IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso in appello n. 8553/2007, proposto dall'Arch. Bruno Barbera, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Spataro, con il quale e' elettivamente domiciliato in Roma, viale America, n. 11, presso lo studio dell'avv. Francesco Lilli; Contro la Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Calogero Mariano con il quale e' elettivamente domiciliata in Roma, viale delle Milizie, n. 19, presso il sig. Aldo Casalinuovo, l'ARPACAL - Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Calabria non costituita, il dott. Domenico Lemma, non costituito, per la riforma della sentenza del T.a.r. della Calabria, sezione II di Catanzaro, del 23 novembre 2006, n. 1416; Visto il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto il controricorso ed appello incidentale della Regione Calabria; Visti gli atti tutti di causa; relatore, alla pubblica udienza del 15 aprile 2008, il consigliere Claudio Marchitiello; Uditi gli avv. Spataro e Mariano, come da verbale d'udienza; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. F a t t o e d i r i t t o 1. - La controversia concerne la deliberazione della Giunta regionale del 20 giugno 2005 con la quale la Regione Calabria ha dichiarato la decadenza dell'architetto Bruno Barbera dall'incarico di direttore generale dell'ARPACAL (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Calabria) in applicazione dell'art. 1, comma 4, della legge regionale del 3 giugno 2005, n. 12. L'Architetto Barbera appella la sentenza del 23 novembre 2006, n. 1416, con la quale la II sezione di Catanzaro del T.a.r. della Calabria ha respinto il suo ricorso per l'annullamento del predetto provvedimento. 2. - L'art. 1 della legge regionale n. 12 del 2005 («Disposizioni in materia di nomine e personale»), al comma 1 dispone: «Le nomine degli organi di vertice e dei componenti o dei rappresentanti della regione nel consigli di amministrazione o negli organi equiparati degli enti pubblici, degli enti pubblici economici, delle aziende sanitarie, ospedaliere ed assimilabili, dei consorzi, delle societa' controllate o partecipate, delle agenzie, degli ambiti territoriali ottimali, delle fondazioni e di ogni altro soggetto od organismo, comunque denominato, individuale o collegiale, di diritto pubblico o privato, appartenente o meno alla struttura amministrativa della regione ed a qualsiasi livello, nonche' dei componenti di comitati, commissioni, gruppi di lavoro ed organismi regionali ed interregionali, conferite, rinnovate o comunque rese operative, anche d'intesa o di concerto con altre autorita' o previa selezione, o comunque rese operative degli organi di indirizzo politico regionale, nonche' dal capo di gabinetto del Presidente della Giunta regionale e dai dirigenti dei dipartimenti, nei nove mesi antecedenti la data delle elezioni per il rinnovo degli organi di indirizzo politico della regione e successivamente rispetto a tale data, fino all'insediamento di questi ultimi, decadono alla data di proclamazione del Presidente della Giunta regionale ed i conseguenti rapporti di natura patrimoniale sono risolti di diritto». Il comma 4 dell'art. 1 in parola, che interessa la fattispecie in esame, a sua volta, dispone che: «Le disposizioni che precedono si applicano, in via transitoria, alle nomine conferite, rinnovate o comunque rese operative nei nove mesi antecedenti il 3 aprile 2005 o successivamente, fino all'insediamento dei nuovi organi di indirizzo politico della regione da parte delle autorita' indicate al primo comma, con conseguente risoluzione di diritto dei relativi rapporti di natura patrimoniale». L'architetto Barbera e' stato nominato dalla Regione Calabria direttore generale dell'ARPACAL, a seguito di selezione indetta per tale posizione, con la deliberazione della Giunta regionale del 22 marzo 2005, n. 333, cioe' nel periodo di tempo antecedente il 3 aprile 2007 (data delle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale). In applicazione dell'art. 1, comma 4, sopra riportato, che dispone la decadenza di tutti gli incarichi indicati dal primo comma conferiti nei nove mesi antecedenti il 3 aprile 2005, pertanto, l'Architetto Barbera e' stato dichiarato decaduto dal nuovo esecutivo regionale con la impugnata deliberazione del 20 giugno 2005, n. 595. 3. - L'appellante ha riproposto, avverso la sentenza del T.a.r., come motivo d'impugnativa articolato su piu' argomentazioni, la illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 4, della legge regionale n. 12 del 2005. La questione sollevata dall'appellante e' rilevante ai fini della decisione della presente controversia, giacche' l'atto impugnato con il ricorso originario ha dichiarato la sua decadenza dall'incarico di direttore generale dell'ARPACAL unicamente sulla base dell'art. 1, comma 4, ora citato. Tale norma, poi, e' collegata con il comma 1 dello stesso art. 1, che ne completa il contenuto dispositivo. 4. - Il Collegio ritiene rilevante la questione di costituzionalita' sollevata dall'appellante sebbene la Regione Calabria, dopo il provvedimento dichiarativo della decadenza dell'architetto Barbera (anzi, dopo circa un anno), ha adottato un nuovo provvedimento risolutivo dell'incarico da questi ricoperto. Con la deliberazione della Giunta regionale del 20 marzo 2006, n. 183, infatti, la Regione Calabria ha disposto la revoca dell'atto di nomina dell'architetto Barbera dall'incarico di direttore generale dell'ARPACAL. Il T.a.r. ha accolto i motivi aggiunti proposti dall'interessato avverso tale provvedimento con altro capo della sentenza n. 1416, appellato dalla Regione Calabria. Il Collegio, peraltro, deve esaminare per primo l'appello dell'architetto Barbera relativo al capo della pronuncia che ha respinto il suo ricorso per l'annullamento del provvedimento di decadenza. La revoca della nomina infatti e' stato adottata dalla Regione Calabria quando l'architetto Berbera era stato gia' dichiarato decaduto dall'incarico. E' quindi rilevante verificare se sia fondata la questione di costituzionalita' sollevata dall'Architetto Barbera, giacche' l'atto impugnato con il ricorso originario puo' essere rimosso solo con la cancellazione della norma transitoria di cui al combinato disposto dell'art. 1, commi 1 e 4, della legge n. 12 del 2006 che ha disposto direttamente la decadenza dagli incarichi di tutti gli organi di vertice degli enti di nomina regionale assegnati nei nove mesi antecedenti la data del 3 aprile 2005 ovvero, successivamente, fino all'insediamento dei nuovi organi di indirizzo politico della regione. La questione, rilevante per la sorte dell'impugnativa proposta dall'architetto Barbera, dalla cui definizione dipende anche l'esame degli ulteriori profili della controversia, si rivela anche non manifestamente infondata. 4.- La Corte costituzionale si e' gia' pronunciata, con la sentenza n. 233 del 16 giugno 2006, sull'art. 1 della legge regionale n. 12 del 2005, ma di tale articolo ha esaminato solo la normativa a regime (commi 1, 2 e 3). Per tale normativa, gli incarichi degli organi di vertice degli enti regionali e dei rappresentanti regionali nei consigli di amministrazione degli enti dell'ordinamento regionale, le cui nomine siano state effettuate nei nove mesi antecedenti la data delle elezioni, non possano protrarsi nella legislatura successiva e decadono dalla data di proclamazione del nuovo Presidente della Giunta regionale. Le nomine in parola, secondo la Corte, sono tutte caratterizzate dall'intuitus personae, nel senso che si fondano su valutazioni personali coerenti all'indirizzo politico regionale. Trattandosi di nomine conferite intuitu personae dagli organi di indirizzo politico, il fatto che esse cessano con l'insediamento dei nuovi organi di indirizzo politico vale a consentire la possibilita' di procedere a nuove nomine, scegliendo persone ritenute maggiormente idonee a garantire proprio il migliore andamento della nuova amministrazione, evitando che questa possa essere condizionata dalle nomine effettuate nella parte finale della legislatura precedente. La Corte ha poi affermato che la normativa di cui trattasi, in definitiva, si limita ad anticipare il termine finale di durata degli incarichi conferiti con le nomine e che la regola, operando per il futuro, fa si che chi fosse nominato nell'ultimo periodo di una legislatura non possa vantare alcun legittimo affidamento sulla durata dell'incarico. Testualmente la Consulta ha chiarito che: «Siffatta regola (come si desume dalla lettera delle norme impugnate) opera per il futuro e, quindi, dopo la sua entrata in vigore, chi fosse nominato negli ultimi nove mesi di una legislatura non potrebbe vantare alcun ragionevole affidamento sulla continuazione dell'incarico dopo la proclamazione del nuovo Presidente». La sentenza in esame, quindi, ha ritenuto compatibile lo spoil system (c.d. una tantum) attuato dalla Regione Calabria con l'art. 1 della legge n. 12 del 2006 con il vigente sistema costituzionale, in particolare con gli artt. 97 e 98 della Costituzione. Per quanto concerne invece la disciplina transitoria contenuta nel comma 4 dell'art. 1, che estende lo spoil system agli incarichi assegnati nove mesi prima della data del 3 aprile 2005 (cioe' nei nove mesi precedenti la elezione dello stesso Consiglio regionale che ha adottato la legge n. 12) e fino all'insediamento dei nuovi organi di indirizzo politico della regione, la Corte, nella stessa sentenza n. 233, ne ha dichiarato inammissibile l'esame, in quanto in ordine a tale disposizione non era stata prospettata alcuna specifica censura che ne sostenesse l'impugnativa se non un generico rinvio alla disciplina «a regime». La normativa contenuta nella legge regionale n. 12 del 2006 ha dunque superato l'esame della Corte costituzionale operato con la sentenza n. 233 del 2006 ed e' tuttora in vigore. 6. - Deve peraltro Osservarsi, con rilievi che si riflettono anche sulla valutazione della costituzionalita' della disposizione contenuta nel comma 4 dell'art. 1, che il c.d. spoil system e i principi ad esso relativi, enunciati con la sentenza n. 233 del 2006, sono stati fatti oggetto di nuova riflessione da parte della Corte costituzionale in piu' recenti sentenze. Nella sentenza del 23 marzo 2007, n. 103, infatti, la Corte ha ritenuto in contrasto con i principi di imparzialita' e di buon andamento dell'amministrazione e ha dichiarato incostituzionale l'art. 2, comma 7, della legge statale 15 luglio 2002, n. 145 («Disposizioni per il riordino della dirigenza stata e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato») nella parte in cui disponeva che gli incarichi dirigenziali di livello generale cessavano «il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge, esercitando i titolari degli stessi in tale periodo esclusivamente le attivita' di ordinaria amministrazione». In tale pronuncia, la Corte ha accentuato principi gia' enunciati in ordine alla distinzione tra attivita' di indirizzo politico ed azione amministrativa: «tra l'azione di governo - normalmente legata alle impostazioni di una parte politica, espressione delle forze di maggioranza - e l'azione dell'amministrazione che nell'attuazione dell'indirizzo politico della maggioranza, e' vincolata invece ad agire senza distinzione di parti politiche, al fine del perseguimento delle finalita' indicate dall'ordinamento». Espressione fondamentale di tali principi va individuato nella regola del concorso pubblico, finalizzato alla scelta obiettiva delle persone piu' idonee, per attitudine e preparazione, all'esercizio dell'azione amministrativa, senza collegamenti o ingerenze di carattere politico. Altra regola di fondamentale rilievo e' quella della continuita' dell'azione amministrativa, nonostante il modificarsi degli assetti politici, in quanto tale continuita' e' un canone strettamente collegato a quello di buona amministrazione. Ha rilevato la Corte che una anticipata cessazione ex lege del rapporto in corso impedisce che l'attivita' del dirigente possa espletarsi in conformita' al modello di azione disegnato dalle recenti riforme dell'amministrazione pubblica, per le quali il dirigente e' divenuto responsabile dei risultati concreti dell'azione amministrativa, in termini di efficienza, efficacia ed economicita' di questi, pur nel rispetto degli indirizzi provenienti dagli organi di direzione politica. Per il perseguimento di tali risultati l'ordinamento pone a disposizione un tempo determinato modulato in ragione della posizione dirigenziale e del contesto complessivo in cui la stessa e' inserita che una cessazione anticipata verrebbe a recidere. Una cessazione anticipata degli incarichi dirigenziali, che non ne consenta la prosecuzione fino alla scadenza stabilita, e' ammissibile solo a seguito dell'accertamento dei risultati conseguiti, e dolo dopo un giusto procedimento che consenta all'interessato di svolgere le proprie difese e che si concluda con un formale provvedimento motivato sindacabile in sede giurisdizionale. Con la sentenza del 23 marzo 2007, n. 104, la Corte ha dichiarato incostituzionale l'art. 71, commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1, e dell'art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. l, che stabilivano la decadenza automatica dei direttori generali delle aa.ss.ll. allo scadere del novantesimo giorno dall'insediamento del Consiglio regionale (pur stabilendo la disposizione tale decadenza «salvo conferma»). Gli stessi principi sono stati confermati dalla Corte costituzionale con la piu' recente sentenza del 20 maggio 2008, n. 161, la Consulta, ribadendo tali principi, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 161, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni dall'art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, nella parte in cui dispone che gli incarichi conferiti al personale non appartenente ai ruoli di cui all'art. 23 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, «conferiti prima del 17 maggio 2006, cessano ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto». La Corte ha ritenuto che norma ora riportata, nel prevedere la immediata cessazione del rapporto dirigenziale alla scadenza del sessantesimo giorno dall'entrata in vigore del decreto legge n. 262 del 2006, in mancanza di riconferma, viola, in assenza di idonee garanzie di ordine procedimentale, i principi costituzionali di buon andamento e imparzialita' e, segnatamente, il principio di continuita' dell'azione amministrativa strettamente connesso a quello del buon andamento dell'azione stessa. Anche in tale sentenza si e' posto in rilievo la necessita' che una cessazione anticipata del rapporto dirigenziale consegua unicamente all'accertamento dei risultati negativi dell'azione amministrativa posta in essere dal dirigente e solo a seguito di un procedimento (con le garanzie stabilite per l'interessato dalle norme contenute nella legge 7 agosto 1990, n. 241), che dia all'interessato la possibilita' di difendere il proprio operato, e che si concluda con un atto motivato in modo da rendere possibile anche un controllo giurisdizionale di questo e dei relativi presupposti. I principi affermati in questa recentissima sentenza si riferiscono alla disciplina del conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali nell'ambito dell'amministrazione statale ma sono suscettibili di essere applicati per tutta l'amministrazione pubblica. 7. - Il Collegio ritiene che, nei suddetti principi recentemente enunciati dalla Corte costituzionale, qui sinteticamente riferiti, trovino fondamento anche le ragioni di incostituzionalita' configurabili in ordine alla disposizione contenuta nel comma 4 dell'art. 1 della legge della Regione Calabria n. 12 del 2006, in quanto questa rappresenta, in via transitoria, un'applicazione dello spoil system disciplinato in via permanente dalle altre disposizioni dell'art. 1 (dei primi tre commi). Anche tale disposizione, pertanto, alla luce dei predetti principi, si rivela in contrasto con gli artt. 97 e 98 della Costituzione. Essa, poi, si rivela in conflitto anche con il principio dell'affidamento nella certezza dei rapporti giuridici che la stessa Corte costituzionale ha piu' volte elevato a principio di rango costituzionale e ha ribadito specificamente anche nella stessa sentenza n. 233 del 2006 allorche' ha affermato che la decadenza automatica disposta a regime dai primi commi dell'art. 1 della legge regionale n. 12 del 2006 rappresenta una regola che «opera per il futuro e quindi, dopo la sua entrata in vigore, chi fosse nominato negli ultimi nove mesi di una legislatura non potrebbe vantare alcun ragionevole affidamento sulla continuazione dell'incarico dopo la proclamazione del nuovo Presidente». Il comma 4 dell'art. 1 in discorso, che dispone la decadenza all'atto della sua entrata in vigore di tutti gli incarichi dirigenziali, in relazione ad un evento gia' verificatosi (elezioni del nuovo consiglio regionale gia' verificatosi), configura una fattispecie astratta fuori dagli schemi ordinari che disciplinano gli incarichi nella pubblica amministrazione e dello stesso spoil system ed e' certamente e' in contrasto con il principio dell'affidamento, quale delineato nella sentenza n. 233 del 2006. La violazione del principio dell'affidamento configura, pertanto, per quanto concerne la fattispecie in esame, un nuovo contrasto con l'art. 98 della Costituzione, in quanto e' espressione del «buon andamento dell'amministrazione» la certezza per un soggetto, che ricopre un incarico nell'ambito dell'amministrazione pubblica, ottenuto a seguito di un pubblico concorso (l'architetto Barbera ha partecipato ad una selezione con quaranta concorrenti), della stabilita' e del mantenimento dell'incarico legittimamente conferitegli dall'amministrazione fino alla scadenza del termine per esso prestabilito. Va anche tenuto presente, per quanto specificamente attiene alla anticipata risoluzione del rapporto di lavoro dell'architetto Barbera, che questi e' titolare di un contratto di durata quinquennale e che, a norma dell'art. 14 della legge regionale calabra del 19 marzo 2004, n. 13, «l'incarico di direttore generale puo' essere revocato prima della scadenza contrattuale ove la, Giunta regionale, in contraddittorio con l'interessato, accerti gravi violazioni dei doveri d'ufficio, ovvero inadempienze agli obblighi contrattualmente assunti o agli obiettivi assegnati. In ogni caso, il mancato raggiungimento dell'equilibrio economico determina automaticamente la decadenza dall'incarico». 8. - In conclusione, il Collegio ritiene che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione della legittimita' costituzionale del combinato disposto costituito dall'art. 1, commi 1 e 4, della legge regionale calabra del 3 giugno 2005, n. 12, e che tale questione debba quindi essere rimessa all'esame della Corte costituzionale, mentre il giudizio in corso deve essere sospeso fino alla decisione della Corte.