Ricorso della Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1288 del 30 luglio 2009 (all. 1) e con deliberazione della Giunta regionale n. 1473 del 18 settembre 2009 (all. 2), rappresentata e difesa - come da procura a margine del presente atto - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, dall'avv. Vincenzo Baroni dell'Avvocatura regionale e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso l'avv. Manzi, in via Confalonieri, 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato, in assenza dei presupposti e in violazione delle procedure prescritte, adottare la deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2009, trasmessa alla Regione Campania in data 30 luglio 2009 con nota prot. n. 21188 del Gabinetto del Ministro dell'economia e delle finanze, con la quale e' stato disposto l'esercizio dei poteri sostitutivi del Governo nei confronti della Regione Campania al fine di dare attuazione al piano di rientro dei disavanzi del Servizio sanitario regionale campano, nonche' per il conseguente annullamento della predetta delibera, per violazione degli artt. 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione e del principio di leale collaborazione, per i profili e nei modi di seguito illustrati. F a t t o 1) Il ricorso e le sue ragioni. Il presente ricorso per conflitto di attribuzioni e' rivolto a far valere la violazione delle competenze e garanzie costituzionali della Regione Campania, in quanto la delibera impugnata, ad avviso della regione: a) e' stato adottato sulla base di una procedura viziata per il mancato rispetto dei principi di leale collaborazione; b) e' stato adottato in assenza dei presupposti legittimanti, ed in particolare in assenza di pericoli per l'unita' economica e per l'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni; c) e' stato adottato sulla base di valutazioni relative all'andamento dei conti regionali nel settore sanitario unilaterali e non fondate; d) nella parte dispositiva affida al commissario non il compimento di specifici atti doverosi per l'attuazione del «Piano di rientro», ma in modo generale tutti i poteri amministrativi e legislativi degli organi regionali, alterandosi anche il sistema delle fonti. Tuttavia, la complessita' della materia richiede che prima di tutto si ricostruisca nella sua interezza il sistema normativo che governa la materia in questione, ed in secondo luogo che si ricostruiscano gli eventi che hanno portato alla decisione qui contestata di nominare un commissario per l'attuazione del Piano di rientro. 2) Il sistema dei rapporti tra Regioni e Stato nella garanzia di equilibrio dei conti del sistema sanitario. Il sistema della legge n. 311 del 2004. Il tema del «disavanzo» dei servizi sanitari - con le connesse questioni se esso sia dovuto all'eccesso della spesa o alla scarsita' delle risorse - ha alle spalle una storia relativamente lunga. Ai fini della presente vicenda, sara' pero' sufficiente cominciare dall'art. 1, comma 164, 1egge n. 311/2004, il quale ha stabilito che «lo Stato... concorre al ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2001, 2002 e 2003». Il comma 173 del medesimo art. 1 aggiungeva che «l'accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato derivante da quanto disposto al comma 164; e' subordinato alla stipula di una specifica intesa tra Stato e regioni ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131». L'intesa doveva contemplare diversi interventi «ai fini del contenimento della dinamica dei costi», quali: «adempimenti per migliorare il monitoraggio della spesa sanitaria nell'ambito del Nuovo sistema informativo sanitario»; «il rispetto degli obblighi di programmazione a livello regionale, al fine di garantire l'effettivita' del processo di razionalizzazione delle reti strutturali dell'offerta ospedaliera e della domanda ospedaliera»; «il vincolo di crescita delle voci dei costi di produzione, con esclusione di quelli per il personale cui si applica la specifica normativa di settore». Veniva anche ribadito «in ogni caso, l'obbligo in capo alle regioni di garantire in sede di programmazione regionale, coerentemente con gli obiettivi sull'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, l'equilibrio economico-finanziario delle proprie aziende sanitarie, aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie ed Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sia in sede di preventivo annuale che di conto consuntivo, realizzando forme di verifica trimestrale della coerenza degli andamenti con gli obiettivi dell'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e prevedendo l'obbligatorieta' dell'adozione di misure per la riconduzione in equilibrio della gestione ove si prospettassero situazioni di squilibrio, nonche' l'ipotesi di decadenza del direttore generale». L'art. 1, comma 174, della stessa legge n. 311 del 2004 stabiliva che, «al fine del rispetto dell'equilibrio economico-finanziario, la regione, ove si prospetti sulla base del monitoraggio trimestrale una situazione di squilibrio, adotta i provvedimenti necessari», e che «qualora dai dati del monitoraggio del quarto trimestre si evidenzi un disavanzo di gestione a fronte del quale non sono stati adottati i predetti provvedimenti, ovvero essi non siano sufficienti, con la procedura di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, il Presidente del Consiglio dei ministri diffida la regione a provvedervi entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento». Di seguito era previsto che «qualora la regione non adempia, entro i successivi trenta giorni il presidente della regione, in qualita' di commissario ad acta, approva il bilancio di esercizio consolidato del Servizio sanitario regionale al fine di determinare il disavanzo di gestione e adotta i necessari provvedimenti per il suo ripianamento, ivi inclusi gli aumenti dell'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attivita' produttive entro le misure stabilite dalla normativa vigente». Infine e' stabilito che «qualora i provvedimenti necessari per il ripianamento del disavanzo di gestione non vengano adottati dal commissario ad acta entro il 31 maggio, nella regione interessata, con riferimento agli anni di imposta 2006 e successivi, si applicano comunque nella misura massima prevista dalla vigente normativa l'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attivita' produttive». Il comma 180, infine, statuiva che «la regione interessata, nelle ipotesi indicate ai commi 174 e 176 nonche' in caso di mancato adempimento per gli anni 2004 e precedenti,... procede ad una ricognizione delle cause ed elabora un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio», aggiungendo che «i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e la singola regione stipulano apposito accordo che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 173»; e che inoltre «la sottoscrizione dell'accordo e' condizione necessaria per la riattribuzione alla regione interessata del maggiore finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva attuazione del programma». L'accesso ai maggiori finanziamenti ed il contenuto dell'accordo erano regolati anche dall'art. 8 dell'Intesa sopra citata del 23 marzo 2005. L'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005. In attuazione di tali normative e' stata stipulata il 23 marzo 2005, in sede di Conferenza Stato-regioni, l'Intesa, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, in attuazione dell'art. 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Tale intesa ha tra l'altro istituito il Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA presso il Ministero della salute (art. 9) e il Tavolo di verifica degli adempimenti presso il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (art. 12). Il Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA e' deputato a verificare «l'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell'utilizzo delle risorse e per la verifica della congruita' tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione» (comma 1). Esso «si avvale del supporto tecnico dell'Agenzia per i Servizi sanitari regionali» e «opera sulla base delle informazioni desumibili dal sistema di monitoraggio e garanzia di cui al decreto ministeriale 12 dicembre 2001, nonche' dei flussi informativi afferenti al Nuovo Sistema Informativo Sanitario» (comma 2). Il Comitato «e' composto da quattro rappresentanti del Ministero della salute, di cui uno con funzioni di coordinatore, due rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, un rappresentante del Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri e da sette rappresentanti delle regioni designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome» (comma 3). Quanto al Tavolo di verifica degli adempimenti, esso e' stato istituito «ai fini della verifica degli adempimenti per le finalita' di quanto disposto dall'art. 1, comma 184, lettera c) della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Esso e' coordinato da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze e composto da rappresentanti: del Dipartimento degli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri; del Ministero della salute; delle regioni capofila delle Aree sanita' e affari finanziari, nell'ambito della Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome; di una ulteriore regione indicata dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome; dell'Agenzia per i Servizi sanitari regionali; della Segreteria della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano; della Segreteria della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome» (comma 1). I commi successivi regolano l'operato del Tavolo tecnico e del Tavolo politico, che pure e' coinvolto nella procedura di verifica. La legge n. 266 del 2005. Gli obblighi derivanti alle regioni, nel settore sanitario, dalla citata intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, finalizzati a garantire l'equilibrio economico-finanziario, a mantenere i livelli essenziali di assistenza, a rispettare gli ulteriori adempimenti di carattere sanitario previsti dalla medesima intesa e a prevedere, ove si prospettassero situazioni di squilibrio nelle singole aziende sanitarie, la contestuale presentazione di piani di rientro pena la dichiarazione di decadenza dei rispettivi direttori generali, e l'obbligo di adottare i provvedimenti necessari di cui all'art. 1, comma 174, 1egge n. 311/2004 sopra citato erano mantenuti fermi dall'art. 1, comma 274, 1egge n. 266/2005. Analogamente, anche il comma 279 dell'art. 1, legge n. 266/2005 prevedeva poi che lo Stato concorresse al ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2002, 2003 e 2004; a tal fine veniva autorizzata la spesa di 2.000 milioni di euro per l'anno 2006: ma l'erogazione del suddetto importo era «subordinata all'adozione, da parte delle regioni, dei provvedimenti di copertura del residuo disavanzo posto a loro carico per i medesimi anni». Inoltre, il comma 280 subordinava l'accesso al concorso di cui al comma 279 «all'espressione... da parte della Conferenza unificata... dell'intesa sullo schema di Piano sanitario nazionale 2006-2008, nonche'... alla stipula di una intesa tra Stato e regioni... che preveda la realizzazione da parte delle regioni degli interventi previsti dal Piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa»; ed il comma 281 aggiungeva che «l'accesso al concorso di cui al comma 279 e' altresi' subordinato, per le regioni che nel periodo 2001-2005 abbiano fatto registrare, in base ai dati risultanti dal Tavolo tecnico di verifica degli adempimenti regionali, un disavanzo medio pari o superiore al 5 per cento, ovvero che abbiano fatto registrare nell'anno 2005 un incremento del disavanzo rispetto all'anno 2001 pari o superiore al 200 per cento, alla stipula di un apposito accordo tra la regione interessata e i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, ovvero all'integrazione di accordi gia' sottoscritti ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per l'adeguamento alle indicazioni del Piano sanitario nazionale 2006-2008 e il perseguimento dell'equilibrio economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza». Nel quadro di questa normativa - che sostanzialmente confermava i meccanismi della precedente - veniva conclusa l'Intesa, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente un nuovo Patto sulla salute (provvedimento 5 ottobre 2006, n. 2648). La legge n. 296 del 2006. La legge n. 296 del 2006 conferma il concorso dello Stato al ripiano dei disavanzi, istituendo per il triennio 2007-2009 «un Fondo transitorio di 1.000 milioni di euro per l'anno 2007, di 850 milioni di euro per l'anno 2008 e di 700 milioni di euro per l'anno 2009» (art. 1, comma 796, lettera b) la cui ripartizione tra le regioni interessate da elevati disavanzi era disposta con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. Si precisava pero' che l'apposito accordo ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (al quale anche la nuova legge subordinava l'accesso alle risorse del Fondo), avrebbe dovuto comprendere «un piano di rientro dai disavanzi», che avrebbe dovuto contenere «sia le misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza, per renderlo conforme a quello desumibile dal vigente Piano sanitario nazionale e dal vigente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di fissazione dei medesimi livelli essenziali di assistenza, sia le misure necessarie all'azzeramento del disavanzo entro il 2010, sia gli obblighi e le procedure previsti dall'art. 8 dell'intesa 23 marzo 2005». Ancora, il comma 796, lettera b), prevedeva che «tale accesso presuppone che sia scattata formalmente in modo automatico o che sia stato attivato l'innalzamento ai livelli massimi dell'addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attivita' produttive», e che, «qualora nel procedimento di verifica annuale del piano si prefiguri il mancato rispetto di parte degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo contenuti nel piano di rientro, la regione interessata puo' proporre misure equivalenti che devono essere approvate dai Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze». Era ancora stabilito che in ogni caso, «l'accertato verificarsi del mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi» avrebbe comportato che, con riferimento all'anno d'imposta dell'esercizio successivo, «l'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e l'aliquota dell'imposta regionale sulle attivita' produttive si applicano oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente fino all'integrale copertura dei mancati obiettivi». Era infine previsto che gli interventi «individuati dai programmi operativi di riorganizzazione, qualificazione o potenziamento del servizio sanitario regionale, necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, oggetto degli accordi di cui all'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, come integrati dagli accordi di cui all'art. 1, commi 278 e 281, della legge 23 dicembre 2005, n. 266» fossero «vincolanti per la regione che ha sottoscritto l'accordo» e che le determinazioni in esso previste potessero «comportare effetti di variazione dei provvedimenti normativi ed amministrativi gia' adottati dalla medesima regione in materia di programmazione sanitaria». Il decreto-legge n. 159 del 2007. L'art. 4, d.l. n. 159/2007, convertito con modificazioni dalla legge n. 222/2007, detta la disciplina attuata dall'atto qui impugnato. Nel comma 1 si stabilisce che, «qualora nel procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro, effettuato dal Tavolo di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, di cui rispettivamente agli articoli 12 e 9 dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005,... con le modalita' previste dagli accordi sottoscritti ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311,... si prefiguri il mancato rispetto da parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi Piani, in relazione alla realizzabilita' degli equilibri finanziari nella dimensione e nei tempi ivi programmati, in funzione degli interventi di risanamento, riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del sistema sanitario regionale, anche sotto il profilo amministrativo e contabile, tale da mettere in pericolo la tutela dell'unita' economica e dei livelli essenziali delle prestazioni, ferme restando le disposizioni di cui all'art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il Presidente del Consiglio dei ministri, con la procedura di cui all'art. 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, diffida la regione ad adottare entro quindici giorni tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti nel Piano». Il comma 2 dispone poi che, «ove la regione non adempia alla diffida di cui al comma 1, ovvero gli atti e le azioni posti in essere, valutati dai predetti Tavolo e Comitato, risultino inidonei o insufficienti al raggiungimento degli obiettivi programmati, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, nomina un commissario ad acta per l'intero periodo di vigenza del singolo Piano di rientro». La disposizione aggiunge che, «al fine di assicurare la puntuale attuazione del piano di rientro, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, puo' nominare, anche dopo l'inizio della gestione commissariale, uno o piu' subcommissari di qualificate e comprovate professionalita' ed esperienza in materia di gestione sanitaria, con il compito di affiancare il commissario ad acta nella predisposizione dei provvedimenti da assumere in esecuzione dell'incarico commissariale». 3) La situazione della Regione Campania e i relativi atti. Si espongono qui di seguito le specifiche vicende che hanno portato al commissariamento. L'esposizione di tali vicende sara' compiuta - soprattutto in relazione alle risultanze relative al 2009 ed alle previsioni relative al 2009 - in modo analitico, dando atto delle ragioni di merito della Regione Campania e anticipando per questa parte l'esposizione in diritto: la quale ne risultera' poi corrispondentemente semplificata. 3a) L'Accordo per l'approvazione del Piano di rientro e l'avvio del risanamento dei conti. In attuazione delle normative sopra esposte (legge n. 311/2004 e 1egge n. 296 del 2006) la Regione Campania, il Ministro della salute ed il Ministro dell'economia e delle finanze stipulavano in data 13 marzo 2007 l'Accordo per l'approvazione del Piano di rientro di individuazione degli interventi per il perseguimento dell'equilibrio economico (doc. 3). Sul versante regionale l'Accordo ed il Piano di rientro (doc. 4) venivano approvati con la delibera della Giunta regionale 20 marzo 2007, n. 460, Approvazione del Piano di rientro dal disavanzo e di riqualificazione e razionalizzazione del Servizio sanitario regionale ai fini della sottoscrizione dell'Accordo tra Stato e Regione Campania ai sensi dell'art. 1, comma 180, della legge n. 311/2004 (doc. 5). Con essi la Regione si impegnava ad attuare «misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza, per renderlo conforme a quello desumibile dal vigente Piano sanitario nazionale e dal vigente d.P.C.m. di fissazione dei medesimi livelli di assistenza», ad attuare «gli obblighi e le procedure previste dall'art. 8 dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005» e ad attuare «misure di riequilibrio della gestione corrente necessarie all'azzeramento del disavanzo entro il 2010» (v. l'art. 1 dell'Accordo). Il termine del 2010 per l'azzeramento del disavanzo risultava dall'art. 1, comma 796, lettera b), legge n. 296/2006 ed era ribadito dalla succitata delibera regionale n. 460/2007. L'art. 2 dell'Accordo prevedeva che il monitoraggio sull'attuazione del Piano di rientro fosse svolto dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'art. 12 dell'Intesa 23 marzo 2005 e dal Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA, in corrispondenza con i due principali obiettivi del piano, cioe' le «misure di riequilibrio della gestione corrente necessarie all'azzeramento del disavanzo entro il 2010» e le «misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza». Il Piano riportava ed attestava tra l'altro i diversi provvedimenti gia' assunti dalla Regione Campania per risanare la finanza del Servizio sanitario: v. il punto 1.A.2 del Piano. Risultava infatti che la Regione Campania aveva gia' intrapreso nel 2005 importanti azioni di risanamento (delibera di Giunta regionale n. 1843/2005; legge finanziaria regionale per il 2006 n. 24/2005; cartolarizzazione dei debiti sanitari maturati fino al 31 dicembre 2005 tramite la So.Re.Sa. S.p.A.), che hanno consentito di ridurre la spesa sanitaria campana nel 2006 di quasi il 5% rispetto al 2005 (a fronte di un incremento nazionale di oltre il 3%). Tale importante risultato fu posto a base del Piano di rientro, che riguarda gli esercizi 2007-2009. Il risultato economico dell'esercizio 2006 e' stato confermato, residuando anzi 18 milioni di euro di coperture non utilizzate, che sono state destinate a parziale copertura del disavanzo 2007. Il totale dei costi della sanita' regionale ha avuto il seguente andamento, rispetto al livello raggiunto nel 2005 (cfr. tabella allegata, dettaglio costi 2005-2008, doc. 5-bis): anno 2006 rispetto al 2005: - 4,7%; anno 2007 rispetto al 2005: + 0,5%; anno 2008 rispetto al 2005: + 2,0%. Questi dati, conformi alle risultanze dei Tavoli di verifica del Piano di rientro eccetto che per il 2008 (anno per il quale, come vedremo, i Ministeri interessati sovrastimano di circa € 185 milioni il disavanzo regionale), dimostrano un buon trend di contenimento dei costi della sanita' campana. Questo trend lasciava supporre un percorso ragionevolmente in grado di portare nei tempi previsti i conti ad una situazione di stabile equilibrio, mediante riforme strutturali condivise tra Regione e Stato (in concreto, i Ministeri interessati). La regione ha dovuto invece constatare che all'atteggiamento collaborativo dello Stato si e' sostituito un atteggiamento pregiudizialmente negativo, rivolto ad amplificare oltre ogni ragione i possibili elementi negativi, e ad omettere e trascurare i fattori positivi. Questo atteggiamento, unito al blocco nelle erogazioni dei fondi statali, che ha drammaticamente acuito i problemi e creato nuovi oneri finanziari e legali per centinaia di milioni di euro, ha gravemente danneggiato la stessa azione di risanamento in corso. In effetti, come risulta dalla tabella allegata (doc. 5-bis), in relazione alla sanita' la Regione Campania deve ancora ricevere dallo Stato 2319 milioni di euro. Si noti che pur se per una parte di questa somma lo Stato afferma la non spettanza in relazione ai presunti inadempimenti regionali, per una parte cospicua (737 milioni) non c'e' alcun dubbio sulla spettanza alla Regione, trattandosi delle addizionali regionali IRPEF e IRAP incassate dallo Stato per gli anni 2006, 2007 e 2008 e non ancora versate alla Regione Campania. Nella tabella allegata (doc. 5-bis) e' anche contenuta una stima degli oneri finanziari (interessi) e legali derivanti dalla mancata erogazione delle risorse da parte dello Stato. Sia consentito di osservare sin d'ora che si tratta di somme talmente ingenti che da sole smentiscono la situazione di disequilibrio che secondo il Governo giustifica il commissariamento. Si tratta inoltre - nella parte relativa ad IRPEF ed IRAP - di somme che spettano alla Regione annualmente, costituendo un'entrata stabilmente prevista. Sia consentito anche di notare fin d'ora che il Piano attestava formalmente che la Regione «e' adempiente» con riferimento all'erogazione dei LEA (punto 1.C). Per il rimanente, nel punto 1.E si sintetizzavano gli «obiettivi generali» (che erano i seguenti: «riduzione strutturale del disavanzo 2007-2009», «modificazione dell'organizzazione quali/quantitativa del SSR per contribuire all'equilibrio economico-finanziario nel rispetto dei LEA», «verifica situazione debitoria al 31 dicembre 2005») e gli «obiettivi specifici». Nel punto 2.C si riportavano gli «obiettivi operativi» e gli «interventi progettuali» per raggiungere gli obiettivi generali appena indicati e gli obiettivi specifici. Nel punto 2.E si descrivevano in dettaglio i vari interventi, divisi nei seguenti gruppi: «applicazione della DGRC 1843/2005», «riduzione del costo nel personale», «applicazione dei tetti di spesa e rimodulazione delle tariffe», «centralizzazione, razionalizzazione acquisti beni e servizi», «ristrutturazione rete ospedaliera e riduzione ricoveri inappropriati», «accordi con i Comuni per l'integrazione socio-sanitaria», «riduzione spesa farmaceutica». Puo' essere opportuno ricordare che dopo l'adozione del Piano di rientro e' stato adottato il d.l. n. 159/2007, che ha previsto la procedura di commissariamento attuata con l'atto qui impugnato. Nella riunione del 26 marzo 2008 il Tavolo ed il Comitato constatavano, con riferimento all'esercizio 2007, «il raggiungimento dell'equilibrio economico», pur non riconoscendo ad esso carattere strutturale (v. l'atto impugnato). 3b) Il mutamento della posizione dei Ministeri. La valutazione della situazione dell'anno 2008. Arbitrarieta' della valutazione statale. Tale accertamento veniva pero' modificato nella riunione del 15 luglio 2008, dalla quale emergevano un disavanzo di 73 milioni di euro nel 2007 ed il prefigurarsi del mancato rispetto degli adempimenti previsti dal Piano di rientro: sono le conseguenze del mutamento di atteggiamento governativo accennato sopra, come meglio si illustrera'. Nella successiva riunione del 10 ottobre 2008 (v. il relativo verbale, doc. 6), il Tavolo ed il Comitato non si soffermavano analiticamente sull'attuazione di tutti gli interventi programmati nel Piano ma formulavano considerazioni piu' generiche. Pur rilevando, in conclusione, che «la regione ha prospettato un progetto di riorganizzazione della rete ospedaliera di forte strategicita' ed innovazione, da tradurre in provvedimento consiliare», e che «rispetto alla manovra necessaria di 815,455 milioni di euro individuata nella riunione del 15 luglio 2008, risulta plausibile una manovra di impatto finanziario pari a circa 508 milioni di euro», per cui «restano da realizzare interventi per circa 308 milioni di euro», si afferma poi che «pur valutando positivamente l'avvio del procedimento di riorganizzazione della rete ospedaliera», permarrebbero «criticita' ed inadeguatezze tali da confermare i presupposti... per l'avvio della procedura» di cui all'art. 4 d.l. n. 159/2007. Notiamo fin d'ora che in tali atti non si prefiguravano affatto pregiudizi che il disavanzo di 308 milioni di euro arrecasse all'unita' economica del Paese ne', tanto meno, si paventavano pericoli per la «tutela dei livelli essenziali delle prestazioni» (si puo' ricordare che al punto 1.C del Piano si attestava che la Regione «e' adempiente» con riferimento all'erogazione dei LEA). Inoltre, e' da sottolineare che l'impegno preso dalla Regione era quello di azzerare il disavanzo entro il 2010 (v. l'art. 1, comma 796, lettera b), legge n. 296/2006 e l'art. 1 dell'Accordo) e alla scadenza del termine mancavano ancora piu' di 2 anni. Il Piano di rientro prevedeva per il 2009 solo un disavanzo programmato da coprire con le imposte ed il contributo di affiancamento. Insomma, sembra chiaro che a partire almeno dalla riunione del luglio 2008 gli organi statali hanno volutamente imboccato la strada della procedura che conduce al commissariamento. Ed infatti di seguito, con lettera dell'11 novembre 2008 (doc. 7), il Presidente del Consiglio dei ministri inviava al Presidente della Campania la «diffida» ai sensi dell'art. 4, comma 1, d.l. n. 159/2007. Con tale atto la Regione era diffidata ad adottare tutti gli atti che «risultino produttivi di effetti finanziari nel 2008 e idonei alla correzione strutturale della spesa per gli anni successivi». L'atto dichiarava di fondarsi sulla circostanza che la riunione del 10 ottobre 2008 avrebbe «fatto emergere che la correzione dello scostamento all'epoca prospettato e' insufficiente per garantire l'equilibrio nell'anno 2008», per cui sarebbero «confermati i presupposti» previsti dall'art. 4, d.l. n. 159/2007: dei quali peraltro nella riunione non si parlo' affatto. Dunque, la diffida si fondava solo sullo «scostamento» rilevato per il 2008 (308 milioni di euro), senza alcun accenno al pregiudizio per l'unita' economica del Paese e per la tutela dei livelli essenziali. Con lettera del 28 novembre 2008 (doc. 8) il Presidente della Campania trasmetteva gli atti approvati dalla Regione «utili ad incidere strutturalmente sull'organizzazione del servizio sanitario, in linea con gli obiettivi di contenimento e razionalizzazione della spesa prescritti dal Piano di rientro». Fra l'altro, nella relazione allegata si osservava che la stima di sforamento di 308 milioni per il 2008 era stata corretta dall'advisor (consulente tecnico indicato dal Ministero dell'economia e previsto dall'art. 1 dell'Accordo) a 205 milioni e che sul disavanzo incideva il ritardo nell'erogazione dei finanziamenti statali: «la Campania deve ancora incassare 429 milioni del FSN 2006, 264 milioni del FSN 2007, 302 milioni di contributo di affiancamento 2008, 419 milioni di prestito statale a 30 anni». Ancora, si sottolineava che «la Campania continua ad essere fortemente penalizzata nel riparto del Fondo sanitario nazionale, ottenendo il livello di finanziamento pro capite piu' basso in assoluto». In particolare, la relazione riferiva dell'adozione della delibera n. 1590 del 3 ottobre 2008, «gia' validata dai Ministeri in affiancamento», con la quale erano state previste ulteriori misure per la riduzione della spesa relativa al personale, e dell'adozione delle delibere nn. 1880, 1882 e 1883 del 26 novembre 2008, approvate dai Ministeri in affiancamento, che avevano introdotto misure volte a limitare la spesa farmaceutica. Ancora, il Presidente riferiva che il giorno stesso (cioe' il 28 novembre 2008) era stata promulgata la 1.r. n. 16/2008, Misure straordinarie di razionalizzazione e riqualificazione del sistema sanitario regionale per il rientro dal disavanzo. La legge prevede la Razionalizzazione degli ambiti territoriali delle Aziende sanitarie locali (art. 2), la Razionalizzazione degli ambiti distrettuali, (art. 3); la limitazione delle consulenze delle ASL (art. 4); l'abolizione dei «coordinamenti tecnici provinciali» (art. 5); l'approvazione del «Piano di ristrutturazione e riqualificazione della rete ospedaliera di cui all'allegato A alla presente legge», cioe' di quello considerato «strategico» nella riunione del 10 ottobre 2008 (art. 6). Dalla lettera del 28 novembre 2008 risultava che l'effetto della legge sarebbero state, fra l'altro, la riduzione di posti letto di 860 unita' e la riduzione delle ASL, che da 13 sarebbero passate a 7. Il risparmio complessivo era stimato in 200 milioni di euro. Nella lettera del 28 novembre 2008, poi, la Regione contestava con analitiche considerazioni alcuni dei costi stimati nella riunione del 10 ottobre 2008, quali i 50 milioni «per maggiore produzione degli erogatori privati» ed i 40 milioni «per rischio di tenuta dei tetti di spesa in sede di contenzioso amministrativo» (v. il punto 5). Nella riunione del 23 gennaio 2009 Tavolo e Comitato valutavano i provvedimenti adottati dalla Regione Campania a seguito della diffida (v. il relativo verbale, doc. 9). In primo luogo Tavolo e Comitato riducevano la stima del disavanzo previsto per il 2008 da 308 milioni a 256 milioni (v. p. 3) ma al tempo stesso affermavano che la Regione non avesse «prodotto misure idonee e congrue a ridurre il risultato di gestione del 2008» (p. 4). Quanto alla 1.r. n. 16/2008, Tavolo e Comitato si soffermavano sulla costituzionalita' di una norma e poi sulla ristrutturazione della rete ospedaliera, affermando che non sarebbero apparsi «chiari i criteri utilizzati per valutare i risparmi associati al provvedimento ed in ogni caso i risparmi... sono conseguibili solo a partire dall'anno 2010» (p. 12). In secondo luogo, considerando atti inviati dalla Regione fra il 28 novembre 2008 ed il 10 ottobre 2009, Tavolo e Comitato rideterminavano il disavanzo relativo al 2008 in un intervallo fra i 306 milioni ed i 370 milioni di euro (p. 5) e consideravano inidonea la copertura derivante dall'alienazione degli immobili non strumentali delle ASL (da cui risulteranno risorse «integralmente destinate a concorrere al ripiano di eventuali maggiori disavanzi del Servizio sanitario regionale, rispetto a quanto previsto dal Piano di rientro dal disavanzo e di riqualificazione e razionalizzazione del Servizio sanitario della Regione Campania», come dispone l'art. 25, 1.r. n. 1/2009, legge finanziaria Campania per il 2009), in quanto non ancora tradottasi in «atti perfezionati di compravendita». In conclusione, Tavolo e Comitato, oltre a far risultare il disavanzo di cui sopra, ritenevano che gli atti prodotti per l'anno 2009 fossero «parzialmente idonei a produrre effetti strutturali per gli anni successivi» ma al tempo stesso assumevano una generica possibilita' di peggioramento della spesa «permanendo... una situazione di forte contenzioso in materia di tetti di spesa e tariffe idoneo a produrre consistenti sopravvenienze passive a valere sugli anni futuri» ragion per cui ritenevano ancora esistenti i presupposti di cui all'art. 4, d.l. n. 159/2007. Come si puo' vedere - mentre risulta evidente un preconcetto atteggiamento volto a minimizzare i benefici delle misure assunte dalla Regione ed a massimizzare elementi negativi anche puramente ipotetici - ancora una volta nessuna parola veniva spesa per dimostrare il pregiudizio per l'unita' economica del Paese e per la tutela dei livelli essenziali: anzi, il tema dei livelli essenziali delle prestazioni era del tutto assente, pur essendo il pregiudizio di essi un presupposto essenziale del commissariamento. In data 20 marzo 2009 il Presidente della Campania trasmetteva al Presidente del Consiglio dei ministri ulteriori atti attuativi utili a conseguire gli obiettivi del Piano. Si trattava, in particolare, della attuazione della 1.r. n. 16/2008, tradottasi nella dichiarazione di decadenza di 12 direttori generali delle ASL e nella nomina dei commissari straordinari delle nuove 6 ASL (v. le 18 delibere di Giunta citate nella nota del 20 marzo 2009, doc. 10). Inoltre, la Regione adottava la delibera n. 130/2009, recante misure di contenimento del personale; la delibera n. 224/2009, relativa alle tariffe delle prestazioni di cui all'art. 26, legge n. 822/1978; varie delibere attuative del Piano di riorganizzazione della rete ospedaliera (v. il verbale della riunione del Tavolo e del Comitato del 2 aprile 2009, doc. 11). Sembra evidente che la Regione era impegnata in uno sforzo notevole per raggiungere i necessari risultati, e che questi erano ormai vicinissimi, e sarebbero anzi stati gia' raggiunti se lo Stato avesse corrisposto alla Regione le somme dovute, anche soltanto quelle di pacifica spettanza. Ma i Ministri di riferimento, anziche' sostenere lo sforzo della Regione, avevano ormai da tempo imboccato la direzione opposta. Cosi' nella riunione del 2 aprile 2009 il Tavolo e il Comitato ritenevano di accertare, in relazione al 2008, «una situazione di sostanziale inaffidabilita' dei dati, generata a sua volta da una diffusa situazione di inadeguatezza delle procedure amministrativo-contabili e di integrazione e controllo dei dati». Questo perche' nonostante che la Regione dichiarasse «un avanzo di 57,182 milioni di euro», ad avviso dei predetti organismi «la considerazione di rischi generici e specifici sussistenti in capo alla regione, in funzione della rilevata scarsa qualita' delle procedure contabili e gestionali, porterebbe a rideterminare il predetto risultato in una perdita pari a 260,818 milioni di euro». Si afferma che tale perdita potrebbe comportare l'applicazione dell'art. 1, comma 796, lettera b), legge n. 296/2006 con riferimento al 2009 (aumento dell'addizionale IRPEF e dell'aliquota IRAP «oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente e fino all'integrale copertura del disavanzo registrato»): di qui l'ulteriore affermazione secondo la quale sarebbe «assolutamente strategica ed urgente la reale costruzione di un sistema di programmazione, gestione e controllo aziendale e regionale tali da garantire permanentemente il governo del sistema sanitario regionale» (p. 15). Come e' agevole vedere la stima statale (che la Regione espressamente contestava: p. 6 e p. 21 del verbale) era fondata non su precisi accertamenti ma su mere supposizioni ed ipotesi, prive di ogni riscontro obbiettivo e verificabile. 3c) Le previsioni per il 2009. Carattere arbitrario e meramente ipotetico delle valutazioni statali. Ugualmente ipotetica e «creativa» e' l'analisi che Tavolo e Comitato compiono in relazione al 2009. Essi affermano che «la manovra necessaria per ricondurre in equilibrio l'anno 2009» andrebbe valutata «in 993,316 milioni di euro», e che tale manovra risulterebbe «non garantita a partire dalla valutazione degli atti prodotti dalla Regione» (p. 15). Con nota del 4 maggio 2009 (doc. 12), il Presidente del Consiglio dei ministri invitava nuovamente a trasmettere ulteriori atti attuativi del Piano di rientro. Il Presidente della Regione rispondeva con nota del 15 maggio 2009 (doc. 13), facendo notare - tra l'altro - la disparita' di trattamento fra Regioni, dato che gli organi tecnici avevano fatto analoghe Osservazioni anche alla Sicilia ma la diffida era stata rivolta solo a Campania e a Molise. A seguito di un incontro tecnico informale, avvenuto il 16 giugno 2009, con nota del 2 luglio 2009 (doc. 14) il Presidente del Consiglio dei ministri manifestava dubbi sulla possibilita' che entro il 31 dicembre 2009 ci potessero essere "correzioni strutturali del disavanzo" e invitava nuovamente ad adottare "i provvedimenti necessari". Il Tavolo ed il Comitato tornavano a riunirsi il 20 luglio 2009, 4 giorni prima dell'adozione della delibera qui contestata (v. il relativo verbale, doc. 15). L'analisi dei due organi parte dalla esposizione dei dati ufficiali comunicati dalla Regione Campania, che espongono una perdita di esercizio di € 641 milioni. I rappresentanti dei Ministeri aggiungono a questa perdita il disavanzo non coperto di € 73 milioni, relativo al 2007 e, pertanto, riportato a nuovo all'esercizio 2008, e tutte le altre coperture disponibili, pervenendo a quantificare in € 52.279.000 il residuo disavanzo 2008, che la Regione deve provvedere a coprire, al limite, aumentando l'IRAP e l'addizionale IRPEF oltre l'attuale livello massimo. Si puo' notare che il disavanzo residuo non coperto (€ 52 milioni) e' inferiore alla perdita 2007 riportata a nuovo (€ 73 milioni): cio' significa che, in realta', la gestione 2008 ha prodotto un avanzo di € 21 milioni. Dal canto suo, l'advisor segnala un «miglioramento dei comportamenti contabili che ha portato ad un incremento della qualita' del dato contabile», risultato «ottenuto grazie ad un piu' attento monitoraggio da parte della Regione». Ancora, l'advisor riferisce che «la Regione ha attivato delle procedure straordinarie di verifica sui dati dei CE [conti economici] IV trimestre 2008 e sui consuntivi 2008 redatti» dalle ASL. Ma i rappresentanti dei Ministeri non sono interessati ai rilievi positivi dell'advisor, ma ad aumentare «d'ufficio» tale perdita, con argomenti subito contestati dalla Regione Campania, come espressamente risulta nel verbale della riunione. L'operazione viene effettuata aggiungendo le seguenti poste negative: € 48,54 milioni quali parte delle sopravvenienze attive che «non producono effetto sul risultato di gestione» (pag. 8 del verbale), «in quanto i tempi di recupero dei crediti sono previsti in un arco di tempo pluriennale»; € 27 milioni a titolo di accantonamento per maggiore «rischio generico»; € 110 milioni a titolo di accantonamento per maggiore «rischio specifico». I Ministeri hanno ignorato le rimostranze della Regione, che aveva osservato come togliere dalle sopravvenienze attive la parte (€ 48,54 milioni) che si incassera' in un futuro piu' o meno breve sia operazione arbitraria e contraddittoria. Contraddittoria, se si considera la pretesa statale di far pesare sull'esercizio per intero non solo tutte le sopravvenienze passive non ancora pagate, ma anche centinaia di milioni di maggiori accantonamenti per rischi eventuali e contestabili (v. quelli relativi al contenzioso), e sicuramente non ancora pagati, come i Ministeri hanno preteso per le sopra citate aggiunte di € 27 e di € 110 milioni. Arbitraria, dato che le sopravvenienze attive sono parte costitutiva, al pari di quelle passive, del risultato economico dell'esercizio, e non sono quindi in alcun modo una modalita' di copertura del disavanzo (si noti che il criterio secondo il quale le entrate pluriennali concorrono a coprire il disavanzo dell'esercizio solo per la parte recuperata nell'anno vale, infatti, per i mezzi di copertura del disavanzo e' sancito dall'Accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2004, rep. n. 2174), mentre nella stessa contabilita' del codice civile i proventi e gli oneri straordinari concorrono a determinare il risultato economico dell'esercizio, con pari dignita', purche' i ricavi siano valutati con criteri prudenziali: cosa che la Regione ha fatto. Inoltre, il calcolo degli organi ministeriali rimane indeterminato ed inconoscibile: Esso sarebbe esposto «al paragrafo D della sezione seconda» (v. pag. 5 del verbale, ultimo capoverso), ma nel verbale non sussiste ne' una sezione II, ne' un paragrafo D. Cio', unito - come vedremo - al comportamento dei Ministeri per quanto riguarda la discussione della manovra 2009, testimonia la prefigurazione di certe notazioni e la unilateralita' e mancanza di trasparenza e contraddittorio collaborativo con cui i Ministeri si comportano al Tavolo di verifica (si veda al riguardo, infra, la proposta di riforma del Tavolo di verifica elaborata dalla riunione del 5 agosto 2009 della Conferenza dei Presidenti). Riguardo alla posta di € 27 milioni a titolo di accantonamento per maggiore «rischio generico», sembra che il Ministero abbia determinato questa cifra prendendo per base i maggiori costi (€ 18 milioni) emersi dalle verifiche dell'advisor KPMG sull'80% dei costi di n. 6 aziende che componevano circa il 50% dei costi della sanita' regionale, e proiettandoli sull'insieme delle azienda ((18/(0,5 x 0,8)) = 45 - 18 = 27 milioni): ma il campione delle sei aziende era stato selezionato volutamente tra quelle che in passato avevano avuto i scostamenti tra preconsuntivo e consuntivo e/o comunque da ritenersi piu' a rischio di produrre costi non interamente contabilizzati, come era stato segnalato sia dalla Regione che dall'advisor KPMG (senza tuttavia che il verbale riporti traccia di questa fondamentale informazione)! Questo particolare carattere del campione prescelto avrebbe dovuto indurre una stima non proporzionale ed inferiore a quella operata dal Ministero. Ad esempio, considerando che il rischio di maggiori costi poteva stimarsi in 2/3 nel campione esaminato ed 1/3 nel resto delle aziende, e che il 20% di costi non esaminati sono quelli meno a rischio di sorprese, si sarebbe potuto effettuare il seguente calcolo: (18/(2/3)) = 27 - 18 = 9 milioni. Pertanto, qualora i Ministeri avessero operato correttamente, poteva stimarsi un maggiore rischio generico di circa 9 milioni, invece che 27 milioni. Ma non solo. I Ministeri erano stati informati dagli stessi conti economici regionali che il risultato economico 2008 sconta al suo interno costi per accantonamenti per € 318 milioni, di cui € 122 milioni a fronte dei futuri rinnovi dei contratti di lavoro dei dipendenti, e ben € 196 milioni per rischi specifici e generici. Per definizione gli accantonamenti sono stime di costi di competenza che si manifesteranno probabilmente in futuro e che sono di incerto ammontare. Dunque la Regione aveva gia' inserito nei propri conti quasi 200 milioni di accantonamenti per rischi! Diversamente, invece di un disavanzo non coperto di 52 milioni, avremmo discusso di un avanzo di 144 milioni di euro. Questa circostanza e' stata sostanzialmente ignorata dai Ministeri. Quanto infine alla terza posta negativa, di € 110 milioni, che secondo i Ministeri deve andare ad aggravare il risultato 2008, anche di essa non vi e' documentazione alcuna, dal momento che si rinvia ad una valutazione analitica che sarebbe esposta nell'inesistente «paragrafo D della sezione seconda». In mancanza di tale porzione del verbale, dalla discussione avvenuta e dai numeri riportati al punto 5 («Valore della produzione eccedente il tetto a consuntivo») si arguisce che - sostanzialmente - la motivazione del maggiore accantonamento di € 110 milioni si riferisce all'80% dei circa 135 milioni di valore della produzione 2008 dei privati eccedente il tetto di spesa 2008. In sostanza, i Ministeri ritengono che sia a rischio 1'80% dell'effetto di contenimento della spesa per prestazioni sanitarie acquistate dai privati (case di cura, laboratori, diagnostica, centri di riabilitazione, ecc.) che deriva dai provvedimenti regionali in materia di tetto di spesa ai privati accreditati. Ma, oltre a rinviare alle controdeduzioni poste a verbale dalla Regione Campania e al testo integrale della sentenza del T.a.r. Campania n. 3253/2009, si deve ricordare che la Regione Campania ha attuato tutti i provvedimenti in materia di tetti di spesa dal 2007 in poi sempre con l'approvazione espressa dei Ministeri competenti; ha prodotto i conseguenti contratti con i privati; non ha mai perso una causa da anni: solo per il 2009, relativamente ad alcune clausole particolarmente forti introdotte dalla delibera n. 1269/2009, i privati hanno ottenuto la sospensiva - si badi - non della delibera ma della scadenza per la stipula dei contratti 2009 fino alla camera di consiglio del 23 settembre 2009. Si allega, poi, una relazione sullo stato dell'adempimento relativo ai tetti di spesa (doc. 16). Per tutto quanto sopra esposto, la Regione puo' fondatamente ritenere che relativamente all'esercizio 2008 la stima ministeriale di 237 milioni sia arbitraria, e confermare che il dato ufficiale, recante una perdita 2008 coperta interamente ed un disavanzo residuo non coperto di 52 milioni (a causa del trascinamento del disavanzo 2007 di 73 milioni) e' e resta quello piu' corretto. Del resto, l'inattendibilita' della valutazione statale emerge dalle stesse parole di Tavolo e Comitato («il risultato di gestione per l'anno 2008... potrebbe evidenziare un disavanzo...») e dal continuo «balletto» di cifre fornite dai Ministeri, che hanno continuamente modificato (e in misura rilevante) la stima del disavanzo regionale. Per quanto riguarda poi la valutazione della manovra necessaria per il 2009, per confortare la tesi secondo la quale sussisterebbero i presupposti per il commissariamento della Regione Campania, i Ministeri affermano quanto segue: a) per garantire l'equilibrio economico nell'esercizio 2009 la Regione Campania sarebbe tenuta ad effettuare una manovra di contenimento dei costi pari ad € 880 milioni (per l'esattezza: € 880.779.000); b) la Regione avrebbe presentato provvedimenti per soli 200 milioni, e pertanto in ogni caso rimarrebbe un disavanzo nel 2009 di ben E 680 milioni (880 - 200). Tuttavia, entrambe le affermazioni sono state presentate dai Ministeri interessati in modo apodittico e non documentato, tanto che solo nei giorni successivi alla riunione del 20 luglio 2009, e solo attraverso la collaborazione dell'advisor KPMG, i tecnici della Regione Campania sono riusciti a comprendere il senso e la composizione dei numeri imposti dallo Stato. Ed infatti nel verbale della riunione la tesi secondo la quale la manovra «ancora da realizzare e dimostrare» per il 2009 sarebbe di 880 milioni risulta immotivata ed incomprensibile. Il fatto stesso che l'analisi compiuta dai rappresentanti statali non sia stata presentata nella riunione e allegata al verbale (pur essendo evidentemente stata predisposta prima), nel quale risulta invece la sola cifra di sintesi di € 880.779.000, mostra la mancanza di un reale (e leale) confronto in sede tecnica (in passato invece l'analisi della manovra da effettuare era stata esposta nel verbale e discussa con la Regione: si veda ad esempio il verbale della riunione del 15 luglio 2008, nel quale veniva fornita un'ampia e dettagliata analisi dell'aggiornamento della manovra necessaria per garantire l'equilibrio economico nell'esercizio 2008). Quanto alla composizione dei presunti 880 milioni di presumibile squilibrio, il verbale espone solo frasi generiche e sibilline: a pag. 8 e 9 e' scritto: «La Regione, al fine di garantire l'equilibrio economico per l'anno 2009, e' tenuta ad effettuare una manovra di contenimento dei costi pari a 880,779 mln di euro ... alla luce [sic]: a) della riproposizione dei rischi generici relativi alla costante rettifica dei costi tra IV trimestre e consuntivo 2008 e alla presenza di alte sopravvenienze passive; b) della riproposizione dei rischi specifici» (quali? Non e' dato saperlo); «c) dei mancati obiettivi 2008; d) della nuova situazione finanziaria derivante dall'Intesa per la ripartizione delle disponibilita' finanziarie per l'anno 2009...; e) del gettito atteso da manovra fiscale su IRAP e addizionale regionale all'IRPEF». Risulta che secondo i Ministeri rientrano negli 880 milioni ben: 155 milioni di non meglio qualificati ulteriori presunti rischi (si veda la nota, contrassegnata con due asterischi, scritta alla fine dell'unica tabella allegata al verbale); € 385 milioni di sforamento dei tetti di spesa imposti ai privati (pari alla somma dei righi evidenziati in giallo nell'ultima colonna a destra della tabella allegata, nella quale l'advisor KPMG ha ricostruito il dettaglio degli 880 milioni: doc. 17). Pare opportuno sottolineare l'assoluta arbitrarieta' di entrambe le cifre. La prima rimane assolutamente generica, e quanto alla seconda essa e' palesemente arbritaria, come risulta dalle seguenti considerazioni. Lo stesso verbale ha, infatti, accertato che i privati nel 2008 hanno fatturato circa € 135 milioni in piu' rispetto ai tetti di spesa imposti dalla Regione (con provvedimenti sempre approvati e condivisi con i Ministeri). Per gli esercizi 2007-2010 i tetti di spesa sono stati stabiliti dalla Regione con delibera n. 517 del 30 marzo 2007 (in seguito modificata con modesti aggiornamenti annuali: delibera n. 1268 del 2008 e delibera n. 1149 e n. 1269 del 2009. Contro questi provvedimenti (nonche' contro lo stesso Piano di rientro) i centri privati hanno presentato ricorso al T.a.r. della Campania, chiedendone la sospensiva e la cancellazione, senza ottenere nulla di tutto cio' (l'unico punto a loro favore l'hanno ottenuto a fine luglio 2009, quando il T.a.r. Campania ha rinviato al 23 settembre p.v. la scadenza entro la quale i centri privati dovevano sottoscrivere l'aggiornamento dei contratti per il 2009, per consentire l'esame in camera di consiglio di alcune clausole contrattuali particolarmente stringenti). La tesi dei Ministeri, secondo la quale vi sarebbe un elevato rischio di mancata tenuta dei tetti di spesa imposti ai privati, e' quindi al momento non suffragata da elemento alcuno. Ma quand'anche vi fosse ragione di temere una soccombenza della Regione che, allo stato, non trova riscontro nella giurisprudenza in materia, in ogni modo la cifra prospettata di € 385 milioni rimane assolutamente ingiustificata ed arbitraria. Nel Piano di rientro, condiviso e ritenuto idoneo anche dallo Stato, era stato ipotizzato un trend di crescita «spontanea» dei costi delle prestazioni sanitarie acquistate dai privati accreditati di circa il 15% nel 2007 e di circa il 5% all'anno per ciascuno degli esercizi 2008 e 2009. Attraverso la manovra sui tetti di spesa, puntualmente eseguita dalla Regione con i provvedimenti sopra citati, la crescita annua di questi costi veniva ricondotta ad un incremento annuo di circa il 2% per ciascuno degli esercizi dal 2007 al 2009. Si creava, cosi' una forbice crescente fra trend, in mancanza, di manovre, e costo dopo le manovre, pari rispettivamente ad € 258 milioni nel 2007, € 286 milioni nel 2008 ed € 336 milioni nel 2009 (come si evidenzia nel Piano di rientro, Valutazione dell'Intervento n. 3 - Applicazione della normativa sui tetti di spesa - pag. 68 del Piano di rientro). Per giungere ai 385 milioni sopra citati i Ministeri hanno preso l'intero risparmio cumulato previsto per il 2009, pari ad 336 milioni, come se nel 2006, 2007 e 2008 la Regione non avesse effettuato manovre di contenimento della produzione dei privati con effetti «benefici» sul 2009, e vi ha aggiunto lo sforamento contabile registrato nel 2008 sui tetti di spesa nel bilancio consuntivo regionale, pari ad € 49,6 milioni. Sembra evidente l'arbitrarieta' e illogicita' di un simile modo di procedere. Innanzi tutto, lo stesso verbale ha accertato che i privati nel 2008 hanno fatturato solo € 135 milioni circa in piu' rispetto ai tetti di spesa imposti dalla Regione (con provvedimenti sempre approvati e condivisi con i Ministeri). Come potrebbe essere possibile pensare che i privati possano arrivare nel 2009 a produrre e fatturare ben 385 milioni in piu' del tetto di spesa 2009, quando il tetto di spesa 2009 stabilito dal Piano di rientro non e' in diminuzione ma, anzi, e' superiore del 2% nel 2009 rispetto al 2008? In secondo luogo, molti privati hanno comunque accettato i tetti di spesa e si stanno orientando, fin dal 2008, a cessare l'erogazione di prestazioni sanitarie allorquando esauriscono il tetto di spesa loro assegnato. La stima ministeriale non ha quindi fondamento reale. Inoltre, la normativa sui tetti di spesa sta reggendo in sede di giudizio e fino a prova contraria. Del resto, della totale arbitrarieta' delle previsioni statali relative a tali rischi e' prova nella stessa delibera di commissariamento, dal momento che al commissario si chiede, tra l'altro di effettuare una «ricognizione della entita' e della natura del contenzioso passivo in atto, con conseguente determinazione del relativo fondo rischi». Dunque, la nomina del commissario e' motivata da uno squilibrio causato dalla abnorme sovrastima del fondo rischi, ed il compito del commissario e' accertare... se tali rischi esistano! Pertanto, le stime ministeriali risultano palesemente sovradimensionate di almeno € 540 milioni (385 + 155) la manovra da realizzare per il 2009, che - togliendo tali cifre - si ridurrebbe a soli 140 milioni: 880 - 540 = 340 - 200 milioni gia' realizzati dalla Regione = 140 milioni. Ma anche la stima di 140 milioni risulta in realta' in eccesso. I Ministeri trascurano del tutto il risparmio atteso dalla Regione con i provvedimenti emanati nel 2008 dalla Regione Campania in materia di spesa farmaceutica, asserendo che l'AIFA - Agenzia Italiana per il Farmaco - non ne ha quantificato l'impatto economico; mentre per questi provvedimenti la Regione ha stimato un risparmio atteso di circa € 90 milioni nel 2009, e risulta che l'AIFA ha espresso un parere totalmente favorevole sulla idoneita' di questi provvedimenti a produrre sensibili risparmi. Ma i Ministeri non hanno ritenuto di far conoscere alla Regione il testo del parere dell'AIFA; ne' hanno ritenuto di chiedere un approfondimento tecnico economico. Infine, a sostegno della arbitrarieta' ed illogicita' con cui i Ministeri hanno valutato in circa € 680 milioni il rischio di sforamento 2009, sussistono i risultati economici consuntivi delle aziende sanitarie regionali nel I semestre 2009, in base ai quali il risultato economico della sanita' regionale e' in linea con quanto programmato nel Piano di rientro (anzi, migliore di € 7 milioni). Pertanto, il presunto sforamento di € 680 milioni dovrebbe prodursi interamente nel periodo 1° luglio 2009-31 dicembre 2009: cosa che non appare ne' logica, ne' sostenibile. Nonostante le obiezioni sollevate dai rappresentanti della Regione (obiezioni, peraltro, formulate senza avere il quadro dettagliato dei criteri seguiti dai rappresentanti statali, come gia' evidenziato), solo 4 giorni dopo il Consiglio dei ministri adottava l'atto qui impugnato, emanato il 28 luglio 2009 (doc. 18). Tale delibera risulta illegittima e lesiva delle prerogative costituzionali della Regione Campania sia sotto il profilo del contenuto sia sotto quello della procedura, per le seguenti ragioni di D i r i t t o I) Premessa. Oggetto e contenuto della delibera di commissariamento. La delibera ripercorre tutte le fasi gia' illustrate nel Fatto; calcola il «disavanzo cumulato per gli esercizi 2007, 2008 e 2009» in 917 milioni di euro; valuta che la Regione dovrebbe fronteggiare tale disavanzo innalzando le aliquote IRPEF e IRAP oltre i livelli massimi, ai sensi dell'art. 1, comma 796, lettera b), legge n. 296/2006, «con gravi ripercussioni sulla competitivita' e reale tenuta del sistema produttivo e sulla sostenibilita' sociale regionali»; che, non operando sulla leva fiscale, «si determinerebbe uno stock di debito persistente... con ripresa della crisi di liquidita' e del sistema dei pagamenti»; che «il comportamento di spesa della Regione Campania... potrebbe indurre anche altre regioni a produrre disavanzi, nell'aspettativa di un intervento statale diretto al ripiano generalizzato dei disavanzi, con cio' determinando un gravissimo deterioramento della condizione economico-finanziaria... del Paese»; che l'«accertato assorbimento di risorse per prestazioni inappropriate in taluni ambiti assistenziali costituisce grave ostacolo allo sviluppo dell'organico sistema dei servizi socio sanitari territoriali, impedendo cosi' la fruizione, da parte dei cittadini campani, dell'intero spettro di prestazioni sanitarie e socio sanitarie previste dalle vigenti disposizioni in materia di livelli essenziali di assistenza»; ritiene dunque che il disavanzo regionale concreti il presupposto di cui all'art. 4, d.-l. n. 159/2007, «dovendosi pertanto garantire la tutela dell'unita' economia del paese e dei livelli essenziali di assistenza», e nomina «il Presidente pro tempore della Regione Campania quale Commissario ad acta per l'attuazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della medesima Regione». La delibera indica gli interventi che dovranno essere realizzati dal Commissario «in via prioritaria», «tenendo conto delle specifiche prescrizioni ed osservazioni gia' comunicate dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dal Ministero dell'economia e delle finanze, in occasione della preventiva approvazione dei provvedimenti regionali attuativi degli obiettivi previsti dal Piano di rientro ovvero in occasione delle riunioni di verifica». Dalla delibera risulta chiaramente che le funzioni del Commissario assorbono integralmente le funzioni della Regione in materia sanitaria. Il Commissario e' incaricato di adottare tutti gli atti, di qualsiasi tipo, necessari a riorganizzare il servizio sanitario in Campania e ad attuare il Piano di rientro. Si tratta di atti rientranti nella competenza sia della Giunta regionale che del Consiglio, come risultava gia' dal punto 1.D del Piano («per altri invece la titolarita' e' del Consiglio regionale, trattandosi di atti legislativi e/o regolamentari»). Dunque, la delibera del 28 luglio 2009 da' al Commissario poteri amministrativi, regolamentari e legislativi (o, comunque, poteri di adottare atti in deroga ad atti legislativi), con integrale svuotamento dell'autonomia regionale e violazione degli artt. 117, terzo e sesto comma, 118 e 119 Cost., che attribuiscono autonomia legislativa, regolamentare, amministrativa e finanziaria alla Regione Campania nella materia della tutela della salute. Ad esempio, la delibera affida al Commissario il «riassetto della rete ospedaliera e territoriale» e la «conseguente modifica del vigente piano ospedaliero regionale in coerenza con il Piano di rientro», ma il piano ospedaliero e' stato approvato dalla 1.r. n. 16/2008 (v. l'art. 6 e l'allegato A); da' al Commissario la competenza sulle procedure di accreditamento degli erogatori privati, procedure che sono state delegate alle ASL dall'art. 8, 1.r. n. 16/2008; da' al Commissario il potere di «reperire nel bilancio regionale risorse a copertura del disavanzo dell'anno 2008», bilancio gia' approvato con legge; da' al Commissario il potere di contenere la spesa per il personale (blocco del turn-over), che implica quello di derogare alle norme regolanti le assunzioni del personale presso le ASL; da' al Commissario il potere di introdurre «misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie in misura proporzionata al disavanzo residuo stimato per l'anno 2009», che implica un potere legislativo; da' al Commissario il potere di sospendere i - peraltro inesistenti, e del resto mai contestati in alcun tavolo di verifica - provvedimenti regionali (senza esclusione di quelli legislativi) contrastanti con il Piano. Ancora, il commissario dovrebbe provvedere alla «implementazione dei corretti procedimenti contabili e gestionali, sia a livello aziendale che regionale», alla «definizione dei contratti con gli erogatori privati accreditati» (il che peraltro la Regione ha gia' fatto, da cui il contenzioso di cui si e' detto sopra), alla «razionalizzazione della spesa farmaceutica», alla «verifica ed eventuale "sic" ridefinizione dei protocolli di intesa con le Universita' pubbliche», alla «definizione e programmazione degli investimenti per interventi edilizi e/o tecnologici presso strutture preesistenti o da realizzare» ed in pratica alla gestione dell'intera politica regionale in materia sanitaria. E' dunque evidente il pregiudizio che la delibera impugnata reca all'autonomia costituzionale della Regione Campania. Ed e' inutile sottolineare che tale pregiudizio non viene certo meno per il fatto che la nomina e' caduta sullo stesso Presidente della Regione, dal momento che egli si troverebbe ad operare quale organo statale, soggetto a poteri ministeriali, con potenziale affiancamento di subcommissari ugualmente di nomina ministeriale, mentre la Regione come ente verrebbe totalmente spogliata delle proprie competenze. II) Violazione delle competenze e delle garanzie costituzionali della Regione Campania. 1) Violazione degli artt. 117, 118, 119 e 120, secondo comma 2, Cost. per difetto dei presupposti del potere sostitutivo «straordinario». La delibera impugnata viola la posizione costituzionale della Regione in primo luogo in quanto essa e' stata adottata in difetto dei presupposti per l'esercizio del potere sostitutivo di cui all'art. 120, secondo comma, Cost. Tali presupposti sono assenti per tre ordini di ragioni: A) In primo luogo, e' arbitraria ed infondata la stima del disavanzo compiuta dagli organi statali e sulla quale si e' basato la delibera 28 luglio 2009. Cio' risulta dalle analitiche considerazioni svolte nel Fatto, soprattutto in relazione al verbale del 20 luglio 2009, che ha costituito la premessa immediata dell'atto sostitutivo (v. sopra, in particolare punti 3b e 3c). Tavolo e Comitato hanno costantemente utilizzato criteri incerti ed arbitrari per valutare il disavanzo, come risulta anche dalle continue rettifiche delle stime compiute nelle diverse riunioni. Particolarmente eclatante e' l'arbitrarieta' e la genericita' della stima della manovra necessaria per il 2009 (v. p. 8 s. verbale 20 luglio 2009). Oltre alle valutazioni erronee ed arbitrarie compiute dal Tavolo e dal Comitato, che hanno «gonfiato» i disavanzi relativi al 2008 e al 2009, e' poi da rimarcare che nessun disavanzo esisterebbe se lo Stato avesse adempiuto i propri debiti, erogando alla Regione le somme che ad essa spettano in relazione alla sanita': su cio' si rinvia al Fatto, ove si e' ricordato - citando il doc. 5-bis - che in relazione alla sanita' la Regione Campania deve ancora ricevere dallo Stato 2319 milioni di euro, di cui 737 milioni a titolo di addizionali regionali IRPEF e IRAP incassate dallo Stato per gli anni 2006, 2007 e 2008 e non ancora versate alla Regione Campania. Se il disavanzo assunto dalla delibera 28 luglio 2009 come presupposto di fatto dell'esercizio del potere sostitutivo e' insussistente o, comunque, ben lungi dall'essere provato come esistente, ne deriva inevitabilmente che la delibera stessa e' illegittima e lesiva delle prerogative costituzionali della Regione Campania indicate sopra, in questo stesso punto 1); B) Peraltro, la delibera 28 luglio 2009, qui impugnata, sarebbe lesiva delle prerogative costituzionali della Regione Campania anche qualora, in denegata ipotesi, codesta Corte dovesse ritenere giustificate le stime compiute dal Tavolo e dal Comitato, e non rilevanti le pur certe situazioni debitorie dello Stato verso la Regione. Infatti, dall'art. 4, d.l. n. 159/2007 risulta chiaramente che il presupposto del commissariamento non e' solo il disavanzo ma un disavanzo tale «da mettere in pericolo la tutela dell'unita' economica e dei livelli essenziali delle prestazioni». L'art. 4, d.l. n. 159/2007 intende richiamarsi all'art. 120, secondo comma, Cost. e lo stesso atto impugnato si apre citando tale disposizione. Ora, si e' evidenziato nel Fatto che mai nessun verbale delle riunioni del Tavolo e del Comitato e neppure l'atto di diffida dell'11 novembre 2008 hanno non solo dimostrato, ma neppure prospettato che i presunti disavanzi implicassero un pericolo per la tutela dell'unita' economica e dei livelli essenziali delle prestazioni. In particolare, non vi e' la minima traccia di una contestazione sui livelli essenziali delle prestazioni, che pure erano considerati un profilo fondamentale sia nell'art. 4, d.l. n. 159/2007 sia nell'Accordo sul Piano di rientro, tanto e' vero che uno degli organismi deputati alla vigilanza sul Piano e' il Comitato per la verifica dell'erogazione dei LEA. Ed il Piano di rientro - parte integrante dell'Accordo con lo Stato - addirittura dava atto che la Regione «e' adempiente» con riferimento all'erogazione dei LEA (punto 1.C)! La delibera impugnata riferisce che la nota dell'11 novembre 2008 diffidava la Regione «ad adottare... tutti gli atti... idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti dal Piano», attribuendo cosi' ex post alla diffida un contenuto piu' coerente con l'art. 4, d.l. n. 159/2007. Ma in realta', la diffida non si occupava affatto del tema dei LEA ma solo del problema del disavanzo: la Regione e' stata diffidata ad adottare tutti gli atti che «risultino produttivi di effetti finanziari nel 2008 e idonei alla correzione strutturale della spesa per gli anni successivi». Al momento di redigere la delibera di commissariamento, evidentemente da parte statale ci si e' accorti della «necessita» di inserire qualche argomentazione relativa all'unita' economica ed ai LEA, ma i passi introdotti risultano artificiosi, insufficienti ed incongrui. Infatti, nella delibera si afferma che l'«accertato assorbimento di risorse per prestazioni inappropriate in taluni ambiti assistenziali costituisce grave ostacolo allo sviluppo dell'organico sistema dei servizi socio sanitari territoriali, impedendo cosi' la fruizione, da parte dei cittadini campani, dell'intero spettro di prestazioni sanitarie e socio sanitarie previste dalle vigenti disposizioni in materia di livelli essenziali di assistenza». Tale motivazione risulta del tutto insufficiente perche' non si indicano quali siano le «prestazioni inappropriate» ne' da quale documentazione esse risulterebbero; ed ugualmente e' del tutto generico ed arbitrario il richiamo a presunte prestazioni non disponibili, che peraltro neppure esse vengono indicate. Essa risulta anche incongrua perche' la causa della mancata fruizione di alcune prestazioni essenziali sarebbe 1'«assorbimento di risorse per prestazioni inappropriate» e non il disavanzo! Dunque, per mesi gli organi statali hanno invitato la Regione a «mettere ordine» nei conti e poi, nella delibera di commissariamento, emerge che l'unico ostacolo alla fruizione dei LEA e' un imprecisato «assorbimento di risorse per prestazioni inappropriate». Pare chiaro che ben altri dovrebbero essere i presupposti della sostituzione «straordinaria» di cui all'art. 120 e ben piu' stringenti dovrebbero essere le motivazioni volte a dimostrare il pericolo per i livelli essenziali delle prestazioni. Oltre a questo oscuro argomento, la delibera dichiara che il disavanzo regionale concreta il presupposto di cui all'art. 4, d.-l. n. 159/2007, «dovendosi pertanto garantire la tutela dell'unita' economia del paese e dei livelli essenziali di assistenza». Come si vede, non esiste nel provvedimento qui contestato alcun argomento non solo per dimostrare il pericolo per i LEA ma neppure per dimostrare che il presunto disavanzo rappresenta un pericolo, per l'unita' economica del paese. Si accampa nell'atto un timore per un possibile effetto emulativo da parte di altre Regioni, dato che - a fronte dei disavanzi delle regioni non virtuose - lo Stato, come noto, ha concesso loro finanziamenti aggiuntivi. Sennonche' - a parte la stranezza di portare un comportamento dello Stato a sostegno della necessita' di commissariamento della Regione Campania - e' evidente che il timore di un effetto emulativo potra' essere una ragione per agire in caso di accertata presenza dei presupposti, ma mai potra' essere argomento che dimostri tale esistenza. In definitiva, il pregiudizio per l'unita' economica non viene affatto argomentato e l'unico elemento implicitamente riferibile ad essa consiste nel timore che lo stesso Stato dia finanziamenti aggiuntivi anche ad altre Regioni non «virtuose». Pare dunque chiaro che rimane del tutto indimostrata l'esistenza dei presupposti che, in base all'art. 120, secondo comma, Cost. e all'art. 4, d.l. n. 159/2007, condizionano l'esercizio del potere sostitutivo esercitato dallo Stato ai sensi dell'art. 120, secondo comma, Cost. In diverse sentenze codesta ecc.ma Corte costituzionale ha evidenziato che tale disposizione prevede un potere sostitutivo di natura straordinaria, da utilizzarsi come extrema ratio in casi eccezionali, al di la' del riparto di competenza operato dall'art. 117 Cost. Cosi', dalla sent. n. 43/2004 risulta che gli interventi governativi previsti dall'art. 120, secondo comma, hanno «carattere straordinario e "aggiuntivo" e che quella disposizione «allude a emergenze istituzionali di particolare gravita', che comportano rischi di compromissione relativi ad interessi essenziali della Repubblica». La sent. N. 236/2004 osserva che l'art. 120 Cost. e' posto «a presidio di fondamentali esigenze di eguaglianza, sicurezza, legalita' che il mancato o l'illegittimo esercizio delle competenze attribuite, nei precedenti artt. 117 e 118, agli enti sub-statali, potrebbe lasciare insoddisfatte o pregiudicare gravemente». C) Infine, e' da sottolineare che la Regione si era impegnata ad attuare «misure di riequilibrio della gestione corrente necessarie all'azzeramento del disavanzo entro il 2010» (v. l'art. 1 dell'Accordo). Il termine del 2010 per l'azzeramento del disavanzo risultava dall'art. 1, comma 796, lettera b), 1egge n. 296/2006 ed era ribadito dalla succitata delibera regionale n. 460/2007. Il Governo, invece, ha avviato la procedura sostitutiva (ritenendo esistenti i presupposti) addirittura 1'11 novembre 2008, con la diffida, cioe' piu' di due anni prima della scadenza del termine, e l'ha conclusa piu' di 17 mesi prima della scadenza del termine. Si noti che la delibera di commissariamento non ricorda il termine del 2010, pure concordato con lo Stato, e non asserisce affatto che non vi sia prospettiva che esso possa essere rispettato. Sia consentito di rinviare all'esposizione in Fatto, ed all'indicazione ivi contenuta di tutte le misure assunte dalla Regione, per affermare che, al contrario, tale termine sarebbe stato in ogni modo sicuramente rispettato. Di qui un'ulteriore ragione di illegittimita' dell'atto impugnato, con conseguente lesione delle prerogative costituzionali regionali. 2) Violazione degli artt. 117, 118, 119 e 120, secondo comma, Cost. in relazione ai poteri attribuiti al Commissario. Come visto in Premessa alla parte in diritto, l'atto impugnato ha attribuito al Commissario poteri molto ampi e generici, tali da assorbire interamente le funzioni regionali in materia sanitaria. Essi sono illegittimi in primo luogo in quanto fra tali poteri sono compresi anche atti legislativi (v. sempre in Premessa). Cio' rappresenta una violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost., in quanto, secondo la tesi prevalente, il potere sostitutivo previsto da tale disposizione non comprende atti di tipo legislativo. Infatti, la Costituzione contiene gia' un'ipotesi di sostituzione riferita all'ambito legislativo e al caso di inadempimento di accordi internazionali e di atti dell'Unione europea (art. 117, quinto comma 5, Cost.), per cui l'art. 120, secondo comma, che pure menziona analoga fattispecie, va riferito all'ambito non legislativo, per evitare un'incongrua ripetizione di norme. Inoltre, il fatto che l'organo statale titolare del potere sostitutivo sia il Governo induce a non allargare il potere stesso alla legislazione, a meno di voler introdurre un nuovo tipo di fonte primaria in assenza di una chiara previsione costituzionale, e dunque in violazione del principio del numerus clausus delle fonti primarie. Ne' tale tesi risulta smentita dall'art. 8, legge n. 131/2003, che parla di provvedimenti «anche normativi», dato che tale inciso si puo' agevolmente riferire alle fonti secondarie: sembra anzi evidente che - date le riserve di costituzionalita' ora esposte - ove la norma avesse voluto includere gli atti legislativi lo avrebbe indicato espressamente. In secondo luogo, i poteri assegnati al commissario risultano illegittimi anche perche', nonostante la suddivisione in molti punti, essi non si riferiscono affatto - come prevedono le norme - a specifici atti previsti dal Piano di rientro ma attribuisce poteri molto ampi e generici, individuati solo in funzione di uno scopo generale. In realta', dunque, non si tratta della nomina di un vero e proprio Commissario ad acta, cioe' incaricato del compimento di specifici atti (quelli previsti dal Piano di rientro e non adottati dalla Regione): cio' rappresenta una violazione dell'art. 120 Cost., dell'art. 8, legge n. 131/2003 e dell'art. 4, secondo comma, d.l. n. 159/2007, che presuppongono una sostituzione relativa a specifici atti non compiuti dalla Regione o insufficienti. Specificamente, l'art. 8 della 1egge n. 131 del 2003 parla, come sopra accennato di provvedimenti «dovuti o necessari», con cio' chiaramente intendendo che si tratti di misure determinate. Invece, come esposto sopra, i compiti del commissario si sintetizzano nella generica sostituzione di esso alla Regione nella politica sanitaria. Alcuni «compiti» assegnati al commissario sono addirittura paradossali, e smentiscono le fondamenta stessa delle ragioni del commissariamento: come il gia' citato compito di stimare il rischio derivante dal contenzioso: se si pensa che proprio una abnorme stima di questo rischio ha determinato il commissariamento! Altri compiti sono anch'essi decisamente incongrui e controproducenti, ed in contrasto con le ragioni del commissariamento. Cosi' il commissario dovrebbe, tra l'altro, provvedere alla «introduzione di misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie in misura proporzionata al disavanzo residuo stimato per l'anno 2009». Ma il commissariamento era motivato anche dal fine (espressamente ripreso al numero 4 dell'elenco dei compiti) di evitare l'incremento delle aliquote fiscali regionali, evidentemente al fine di non gravare eccessivamente sulla popolazione. Non si comprende allora quale possa essere la logica di introdurre o aggravare i ticket per i soggetti piu' deboli, quali mediamente sono quelli che hanno bisogno delle prestazioni sanitarie. In definitiva, i compiti assegnati al commissario sono anch'essi illegittimi, sia in quanto si sovrappongono alla potesta' legislativa regionale, sia in quanto sono concepiti non come provvedimenti definiti attuativi del Piano di rientro, ma come generici compiti di politica sanitaria, sia in quanto affetti da altri e specifici vizi. Di qui un'ulteriore lesione delle prerogative costituzionali della Regione nella materia della sanita'. 3) Violazione dell'art. 120 Cost. e del principio di leale collaborazione. Si e' illustrato nella parte in Fatto che le operazioni del Tavolo e del Comitato sono state caratterizzate da unilateralita' e mancanza di vera trasparenza e leale contraddittorio con i rappresentanti regionali. Cio' emerge in diverse occasioni, ma emerge con maggiore evidenza con riferimento al verbale del 20 luglio 2009. In particolare, in relazione alla prima posta contestata del 2008 (sopravvenienze attive per 48 milioni di euro), il dettaglio del calcolo del Ministero doveva essere esposto «al paragrafo D della sezione seconda» (v. pag. 5 del verbale, ultimo capoverso), ma nel verbale non sussiste ne' una sezione II, ne' un paragrafo D. In relazione alla seconda posta contestata per il 2008 (27 milioni per rischio generico), sia la Regione che l'advisor KPMG avevano rimarcato che il campione di 6 ASL comprendeva le aziende sanitarie piu' a rischio di produrre costi non interamente contabilizzati, ma di questa importante affermazione, fatta dalla Regione e confermata dall'advisor KPMG nel corso della riunione, non v'e' traccia nel verbale definitivo. Anche in relazione alla terza posta negativa (€ 110 milioni per rischio specifico) si fa riferimento ad una valutazione analitica che sarebbe esposta nell'inesistente «paragrafo D della sezione seconda». Quanto poi alla manovra per il 2009, le affermazioni compiute dai rappresentanti statali sono del tutto generiche e non vengono chiarite dai Ministeri durante la riunione; l'analisi dettagliata compiuta dai rappresentanti statali non e' stata allegata al verbale del 20 luglio 2009, pur essendo gia' stata sviluppata prima della riunione, come e' dimostrato dall'avere riportato la cifra di sintesi di € 880.779.000: cio' mostra la mancanza di un reale (e leale) confronto in sede tecnica. Non a caso, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni ha elaborato una proposta di riforma del Tavolo di Verifica nella riunione del 5 agosto 2009 (v. doc. 19), per superare 1'«attuale criticita' della fase istruttoria che presenta una forte disparita' organizzativa tra risorse ministeriali e risorse regionali», e raggiungere l'obiettivo che «tutti gli elementi istruttori... vengano messi a disposizione in tempo utile delle Regioni che dovranno provvedere tecnicamente all'esame». Una seconda palese violazione del principio di leale collaborazione deriva dal fatto che il Presidente della Regione e' stato invitato a partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri che doveva deliberare sul commissariamento con telegramma inviato il giorno prima (cioe' il 23 luglio 2009) alle 16,30! Come si evince dalla risposta del Presidente della Regione, dalla comunicazione statale neppure si evinceva l'ordine del giorno della seduta. Inoltre, il verbale della riunione del 20 luglio 2009, la cui valutazione poteva supporsi costituire oggetto della seduta del Consiglio dei ministri, era stato inviato al Presidente della Regione sempre il 23 luglio alle 12,30! Il Presidente della regione ha immediatamente fatto presente (doc. 20) che non era materialmente possibile per lui predisporre nelle poche ore residue i materiali e la documentazione per rappresentare nella seduta le ragioni della Regione, ma il Consiglio dei ministri del 24 luglio 2009 ha deliberato ugualmente l'atto qui impugnato. Pare chiaro che nessuna giustificazione ci puo' essere per una convocazione cosi' tardiva, dato che nessuna ragione di urgenza era sopraggiunta il 23 luglio ad impone un immediato commissariamento della Regione. Da mesi la procedura di verifica andava avanti e non si comprende perche' non si potesse concedere al Presidente della Regione un termine congruo per preparare la propria partecipazione alla riunione. Lo stesso contenuto dell'atto impugnato evidenzia l'assenza di una pressante urgenza, dato che nessun termine e' posto all'attivita' del Commissario. E' chiaro che la convocazione del Presidente regionale il giorno prima della riunione del Consiglio dei ministri impedisce una partecipazione piena ed effettiva alla riunione e rappresenta violazione del principio di leale collaborazione, con conseguente violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost., e che ugualmente costituisce violazione la mancata concessione di un breve rinvio, che avrebbe posto il Presidente della Regione nella condizione di far valere il punto di vista della Regione, e che non avrebbe pregiudicato in nulla gli interessi per la cui tutela dovrebbe agire lo Stato. Infine, un'autonoma ragione di illegittimita' della delibera 28 luglio 2009 (e conseguente lesivita' per le prerogative costituzionali della Regione) e' la difformita' di essa rispetto alla diffida: mentre questa si occupava solo della questione del disavanzo, la delibera argomenta anche con riferimento al pericolo per il LEA. Ma in un procedimento sostitutivo e' necessaria la corrispondenza tra l'atto di diffida e l'atto sostitutivo: la diffida serve ad «avvisare» la Regione prima di procedere con la sostituzione, nel rispetto dell'art. 120 Cost., che richiama il principio di leale collaborazione. Se la Regione viene diffidata a compiere determinati atti e poi la sostituzione viene motivata anche con riferimento ad atti di altro tipo, e' chiaro che viene violato il principio di leale collaborazione e viene vanificato il senso della diffida. Una conferma della fondatezza di tale censura viene dalla stessa delibera di commissariamento, che non riferisce esattamente i termini della diffida (v. sopra, Premessa in diritto) ma le attribuisce contenuto piu' ampio.