisti  beni  e  servizi»,  «ristrutturazione  rete  ospedaliera  e
riduzione  ricoveri  inappropriati»,  «accordi  con  i   Comuni   per
l'integrazione socio-sanitaria», «riduzione spesa farmaceutica». 
    Puo' essere opportuno ricordare che dopo l'adozione del Piano  di
rientro e' stato adottato il d.l. n. 159/2007,  che  ha  previsto  la
procedura di commissariamento attuata con l'atto qui impugnato. 
    Nella riunione del  26  marzo  2008  il  Tavolo  ed  il  Comitato
constatavano, con riferimento all'esercizio 2007, «il  raggiungimento
dell'equilibrio economico», pur non riconoscendo  ad  esso  carattere
strutturale (v. l'atto impugnato). 
3b) Il mutamento della posizione dei Ministeri. La valutazione  della
situazione dell'anno 2008. Arbitrarieta' della valutazione statale. 
    Tale accertamento veniva pero' modificato nella riunione  del  15
luglio 2008, dalla quale emergevano un disavanzo  di  73  milioni  di
euro  nel  2007  ed  il  prefigurarsi  del  mancato  rispetto   degli
adempimenti previsti dal Piano di rientro: sono  le  conseguenze  del
mutamento di atteggiamento governativo accennato sopra,  come  meglio
si illustrera'. 
    Nella successiva riunione del 10 ottobre  2008  (v.  il  relativo
verbale, doc. 6), il  Tavolo  ed  il  Comitato  non  si  soffermavano
analiticamente sull'attuazione di tutti  gli  interventi  programmati
nel  Piano  ma  formulavano  considerazioni   piu'   generiche.   Pur
rilevando, in conclusione, che «la regione ha prospettato un progetto
di riorganizzazione della rete ospedaliera di forte strategicita'  ed
innovazione,  da  tradurre  in  provvedimento  consiliare»,   e   che
«rispetto  alla  manovra  necessaria  di  815,455  milioni  di   euro
individuata nella riunione del 15 luglio 2008, risulta plausibile una
manovra di impatto finanziario pari a circa 508 milioni di euro», per
cui «restano da realizzare interventi per circa 308 milioni di euro»,
si  afferma  poi  che  «pur  valutando  positivamente   l'avvio   del
procedimento   di   riorganizzazione   della    rete    ospedaliera»,
permarrebbero «criticita'  ed  inadeguatezze  tali  da  confermare  i
presupposti... per l'avvio della procedura» di cui all'art. 4 d.l. n.
159/2007. 
    Notiamo fin d'ora che in tali atti non si  prefiguravano  affatto
pregiudizi  che  il  disavanzo  di  308  milioni  di  euro  arrecasse
all'unita' economica  del  Paese  ne',  tanto  meno,  si  paventavano
pericoli per la «tutela dei livelli essenziali delle prestazioni» (si
puo' ricordare che al punto 1.C del Piano si attestava che la Regione
«e' adempiente» con riferimento all'erogazione dei LEA). Inoltre,  e'
da sottolineare che l'impegno  preso  dalla  Regione  era  quello  di
azzerare il disavanzo entro il 2010 (v. l'art. 1, comma 796,  lettera
b), legge n. 296/2006 e l'art. 1 dell'Accordo) e  alla  scadenza  del
termine mancavano  ancora  piu'  di  2  anni.  Il  Piano  di  rientro
prevedeva per il 2009 solo un disavanzo programmato da coprire con le
imposte ed il contributo di affiancamento. 
    Insomma, sembra chiaro che a partire almeno  dalla  riunione  del
luglio 2008 gli organi statali hanno volutamente imboccato la  strada
della procedura  che  conduce  al  commissariamento.  Ed  infatti  di
seguito, con lettera dell'11 novembre 2008 (doc.  7),  il  Presidente
del Consiglio dei ministri inviava al Presidente  della  Campania  la
«diffida» ai sensi dell'art. 4, comma 1, d.l. n. 159/2007. 
    Con tale atto la Regione era diffidata ad adottare tutti gli atti
che «risultino produttivi di effetti finanziari  nel  2008  e  idonei
alla correzione strutturale della spesa per gli anni successivi». 
    L'atto dichiarava di fondarsi sulla circostanza che  la  riunione
del 10 ottobre 2008 avrebbe «fatto emergere che la  correzione  dello
scostamento all'epoca  prospettato  e'  insufficiente  per  garantire
l'equilibrio  nell'anno  2008»,  per  cui  sarebbero  «confermati   i
presupposti» previsti  dall'art.  4,  d.l.  n.  159/2007:  dei  quali
peraltro nella riunione non si parlo' affatto. Dunque, la diffida  si
fondava solo sullo «scostamento» rilevato per il 2008 (308 milioni di
euro), senza alcun accenno al pregiudizio per l'unita' economica  del
Paese e per la tutela dei livelli essenziali. 
    Con lettera del 28 novembre 2008 (doc.  8)  il  Presidente  della
Campania trasmetteva gli  atti  approvati  dalla  Regione  «utili  ad
incidere strutturalmente sull'organizzazione del servizio  sanitario,
in linea con gli obiettivi di contenimento e razionalizzazione  della
spesa prescritti dal Piano di rientro». 
    Fra l'altro, nella relazione allegata si osservava che  la  stima
di  sforamento  di  308  milioni  per  il  2008  era  stata  corretta
dall'advisor (consulente tecnico indicato dal Ministero dell'economia
e previsto  dall'art.  1  dell'Accordo)  a  205  milioni  e  che  sul
disavanzo  incideva  il  ritardo  nell'erogazione  dei  finanziamenti
statali: «la Campania deve ancora incassare 429 milioni del FSN 2006,
264 milioni del FSN 2007, 302 milioni di contributo di  affiancamento
2008, 419  milioni  di  prestito  statale  a  30  anni».  Ancora,  si
sottolineava  che  «la  Campania  continua   ad   essere   fortemente
penalizzata nel riparto del Fondo sanitario nazionale,  ottenendo  il
livello di finanziamento pro capite piu' basso in assoluto». 
    In  particolare,  la  relazione  riferiva   dell'adozione   della
delibera n. 1590 del 3 ottobre 2008, «gia' validata dai Ministeri  in
affiancamento», con la quale erano state  previste  ulteriori  misure
per la riduzione della spesa relativa al personale,  e  dell'adozione
delle delibere nn. 1880, 1882 e 1883 del 26 novembre 2008,  approvate
dai Ministeri in affiancamento, che avevano introdotto misure volte a
limitare la spesa farmaceutica. Ancora, il Presidente riferiva che il
giorno stesso (cioe' il 28 novembre 2008)  era  stata  promulgata  la
1.r.  n.  16/2008,  Misure  straordinarie  di   razionalizzazione   e
riqualificazione del sistema sanitario regionale per il  rientro  dal
disavanzo. 
    La legge prevede la Razionalizzazione degli  ambiti  territoriali
delle Aziende sanitarie locali (art. 2), la  Razionalizzazione  degli
ambiti distrettuali, (art. 3); la limitazione delle consulenze  delle
ASL (art. 4); l'abolizione dei  «coordinamenti  tecnici  provinciali»
(art.  5);  l'approvazione   del   «Piano   di   ristrutturazione   e
riqualificazione della rete ospedaliera di cui  all'allegato  A  alla
presente legge»,  cioe'  di  quello  considerato  «strategico»  nella
riunione del 10 ottobre 2008 (art. 6). 
    Dalla lettera del 28 novembre 2008 risultava che l'effetto  della
legge sarebbero state, fra l'altro, la riduzione di  posti  letto  di
860 unita' e la riduzione delle ASL, che da 13 sarebbero passate a 7.
Il risparmio complessivo era stimato in 200 milioni di euro. 
    Nella lettera del 28 novembre 2008, poi,  la  Regione  contestava
con analitiche considerazioni alcuni dei costi stimati nella riunione
del 10 ottobre 2008, quali i  50  milioni  «per  maggiore  produzione
degli erogatori privati» ed i 40 milioni «per rischio di  tenuta  dei
tetti di spesa in sede di contenzioso amministrativo»  (v.  il  punto
5). 
    Nella riunione del 23 gennaio 2009 Tavolo e Comitato valutavano i
provvedimenti adottati dalla Regione Campania a seguito della diffida
(v. il relativo verbale, doc. 9). In primo luogo  Tavolo  e  Comitato
riducevano la stima del disavanzo previsto per il 2008 da 308 milioni
a 256 milioni (v. p. 3) ma al tempo stesso affermavano che la Regione
non avesse «prodotto misure idonee e congrue a ridurre  il  risultato
di gestione del 2008» (p. 4). Quanto alla 1.r. n. 16/2008,  Tavolo  e
Comitato si soffermavano sulla costituzionalita' di una norma  e  poi
sulla ristrutturazione della rete  ospedaliera,  affermando  che  non
sarebbero  apparsi  «chiari  i  criteri  utilizzati  per  valutare  i
risparmi associati al provvedimento ed in  ogni  caso  i  risparmi...
sono conseguibili solo a partire dall'anno 2010» (p. 12). 
    In secondo luogo, considerando atti inviati dalla Regione fra  il
28  novembre  2008  ed  il  10  ottobre  2009,  Tavolo   e   Comitato
rideterminavano il disavanzo relativo al 2008 in un intervallo fra  i
306 milioni ed i 370 milioni di euro (p. 5) e consideravano  inidonea
la  copertura   derivante   dall'alienazione   degli   immobili   non
strumentali delle ASL (da  cui  risulteranno  risorse  «integralmente
destinate a concorrere al ripiano di eventuali maggiori disavanzi del
Servizio sanitario regionale, rispetto a quanto previsto dal Piano di
rientro dal disavanzo e di riqualificazione e  razionalizzazione  del
Servizio sanitario della Regione Campania», come dispone  l'art.  25,
1.r. n. 1/2009, legge finanziaria Campania per il  2009),  in  quanto
non ancora tradottasi in «atti perfezionati di compravendita». 
    In conclusione, Tavolo e  Comitato,  oltre  a  far  risultare  il
disavanzo di cui sopra, ritenevano che gli atti prodotti  per  l'anno
2009 fossero «parzialmente idonei a produrre effetti strutturali  per
gli anni successivi» ma  al  tempo  stesso  assumevano  una  generica
possibilita'  di  peggioramento  della   spesa   «permanendo...   una
situazione di forte contenzioso  in  materia  di  tetti  di  spesa  e
tariffe idoneo a produrre consistenti sopravvenienze passive a valere
sugli anni futuri» ragion  per  cui  ritenevano  ancora  esistenti  i
presupposti di cui all'art. 4, d.l. n. 159/2007. 
    Come si puo' vedere -  mentre  risulta  evidente  un  preconcetto
atteggiamento volto a minimizzare i  benefici  delle  misure  assunte
dalla Regione ed a massimizzare  elementi  negativi  anche  puramente
ipotetici  -  ancora  una  volta  nessuna  parola  veniva  spesa  per
dimostrare il pregiudizio per l'unita' economica del Paese e  per  la
tutela dei livelli essenziali: anzi, il tema dei  livelli  essenziali
delle prestazioni era del tutto assente, pur essendo  il  pregiudizio
di essi un presupposto essenziale del commissariamento. 
    In data 20 marzo 2009 il Presidente della Campania trasmetteva al
Presidente del Consiglio dei ministri ulteriori atti attuativi  utili
a conseguire gli obiettivi del Piano. Si  trattava,  in  particolare,
della  attuazione   della   1.r.   n.   16/2008,   tradottasi   nella
dichiarazione di decadenza di 12 direttori generali delle ASL e nella
nomina dei commissari straordinari  delle  nuove  6  ASL  (v.  le  18
delibere di Giunta citate nella nota del 20 marzo 2009, doc. 10). 
    Inoltre, la Regione adottava la  delibera  n.  130/2009,  recante
misure di  contenimento  del  personale;  la  delibera  n.  224/2009,
relativa alle tariffe delle prestazioni di cui all'art. 26, legge  n.
822/1978; varie delibere  attuative  del  Piano  di  riorganizzazione
della rete ospedaliera (v. il verbale della riunione del Tavolo e del
Comitato del 2 aprile 2009, doc. 11). 
    Sembra evidente che  la  Regione  era  impegnata  in  uno  sforzo
notevole per raggiungere i necessari risultati, e  che  questi  erano
ormai vicinissimi, e sarebbero anzi stati gia' raggiunti se lo  Stato
avesse corrisposto alla  Regione  le  somme  dovute,  anche  soltanto
quelle di pacifica spettanza. 
    Ma i Ministri di riferimento, anziche' sostenere lo sforzo  della
Regione, avevano ormai da tempo imboccato la direzione opposta. 
    Cosi' nella riunione del 2 aprile 2009 il Tavolo  e  il  Comitato
ritenevano di accertare, in relazione al  2008,  «una  situazione  di
sostanziale inaffidabilita' dei dati, generata a  sua  volta  da  una
diffusa    situazione    di     inadeguatezza     delle     procedure
amministrativo-contabili e di integrazione  e  controllo  dei  dati».
Questo perche' nonostante che la Regione dichiarasse  «un  avanzo  di
57,182 milioni  di  euro»,  ad  avviso  dei  predetti  organismi  «la
considerazione di rischi generici e  specifici  sussistenti  in  capo
alla regione,  in  funzione  della  rilevata  scarsa  qualita'  delle
procedure contabili  e  gestionali,  porterebbe  a  rideterminare  il
predetto risultato in una perdita pari a 260,818 milioni di euro». 
    Si afferma che tale perdita  potrebbe  comportare  l'applicazione
dell'art. 1, comma 796, lettera b), legge n. 296/2006 con riferimento
al 2009 (aumento dell'addizionale IRPEF e dell'aliquota IRAP «oltre i
livelli  massimi  previsti  dalla   legislazione   vigente   e   fino
all'integrale  copertura   del   disavanzo   registrato»):   di   qui
l'ulteriore affermazione  secondo  la  quale  sarebbe  «assolutamente
strategica  ed  urgente  la  reale  costruzione  di  un  sistema   di
programmazione, gestione e controllo aziendale e  regionale  tali  da
garantire permanentemente il governo del sistema sanitario regionale»
(p. 15). 
    Come  e'  agevole  vedere  la  stima  statale  (che  la   Regione
espressamente contestava: p. 6 e p. 21 del verbale) era  fondata  non
su precisi accertamenti ma su mere supposizioni ed ipotesi, prive  di
ogni riscontro obbiettivo e verificabile. 
3c) Le previsioni per  il  2009.  Carattere  arbitrario  e  meramente
ipotetico delle valutazioni statali. 
    Ugualmente ipotetica e  «creativa»  e'  l'analisi  che  Tavolo  e
Comitato compiono in  relazione  al  2009.  Essi  affermano  che  «la
manovra necessaria per ricondurre in equilibrio l'anno 2009» andrebbe
valutata  «in  993,316  milioni  di  euro»,  e   che   tale   manovra
risulterebbe «non garantita a partire dalla  valutazione  degli  atti
prodotti dalla Regione» (p. 15). 
    Con nota del 4 maggio 2009 (doc. 12), il Presidente del Consiglio
dei  ministri  invitava  nuovamente  a  trasmettere  ulteriori   atti
attuativi  del  Piano  di  rientro.  Il  Presidente   della   Regione
rispondeva con nota del 15 maggio 2009 (doc. 13),  facendo  notare  -
tra l'altro - la disparita' di trattamento fra Regioni, dato che  gli
organi tecnici avevano fatto analoghe Osservazioni anche alla Sicilia
ma la diffida era stata rivolta solo a Campania e a Molise. 
    A seguito di un incontro tecnico informale, avvenuto il 16 giugno
2009, con nota  del  2  luglio  2009  (doc.  14)  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri manifestava dubbi sulla possibilita' che entro
il 31 dicembre 2009 ci potessero essere "correzioni  strutturali  del
disavanzo"  e  invitava  nuovamente  ad  adottare  "i   provvedimenti
necessari". 
    Il Tavolo ed il Comitato tornavano a riunirsi il 20 luglio  2009,
4 giorni prima dell'adozione della delibera  qui  contestata  (v.  il
relativo verbale, doc. 15). L'analisi  dei  due  organi  parte  dalla
esposizione dei dati ufficiali comunicati dalla Regione Campania, che
espongono una perdita di esercizio di € 641 milioni. 
    I rappresentanti dei Ministeri aggiungono  a  questa  perdita  il
disavanzo non coperto di € 73 milioni, relativo al 2007 e,  pertanto,
riportato a nuovo all'esercizio 2008,  e  tutte  le  altre  coperture
disponibili, pervenendo a quantificare in  €  52.279.000  il  residuo
disavanzo 2008, che la Regione deve provvedere a coprire, al  limite,
aumentando l'IRAP  e  l'addizionale  IRPEF  oltre  l'attuale  livello
massimo. Si puo' notare che il disavanzo residuo non  coperto  (€  52
milioni) e' inferiore alla perdita  2007  riportata  a  nuovo  (€  73
milioni): cio'  significa  che,  in  realta',  la  gestione  2008  ha
prodotto un avanzo di € 21 milioni. 
    Dal  canto  suo,  l'advisor   segnala   un   «miglioramento   dei
comportamenti  contabili  che  ha  portato  ad  un  incremento  della
qualita' del dato contabile», risultato «ottenuto grazie ad  un  piu'
attento monitoraggio  da  parte  della  Regione».  Ancora,  l'advisor
riferisce che «la Regione ha attivato delle  procedure  straordinarie
di verifica sui dati dei CE [conti economici] IV trimestre 2008 e sui
consuntivi 2008 redatti» dalle ASL. 
    Ma i rappresentanti dei Ministeri non sono interessati ai rilievi
positivi dell'advisor, ma ad aumentare «d'ufficio» tale perdita,  con
argomenti   subito   contestati   dalla   Regione   Campania,    come
espressamente risulta nel verbale della riunione. L'operazione  viene
effettuata aggiungendo le seguenti poste negative:  €  48,54  milioni
quali parte delle sopravvenienze attive che  «non  producono  effetto
sul risultato di gestione» (pag. 8 del verbale), «in quanto  i  tempi
di  recupero  dei  crediti  sono  previsti  in  un  arco   di   tempo
pluriennale»; € 27 milioni a titolo di  accantonamento  per  maggiore
«rischio generico»; € 110 milioni  a  titolo  di  accantonamento  per
maggiore «rischio specifico». 
    I Ministeri hanno ignorato  le  rimostranze  della  Regione,  che
aveva osservato come togliere dalle sopravvenienze attive la parte (€
48,54 milioni) che si incassera' in un futuro piu' o meno  breve  sia
operazione  arbitraria  e  contraddittoria.  Contraddittoria,  se  si
considera la pretesa statale di far pesare sull'esercizio per  intero
non solo tutte le sopravvenienze passive non ancora pagate, ma  anche
centinaia di milioni di maggiori accantonamenti per rischi  eventuali
e contestabili (v. quelli relativi al contenzioso), e sicuramente non
ancora pagati, come i Ministeri hanno preteso  per  le  sopra  citate
aggiunte di € 27  e  di  €  110  milioni.  Arbitraria,  dato  che  le
sopravvenienze attive sono  parte  costitutiva,  al  pari  di  quelle
passive, del risultato economico dell'esercizio, e non sono quindi in
alcun modo una modalita' di copertura del disavanzo (si noti  che  il
criterio secondo il quale le entrate pluriennali concorrono a coprire
il disavanzo dell'esercizio solo per la  parte  recuperata  nell'anno
vale, infatti, per i mezzi di  copertura  del  disavanzo  e'  sancito
dall'Accordo Stato-regioni del  16  dicembre  2004,  rep.  n.  2174),
mentre nella stessa contabilita' del codice civile i proventi  e  gli
oneri straordinari concorrono a determinare  il  risultato  economico
dell'esercizio, con pari dignita', purche' i  ricavi  siano  valutati
con criteri prudenziali: cosa che la Regione ha fatto. 
    Inoltre,   il   calcolo   degli   organi   ministeriali    rimane
indeterminato ed inconoscibile: Esso sarebbe esposto «al paragrafo  D
della sezione seconda» (v. pag. 5 del verbale, ultimo capoverso),  ma
nel verbale non sussiste ne' una sezione  II,  ne'  un  paragrafo  D.
Cio', unito - come vedremo  -  al  comportamento  dei  Ministeri  per
quanto riguarda la discussione  della  manovra  2009,  testimonia  la
prefigurazione di certe notazioni e la unilateralita' e  mancanza  di
trasparenza e contraddittorio collaborativo con cui  i  Ministeri  si
comportano al Tavolo di verifica (si  veda  al  riguardo,  infra,  la
proposta di riforma del Tavolo di verifica elaborata  dalla  riunione
del 5 agosto 2009 della Conferenza dei Presidenti). 
    Riguardo alla posta di € 27 milioni a  titolo  di  accantonamento
per maggiore  «rischio  generico»,  sembra  che  il  Ministero  abbia
determinato questa cifra prendendo per base i maggiori  costi  (€  18
milioni) emersi dalle verifiche dell'advisor KPMG sull'80% dei  costi
di n. 6 aziende che componevano circa il 50% dei costi della  sanita'
regionale, e proiettandoli sull'insieme  delle  azienda  ((18/(0,5  x
0,8)) = 45 - 18 = 27 milioni): ma il campione delle sei  aziende  era
stato selezionato volutamente tra quelle che in passato avevano avuto
i  scostamenti  tra  preconsuntivo  e  consuntivo  e/o  comunque   da
ritenersi  piu'  a  rischio  di  produrre   costi   non   interamente
contabilizzati, come  era  stato  segnalato  sia  dalla  Regione  che
dall'advisor KPMG (senza tuttavia che il verbale riporti  traccia  di
questa fondamentale informazione)! 
    Questo  particolare  carattere  del  campione  prescelto  avrebbe
dovuto indurre una stima non  proporzionale  ed  inferiore  a  quella
operata dal Ministero. Ad esempio, considerando  che  il  rischio  di
maggiori costi poteva stimarsi in 2/3 nel campione esaminato  ed  1/3
nel resto delle aziende, e che il 20% di  costi  non  esaminati  sono
quelli meno a rischio di sorprese, si sarebbe  potuto  effettuare  il
seguente calcolo: (18/(2/3)) = 27 - 18 = 9 milioni. Pertanto, qualora
i  Ministeri  avessero  operato  correttamente,  poteva  stimarsi  un
maggiore rischio generico di circa 9 milioni, invece che 27 milioni. 
    Ma non solo. I Ministeri erano stati informati dagli stessi conti
economici regionali che il risultato economico  2008  sconta  al  suo
interno costi per accantonamenti per € 318  milioni,  di  cui  €  122
milioni a fronte dei futuri  rinnovi  dei  contratti  di  lavoro  dei
dipendenti, e ben € 196 milioni per rischi specifici e generici.  Per
definizione gli accantonamenti sono stime di costi di competenza  che
si manifesteranno probabilmente in  futuro  e  che  sono  di  incerto
ammontare. 
    Dunque la Regione aveva gia' inserito nei propri conti quasi  200
milioni di accantonamenti per  rischi!  Diversamente,  invece  di  un
disavanzo non coperto di 52 milioni, avremmo discusso di un avanzo di
144 milioni di euro.  Questa  circostanza  e'  stata  sostanzialmente
ignorata dai Ministeri. 
    Quanto infine alla terza posta negativa, di €  110  milioni,  che
secondo i Ministeri deve andare ad aggravare il risultato 2008, anche
di essa non vi e' documentazione alcuna, dal momento che si rinvia ad
una  valutazione  analitica  che  sarebbe  esposta   nell'inesistente
«paragrafo D della sezione seconda». 
    In mancanza di  tale  porzione  del  verbale,  dalla  discussione
avvenuta e dai numeri riportati al punto 5 («Valore della  produzione
eccedente il tetto a consuntivo») si arguisce che - sostanzialmente -
la motivazione del  maggiore  accantonamento  di  €  110  milioni  si
riferisce all'80% dei circa 135 milioni di  valore  della  produzione
2008 dei privati eccedente il tetto di spesa  2008.  In  sostanza,  i
Ministeri  ritengono  che  sia  a  rischio  1'80%   dell'effetto   di
contenimento della spesa per  prestazioni  sanitarie  acquistate  dai
privati  (case  di   cura,   laboratori,   diagnostica,   centri   di
riabilitazione, ecc.)  che  deriva  dai  provvedimenti  regionali  in
materia di tetto di spesa ai privati accreditati. 
    Ma, oltre a rinviare alle controdeduzioni poste a  verbale  dalla
Regione Campania e al  testo  integrale  della  sentenza  del  T.a.r.
Campania n. 3253/2009, si deve ricordare che la Regione  Campania  ha
attuato tutti i provvedimenti in materia di tetti di spesa  dal  2007
in poi sempre con l'approvazione espressa dei  Ministeri  competenti;
ha prodotto i conseguenti contratti con i privati; non ha  mai  perso
una causa da anni: solo per il 2009, relativamente ad alcune clausole
particolarmente forti  introdotte  dalla  delibera  n.  1269/2009,  i
privati hanno ottenuto la sospensiva - si badi - non  della  delibera
ma della scadenza per la stipula dei contratti 2009 fino alla  camera
di consiglio del 23 settembre 2009. Si  allega,  poi,  una  relazione
sullo stato dell'adempimento relativo ai tetti di spesa (doc. 16). 
    Per tutto quanto sopra  esposto,  la  Regione  puo'  fondatamente
ritenere che relativamente all'esercizio 2008 la  stima  ministeriale
di 237 milioni sia arbitraria, e confermare che  il  dato  ufficiale,
recante una perdita 2008 coperta interamente ed un disavanzo  residuo
non coperto di 52 milioni (a causa del  trascinamento  del  disavanzo
2007 di 73 milioni) e' e resta quello piu' corretto. 
    Del resto, l'inattendibilita' della  valutazione  statale  emerge
dalle stesse parole di Tavolo e Comitato («il risultato  di  gestione
per l'anno 2008...  potrebbe  evidenziare  un  disavanzo...»)  e  dal
continuo  «balletto»  di  cifre  fornite  dai  Ministeri,  che  hanno
continuamente  modificato  (e  in  misura  rilevante)  la  stima  del
disavanzo regionale. 
    Per quanto riguarda poi la valutazione della  manovra  necessaria
per il 2009, per confortare la tesi secondo la quale  sussisterebbero
i presupposti per  il  commissariamento  della  Regione  Campania,  i
Ministeri affermano quanto segue: 
        a) per garantire l'equilibrio economico  nell'esercizio  2009
la Regione Campania sarebbe  tenuta  ad  effettuare  una  manovra  di
contenimento dei costi pari ad €  880  milioni  (per  l'esattezza:  €
880.779.000); 
        b) la Regione avrebbe presentato provvedimenti per  soli  200
milioni, e pertanto in ogni caso rimarrebbe un disavanzo nel 2009  di
ben E 680 milioni (880 - 200).  Tuttavia,  entrambe  le  affermazioni
sono state presentate dai Ministeri interessati in modo apodittico  e
non documentato, tanto che solo nei giorni successivi  alla  riunione
del 20 luglio 2009, e solo attraverso la collaborazione  dell'advisor
KPMG, i tecnici della Regione Campania sono riusciti a comprendere il
senso e la composizione dei numeri imposti dallo  Stato.  Ed  infatti
nel verbale della riunione  la  tesi  secondo  la  quale  la  manovra
«ancora da realizzare e  dimostrare»  per  il  2009  sarebbe  di  880
milioni risulta immotivata ed incomprensibile. 
    Il fatto stesso che l'analisi compiuta dai rappresentanti statali
non sia stata presentata nella riunione e allegata  al  verbale  (pur
essendo evidentemente stata predisposta  prima),  nel  quale  risulta
invece la sola cifra di sintesi di € 880.779.000, mostra la  mancanza
di un reale (e leale) confronto in sede tecnica  (in  passato  invece
l'analisi della manovra da effettuare era stata esposta nel verbale e
discussa con la Regione: si veda ad esempio il verbale della riunione
del 15 luglio 2008, nel quale veniva fornita un'ampia  e  dettagliata
analisi dell'aggiornamento della  manovra  necessaria  per  garantire
l'equilibrio economico nell'esercizio 2008). 
    Quanto alla composizione dei presunti 880 milioni di  presumibile
squilibrio, il verbale espone solo frasi  generiche  e  sibilline:  a
pag. 8 e 9 e' scritto: «La Regione, al fine di garantire l'equilibrio
economico per l'anno 2009, e' tenuta ad  effettuare  una  manovra  di
contenimento dei costi pari a 880,779  mln  di  euro  ...  alla  luce
[sic]: a) della riproposizione  dei  rischi  generici  relativi  alla
costante rettifica dei costi tra IV trimestre  e  consuntivo  2008  e
alla presenza di alte sopravvenienze passive; b) della riproposizione
dei rischi specifici» (quali? Non e' dato saperlo); «c)  dei  mancati
obiettivi 2008;  d)  della  nuova  situazione  finanziaria  derivante
dall'Intesa per la ripartizione delle disponibilita' finanziarie  per
l'anno 2009...; e) del gettito atteso da manovra fiscale  su  IRAP  e
addizionale regionale all'IRPEF». 
    Risulta che secondo i Ministeri rientrano negli 880 milioni  ben:
155 milioni di non meglio qualificati ulteriori presunti  rischi  (si
veda la nota, contrassegnata con due asterischi,  scritta  alla  fine
dell'unica tabella allegata al verbale); € 385 milioni di  sforamento
dei tetti di spesa imposti ai privati  (pari  alla  somma  dei  righi
evidenziati in giallo nell'ultima  colonna  a  destra  della  tabella
allegata, nella quale l'advisor  KPMG  ha  ricostruito  il  dettaglio
degli 880 milioni: doc. 17). 
    Pare opportuno sottolineare l'assoluta arbitrarieta' di  entrambe
le cifre. La prima  rimane  assolutamente  generica,  e  quanto  alla
seconda essa e' palesemente arbritaria, come risulta  dalle  seguenti
considerazioni. 
    Lo stesso verbale ha, infatti, accertato che i privati  nel  2008
hanno fatturato circa € 135 milioni in  piu'  rispetto  ai  tetti  di
spesa imposti dalla Regione (con  provvedimenti  sempre  approvati  e
condivisi con i Ministeri). Per gli esercizi  2007-2010  i  tetti  di
spesa sono stati stabiliti dalla Regione con delibera n. 517  del  30
marzo 2007 (in seguito modificata con modesti aggiornamenti  annuali:
delibera n. 1268 del 2008 e delibera n. 1149 e n. 1269 del 2009. 
    Contro questi provvedimenti (nonche' contro lo  stesso  Piano  di
rientro) i centri privati hanno presentato ricorso  al  T.a.r.  della
Campania,  chiedendone  la  sospensiva  e  la  cancellazione,   senza
ottenere nulla di tutto cio' (l'unico punto  a  loro  favore  l'hanno
ottenuto a fine luglio 2009, quando il T.a.r. Campania ha rinviato al
23 settembre p.v.  la  scadenza  entro  la  quale  i  centri  privati
dovevano sottoscrivere l'aggiornamento dei contratti per il 2009, per
consentire  l'esame  in  camera  di  consiglio  di  alcune   clausole
contrattuali particolarmente stringenti). 
    La tesi dei Ministeri, secondo la quale  vi  sarebbe  un  elevato
rischio di mancata tenuta dei tetti di spesa imposti ai  privati,  e'
quindi al momento non suffragata da elemento alcuno.  Ma  quand'anche
vi fosse ragione di temere una soccombenza della  Regione  che,  allo
stato, non trova riscontro nella giurisprudenza in materia,  in  ogni
modo la cifra prospettata  di  €  385  milioni  rimane  assolutamente
ingiustificata ed arbitraria. 
    Nel Piano di rientro, condiviso e  ritenuto  idoneo  anche  dallo
Stato, era stato ipotizzato un  trend  di  crescita  «spontanea»  dei
costi delle prestazioni sanitarie acquistate dai privati  accreditati
di circa il 15% nel 2007 e di circa il 5% all'anno per ciascuno degli
esercizi 2008 e 2009. Attraverso  la  manovra  sui  tetti  di  spesa,
puntualmente eseguita dalla Regione con i provvedimenti sopra citati,
la crescita annua di questi costi veniva ricondotta ad un  incremento
annuo di circa il 2% per ciascuno degli esercizi dal 2007 al 2009. Si
creava, cosi' una  forbice  crescente  fra  trend,  in  mancanza,  di
manovre, e costo dopo le  manovre,  pari  rispettivamente  ad  €  258
milioni nel 2007, € 286 milioni nel 2008 ed € 336  milioni  nel  2009
(come si evidenzia nel Piano di rientro, Valutazione  dell'Intervento
n. 3 - Applicazione della normativa sui tetti di spesa - pag. 68  del
Piano di rientro). 
    Per giungere ai 385 milioni sopra citati i Ministeri hanno  preso
l'intero risparmio  cumulato  previsto  per  il  2009,  pari  ad  336
milioni, come se  nel  2006,  2007  e  2008  la  Regione  non  avesse
effettuato manovre di contenimento della produzione dei  privati  con
effetti «benefici» sul 2009, e vi ha aggiunto lo sforamento contabile
registrato nel 2008  sui  tetti  di  spesa  nel  bilancio  consuntivo
regionale, pari ad € 49,6 milioni. 
    Sembra evidente l'arbitrarieta' e illogicita' di un  simile  modo
di procedere. 
    Innanzi tutto, lo stesso verbale ha accertato che i  privati  nel
2008 hanno fatturato solo € 135 milioni circa  in  piu'  rispetto  ai
tetti di  spesa  imposti  dalla  Regione  (con  provvedimenti  sempre
approvati  e  condivisi  con  i  Ministeri).  Come  potrebbe   essere
possibile pensare che i privati possano arrivare nel 2009 a  produrre
e fatturare ben 385 milioni in piu' del tetto di spesa  2009,  quando
il tetto di spesa 2009 stabilito dal  Piano  di  rientro  non  e'  in
diminuzione ma, anzi, e' superiore del 2% nel 2009 rispetto al 2008? 
    In secondo luogo, molti privati hanno comunque accettato i  tetti
di spesa e si stanno orientando, fin dal 2008, a cessare l'erogazione
di prestazioni sanitarie allorquando esauriscono il  tetto  di  spesa
loro assegnato. La stima ministeriale non ha quindi fondamento reale.
Inoltre, la normativa sui tetti di spesa  sta  reggendo  in  sede  di
giudizio e fino a prova contraria. 
    Del resto, della totale arbitrarieta'  delle  previsioni  statali
relative  a  tali  rischi  e'  prova   nella   stessa   delibera   di
commissariamento, dal momento  che  al  commissario  si  chiede,  tra
l'altro di effettuare una «ricognizione della entita' e della  natura
del contenzioso passivo in atto, con conseguente  determinazione  del
relativo fondo rischi». Dunque, la nomina del commissario e' motivata
da uno squilibrio causato dalla abnorme sovrastima del fondo  rischi,
ed  il  compito  del  commissario  e'  accertare...  se  tali  rischi
esistano! 
    Pertanto,   le   stime   ministeriali    risultano    palesemente
sovradimensionate di almeno € 540 milioni (385 + 155) la  manovra  da
realizzare per il 2009, che - togliendo tali cifre - si ridurrebbe  a
soli 140 milioni: 880 - 540 = 340 - 200 milioni gia' realizzati dalla
Regione = 140 milioni. 
    Ma anche la stima di 140 milioni risulta in realta' in eccesso. I
Ministeri trascurano del tutto il risparmio atteso dalla Regione  con
i provvedimenti emanati nel 2008 dalla Regione Campania in materia di
spesa farmaceutica, asserendo che l'AIFA - Agenzia  Italiana  per  il
Farmaco - non ne ha  quantificato  l'impatto  economico;  mentre  per
questi provvedimenti la Regione ha stimato  un  risparmio  atteso  di
circa € 90 milioni nel 2009, e risulta  che  l'AIFA  ha  espresso  un
parere totalmente favorevole sulla idoneita' di questi  provvedimenti
a produrre sensibili risparmi. Ma i Ministeri non hanno  ritenuto  di
far conoscere alla Regione il testo del parere dell'AIFA;  ne'  hanno
ritenuto di chiedere un approfondimento tecnico economico. 
    Infine, a sostegno della arbitrarieta' ed illogicita' con  cui  i
Ministeri hanno valutato  in  circa  €  680  milioni  il  rischio  di
sforamento 2009, sussistono i risultati  economici  consuntivi  delle
aziende sanitarie regionali nel I semestre 2009, in base ai quali  il
risultato economico della sanita' regionale e' in  linea  con  quanto
programmato nel Piano di rientro (anzi, migliore  di  €  7  milioni).
Pertanto, il presunto sforamento di € 680 milioni  dovrebbe  prodursi
interamente nel periodo 1° luglio 2009-31 dicembre 2009: cosa che non
appare ne' logica, ne' sostenibile. 
    Nonostante  le  obiezioni  sollevate  dai  rappresentanti   della
Regione  (obiezioni,  peraltro,  formulate  senza  avere  il   quadro
dettagliato dei criteri seguiti dai rappresentanti statali, come gia'
evidenziato), solo 4 giorni dopo il Consiglio dei  ministri  adottava
l'atto qui impugnato, emanato il 28 luglio 2009 (doc. 18). 
    Tale delibera risulta  illegittima  e  lesiva  delle  prerogative
costituzionali della  Regione  Campania  sia  sotto  il  profilo  del
contenuto sia sotto quello della procedura, per le  seguenti  ragioni
di 
                            D i r i t t o 
I) Premessa. Oggetto e contenuto della delibera di commissariamento. 
    La delibera ripercorre tutte le fasi gia' illustrate  nel  Fatto;
calcola il «disavanzo cumulato per gli esercizi 2007, 2008 e 2009» in
917 milioni di euro; valuta che la Regione dovrebbe fronteggiare tale
disavanzo innalzando  le  aliquote  IRPEF  e  IRAP  oltre  i  livelli
massimi, ai sensi dell'art.  1,  comma  796,  lettera  b),  legge  n.
296/2006, «con  gravi  ripercussioni  sulla  competitivita'  e  reale
tenuta  del  sistema  produttivo  e  sulla   sostenibilita'   sociale
regionali»; che, non operando sulla leva fiscale, «si  determinerebbe
uno stock  di  debito  persistente...  con  ripresa  della  crisi  di
liquidita' e del sistema dei pagamenti»;  che  «il  comportamento  di
spesa della Regione Campania... potrebbe indurre anche altre  regioni
a produrre  disavanzi,  nell'aspettativa  di  un  intervento  statale
diretto al ripiano generalizzato dei disavanzi, con cio' determinando
un       gravissimo       deterioramento       della       condizione
economico-finanziaria... del Paese»; che l'«accertato assorbimento di
risorse per prestazioni inappropriate in taluni ambiti  assistenziali
costituisce grave ostacolo allo sviluppo  dell'organico  sistema  dei
servizi socio sanitari territoriali, impedendo cosi' la fruizione, da
parte dei  cittadini  campani,  dell'intero  spettro  di  prestazioni
sanitarie e socio sanitarie previste dalle  vigenti  disposizioni  in
materia di livelli essenziali di assistenza»; ritiene dunque  che  il
disavanzo regionale concreti il presupposto di cui all'art. 4,  d.-l.
n. 159/2007, «dovendosi  pertanto  garantire  la  tutela  dell'unita'
economia del paese e dei livelli essenziali di assistenza», e  nomina
«il Presidente pro tempore della Regione Campania  quale  Commissario
ad acta per l'attuazione del vigente Piano di rientro  dai  disavanzi
nel settore sanitario della medesima Regione». 
    La delibera indica gli interventi che dovranno essere  realizzati
dal Commissario «in via prioritaria», «tenendo conto delle specifiche
prescrizioni  ed  osservazioni  gia'  comunicate  dal  Ministero  del
lavoro, della salute  e  delle  politiche  sociali  e  dal  Ministero
dell'economia  e  delle  finanze,  in  occasione   della   preventiva
approvazione dei provvedimenti regionali  attuativi  degli  obiettivi
previsti dal Piano di rientro ovvero in occasione delle  riunioni  di
verifica». 
    Dalla  delibera  risulta  chiaramente   che   le   funzioni   del
Commissario assorbono integralmente  le  funzioni  della  Regione  in
materia sanitaria. Il Commissario e' incaricato di adottare tutti gli
atti, di  qualsiasi  tipo,  necessari  a  riorganizzare  il  servizio
sanitario in Campania e ad attuare il Piano di rientro. Si tratta  di
atti rientranti nella competenza sia della Giunta regionale  che  del
Consiglio, come risultava gia' dal punto 1.D del  Piano  («per  altri
invece la titolarita' e' del Consiglio regionale, trattandosi di atti
legislativi e/o regolamentari»). 
    Dunque, la delibera del 28 luglio 2009 da' al Commissario  poteri
amministrativi, regolamentari e legislativi (o, comunque,  poteri  di
adottare  atti  in  deroga  ad  atti  legislativi),   con   integrale
svuotamento dell'autonomia regionale e violazione  degli  artt.  117,
terzo e sesto comma, 118 e 119  Cost.,  che  attribuiscono  autonomia
legislativa, regolamentare, amministrativa e finanziaria alla Regione
Campania nella materia della tutela  della  salute.  Ad  esempio,  la
delibera affida al Commissario il «riassetto della rete ospedaliera e
territoriale»  e  la  «conseguente   modifica   del   vigente   piano
ospedaliero regionale in coerenza con il Piano  di  rientro»,  ma  il
piano ospedaliero e' stato approvato dalla 1.r. n. 16/2008 (v. l'art.
6 e l'allegato A); da' al Commissario la competenza  sulle  procedure
di accreditamento degli erogatori privati, procedure che  sono  state
delegate alle ASL dall'art. 8, 1.r. n. 16/2008; da' al Commissario il
potere di «reperire nel bilancio regionale risorse  a  copertura  del
disavanzo dell'anno 2008», bilancio gia' approvato con legge; da'  al
Commissario il potere di contenere la spesa per il personale  (blocco
del turn-over), che implica quello di derogare alle  norme  regolanti
le assunzioni del personale presso le  ASL;  da'  al  Commissario  il
potere  di  introdurre  «misure  di  partecipazione  al  costo  delle
prestazioni sanitarie in misura proporzionata  al  disavanzo  residuo
stimato per l'anno 2009», che implica un potere legislativo;  da'  al
Commissario il potere di sospendere i - peraltro inesistenti,  e  del
resto mai contestati in alcun  tavolo  di  verifica  -  provvedimenti
regionali (senza esclusione di quelli legislativi)  contrastanti  con
il Piano. 
    Ancora, il commissario dovrebbe provvedere alla  «implementazione
dei corretti procedimenti  contabili  e  gestionali,  sia  a  livello
aziendale che regionale», alla «definizione  dei  contratti  con  gli
erogatori privati accreditati» (il che peraltro la  Regione  ha  gia'
fatto, da cui  il  contenzioso  di  cui  si  e'  detto  sopra),  alla
«razionalizzazione  della  spesa  farmaceutica»,  alla  «verifica  ed
eventuale  "sic"  ridefinizione  dei  protocolli  di  intesa  con  le
Universita' pubbliche»,  alla  «definizione  e  programmazione  degli
investimenti per interventi edilizi e/o tecnologici presso  strutture
preesistenti o da realizzare» ed in pratica alla gestione dell'intera
politica regionale in materia sanitaria. 
    E' dunque evidente il pregiudizio che la delibera impugnata  reca
all'autonomia costituzionale della Regione Campania.  Ed  e'  inutile
sottolineare che tale pregiudizio non viene certo meno per  il  fatto
che la nomina e' caduta sullo stesso Presidente  della  Regione,  dal
momento che egli si  troverebbe  ad  operare  quale  organo  statale,
soggetto a  poteri  ministeriali,  con  potenziale  affiancamento  di
subcommissari ugualmente di nomina ministeriale,  mentre  la  Regione
come ente verrebbe totalmente spogliata delle proprie competenze. 
II) Violazione delle competenze e delle garanzie costituzionali della
Regione Campania. 
    1) Violazione degli artt. 117, 118, 119 e 120, secondo  comma  2,
Cost.  per   difetto   dei   presupposti   del   potere   sostitutivo
«straordinario». 
    La delibera impugnata viola  la  posizione  costituzionale  della
Regione in primo luogo in quanto essa e' stata  adottata  in  difetto
dei  presupposti  per  l'esercizio  del  potere  sostitutivo  di  cui
all'art. 120, secondo comma, Cost. 
    Tali presupposti sono assenti per tre ordini di ragioni: 
        A) In primo luogo, e' arbitraria ed infondata  la  stima  del
disavanzo compiuta dagli organi statali e sulla quale si e' basato la
delibera 28 luglio 2009. Cio' risulta dalle analitiche considerazioni
svolte nel Fatto, soprattutto in relazione al verbale del  20  luglio
2009, che ha costituito la premessa immediata  dell'atto  sostitutivo
(v. sopra, in particolare punti 3b e 3c). 
    Tavolo e Comitato hanno costantemente utilizzato criteri  incerti
ed arbitrari per valutare il  disavanzo,  come  risulta  anche  dalle
continue rettifiche delle  stime  compiute  nelle  diverse  riunioni.
Particolarmente eclatante e' l'arbitrarieta' e la  genericita'  della
stima della manovra necessaria per il 2009 (v. p.  8  s.  verbale  20
luglio 2009). 
    Oltre alle valutazioni erronee ed arbitrarie compiute dal  Tavolo
e dal Comitato, che hanno «gonfiato» i disavanzi relativi al  2008  e
al 2009, e' poi da rimarcare che nessun disavanzo esisterebbe  se  lo
Stato avesse adempiuto i propri  debiti,  erogando  alla  Regione  le
somme che ad essa spettano in relazione  alla  sanita':  su  cio'  si
rinvia al Fatto, ove si e' ricordato - citando il doc. 5-bis - che in
relazione alla sanita' la Regione Campania deve ancora ricevere dallo
Stato  2319  milioni  di  euro,  di  cui  737  milioni  a  titolo  di
addizionali regionali IRPEF e IRAP incassate dallo Stato per gli anni
2006, 2007 e 2008 e non ancora versate alla Regione Campania. 
    Se il disavanzo  assunto  dalla  delibera  28  luglio  2009  come
presupposto  di  fatto  dell'esercizio  del  potere  sostitutivo   e'
insussistente  o,  comunque,  ben  lungi  dall'essere  provato   come
esistente, ne  deriva  inevitabilmente  che  la  delibera  stessa  e'
illegittima e lesiva delle prerogative costituzionali  della  Regione
Campania indicate sopra, in questo stesso punto 1); 
        B) Peraltro, la  delibera  28  luglio  2009,  qui  impugnata,
sarebbe  lesiva  delle  prerogative  costituzionali   della   Regione
Campania anche qualora, in denegata ipotesi,  codesta  Corte  dovesse
ritenere giustificate le stime compiute dal Tavolo e dal Comitato,  e
non rilevanti le pur certe situazioni debitorie dello Stato verso  la
Regione. 
    Infatti, dall'art. 4, d.l. n. 159/2007 risulta chiaramente che il
presupposto del commissariamento non  e'  solo  il  disavanzo  ma  un
disavanzo  tale  «da  mettere  in  pericolo  la  tutela   dell'unita'
economica e dei livelli essenziali delle prestazioni». L'art. 4, d.l.
n. 159/2007 intende richiamarsi all'art. 120, secondo comma, Cost.  e
lo stesso atto impugnato si apre citando tale disposizione. 
    Ora, si e' evidenziato nel Fatto che  mai  nessun  verbale  delle
riunioni del Tavolo e  del  Comitato  e  neppure  l'atto  di  diffida
dell'11  novembre  2008  hanno  non  solo  dimostrato,   ma   neppure
prospettato che i presunti disavanzi implicassero un pericolo per  la
tutela  dell'unita'  economica  e  dei   livelli   essenziali   delle
prestazioni. 
    In particolare, non vi e' la minima traccia di una  contestazione
sui livelli essenziali delle prestazioni, che pure erano  considerati
un profilo  fondamentale  sia  nell'art.  4,  d.l.  n.  159/2007  sia
nell'Accordo sul Piano di  rientro,  tanto  e'  vero  che  uno  degli
organismi deputati alla vigilanza sul Piano e'  il  Comitato  per  la
verifica dell'erogazione dei LEA. 
    Ed il Piano di rientro - parte  integrante  dell'Accordo  con  lo
Stato - addirittura dava atto che  la  Regione  «e'  adempiente»  con
riferimento all'erogazione dei LEA (punto 1.C)! 
    La delibera impugnata riferisce che la nota dell'11 novembre 2008
diffidava la Regione «ad  adottare...  tutti  gli  atti...  idonei  a
garantire il  conseguimento  degli  obiettivi  previsti  dal  Piano»,
attribuendo cosi' ex post alla diffida un contenuto piu' coerente con
l'art. 4, d.l. n. 159/2007. Ma in realta', la diffida non si occupava
affatto del tema dei LEA ma  solo  del  problema  del  disavanzo:  la
Regione e' stata diffidata ad adottare tutti gli atti che  «risultino
produttivi di effetti finanziari nel 2008 e  idonei  alla  correzione
strutturale della spesa per gli anni successivi». 
    Al  momento  di  redigere  la   delibera   di   commissariamento,
evidentemente da parte statale ci si e' accorti della «necessita»  di
inserire qualche argomentazione relativa all'unita' economica  ed  ai
LEA, ma i passi introdotti risultano  artificiosi,  insufficienti  ed
incongrui. 
    Infatti, nella delibera si afferma che l'«accertato  assorbimento
di  risorse  per   prestazioni   inappropriate   in   taluni   ambiti
assistenziali costituisce grave ostacolo allo sviluppo  dell'organico
sistema dei servizi socio sanitari territoriali, impedendo  cosi'  la
fruizione, da parte dei cittadini  campani,  dell'intero  spettro  di
prestazioni  sanitarie  e  socio  sanitarie  previste  dalle  vigenti
disposizioni in materia di livelli essenziali di assistenza». 
    Tale motivazione risulta del tutto insufficiente perche'  non  si
indicano quali siano le  «prestazioni  inappropriate»  ne'  da  quale
documentazione  esse  risulterebbero;  ed  ugualmente  e'  del  tutto
generico  ed  arbitrario  il  richiamo  a  presunte  prestazioni  non
disponibili, che peraltro neppure esse vengono indicate. 
    Essa risulta anche  incongrua  perche'  la  causa  della  mancata
fruizione di alcune prestazioni essenziali sarebbe 1'«assorbimento di
risorse per prestazioni inappropriate» e non  il  disavanzo!  Dunque,
per mesi gli organi statali hanno  invitato  la  Regione  a  «mettere
ordine» nei conti e poi, nella delibera di  commissariamento,  emerge
che l'unico  ostacolo  alla  fruizione  dei  LEA  e'  un  imprecisato
«assorbimento di risorse per prestazioni inappropriate». Pare  chiaro
che ben altri dovrebbero  essere  i  presupposti  della  sostituzione
«straordinaria» di cui all'art. 120 e ben piu' stringenti  dovrebbero
essere le motivazioni volte a dimostrare il pericolo  per  i  livelli
essenziali delle prestazioni. 
    Oltre a questo oscuro argomento,  la  delibera  dichiara  che  il
disavanzo regionale concreta il presupposto di cui all'art. 4,  d.-l.
n. 159/2007, «dovendosi  pertanto  garantire  la  tutela  dell'unita'
economia del paese e dei livelli essenziali di assistenza».  Come  si
vede, non esiste nel provvedimento qui contestato alcun argomento non
solo per dimostrare il pericolo per i LEA ma neppure  per  dimostrare
che il presunto  disavanzo  rappresenta  un  pericolo,  per  l'unita'
economica del paese. 
    Si accampa nell'atto un timore per un possibile effetto emulativo
da parte di altre Regioni, dato che - a fronte  dei  disavanzi  delle
regioni non  virtuose  -  lo  Stato,  come  noto,  ha  concesso  loro
finanziamenti aggiuntivi.  Sennonche'  -  a  parte  la  stranezza  di
portare un comportamento dello Stato a sostegno della  necessita'  di
commissariamento della Regione Campania - e' evidente che  il  timore
di un effetto emulativo potra' essere una ragione per agire  in  caso
di accertata presenza dei presupposti, ma mai potra' essere argomento
che dimostri tale esistenza. 
    In definitiva, il pregiudizio per l'unita'  economica  non  viene
affatto argomentato e l'unico elemento implicitamente  riferibile  ad
essa consiste nel  timore  che  lo  stesso  Stato  dia  finanziamenti
aggiuntivi anche ad altre Regioni non «virtuose». Pare dunque  chiaro
che rimane del tutto indimostrata l'esistenza dei presupposti che, in
base all'art. 120,  secondo  comma,  Cost.  e  all'art.  4,  d.l.  n.
159/2007, condizionano l'esercizio del potere sostitutivo  esercitato
dallo Stato ai sensi dell'art. 120, secondo comma, Cost. 
    In  diverse  sentenze  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  ha
evidenziato che tale disposizione prevede un  potere  sostitutivo  di
natura straordinaria, da  utilizzarsi  come  extrema  ratio  in  casi
eccezionali, al di la' del riparto di  competenza  operato  dall'art.
117 Cost. Cosi', dalla sent. n. 43/2004 risulta  che  gli  interventi
governativi previsti dall'art. 120, secondo comma,  hanno  «carattere
straordinario e "aggiuntivo" e  che  quella  disposizione  «allude  a
emergenze  istituzionali  di  particolare  gravita',  che  comportano
rischi di  compromissione  relativi  ad  interessi  essenziali  della
Repubblica». La sent. N. 236/2004 osserva che  l'art.  120  Cost.  e'
posto «a presidio di fondamentali esigenze di eguaglianza, sicurezza,
legalita' che il mancato o l'illegittimo esercizio  delle  competenze
attribuite, nei precedenti artt. 117 e 118,  agli  enti  sub-statali,
potrebbe lasciare insoddisfatte o pregiudicare gravemente». 
        C) Infine, e' da sottolineare che la Regione si era impegnata
ad attuare «misure di riequilibrio della gestione corrente necessarie
all'azzeramento  del  disavanzo  entro  il   2010»   (v.   l'art.   1
dell'Accordo). 
    Il termine del 2010 per  l'azzeramento  del  disavanzo  risultava
dall'art. 1, comma 796, lettera b), 1egge n. 296/2006 ed era ribadito
dalla succitata delibera regionale n. 460/2007. Il  Governo,  invece,
ha  avviato  la  procedura   sostitutiva   (ritenendo   esistenti   i
presupposti) addirittura 1'11 novembre 2008, con  la  diffida,  cioe'
piu' di due anni prima della scadenza del termine,  e  l'ha  conclusa
piu' di 17 mesi prima della scadenza del termine. 
    Si noti che  la  delibera  di  commissariamento  non  ricorda  il
termine del 2010, pure concordato  con  lo  Stato,  e  non  asserisce
affatto che non vi sia prospettiva che esso possa essere rispettato. 
    Sia  consentito  di  rinviare  all'esposizione   in   Fatto,   ed
all'indicazione ivi  contenuta  di  tutte  le  misure  assunte  dalla
Regione, per affermare che, al contrario, tale termine sarebbe  stato
in ogni modo sicuramente rispettato. 
    Di  qui  un'ulteriore   ragione   di   illegittimita'   dell'atto
impugnato, con conseguente lesione delle  prerogative  costituzionali
regionali. 
    2) Violazione degli artt. 117, 118, 119  e  120,  secondo  comma,
Cost. in relazione ai poteri attribuiti al Commissario. 
    Come visto in Premessa alla parte in diritto, l'atto impugnato ha
attribuito al Commissario poteri  molto  ampi  e  generici,  tali  da
assorbire interamente le funzioni regionali in materia sanitaria. 
    Essi sono illegittimi in primo luogo in quanto  fra  tali  poteri
sono compresi anche atti legislativi (v. sempre in Premessa). 
    Cio' rappresenta una violazione  dell'art.  120,  secondo  comma,
Cost., in quanto, secondo la tesi prevalente, il  potere  sostitutivo
previsto da tale disposizione non comprende atti di tipo legislativo.
Infatti, la Costituzione contiene  gia'  un'ipotesi  di  sostituzione
riferita all'ambito legislativo e al caso di inadempimento di accordi
internazionali e di atti dell'Unione europea (art. 117, quinto  comma
5, Cost.), per cui l'art.  120,  secondo  comma,  che  pure  menziona
analoga fattispecie, va  riferito  all'ambito  non  legislativo,  per
evitare un'incongrua ripetizione di norme. 
    Inoltre, il  fatto  che  l'organo  statale  titolare  del  potere
sostitutivo sia il Governo induce a non allargare  il  potere  stesso
alla legislazione, a meno di voler introdurre un nuovo tipo di  fonte
primaria in assenza di una chiara previsione costituzionale, e dunque
in violazione del principio del numerus clausus delle fonti primarie. 
    Ne' tale tesi risulta smentita dall'art. 8,  legge  n.  131/2003,
che parla di provvedimenti «anche normativi», dato che tale inciso si
puo' agevolmente riferire alle fonti secondarie: sembra anzi evidente
che - date le riserve di costituzionalita' ora esposte - ove la norma
avesse voluto includere gli  atti  legislativi  lo  avrebbe  indicato
espressamente. 
    In secondo luogo, i poteri  assegnati  al  commissario  risultano
illegittimi anche perche', nonostante la suddivisione in molti punti,
essi non si riferiscono  affatto  -  come  prevedono  le  norme  -  a
specifici atti previsti dal Piano di rientro  ma  attribuisce  poteri
molto ampi e generici, individuati solo  in  funzione  di  uno  scopo
generale. 
    In realta', dunque, non si tratta  della  nomina  di  un  vero  e
proprio Commissario ad  acta,  cioe'  incaricato  del  compimento  di
specifici atti (quelli previsti dal Piano di rientro e  non  adottati
dalla Regione): cio' rappresenta una violazione dell'art. 120  Cost.,
dell'art. 8, legge n. 131/2003 e dell'art. 4, secondo comma, d.l.  n.
159/2007, che presuppongono una  sostituzione  relativa  a  specifici
atti non compiuti  dalla  Regione  o  insufficienti.  Specificamente,
l'art. 8 della 1egge n. 131 del 2003 parla, come sopra  accennato  di
provvedimenti «dovuti o necessari», con cio'  chiaramente  intendendo
che si tratti di misure determinate. 
    Invece,  come  esposto  sopra,  i  compiti  del  commissario   si
sintetizzano nella generica sostituzione di esso alla  Regione  nella
politica sanitaria. 
    Alcuni  «compiti»  assegnati  al  commissario  sono   addirittura
paradossali, e smentiscono le fondamenta  stessa  delle  ragioni  del
commissariamento: come il gia' citato compito di stimare  il  rischio
derivante dal contenzioso: se si pensa che proprio una abnorme  stima
di questo rischio ha determinato il commissariamento! 
    Altri   compiti   sono   anch'essi   decisamente   incongrui    e
controproducenti,   ed   in   contrasto   con    le    ragioni    del
commissariamento.  Cosi'  il  commissario  dovrebbe,   tra   l'altro,
provvedere alla «introduzione di misure di  partecipazione  al  costo
delle prestazioni sanitarie  in  misura  proporzionata  al  disavanzo
residuo stimato per l'anno 2009». Ma il commissariamento era motivato
anche dal fine (espressamente ripreso al  numero  4  dell'elenco  dei
compiti) di evitare l'incremento delle  aliquote  fiscali  regionali,
evidentemente  al  fine   di   non   gravare   eccessivamente   sulla
popolazione. Non si comprende allora quale possa essere la logica  di
introdurre o aggravare i ticket per i  soggetti  piu'  deboli,  quali
mediamente sono quelli che hanno bisogno delle prestazioni sanitarie. 
    In definitiva, i compiti assegnati al commissario sono  anch'essi
illegittimi, sia in quanto si sovrappongono alla potesta' legislativa
regionale, sia  in  quanto  sono  concepiti  non  come  provvedimenti
definiti attuativi del Piano di rientro, ma come generici compiti  di
politica sanitaria, sia in quanto affetti da altri e specifici vizi. 
    Di qui  un'ulteriore  lesione  delle  prerogative  costituzionali
della Regione nella materia della sanita'. 
    3) Violazione dell'art.  120  Cost.  e  del  principio  di  leale
collaborazione. 
    Si e' illustrato nella parte  in  Fatto  che  le  operazioni  del
Tavolo e del Comitato sono state caratterizzate da  unilateralita'  e
mancanza  di  vera  trasparenza  e  leale   contraddittorio   con   i
rappresentanti regionali. 
    Cio' emerge in diverse occasioni, ma emerge con maggiore evidenza
con riferimento al verbale del 20 luglio  2009.  In  particolare,  in
relazione alla prima posta contestata del 2008 (sopravvenienze attive
per 48 milioni di euro),  il  dettaglio  del  calcolo  del  Ministero
doveva essere esposto «al paragrafo D della sezione seconda» (v. pag.
5 del verbale, ultimo capoverso), ma nel verbale non sussiste ne' una
sezione II, ne' un paragrafo D. 
    In relazione alla  seconda  posta  contestata  per  il  2008  (27
milioni per rischio generico), sia  la  Regione  che  l'advisor  KPMG
avevano rimarcato che il campione di 6  ASL  comprendeva  le  aziende
sanitarie  piu'  a  rischio  di  produrre   costi   non   interamente
contabilizzati, ma di questa  importante  affermazione,  fatta  dalla
Regione e confermata dall'advisor KPMG nel corso della riunione,  non
v'e' traccia nel verbale definitivo. 
    Anche in relazione alla terza posta negativa (€ 110  milioni  per
rischio specifico) si fa riferimento ad una valutazione analitica che
sarebbe esposta nell'inesistente «paragrafo D della sezione seconda». 
    Quanto poi alla manovra per il 2009, le affermazioni compiute dai
rappresentanti  statali  sono  del  tutto  generiche  e  non  vengono
chiarite dai Ministeri durante  la  riunione;  l'analisi  dettagliata
compiuta dai rappresentanti statali non e' stata allegata al  verbale
del 20 luglio 2009, pur essendo gia'  stata  sviluppata  prima  della
riunione, come e' dimostrato dall'avere riportato la cifra di sintesi
di € 880.779.000: cio' mostra la  mancanza  di  un  reale  (e  leale)
confronto in sede tecnica. 
    Non a  caso,  la  Conferenza  dei  Presidenti  delle  Regioni  ha
elaborato una proposta  di  riforma  del  Tavolo  di  Verifica  nella
riunione del 5 agosto 2009 (v.  doc.  19),  per  superare  1'«attuale
criticita' della fase istruttoria che presenta una  forte  disparita'
organizzativa  tra  risorse  ministeriali  e  risorse  regionali»,  e
raggiungere l'obiettivo che «tutti gli elementi istruttori... vengano
messi a disposizione  in  tempo  utile  delle  Regioni  che  dovranno
provvedere tecnicamente all'esame». 
    Una  seconda   palese   violazione   del   principio   di   leale
collaborazione deriva dal fatto che il Presidente  della  Regione  e'
stato invitato a partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri
che doveva deliberare sul commissariamento con telegramma inviato  il
giorno prima (cioe' il 23 luglio 2009) alle  16,30!  Come  si  evince
dalla risposta del  Presidente  della  Regione,  dalla  comunicazione
statale neppure si evinceva l'ordine del giorno della seduta. 
    Inoltre, il verbale della riunione del 20  luglio  2009,  la  cui
valutazione poteva  supporsi  costituire  oggetto  della  seduta  del
Consiglio dei ministri, era stato inviato al Presidente della Regione
sempre il 23 luglio alle 12,30! 
    Il Presidente della  regione  ha  immediatamente  fatto  presente
(doc. 20) che non era materialmente  possibile  per  lui  predisporre
nelle  poche  ore  residue  i  materiali  e  la  documentazione   per
rappresentare nella seduta le ragioni della Regione, ma il  Consiglio
dei ministri del 24 luglio 2009 ha deliberato ugualmente  l'atto  qui
impugnato. 
    Pare chiaro che nessuna giustificazione ci puo'  essere  per  una
convocazione cosi' tardiva, dato che nessuna ragione di  urgenza  era
sopraggiunta il 23 luglio ad  impone  un  immediato  commissariamento
della Regione. Da mesi la procedura di verifica andava avanti  e  non
si comprende perche' non si potesse  concedere  al  Presidente  della
Regione un termine congruo per preparare  la  propria  partecipazione
alla riunione. Lo  stesso  contenuto  dell'atto  impugnato  evidenzia
l'assenza di una pressante urgenza, dato che nessun termine e'  posto
all'attivita' del Commissario. 
    E' chiaro che la convocazione del Presidente regionale il  giorno
prima  della  riunione  del  Consiglio  dei  ministri  impedisce  una
partecipazione  piena  ed  effettiva  alla  riunione  e   rappresenta
violazione del principio di  leale  collaborazione,  con  conseguente
violazione dell'art. 120, secondo  comma,  Cost.,  e  che  ugualmente
costituisce violazione la mancata concessione di un breve rinvio, che
avrebbe posto il Presidente della Regione  nella  condizione  di  far
valere  il  punto  di  vista  della  Regione,  e  che   non   avrebbe
pregiudicato in nulla gli interessi per la cui tutela dovrebbe  agire
lo Stato. 
    Infine, un'autonoma ragione di illegittimita' della  delibera  28
luglio   2009   (e   conseguente   lesivita'   per   le   prerogative
costituzionali della Regione) e' la difformita' di essa rispetto alla
diffida:  mentre  questa  si  occupava  solo  della   questione   del
disavanzo, la delibera argomenta anche con  riferimento  al  pericolo
per il LEA. Ma  in  un  procedimento  sostitutivo  e'  necessaria  la
corrispondenza tra l'atto di diffida e l'atto sostitutivo: la diffida
serve  ad  «avvisare»  la  Regione  prima   di   procedere   con   la
sostituzione, nel rispetto  dell'art.  120  Cost.,  che  richiama  il
principio di leale collaborazione. Se la Regione  viene  diffidata  a
compiere determinati atti e poi la sostituzione viene motivata  anche
con riferimento ad atti di altro tipo, e' chiaro che viene violato il
principio di leale collaborazione e viene vanificato il  senso  della
diffida. Una conferma della fondatezza di tale  censura  viene  dalla
stessa delibera di commissariamento, che non riferisce esattamente  i
termini  della  diffida  (v.  sopra,  Premessa  in  diritto)  ma   le
attribuisce contenuto piu' ampio.