LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nei giudizi riuniti iscritti ai nn. 17149, 17150, 17335, 17399, 17518, 17520 e 16877 del registro di segreteria, sui ricorsi promossi dai signori Mario Lex (n. 17149) e Angelo Simeone (n. 17150), difesi dall'avv. Silvana Borelli, contro INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica), in persona del legale rappresentante pro-tempore e sul ricorso promosso dalla signora Anna Giorcelli (n. 17335), difesa dall'avv. Elisabetta Mordiglia, contro INPDAP (Isittuto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica), in persona del legale rappresentante pro-tempore; e sul ricorso promosso dalla signora Domenica Panti (n. 17399), difesa dall'avv. Paola Guglielmina, contro INPDAP (istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica), in persona del legale rappresentante pro-tempore; e sui ricorsi promossi dalle signore Giovanna Bertolone (n. 17518) e Lucia Irma Audisio (n. 17520), entrambe difese dall'avv. Amedeo Benvignati, contro INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell'Amministrazione Pubblica), in persona del legale rappresentante pro-tempore; e sul ricorso promosso dai signori Maria Teresa Menato, Marzia Minoja e Luciano Minoja, in proprio e quali eredi del defunto signor Maurizio Minoja (n. 16877), difesi dall'avv. Fabrizio Borasio, contro IPOST (Istituto Postelegrafonici), in persona del legale rappresentante pro-tempore. F a t t o Tutti i ricorrenti, a vario titolo, sono intestatari di due pensioni liquidate entro il 31 dicembre 1994 e chiedono che sia loro corrisposta l'indennita' integrativa speciale (di seguito: «i.i.s.» a valere su entrambe le pensioni in godimento. Le amministrazioni resistenti, pero', sostengono che le domande dei ricorrenti non possono essere accolte in relazione al «divieto di cumulo» di plurime i.i.s. su piu' pensioni, tuttora parzialmente previsto dall'art. 99, secondo comma, del Testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R 29 dicembre 1973, n. 1092. Pendenti i giudizi in epigrafe, alcune sezioni di questa Corte avevano sollevato questioni di legittimita' costituzionale del citato art. 99; conseguentemente questa sezione, in diversa composizione monocratica, aveva prudentemente disposto la sospensione di tutti i giudizi stessi. I giudizi di costituzionalita' in discorso, com'e' noto, si sono conclusi con l'ordinanza della Corte costituzionale n. 119/2008, recante la restituzione degli atti ai giudici remittenti per valutazione dello ius superveniens (costituito, segnatamente, dalla legge finanziaria 2007); essendo cosi' venuta a cessare la causa di sospensione, tutti i ricorrenti hanno tempestivamente riassunto i giudizi. Sia i ricorrenti sia le amministrazioni, in prossimita' della nuova udienza di discussione, hanno depositato memorie integrative volte ad evidenziare gli effetti della citata ordinanza n. 119/2008 della Consulta sulla questione in giudizio. All'udienza pubblica del 12 marzo 2009, non presenti le amministrazioni resistenti, i ricorrenti hanno chiesto ai sensi dell'art. 429, secondo comma, c.p.c. un breve termine per poter acquisire ed esaminare la sentenza delle sezioni riunite n. 1/QM/2009, depositata il 26 febbraio 2009, e svolgere le conseguenti deduzioni in merito. In accoglimento della richiesta, il giudice - previa riunione dei giudizi iscritti ai nn. 16877, 17149, 17150, 17335, 17518, e 17520 - ha rinviato la discussione all'udienza del 22 aprile 2009. In vista di quest'ultima udienza, alcuni ricorrenti hanno fatto pervenire memorie integrative. All'udienza del 22 aprile 2009, riunito agli altri anche il giudizio iscritto al n. 17399, sono intervenuti: l'avv. Silvana Borelli per i signori Lex e Simeone; l'avv. Paola Guglielmina per la signora Panti; l'avv. Francesca Talenti, su delega dell'Avv,. Elisabetta Mordiglia, per la signora Giorcelli; l'avv Fabrizio Borasio per i signori Menato e Minoja; l'avv. Luciana Dagna, su delega dell'avv. Amedeo Benvignati, per le signore Bertolone e Audisio. Non sono invece comparse le amministrazioni resistenti. Tutti i legali dei ricorrenti, concordemente, dopo aver rilevato che con ordinanza n. 49/2009 la sezione Toscana ha nuovamente sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 99, secondo comma, in parola, hanno chiesto al giudice di sospendere il giudizio in attesa del pronunciamento della Corte costituzionale sulla questione. In esito all'udienza, il giudice ha ritenuto di dover a sua volta sollevare questione di legittimita' costituzionale del citato art. 99, secondo comma. D i r i t t o 1. - Nel rito, tutti i giudizi in epigrafe sono riuniti a norma degli art. 274 c.p.c. e 151 disp. att. c.p.c., per palese identita' della questione di diritto da risolvere. 2. - Nel merito, la presente controversia si incentra sull'attuale sussistenza o meno, nell'ordinamento pensionistico pubblico, di un (parziale) divieto di cumulo tra piu' indennita' integrative speciali (di seguito: «i.i.s.») nei confronti del pensionato che goda di plurimi trattamenti pensionistici; cio' con particolare riguardo alla corretta interpretazione da dare all'art. 99, secondo comma, del «Testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato», approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, alla luce della copiosa giurisprudenza della Corte costituzionale e delle sezioni riunite di questa i Corte dei conti. 3. - Gia' con ordinanza n. 36 del 15 giugno 2006 - le cui motivazioni, per brevita', devono intendersi qui integralmente richiamate - questo giudice aveva ripercorso le principali tappe del tortuoso e travagliato percorso giurisprudenziale sviluppatosi in materia. In particolare, aveva preliminarmente fatto richiamo (riportandone per esteso i piu' significativi passaggi motivazionali) delle seguenti imprescindibili pronunce: 1) Corte costituzionale, sentenza 13-22 dicembre 1989, n. 566, recante la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del citato Testo unico n. 1092 del 1973 (concernente il divieto di cumulo dell'i.i.s. su pensione e retribuzione); 2) Corte costituzionale, sentenze 8-22 aprile 1991, n. 172, recante la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 17 della legge 21 dicembre 1978, n. 843, nella parte in cui non prevede che anche nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennita' integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti; 3) Corte costituzionale, ordinanza 19 marzo-2 aprile 1992, n. 159, con cui e' stata dichiarata la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale del citato art. 17 legge n. 843 del 1978, sollevata dalla Corte dei conti in relazione alla mancata previsione «che anche nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennita' integrative speciali, debba farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti», motivando nel senso che la questione era gia' stata risolta con la richiamata sentenza n. 172 del 1991; 4) Corte costituzionale, sentenza 15-29 aprile 1992, n. 204, recante declaratoria di legittimita' costituzionale del citato art. 17, primo comma, legge n. 843 del 1978, nonche' dell'art. 15 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663 (convertito, con modificazioni, nella legge 29 febbraio 1980, n. 33), nella parte in cui non determinano la misura della retribuzione oltre la quale diventano operanti l'esclusione e il congelamento dell'indennita' integrativa speciale; 5) Corte costituzionale, sentenza 18-27 maggio 1992, n. 232, recante declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 97, primo comma, del citato Testo unico n. 1092 del 1973, nella parte in cui non determina la misura della retribuzione oltre la quale non compete la tredicesima mensilita'; 6) Corte costituzionale, sentenza 23 giugno-9 luglio 1993, n. 307, recante declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 16 della legge 20 ottobre 1982, n. 773 (Riforma della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei geometri), nella parte in cui non prevede che anche nei confronti del titolare di due pensioni, di cui una a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei geometri, pur restando vietato il cumulo delle indennita' integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti; 7) Corte costituzionale sentenza 29-31 dicembre 1993, n. 494, recante declaratoria di illegittimita' costituzionale del citato art. 99, secondo comma, Testo unico n. 1092 del 1973, nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennita' integrative speciali, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti; 8) Corte dei conti, Sezioni riunite, sentenza 13 luglio 1994, n. 100, con cui si e' affermata la seguente massima: «Fino all'intervento (futuro) del legislatore, espressamente previsto dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 566 del 1989 e n. 204 del 1992, relative alle declaratorie di illegittimita' costituzionale, rispettivamente dell'art. 99, comma quinto, d.P.R. n. 1092 del 1973 - il quale aveva riguardo alla sospensione nei confronti dei pensionati che prestavano opera retribuita presso lo Stato, le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici - e degli artt. 17, primo comma della legge n. 843 del 1978 e 15 del d.l. n. 663 del 1979, convertito nella legge n. 33/1980, nella parte in cui detti articoli non determinino la misura della retribuzione oltre la quale diventano operanti l'esclusione e il congelamento dell'i.i.s., trova applicazione in via analogica, ai sensi dell'art. 12, comma secondo, delle preleggi, nei confronti di pensionati che svolgono attivita' retribuita alle dipendenze dello Stato, di enti pubblici e di terzi, vietare, oltre alla duplicazione della indennita' integrativa speciale propriamente detta, il cumulo di questa con altre indennita' della stessa natura, pur se diversamente denominata (art. 2, comma sesto, legge 27 maggio 1959 n. 324)»; 9) Corte costituzionale, sentenza 26 ottobre-7 novembre 1994, n. 376, recante declaratoria di illegittimita' costituzionale anche dell'art. 4 della legge della Regione Sicilia 24 luglio 1978, n. 17 (Nuove norme per l'adeguamento delle retribuzioni al costo della vita e per le prestazioni di lavoro straordinario dei dipendenti dell'amministrazione regionale) nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di piu' pensioni o assegni vitalizi, ferma restando la spettanza ad un solo titolo dell'indennita' di contingenza e di ogni altra maggiorazione dipendente dall'adeguamento al costo della vita, debba comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, nonche' nella parte in cui, riguardo al pensionato che presta attivita' retribuita, non determina la misura della retribuzione complessiva oltre la quale diventi operante il divieto di cumulo dell'indennita' di contingenza relativa al trattamento pensionistico con le indennita' dirette all'adeguamento al costo della vita del trattamento di attivita'; 10) Corte dei conti, sezioni riunite, sentenza 11 agosto 1997, n. 39-40/QM, con cui e' stata affermata la seguente massima: «Successivamente alla pubblicazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 566/1989 e n. 402/1992, deve ritenersi ancora vigente, nell'ordinamento giuridico, il divieto di cumulo di due indennita' integrative speciali nei confronti di soggetti che percepiscano trattamenti pensionistici (o assimilati) - le cui controversie relative ricadano nell'ambito della giurisdizione della Corte dei conti - e che, contemporaneamente, prestino opera retribuita presso terzi (sia pubblici che privati). Peraltro, nelle ipotesi di specie, qualora, per effetto della sospensione dell'indennita' integrativa speciale sulla pensione - in contemporaneo godimento di indennita' integrativa speciale sulla retribuzione - l'ammontare della pensione risulti inferiore al cosi' detto «trattamento minimo della pensione INPS, tale pensione deve essere integrata al minimo stesso»; 11) Corte costituzionale, ordinanza 14-23 dicembre 1998, n. 438, con cui e' stata dichiarata la manifesta inammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1, quarto comma, e 2, sesto e settimo comma, della legge 27 maggio 1959, n. 324, in quanto le questioni stesse riguardavano norme non piu' esistenti o comunque irrilevanti; 12) Corte dei conti, sezioni riunite sentenza 3 gennaio 2000, n. 1/QM, con cui e' stata affermata la seguente massima: «A seguito della pronuncia di parziale incostituzionalita' dell'art. 99, comma quinto del d.P.R. n. 1092/1973, che ha censurato la generalizzata riduzione del complessivo trattamento pensionistico, se motivata unicamente dallo svolgimento di una nuova attivita' lavorativa piuttosto che dalla percezione di una determinata retribuzione, il pensionato che presti opera retribuita presso terzi e che per tale prestazione percepisca, in aggiunta alla retribuzione, anche l'indennita' integrativa speciale o altra indennita' avente analoga funzione ha diritto a percepire, in aggiunta alla indennita' integrativa sulla retribuzione, anche quella relativa alla pensione, solo se la retribuzione percepita, al lordo dell'IRPEF e al netto della indennita' integrativa speciale, non superi il limite corrispondente all'importo reddituale massimo annualmente stabilito per la sussistenza della condizione economica di "nullatenenza" dei congiunti ai fini della riversibilita' delle pensioni ordinarie. Qualora la retribuzione come sopra calcolata superi il limite indicato, l'indennita' integrativa speciale sulla pensione dovra' essere sospesa in applicazione del c.d. divieto di cumulo della doppia indennita' di cui al sopraccitato art. 99, comma quinto del d.P.R. n. 1092/1973, norma gia' dichiarata parzialmente incostituzionale per l'omessa previsione di una soglia retributiva, e che, per la parte residua, non e' stata colpita da censura di incostituzionalita' ed opera tuttora nell'ordinamento, con il correttivo della applicazione della soglia retributiva come sopra individuata»; 13) Corte costituzionale, sentenza 15- 21 novembre 2000, n. 516, recante declaratoria di illegittimita' costituzionale della tabella O, lettera b), terzo comma, della legge della Regione Siciliana 29 ottobre 1985, n. 41 (Nuove norme per Il personale dell'amministrazione regionale), nella parte in cui non determina la misura del trattamento complessivo oltre il quale diventi operante, per i titolari di pensioni ed assegni vitalizi, il divieto di cumulo della indennita' di contingenza ed indennita' similari; 14) Corte costituzionale, ordinanza 15-21 novembre 2000, n. 517, con cui e' stata dichiarata la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2, settimo comma, della legge 27 maggio 1959, n. 324, e 130, ultimo comma, del citato Testo unico n. 1092 del 1973, nel presupposto che, «tra le diverse interpretazioni sulla persistenza del divieto, il giudice poteva scegliere una interpretazione diversa, da quella che lo stesso giudice dimostra di ritenere incostituzionale»; 15) Corte dei conti, sezioni riunite, sentenza 11 luglio 2003, n. 14/QM, con cui sono state affermate le seguenti massime: «1) in ipotesi di fruizione di doppio trattamento di pensione non e' consentito il cumulo della indennita' integrativa speciale; 2) il titolare di due pensioni ha diritto a percepire la indennita' integrativa speciale sulla seconda pensione soltanto nei limiti necessari per ottenere l'integrazione della pensione sino all'importo corrispondente al trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti (c.d. minimo I.N. P.S.)»; 16) Corte costituzionale, ordinanza 19-23 maggio 2003, n. 179, con cui e' stata dichiarata la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale del citato art. 99, secondo comma, Testo unico n. 1092 del 1973, per difetto di rilevanza della questione nel giudizio a quo; 17) Corte costituzionale, ordinanza 24 febbraio-8 marzo 2005, n. 89, con cui e' stata dichiarata la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale del citato art. 99, secondo comma, Testo unico n. 1092 del 1973, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dalla Corte dei conti, in quanto «i remittenti, pur non ignorando l'esistenza nella giurisprudenza contabile successiva agli ultimi interventi di questa Corte in materia di indennita' integrativa speciale (cfr. ordinanza n. 438 del 1998, sentenza n. 516 del 2000, ordinanza n. 517 del 2000) di diversi orientamenti non tutti affermativi della persistenza del divieto di cumulo delle indennita' integrative speciali in caso di titolarita' di piu' pensioni, non spiegano le ragioni per le quali ritengono di non adottare l'opzione interpretativa che siffatta persistenza esclude»; 18) Corte dei conti, sezioni riunite, sentenza 22 febbraio 2006, n. 2/QM, con cui e' stato ribadito il seguente principio di massima: «Per il titolare di due pensioni, resta fermo il divieto di cumulo delle indennita' integrative speciali di cui dall'art. 99, secondo comma, del d.P.R. n. 1092/1973, con l'integrazione operata con la sentenza manipolativa della Corte costituzionale n. 494/1993 e cioe' con salvezza comunque dell'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti». 4. - Nel descritto scenario giurisprudenziale, all'indomani della pubblicazione della citata sentenza n. 2/QM/2006 la questione di costituzionalita' del citato art 99, secondo comma, era stata nuovamente rimessa alla Corte costituzionale per asserito contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost (Sez. Abruzzo, ordinanza n. 14 del 10 marzo 2006) ovvero con gli artt. 3, 36 e 38 cost. (sez. Toscana, ordinanza n. 33 del 30 marzo 2006) o anche soltanto con l'art. 3 cost. (sez. terza appello n. 153 del 16 aprile 2006); invero, le stesse sezioni riunite della Corte dei conti «non si nascondevano» perplessita' sulla situazione venutasi a creare (ritenuta insuperabile in via interpretativa) avendo cura, peraltro, di precisare che alle sezioni riunite medesime non e' consentita la proposizione di una (evidentemente auspicata) questione di legittimita' costituzionale (sent. n. 2/QM/2006, cit.). Cio' posto, anche questa Sezione ha condiviso la necessita' di attendere un intervento dirimente, in un senso o nell'altro, da parte della Corte costituzionale. Nel diritto vivente (quale scolpito dal sovrapporsi delle riepilogate pronunce della Corte costituzionale e delle sezioni riunite dei giudici contabili) e' infatti venuta a delinearsi - almeno in apparenza - un'aporia dell'ordinamento pensionistico pubblico. La Corte costituzionale, in particolare, sembra aver risolto in maniera difforme due questioni tra loro apparentemente analoghe, come pare desumersi dal raffronto delle citate sentenze n. 434 del 1993 e n. 376 del 1994 (da un lato) con l'orientamento successivamente espresso nella sentenza n. 516 del 2000 (dall'altro lato). Le prime due sentenze, specificamente, paiono tenere distinte le fattispecie del cumulo di pensione e retribuzione (per la quale si pronuncia una declaratoria di illegittimita' con effetto «ablatorio») rispetto a quella del cumulo tra piu' pensioni (per la quale si ha invece una pronuncia con effetto «additivo» o «manipolativo», introducendo nella norma il criterio-soglia del minimo INPS per adeguare il divieto di «cumulo» ai canoni di legittimita' costituzionale); la terza sentenza, al contrario, sembra equiparare le due fattispecie (pensione piu' retribuzione versus plurime pensioni), ritenendole entrambe illegittime, senza dettare alcun criterio di adeguamento. Se l'analisi sopra delineata e' corretta, e' evidente la discrasia: la Corte costituzionale sembrerebbe, nel 2000, aver mutato orientamento in tema di cumulo di i.i.s. su plurime pensione; mentre, da un lato, per il citato art. 99, secondo comma, Testo unico n. 1092 del 1973 (riguardante gli statali in generale) il divieto di cumulo resterebbe tuttora (con il temperamento del «minimo INPS» introdotto nel 1993), dall'altro, nel caso della legge della Sicilia, la corrispondente norma - di contenuto pressoche' equivalente - sarebbe stata giudicata irrimediabilmente incompatibile con la Costituzione, senza che la Corte ritenesse di poter introdurre il criterio di adeguamento al «minimo INPS» pur adottato precedentemente proprio con riferimento agli stessi dipendenti dell'amministrazione regionale siciliana (sent. n. 376 del 1994, cit.). Cio' potrebbe spiegarsi, in ipotesi, alla luce delle radicali innovazioni legislative intervenute, anche in tema di indennita' integrativa speciale, nel considerevole intervallo di tempo intercorso tra le diverse pronunce della Consulta dinanzi citate (tra gli altri, merita segnalare l'art. 15 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e dall'art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335). Invero, se dopo le riforme della meta' degli anni novanta l'indennita' integrativa speciale ha ormai perso la propria natura «accessoria» costituendo parte integrante della pensione (entro cui e' «conglobata»), la citata sentenza n. 516 del 2000 potrebbe essere ritenuta espressiva di un nuovo orientamento della Corte costituzionale secondo cui perde di significato la precedente distinzione tra cumulo di pensione e retribuzione, da una parte, e cumulo di pensione e pensione, dall'altra parte, essendo ormai privo di pregnanza anche il riferimento al c.d. «minimo Inps», a suo tempo utilizzato nelle sentenze c.d. «manipolative» per riportare a legittimita' costituzionale le citate norme sul divieto di cumulo. D'altra parte, come accennato, non puo' ignorarsi che con la citata sentenza n. 376 del 1994 la Corte costituzionale medesima aveva pronunciato declaratoria di parziale illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Sicilia 24 luglio 1978 n. 17 (avvalendosi del riferimento al parametro correttivo del «minimo Inps») laddove successivamente, nella stessa materia ridisciplinata dalla legge della Regione Siciliana 29 ottobre 1985, n. 41 (tabella O, lettera b), terzo comma), e' stata invece pronunciata una sentenza di illegittimita' tout court. Sembra a questo Giudice che la radicale diversita' di pronunciamenti della Corte costituzionale, insistenti sulla stessa normativa siciliana, non possa essere semplicisticamente attribuita dall'interprete ad una «svista» o ad un lapsus calami, dovendosene piuttosto ricercare le ragioni in profonde rimeditazioni di ordine sistematico (dovute, per l'appunto, all'intervento delle riforme degli anni 1994 e 1995). 5. - E' accaduto ancora, tuttavia, nelle more del giudizio di legittimita' costituzionale introdotto con le citate tre ordinanze del 2006, che il legislatore, con legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), all'art. 1, comma 774, ha dettato la seguente norma di interpretazione autentica: «L'estensione della disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell'ambito del regime prevista dall'art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che per le pensioni di reversibilita' sorte a decorrere dall'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta, l'indennita' integrativa speciale gia' in godimento da parte del dante causa, parte integrante del complessivo trattamento pensionistico percepito, e' attribuita nella misura percentuale prevista per il trattamento di reversibilita'». Al successivo comma 776, per quanto qui interessa, la stessa legge finanziaria ha previsto che «e' abrogato l'art. 15, comma 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724». 5.1. - Giova rammentare che l'art. 15 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, al comma 3 disponeva che «in attesa dell'armonizzazione delle basi contributive e pensionabili previste dalle diverse gestioni obbligatorie dei settori pubblico e privato, con decorrenza dal 1° gennaio 1995, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, iscritti alle forme di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria, nonche' per le altre categorie di dipendenti iscritti alle predette forme di previdenza, la pensione spettante viene determinata sulla base degli elementi retributivi assoggettati a contribuzione, ivi compresa l'indennita' integrativa speciale [...]». Al comma 4 prevedeva poi che «la pensione di cui al comma 3, e' reversibile con riferimento alle categorie dei superstiti aventi diritto in base all'aliquota in vigore nel regime dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti». Al comma 5, infine, dettava una norma di salvaguardia secondo cui «le disposizioni relative alla corresponsione della indennita' integrativa speciale sui trattamenti di pensione previste dall'art. 2 della legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni ed integrazioni, sono applicabili limitatamente alle pensioni dirette liquidate fino a1 31 dicembre 1994 e alle pensioni di reversibilita' ad esse riferite». 5.2. - E' dunque evidente che, in base al combinato disposto delle disposizioni appena richiamate, un problema di cumulo di i.i.s. non poteva e non puo' ulteriormente porsi per tutte quelle pensioni in cui la i.i.s. e' stata effettivamente «conglobata», e segnatamente: per le pensioni dirette liquidate dopo il 31 dicembre 1994 e per le pensioni di reversibilita' ad esse riferite (legge n. 724 del 1994, art. 15, commi 3 e 4, citati); per le pensioni di reversibilita' sorte con decorrenza pari o successiva al 17 agosto 1995 (legge n. 335 del 1995, art. 1, comma 41, citato, alla luce dell'interpretazione autentica recata dal citato comma 774), ancorche' riferite a pensioni dirette ante 1995. Il problema restava aperto, invece, per le pensioni dirette liquidate entro il 31 dicembre 1994 e per le pensioni di reversibilita' ad esse riferite, se sorte entro il 16 agosto 1995 (legge n. 724 del 1994, art. 15, comma 5, citato); restava aperto perche', dopo l'abrogazione del menzionato art. 15, comma 5 (ad opera del citato comma 776), non era chiaro in giurisprudenza se per queste ultime pensioni l'i.i.s. potesse ancora considerarsi, come si suoi dire, «voce accessoria» ed autonoma rispetto alla pensione base. 5.3. - La Corte costituzionale, ritenendo evidentemente che le richiamate disposizioni della legge finanziaria 2007 potessero avere offerto nuovi spunti interpretativi anche in relazione alla problematica del cumulo di piu' i.i.s. su piu' pensioni, ha restituito gli atti alle remittenti sezioni della Corte dei conti affinche' valutassero la persistente rilevanza delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale. In particolare, nella citata ordinanza n. 119 del 14-24 aprile 2008 la Corte ha osservato «che la citata abrogazione dell'art.15, comma 5, della legge n. 724 del 1994 ha, di fatto, eliminato anche il riferimento alla perdurante applicabilita' - quanto alle pensioni dirette liquidate fino al 31 dicembre1994 e a quelle di reversibilita' ad esse riferite - delle disposizioni relative alla corresponsione dell'indennita' integrativa speciale sui trattamenti di pensione previste dall'art. 2 della legge n. 324 del 1959, e successive modificazioni» (in tema, v. anche la precedente sentenza Corte cost., n. 74 del 12-28 marzo 2008). 5.4. - Dopo la restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale, pero', la giurisprudenza della Corte dei conti e' pervenuta a soluzioni variegate. Le prime pronunce delle tre Sezioni centrali d'appello si sono attestate, con motivazioni piu' o meno diffuse, sulla persistente vigenza del citato art. 99, secondo comma, confermandosi conseguentemente la sussistenza del divieto di cumulo (per tutte cfr. sez. prima, sent. 295 del 7 luglio 2008; sez. seconda, sent. 252 del 25 luglio 2008; sez. terza, sent. 238 del 22 agosto 2008). La Sezione d'appello per la Sicilia, all'opposto, ha continuato a seguire una propria linea «regionale» di coerenza affermando, indipendentemente dallo ius superveniens del 2007, la tesi della caducazione tout court del divieto in discorso e dunque riconoscendo il cumulo di piu' i.i.s. senza limitazioni di sorta (cfr. sentenza n. 176 del 2 maggio 2008). La stessa antitesi si e' riscontrata in primo grado: a fronte di motivate pronunce di segno negativo (per tutte, merita segnalare sez. Lombardia, sent. n. 829 del 17 novembre 2008), altre hanno riconosciuto la possibilita' di cumulo integrale assumendo, tuttavia, posizioni diverse circa la data di decorrenza o di cessazione del «cumulo» stesso (tra le molte, cfr. sez. Toscana, n. 350 del 19 maggio 2008; sez. Abruzzo, n. 348 del 22 settembre 2008; sez. Puglia, n. 553 dell'8 luglio 2008; sez. Liguria, n. 606 del 22 ottobre 2008; sez. Marche, n. 489 del 15 dicembre 2008). 5.5. - A fronte della richiamata, diuturna, inaccettabile situazione di incertezza del diritto, invero disarmante (va ricordato che, a tutt'oggi, a parita' di ogni altra condizione, una parte di pensionati percepisce ogni mese due indennita', mentre l'altra parte ne percepisce soltanto una, per effetto di opposte sentenze passate in giudicato, senza che l'ordinamento giuridico si mostri in grado di assicurare un'uguaglianza sostanziale di trattamento), questo giudice aveva infine maturato la ferma convinzione che la questione della piena cumulabilita' di piu' i.i.s. su piu' pensioni potesse - e dovesse - essere risolta positivamente (v. sez. Piemonte, sent. 29 del 12 febbraio 2009). 5.5.1. - Alla predetta conclusione era - erroneamente - pervenuto avvalendosi di un'interpretazione costituzionalmente orientata con cui, nell'intenzione, potesse superarsi non solo l'evidente aporia che, diversamente ragionando, emergeva dal raffronto tra le citate diverse decisioni assunte dalla Corte costituzionale in tema di plurime i.i.s. come interpretate dalle sezioni riunite della Corte dei conti (cumulo pieno tra pensione e retribuzione; cumulo pieno tra pensione e pensione per i soli pensionati dell'amministrazione regionale sicula; cumulo parziale ma, di fatto, inesistente per gli altri pensionati), ma anche le perplessita' e le riserve espresse nella citata sentenza n. 2/QM/2006 delle sezioni riunite stesse (in particolare, laddove si tenga a mente che i pensionati che godono di almeno un trattamento successivo alle riforme del 1995 cumulano, nei fatti, due i.i.s., cioe' quella asseritamente «accessoria» e quella «conglobata», mentre cio' non sarebbe possibile per quanti godono di due pensioni liquidate ante riforme, indipendentemente dal fatto che l'indennita' dopo il 17 agosto 1995 e' ormai divenuta pacificamente reversibile secondo le aliquote ordinarie, anziche' essere attribuita per intero quale voce «accessoria» al coniuge superstite; sotto altro profilo, come gia' accennato, l'i.i.s. sarebbe integralmente cumulabile tra pensione e retribuzione, mentre non lo sarebbe piu' tra pensione e pensione, cioe' dopo il definitivo collocamento a riposo dell'interessato). Ad avviso di questo giudice, a favore di una soluzione positiva non poteva disattendersi l'ennesimo, autorevole invito della Corte costituzionale, secondo cui il citato comma 776, abrogando l'art. 15, comma 5, della citata legge n. 724 del 1994 «ha, di fatto, eliminato anche il riferimento alla perdurante applicabilita' - quanto alle pensioni dirette liquidate fino al 31 dicembre 1994 e a quelle di riversibilita' ad esse riferite - delle disposizioni relative alla corresponsione dell'indennita' integrativa speciale sui trattamenti di pensione previste dall'art. 2 della legge n. 324 del 1959, e successive modificazioni». Neppure poteva trascurarsi che, a norma del citato comma 774, «indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta», l'indennita' integrativa speciale e' da considerare come «parte integrante del complessivo trattamento pensionistico percepito» (con sicuro effetto, al piu' tardi, dal 17 agosto 1995). Tanto era parso sufficiente per affermare che, almeno dal 17 agosto 1995, l'indennita' integrativa speciale aveva in ogni caso perso la propria natura di voce «autonoma» ed «accessoria» (di «contingenza»), formando piuttosto «parte integrante del complessivo trattamento pensionistico». 5.5.2. - In aggiunta, questo giudice aveva valorizzato il venir meno dello stesso riferimento normativo alla perdurante applicabilita' delle disposizioni relative alla corresponsione della i.i.s. stessa (tra le quali va annoverato, indubbiamente, il secondo comma del nostro art. 99 che, per l'appunto, impediva la corresponsione di due i.i.s. in aggiunta a due pensioni, come pure il quinto comma dello stesso articolo). Infatti, essendo state definitivamente abrogate le norme sulla «corresponsione» della i.i.s., anche per le pensioni dirette ante 1995 e per quelle di reversibilita' ad esse riferite, non potrebbe trovare utile applicazione la norma sul divieto di cumulo che, per l'appunto, sospende o vieta la «corresponsione» della seconda i.i.s. in caso di contestuale godimento di due trattamenti. L'art. 99, secondo, comma, in parola, in quanto disposizione comunque concernente la «corresponsione» della i.i.s., sarebbe rimasta tacitamente abrogata dal citato comma 776, insieme al menzionato art. 15, comma 5. 5.5.3. - D'altra parte, come osservato nella citata sentenza n. 29 del 2009, il legislatore stesso sembrava aver chiarito che l'i.i.s. non si «aggiunge» piu', di mese in mese, alla pensione («integrandola»), ma viene ormai a costituire una delle voci «strutturali» che «compongono» la pensione stessa; in altri termini, cessato il riferimento alle peculiari modalita' di «corresponsione» della i.i.s., quest'ultima (pur restando ovviamente «attribuita» agli interessati) viene a formare un tutt'uno con la pensione «base» (anche sotto il profilo perequativo), distinguendosene solo per il nomen e per le specifiche modalita' di liquidazione (recte, di originaria attribuzione in favore dei pensionati ante 1995, dovendosi per essi prescindere dall'aliquota di pensionabilita' ai sensi del citato art. 15, comma 3, della legge n. 724 del 1994). In quest'ottica interpretativa, l'abrogazione del citato art. 15, comma 5, non avrebbe comportato alcuna necessita' di «riliquidare» tutte le pensioni ante 1995 (e relative reversibilita') conglobando l'i.i.s. nella base pensionabile; l'i.i.s. sarebbe rimasta, infatti, attribuita agli interessati nella misura gia' precedentemente liquidata, ma sarebbe stata considerata in tutto equiparata alla pensione «base». 5.5.4. - Sotto il profilo temporale, ancora, si era osservato che le due disposizioni della legge finanziaria 2007 (quella interpretativa, al comma 774; quella abrogativa, al comma 776) apparivano strettamente collegate nel perseguire un unico «disegno» sistematico. Infatti, come autorevolmente spiegato dalla stessa Corte costituzionale (sent. 74 del 2008, cit.), «la linea ispiratrice dell'intervento del legislatore (...) emerge in tutta la sua chiarezza dalla prima lettura della disposizione (...), la quale pone in rilievo (...) la decorrenza della estensione della disciplina della pensione di reversibilita' prevista dall'assicurazione generale obbligatoria a tutte le forme esclusive o sostitutive di detto regime dalla data di entrata in vigore della legge n. 335 del 1995». Quanto alla «decorrenza della evidenziata estensione di disciplina», il legislatore «ha ritenuto di intervenire (...) interpretando l'art. 1, comma 41, della legge n. 335 del 1995» ed «ha scelto, in definitiva, uno dei possibili significati della norma interpretata». Ne deriva - conclude la Corte costituzionale - che «nel contesto di siffatta operazione, non puo' reputarsi contraddittoria, e dunque irragionevole, l'abrogazione - ad opera del comma 776 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006 - del comma 5 dell'art. 15 citato, giacche' essa risulta rispondente ad una esigenza di ordine sistematico imposta proprio dalle vicende che hanno segnato la sua applicazione». Alla luce di cio', all'abrogazione disposta con il citato comma 776 non sembrava potersi attribuire efficacia ex nunc, dovendosi evidentemente ricollegare questa abrogazione (per le unitarie «esigenze di ordine sistematico» enunciate dalla Consulta) all'interpretazione autentica recata dal precedente comma 774; si tratta, infatti, di una stessa «operazione» normativa (nell'ambito della quale neppure rileva, ad avviso della Consulta, se la norma sia effettivamente interpretativa o innovativa con effetto retroattivo). Nel caso di specie, d'altra parte, ben poco senso avrebbe abrogare con effetto ex nunc una clausola transitoria di salvaguardia che, di fatto, ha ormai pressoche' completamente esaurito il proprio effetto (difficile pensare che nel 2007 ancora vi sia un rilevante numero di pensioni ante 1995 da liquidare); e' evidente, per contro, che l'abrogazione di una clausola di salvaguardia transitoria non puo' che avere valenza retroattiva in re ipsa, a maggior ragione quando si ricolleghi ad una norma di interpretazione autentica con implicazioni indubbiamente «retroattive». 5.5.5. - In definitiva, questo giudice - cercando di addivenire in punto di diritto ad una interpretazione costituzionalmente orientata e sistematicamente soddisfacente della normativa in questione, in adesione all'invito della Corte costituzionale - aveva espresso il convincimento che, per espressa interpretazione autentica del legislatore, fin dal 17 agosto 1995 (data di entrata in vigore della citata legge n. 335 del 1995) l'indennita' integrativa speciale avesse perso la propria natura «integrativa» od «accessoria» rispetto alla pensione divenendone, tal quale, componente strutturale, pienamente cumulabile. A ben vedere, con la riforma del 1995 era mutato radicalmente anche il sistema dei limiti al cumulo di piu' trattamenti pensionistici e retributivi. Con la «tabella F» allegata alla citata legge n. 335 del 1995 (art. 1, comma 41), tra gli altri interventi (costituzione del «casellario» delle pensioni, nuovi meccanismi perequativi basati su fasce di reddito, aliquote decrescenti per i trattamenti piu' elevati), il legislatore ha infatti introdotto un nuovo e fondamentale accorgimento volto a modulare tendenzialmente il trattamento pensionistico in funzione della capacita' reddituale del beneficiario; in questa prospettiva, e nel quadro generale della progressiva trasposizione nel settore pubblico delle regole previdenziali vigenti per i lavoratori privati, ben puo' ritenersi ampiamente superata la normativa sui limiti al cumulo di piu' i.i.s., essendo entrati in vigore ben altri limiti alla reversibilita' e al cumulo di piu' trattamenti. I piu' moderni criteri, d'altra parte, attribuendo rilievo sostanziale al reddito complessivo del soggetto (piuttosto che al dato formale di una duplice «indennita'» che, quale residuo storico, restava «integrativa» e «speciale» soltanto nel nome) hanno disegnato un sistema senz'altro piu' equo e razionale di gestione del "cumulo" di piu' trattamenti, soppiantando nei fatti i previgenti criteri, per molti versi insoddisfacenti e percio' oggetto di ripetute censure di costituzionalita'. Il 1995 segna, quindi, il punto di svolta a partire dal quale la tematica del «cumulo» e' stata affrontata ancorando l'effetto limitativo al quantum complessivo, piuttosto che al formale nomen di una singola voce del trattamento. Le eventuali «penalizzazioni» pensionistiche derivano, infatti, dal profilo reddituale complessivo del soggetto piuttosto che dalla composizione analitica e formale del trattamento, verosimilmente con maggior aderenza sostanziale ai parametri costituzionali di solidarieta' sociale ed economica (art. 2 Cost.), di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di proporzionalita' rispetto alle proprie esigenze di sostentamento nonche' alla qualita' e quantita' del lavoro svolto (artt. 36 e 38 Cost.), nell'ambito della discrezionalita' di cui gode il legislatore. Dai citati commi 774 e 776, in definitiva, poteva trarsi conferma ex post del mutamento di prospettiva del legislatore (e, con esso, della Corte costituzionale), sembrando implicitamente e definitivamente consacrata l'interpretazione che da tempo aveva ritenuto superata, dopo le riforme del 1995, la questione del «divieto di cumulo» alla luce del «conglobamento« della i.i.s. nella pensione e della connessa perdita della previgente natura propriamente «accessoria». Con cio', poteva anche spiegarsi l'apparente «aporia» tra la citata sentenza n. 516 del 2000 della Corte costituzionale (priva di qualsivoglia riferimento al criterio del «minimo INPS») e le precedenti pronunce della Corte medesima (che quel criterio avevano affermato per il solo caso del cumulo pensione-pensione), essendo sentenze maturate in contesti normativi assai differenti. Alla luce dello ius superveniens non sembrava esservi, quindi, alcuna necessita' di sollevare nuovamente una questione incidentale di legittimita' costituzionalita' in quanto il citato art. 99, secondo comma, poteva ritenersi non piu' vigente almeno dal 17 agosto 1995. 6. - Sennonche', in ragione della grandissima rilevanza della questione nonche' dei contrasti giurisprudenziali immediatamente registrati in sede di prima applicazione del richiamato ius superveniens, la sezione prima Giurisdizionale centrale, con ordinanza n. 73 depositata il 21 novembre 2008, ha nuovamente investito le sezioni riunite, in funzione nomofilattica della soluzione della relativa «questione di massima»; analoga questione e' stata rimessa al supremo consesso della giurisdizione contabile dalla sezione Giurisdizionale per la regione Toscana, con ordinanza n. 170 del 2008. Con sentenza n. 1/QM del 26 febbraio 2009, alle cui complesse motivazioni si fa integrale rinvio, le sezioni riunite hanno tra l'altro affermato (dopo ampia disamina della questione) il seguente principio di massima: «per il periodo precedente all'entrata in vigore della legge 27 dicembre 2006, n. 296 resta applicabile la disciplina della IIS con riferimento al titolare di due pensioni decorrenti entrambe da data anteriore al 1° gennaio 1995». In motivazione, le sezioni riunite hanno respinto con fermezza il riferito orientamento favorevole alla cumulabilita' dell'i.i.s. su plurime pensioni, maturato «sulla suggestione di alcuni passaggi delle pronunce n. 74 e n. 119 della Corte costituzionale» (pag. 37). Segnatamente secondo l'insegnamento delle sezioni riunite: «va considerato che il tema della disposizione in esame» (cioe' della citata legge finanziaria 2007, art. 1, commi 774 e seguenti) «non e' quello della natura della indennita' integrativa speciale, divenuta parte costitutiva del trattamento di pensione ormai dal 1° gennaio 1995, ma la aliquota del complessivo trattamento di pensione di reversibilita'» (pagg. 37/38); «deve puntualizzarsi che l'abrogazione del quinto comma dell'art. 15 in esame» (legge n. 1724 del 1994) «ha effetti dall'entrata in vigore della legge n. 296/2006 (1° gennaio 2007) e quindi i non ha rilievo per il periodo anteriore a tale data» (pag. 39); «la mancata abrogazione di tale norma» (cioe' del comma 3 del citato art. 15) «che avvia il processo di omogeneizzazione del trattamento di pensione dei pubblici dipendenti, in regime esclusivo e sostitutivo di quello vigente nel sistema dell'assicurazione generale obbligatoria, mantenendo cosi' in vita il discrimine tra le pensioni antecedenti e quelle successive al 1° gennaio 1995, anche nella fase della compiuta omogeneizzazione delle pensioni di reversibilita', e' la manifestazione chiara, a chi ne voglia intendere i dettami, della intenzione del legislatore di voler continuare, per le pensioni liquidate fino al 31 dicembre 1994, a considerare tuttora applicabile la precedente disciplina, divieto di cumulo della indennita' integrativa su due o piu' trattamenti di pensione, di cui al mai abrogato, e neppure annullato dalla Corte costituzionale, secondo comma dell'art. 99 del d.P.R. 29 dicembre 197R n. 1092; per le pensioni liquidate prima del 1° gennaio 1995, per le quali l'indennita' integrativa speciale costituiva un mero assegno accessorio, la legge n. 296 non ha in realta' apportato alcuna innovazione» (pag. 40); «il mantenimento, in tal modo, del carattere "accessorio"delle indennita' integrative speciali sulle pensioni liquidate prima del 1° gennaio 1995 ha comportato anche, per i titolari di piu' pensioni tutte anteriori a tale data la permanenza dei limiti del cumulo delle indennita' stesse posti dall'art. 99, comma 2 del d.P.R. n. 1092 del 1973, nel testo modificato dalla Corte costituzionale» (pag. 41); «in definitiva, in ragione dell'art. 99 comma 2, del d.P.R. n. 1042 del 1973, vigente nel testo modificato dalla Corte costituzionale tuttora non sussiste, in caso di pensioni liquidate, come nella deferita questione, prima del 1° gennaio. 1995, il diritto al cumulo della indennita' integrativa speciale in misura intera su due trattamenti di pensione, dovendosi assicurare sul secondo trattamento solo il minimo INPS» (pagg. 41/42); «il legislatore, in effetti, non ha mai stabilito che il principio del divieto di cumulo, consacrato nella disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 99 succitato, sia venuto meno anche per le pensioni liquidate prima della data suindicata; e neppure ha previsto che per tali pensioni si procedesse alla riliquidazione dalla stessa data, corrispondendo per intera la indennita' integrativa speciale anche sulla seconda pensione, pur nella forma di emolumento accessorio della pensione e non costitutivo della base pensionabile» (pag. 42); «eliminata la norma transitoria non si elimina anche il precedente ordinamento che essa raccordava al nuovo, il quale rimane qual'era con la tuttora vigenza del divieto di cumulo come previsto dalle disposizioni che lo contemplano cosi' come conformate dalla Corte costituzionale» (pag. 46). 7. - All'insegnamento delle sezioni riunite, espresso in funzione nomofilattica nella soluzione della sottopostagli «questione di massima», questo giudice e' chiamato - in mancanza di elementi «nuovi» - a conformarsi doverosamente (in tema, cfr. le considerazioni di C. Conti, SS.RR sent. 5/QM del 18 novembre 2008, in parte motiva; in tema v. anche Cass., ss.uu., sent. n. 28653 del 3 dicembre 2008). Questo giudice non puo', quindi, sottrarsi all'applicazione del «diritto vivente», quale inequivocamente affermato da tre conformi successive pronunce delle sezioni riunite (n. 14/QM/2003, cit.; 2/QM/2006, cit.; n. 1/QM/2009, cit.) nonche' dall'attuale univoco orientamento delle tre sezioni centrali d'appello della Corte dei conti (cfr. sez. prima, sent. 295 del 7 luglio 2008; sez. seconda, sent. 252 del 25 luglio 2008; sez. terza, sent. 238 del 22 agosto 2008, gia' citate; fa eccezione, ma in relazione ai soli ricorrenti residenti in Sicilia, App. Sicilia, sent. 100 del 6 marzo 2009). Ne deriva, in primo luogo, che il (parziale) «divieto di cumulo» di piu' i.i.s. corrisposte su piu' pensioni - diversamente da quanto aveva erroneamente opinato questo giudice con la citata sentenza n. 29 del 2009 - e' da ritenere tuttora vigente, non avendo influito lo ius superveniens recato dalla legge finanziaria per il 2007 sull'applicazione o sull'interpretazione del citato art. 99, comma secondo, del citato testo unico n. 1092 del 1973 (come «manipolato» dalla Corte costituzionale con sent. 494 del 1993, citata). Ne deriva, in secondo luogo, per elementare conseguenza, che restano intatte tutte le censure di legittimita' costituzionale del citato art. 99, secondo comma, gia' a suo tempo sollevate per contrasto con gli artt. 3 e 36 cost. (sez. Abruzzo, ordinanza n. 14 del 10 marzo 2006) ovvero con gli artt. 3, 36 e 38 cost. (sez. Toscana, ordinanza n. 33 del 30 marzo 2006) o anche soltanto con l'art. 3 cost. (sez. terza appello n. 153 del 16 maggio 2006). Alle citate ordinanze di remissione, i cui contenuti devono intendersi qui integralmente richiamati, in quanto condivisi da questo giudice, viene ad aggiungersi, da ultimo, l'ordinanza sez. Toscana, n. 49 del 3 aprile 2009, anch'essa sostanzialmente condivisa da questo giudice e da intendersi qui recepita. 8. - Per tutto quanto fin qui esposto, va osservato, in punto di rilevanza della questione, che i giudizi riuniti in epigrafe non possono essere decisi prescindendo dall'applicazione del censurato art. 99, secondo comma (come integrato dalla citata sentenza Corte cost., n. 434 del 1993), in quanto concernenti fattispecie di cumulo di i.i.s. relative a pensioni liquidate anteriormente alla data del 1° gennaio 1995, con domanda di riconoscimento di ratei arretrati comunque ricadenti (tenuto conto del termine quinquennale di prescrizione) in data anteriore al 2007. Ancora, in punto di rilevanza, pare a questo giudice di merito che nessuna altra interpretazione costituzionalmente orientata del citato art. 99, secondo comma, sia ormai concretamente percorribile, dovendosi osservare il chiarissimo principio di diritto piu' volte affermato e ribadito dalle sezioni riunite nonche', in ultimo, dalle sezioni prima, seconda e terza centrali d'appello di questa Corte dei conti, le cui conformi pronunce sostanziano il «diritto vivente», almeno nei confronti di questa Sezione Piemonte le cui decisioni al vaglio di quei giudici d'Appello sono sottoposte. In punto di «non manifesta infondatezza», vanno anzi tutto richiamate le considerazioni gia' svolte nelle citate ordinanze di remissione del 2006 nonche' nella recente ordinanza n. 49/2009 della sezione Toscana (i cui condivisibili contenuti, per brevita', non e' opportuno qui riportare per esteso). In estrema sintesi, sono state poste in rilievo le molteplici incongruenze derivanti dalla piena cumulabilita' della i.i.s. per i pensionati che siano ancora lavoratori attivi (cumulo pensione-retribuzione) con cessazione del favorevole regime di cumulo all'atto del successivo pensionamento (divieto di cumulo pensione-pensione) ma solo per i pensionati ante 1995 (e per le relative pensioni di reversibilita', se maturate entro il 17 agosto 1995), cosi' introducendo, tra l'altro, una forte ed irragionevole cesura sul piano temporale senza la contestuale previsione di alcun meccanismo di graduale adeguamento dal «vecchio» al «nuovo» sistema di computo della i.i.s., con particolare riguardo alla salvaguardia delle posizioni pregresse. Irragionevolmente distonico appare, poi, il «conglobamento» della i.i.s. nelle pensioni di reversibilita' comunque sorte dopo il 17 agosto 1995 dal momento che quella stessa i.i.s., in capo al dante causa, e' tuttora considerata voce «accessoria» di contingenza. Oltre a cio', questo giudice ritiene di dover rimarcare il profilo, invero singolare, dell'irragionevole disparita' di trattamento venutasi a creare tra i pensionati della Regione Sicilia (interessati ad oggi dalla citata pronuncia «ablatoria» n. 516 del 2000; v. tabella O, lettera b), terzo comma, della legge della Regione Siciliana 29 ottobre 1985, n. 41) e il resto dei pensionati pubblici (interessati per contro dalla citata pronuncia «manipolativa» n. 434 del 1993; v. art. 99, secondo comma, Testo unico n. 1092 del 1973). In verita', se nel 2000 il criterio del «minimo INPS» e' stato ritenuto non piu' idoneo a riportare a legittimita' costituzionale la citata norma della Regione Sicilia (corrispondente sia all'odierna norma statale, valevole per il resto dei pensionati, sia ad una precedente norma regionale gia' incisa da illegittimita' costituzionale parziale con citata sentenza n. 376 del 1994), giudicandosi evidentemente quel parametro non piu' significativo ai fini della circoscrizione del «divieto di cumulo», non appare ne' equo, ne' ragionevole, ne' coerente che a tutt'oggi (o comunque per il periodo tra il 1995 e il 2007) quello stesso criterio correttivo, ormai abbandonato dalla Corte costituzionale (verosimilmente in ragione dell'illustrata evoluzione del sistema previdenziale pubblico dopo le riforme del 1995), sia parzialmente tenuto fermo dalla giurisprudenza contabile nel «diritto vivente» facendo applicazione dell'art. 99, secondo comma, del citato Testo unico n. 1092 del 1973, norma gia' a suo tempo incisa da pronuncia di (solo parziale) illegittimita' costituzionale. Tanto piu' che, com'e' noto, il criterio dell'integrazione al «minimo INPS» rappresenta un «correttivo» solo nominale, di fatto quasi totalmente privo di pregnanza, considerato che pressoche' tutte le pensioni dei dipendenti pubblici sono, in concreto, superiori al «minimo in discorso, fatta eccezione per alcune pensioni privilegiate tabellari. L'affermazione, quindi, che una pensione va «integrata» al minimo INPS si risolve, nella generalita' dei casi, in un mero gioco di parole privo di qualsivoglia effetto economico. Ad avviso di questo giudice viene quindi a concretarsi, in aggiunta ai profili di incostituzionalita' gia' delineati nelle richiamate ordinanze, una macroscopica violazione dei principi fondamentali di uguaglianza e ragionevolezza sottesi all'art. 3 della Costituzione, non essendo di agevole percezione la ragione (salvo dar rilievo, per l'appunto, al diverso contesto «storico» dell'ordinamento pensionistico pubblico entro cui sono state pronunciate le rispettive declaratorie di illegittimita' costituzionale) per cui le due originarie (e sostanzialmente equivalenti) norme (statale e regionale), entrambe recanti il divieto totale di cumulo della siano poi venute paradossalmente a dipanarsi, per l'effetto di pronunce della Corte costituzionale (e non di scelte legislative espressive di discrezionalita' nella materia), in due regole giuridiche incommensurabilmente diverse (cumulo pieno per il solo personale della Regione Sicilia; cumulo parziale ma, in concreto, inoperante per gli altri); cio' pur in mancanza di apprezzabili differenze nelle fattispecie disciplinate, non constando, ai fini che qui interessano, alcuna specificita' originaria o sopravvenuta della previdenza pubblica dei dipendenti della Regione Sicilia tale da costituire un valido elemento differenziale rispetto agli altri dipendenti pubblici. Al riguardo, cade opportuno rammentare che la Corte costituzionale ebbe ad affermare che le stesse «rationes decidendi debbono trovare applicazione» tanto per la normativa statale, tanto per quella della Regione Sicilia, «posto che le norme regionali impugnate dettano una disciplina sostanzialmente analoga a quella prevista dalle norme legislative statali che la Corte ha rettificato» (sent. 376 del 1994, cit.) e che «le questioni sollevate dal giudice a quo devono quindi essere accolte nei termini e nei limiti precitati» nelle pronunzie precedenti. Va rilevato infine che, trattandosi di una rendita vitalizia pubblica, corrisposta mensilmente agli interessati per importi tutt'altro che irrilevanti, l'irragionevole perdurante sperequazione puo' finire, in concreto, per minare non soltanto l'effettivita' del canone di uguaglianza, ma anche il principio stesso di solidarieta' sociale ed economica su cui si fonda la Repubblica (art. 2 Cost.). 9. - In definitiva, perdurante l'inerzia del legislatore, appare imprescindibile un intervento risolutivo della Corte costituzionale la quale, pronunciandosi sulla sollevata questione, non importa in concreto con quale tipo di decisione, possa comunque ristabilire nella materia le auspicabili condizioni di uniformita' e certezza del diritto. Condizioni che, in effetti, paiono irrinunciabili agli occhi di «chiunque ravvisi il valore essenziale dell'ordinamento giuridico di un Paese civile nella coerenza tra le parti di cui si compone; valore nel dispregio del quale le norme che ne fan parte degradano al livello di gregge privo di pastore: canone di coerenza che nel campo delle norme di diritto e' l'espressione del principio di eguaglianza di trattamento tra eguali posizioni sancito dall'art. 3» (cosi' Corte cost., sent. n. 204 del 29-30 novembre 1982). Occorre quindi giudicare se l'art. 99, secondo comma, del citato testo unico, per come applicato nel «diritto vivente» ormai univocamente affermato dalle sezioni riunite e centrali d'appello della Corte dei conti, sia o meno costituzionalmente legittimo con riferimento agli artt. 2, 3, 36 e 38 della Costituzione. Ritiene questo giudice che, nella fattispecie, come efficacemente affermato nella sentenza n. 376 del 1994, citata, possano trovare applicazione le stesse «rationes decidendi» sottese alla successiva pronuncia n. 516 del 2000, citata. 10. - La statuizione sulle spese e' riservata all'esito del giudizio.