LA CORTE DEI CONTI 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nei giudizi riuniti iscritti
ai nn. 17149, 17150, 17335, 17399, 17518, 17520 e 16877 del  registro
di segreteria, sui ricorsi promossi dai signori Mario Lex (n.  17149)
e Angelo Simeone (n. 17150), difesi dall'avv. Silvana Borelli, contro
INPDAP  (Istituto  Nazionale   di   Previdenza   per   i   Dipendenti
dell'Amministrazione Pubblica), in persona del legale  rappresentante
pro-tempore e sul ricorso promosso dalla signora Anna  Giorcelli  (n.
17335),  difesa  dall'avv.  Elisabetta   Mordiglia,   contro   INPDAP
(Isittuto    Nazionale    di    Previdenza    per    i     Dipendenti
dell'Amministrazione Pubblica), in persona del legale  rappresentante
pro-tempore; e sul ricorso promosso dalla signora Domenica Panti  (n.
17399), difesa dall'avv. Paola Guglielmina, contro  INPDAP  (istituto
Nazionale  di  Previdenza  per  i   Dipendenti   dell'Amministrazione
Pubblica), in persona del legale rappresentante  pro-tempore;  e  sui
ricorsi promossi dalle signore Giovanna Bertolone (n. 17518) e  Lucia
Irma Audisio (n. 17520), entrambe difese dall'avv. Amedeo Benvignati,
contro INPDAP (Istituto Nazionale  di  Previdenza  per  i  Dipendenti
dell'Amministrazione Pubblica), in persona del legale  rappresentante
pro-tempore; e sul ricorso promosso dai signori Maria Teresa  Menato,
Marzia Minoja e Luciano Minoja, in proprio e quali eredi del  defunto
signor Maurizio Minoja (n. 16877), difesi dall'avv. Fabrizio Borasio,
contro IPOST  (Istituto  Postelegrafonici),  in  persona  del  legale
rappresentante pro-tempore. 
 
                              F a t t o 
 
    Tutti i ricorrenti, a  vario  titolo,  sono  intestatari  di  due
pensioni liquidate entro il 31 dicembre 1994 e chiedono che sia  loro
corrisposta l'indennita' integrativa speciale (di seguito: «i.i.s.» a
valere su entrambe  le  pensioni  in  godimento.  Le  amministrazioni
resistenti, pero', sostengono  che  le  domande  dei  ricorrenti  non
possono essere accolte in relazione al «divieto di cumulo» di plurime
i.i.s. su piu' pensioni, tuttora parzialmente previsto dall'art.  99,
secondo comma,  del  Testo  unico  delle  norme  sul  trattamento  di
quiescenza dei dipendenti civili e militari  dello  Stato,  approvato
con d.P.R 29 dicembre 1973, n. 1092. 
    Pendenti i giudizi in epigrafe, alcune sezioni  di  questa  Corte
avevano sollevato questioni di legittimita' costituzionale del citato
art. 99; conseguentemente questa  sezione,  in  diversa  composizione
monocratica, aveva prudentemente disposto la sospensione di  tutti  i
giudizi stessi. I giudizi di costituzionalita'  in  discorso,  com'e'
noto, si sono conclusi con l'ordinanza della Corte costituzionale  n.
119/2008, recante la restituzione degli atti  ai  giudici  remittenti
per valutazione dello  ius  superveniens  (costituito,  segnatamente,
dalla legge finanziaria 2007); essendo  cosi'  venuta  a  cessare  la
causa  di  sospensione,  tutti  i  ricorrenti  hanno  tempestivamente
riassunto i giudizi. 
    Sia i ricorrenti sia le  amministrazioni,  in  prossimita'  della
nuova udienza di discussione, hanno  depositato  memorie  integrative
volte ad evidenziare gli effetti della citata ordinanza  n.  119/2008
della Consulta sulla questione in giudizio. 
    All'udienza  pubblica  del  12  marzo  2009,  non   presenti   le
amministrazioni resistenti,  i  ricorrenti  hanno  chiesto  ai  sensi
dell'art. 429, secondo comma,  c.p.c.  un  breve  termine  per  poter
acquisire  ed  esaminare  la  sentenza  delle  sezioni   riunite   n.
1/QM/2009, depositata il 26 febbraio 2009, e svolgere le  conseguenti
deduzioni in merito. In accoglimento della richiesta,  il  giudice  -
previa riunione dei giudizi iscritti  ai  nn.  16877,  17149,  17150,
17335, 17518, e 17520 - ha rinviato la discussione all'udienza del 22
aprile 2009. In vista  di  quest'ultima  udienza,  alcuni  ricorrenti
hanno fatto pervenire memorie integrative. 
    All'udienza del 22 aprile  2009,  riunito  agli  altri  anche  il
giudizio iscritto al  n.  17399,  sono  intervenuti:  l'avv.  Silvana
Borelli per i signori Lex e Simeone; l'avv. Paola Guglielmina per  la
signora  Panti;  l'avv.  Francesca  Talenti,  su  delega   dell'Avv,.
Elisabetta  Mordiglia,  per  la  signora  Giorcelli;  l'avv  Fabrizio
Borasio per i signori Menato  e  Minoja;  l'avv.  Luciana  Dagna,  su
delega dell'avv.  Amedeo  Benvignati,  per  le  signore  Bertolone  e
Audisio. Non sono  invece  comparse  le  amministrazioni  resistenti.
Tutti i legali dei ricorrenti, concordemente, dopo aver rilevato  che
con ordinanza n. 49/2009 la sezione Toscana ha  nuovamente  sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 99, secondo comma,
in parola, hanno chiesto al giudice  di  sospendere  il  giudizio  in
attesa del pronunciamento della Corte costituzionale sulla questione. 
    In esito all'udienza, il giudice ha ritenuto di dover a sua volta
sollevare questione di legittimita' costituzionale  del  citato  art.
99, secondo comma. 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. - Nel rito, tutti i giudizi in epigrafe sono riuniti  a  norma
degli art. 274 c.p.c. e 151 disp. att. c.p.c., per  palese  identita'
della questione di diritto da risolvere. 
    2.  -  Nel  merito,  la   presente   controversia   si   incentra
sull'attuale  sussistenza  o  meno,  nell'ordinamento   pensionistico
pubblico, di un (parziale) divieto  di  cumulo  tra  piu'  indennita'
integrative  speciali  (di  seguito:  «i.i.s.»)  nei  confronti   del
pensionato che goda di plurimi trattamenti  pensionistici;  cio'  con
particolare riguardo alla corretta interpretazione da  dare  all'art.
99, secondo comma, del «Testo unico delle norme  sul  trattamento  di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello  Stato»,  approvato
con d.P.R. 29  dicembre  1973,  n.  1092,  alla  luce  della  copiosa
giurisprudenza della Corte costituzionale e delle sezioni riunite  di
questa i Corte dei conti. 
    3. - Gia' con ordinanza n.  36  del  15  giugno  2006  -  le  cui
motivazioni,  per  brevita',  devono  intendersi  qui   integralmente
richiamate - questo giudice aveva ripercorso le principali tappe  del
tortuoso e travagliato  percorso  giurisprudenziale  sviluppatosi  in
materia.  In  particolare,  aveva  preliminarmente   fatto   richiamo
(riportandone per esteso i piu' significativi passaggi motivazionali)
delle seguenti imprescindibili pronunce: 
        1) Corte costituzionale, sentenza  13-22  dicembre  1989,  n.
566,  recante  la  declaratoria  di   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 99, quinto comma, del citato Testo unico n. 1092  del  1973
(concernente  il  divieto  di  cumulo  dell'i.i.s.  su   pensione   e
retribuzione); 
        2) Corte costituzionale, sentenze 8-22 aprile 1991,  n.  172,
recante la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 17
della legge 21 dicembre 1978, n. 843, nella parte in cui non  prevede
che anche nei confronti del titolare di due  pensioni,  pur  restando
vietato  il  cumulo  delle  indennita'  integrative  speciali,  debba
comunque farsi salvo l'importo corrispondente al  trattamento  minimo
di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti; 
        3) Corte costituzionale, ordinanza 19 marzo-2 aprile 1992, n.
159, con cui e' stata dichiarata la manifesta inammissibilita'  della
questione di legittimita' costituzionale del citato art. 17 legge  n.
843 del 1978, sollevata dalla  Corte  dei  conti  in  relazione  alla
mancata previsione «che anche  nei  confronti  del  titolare  di  due
pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennita' integrative
speciali, debba farsi salvo l'importo corrispondente  al  trattamento
minimo  di  pensione  previsto  per  il  Fondo  pensioni   lavoratori
dipendenti», motivando nel senso che  la  questione  era  gia'  stata
risolta con la richiamata sentenza n. 172 del 1991; 
        4) Corte costituzionale, sentenza 15-29 aprile 1992, n.  204,
recante declaratoria di legittimita' costituzionale del  citato  art.
17, primo comma, legge n. 843 del  1978,  nonche'  dell'art.  15  del
decreto-legge   30   dicembre   1979,   n.   663   (convertito,   con
modificazioni, nella legge 29 febbraio 1980, n. 33), nella  parte  in
cui non determinano la  misura  della  retribuzione  oltre  la  quale
diventano operanti l'esclusione  e  il  congelamento  dell'indennita'
integrativa speciale; 
        5) Corte costituzionale, sentenza 18-27 maggio 1992, n.  232,
recante declaratoria di illegittimita' costituzionale  dell'art.  97,
primo comma, del citato Testo unico n. 1092 del 1973, nella parte  in
cui non determina la misura della retribuzione  oltre  la  quale  non
compete la tredicesima mensilita'; 
        6) Corte costituzionale, sentenza 23 giugno-9 luglio 1993, n.
307, recante declaratoria di illegittimita' costituzionale  dell'art.
16 della legge 20 ottobre 1982, n. 773 (Riforma della Cassa nazionale
di previdenza ed assistenza a favore dei geometri),  nella  parte  in
cui non prevede che anche nei confronti del titolare di due pensioni,
di cui una a carico della Cassa nazionale di previdenza e  assistenza
dei  geometri,  pur  restando  vietato  il  cumulo  delle  indennita'
integrative  speciali,   debba   comunque   farsi   salvo   l'importo
corrispondente al trattamento minimo  di  pensione  previsto  per  il
Fondo pensioni lavoratori dipendenti; 
        7) Corte costituzionale sentenza 29-31 dicembre 1993, n. 494,
recante declaratoria di illegittimita' costituzionale del citato art.
99, secondo comma, Testo unico n. 1092 del 1973, nella parte  in  cui
non prevede che, nei confronti del  titolare  di  due  pensioni,  pur
restando vietato il cumulo  delle  indennita'  integrative  speciali,
debba comunque farsi salvo l'importo  corrispondente  al  trattamento
minimo  di  pensione  previsto  per  il  Fondo  pensioni   lavoratori
dipendenti; 
        8) Corte dei conti, Sezioni riunite, sentenza 13 luglio 1994,
n.  100,  con  cui  si  e'  affermata  la  seguente  massima:   «Fino
all'intervento (futuro) del legislatore, espressamente previsto dalla
Corte costituzionale nelle sentenze n. 566 del  1989  e  n.  204  del
1992, relative alle declaratorie  di  illegittimita'  costituzionale,
rispettivamente dell'art. 99, comma quinto, d.P.R. n. 1092 del 1973 -
il quale aveva riguardo alla sospensione nei confronti dei pensionati
che prestavano opera retribuita presso lo Stato,  le  amministrazioni
pubbliche e gli enti pubblici - e degli artt. 17, primo  comma  della
legge n. 843 del 1978 e 15 del d.l. n. 663 del 1979, convertito nella
legge n. 33/1980, nella parte in cui detti articoli  non  determinino
la misura  della  retribuzione  oltre  la  quale  diventano  operanti
l'esclusione e il congelamento dell'i.i.s., trova applicazione in via
analogica, ai sensi dell'art. 12, comma secondo, delle preleggi,  nei
confronti  di  pensionati  che  svolgono  attivita'  retribuita  alle
dipendenze dello Stato, di enti pubblici e di terzi,  vietare,  oltre
alla duplicazione della indennita' integrativa speciale  propriamente
detta, il cumulo di questa con altre indennita' della stessa  natura,
pur se diversamente denominata (art. 2, comma sesto, legge 27  maggio
1959 n. 324)»; 
        9) Corte costituzionale, sentenza 26 ottobre-7 novembre 1994,
n. 376, recante declaratoria di illegittimita'  costituzionale  anche
dell'art. 4 della legge della Regione Sicilia 24 luglio 1978,  n.  17
(Nuove norme per l'adeguamento delle retribuzioni al costo della vita
e  per  le  prestazioni  di  lavoro  straordinario   dei   dipendenti
dell'amministrazione regionale) nella parte in cui non  prevede  che,
nei confronti del titolare di piu' pensioni o assegni vitalizi, ferma
restando  la  spettanza  ad  un  solo   titolo   dell'indennita'   di
contingenza e di ogni altra maggiorazione dipendente dall'adeguamento
al  costo  della  vita,  debba   comunque   farsi   salvo   l'importo
corrispondente al trattamento minimo  di  pensione  previsto  per  il
Fondo pensioni lavoratori dipendenti, nonche'  nella  parte  in  cui,
riguardo al pensionato che presta attivita' retribuita, non determina
la misura della  retribuzione  complessiva  oltre  la  quale  diventi
operante il divieto di cumulo dell'indennita' di contingenza relativa
al   trattamento   pensionistico   con    le    indennita'    dirette
all'adeguamento al costo della vita del trattamento di attivita'; 
        10) Corte dei conti,  sezioni  riunite,  sentenza  11  agosto
1997, n. 39-40/QM, con cui e' stata affermata  la  seguente  massima:
«Successivamente  alla  pubblicazione  delle  sentenze  della   Corte
costituzionale n. 566/1989  e  n.  402/1992,  deve  ritenersi  ancora
vigente, nell'ordinamento giuridico, il  divieto  di  cumulo  di  due
indennita'  integrative  speciali  nei  confronti  di  soggetti   che
percepiscano  trattamenti  pensionistici  (o  assimilati)  -  le  cui
controversie relative ricadano nell'ambito della giurisdizione  della
Corte  dei  conti  -  e  che,  contemporaneamente,   prestino   opera
retribuita presso terzi (sia pubblici che privati).  Peraltro,  nelle
ipotesi  di  specie,   qualora,   per   effetto   della   sospensione
dell'indennita'   integrativa   speciale   sulla   pensione   -    in
contemporaneo godimento  di  indennita'  integrativa  speciale  sulla
retribuzione - l'ammontare della pensione risulti inferiore al  cosi'
detto «trattamento minimo della pensione  INPS,  tale  pensione  deve
essere integrata al minimo stesso»; 
        11) Corte costituzionale, ordinanza 14-23 dicembre  1998,  n.
438, con cui e' stata dichiarata la manifesta inammissibilita'  delle
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1, quarto comma,
e 2, sesto e settimo comma, della legge 27 maggio 1959,  n.  324,  in
quanto le questioni stesse riguardavano norme non  piu'  esistenti  o
comunque irrilevanti; 
        12) Corte dei conti, sezioni riunite sentenza 3 gennaio 2000,
n. 1/QM, con cui e' stata affermata la seguente massima:  «A  seguito
della pronuncia di parziale incostituzionalita' dell'art.  99,  comma
quinto del d.P.R. n. 1092/1973, che  ha  censurato  la  generalizzata
riduzione del  complessivo  trattamento  pensionistico,  se  motivata
unicamente  dallo  svolgimento  di  una  nuova  attivita'  lavorativa
piuttosto che dalla percezione di una  determinata  retribuzione,  il
pensionato che presti opera retribuita presso terzi e  che  per  tale
prestazione  percepisca,  in  aggiunta   alla   retribuzione,   anche
l'indennita' integrativa speciale o altra indennita'  avente  analoga
funzione  ha  diritto  a  percepire,  in  aggiunta  alla   indennita'
integrativa sulla retribuzione, anche quella relativa alla  pensione,
solo se la retribuzione percepita, al lordo  dell'IRPEF  e  al  netto
della  indennita'  integrativa  speciale,  non   superi   il   limite
corrispondente all'importo reddituale massimo  annualmente  stabilito
per la sussistenza della condizione economica di  "nullatenenza"  dei
congiunti ai fini  della  riversibilita'  delle  pensioni  ordinarie.
Qualora  la  retribuzione  come  sopra  calcolata  superi  il  limite
indicato, l'indennita' integrativa  speciale  sulla  pensione  dovra'
essere sospesa in applicazione  del  c.d.  divieto  di  cumulo  della
doppia indennita' di cui al sopraccitato art. 99,  comma  quinto  del
d.P.R.   n.   1092/1973,   norma   gia'    dichiarata    parzialmente
incostituzionale per l'omessa previsione di una soglia retributiva, e
che, per la parte  residua,  non  e'  stata  colpita  da  censura  di
incostituzionalita'  ed  opera  tuttora  nell'ordinamento,   con   il
correttivo della applicazione della  soglia  retributiva  come  sopra
individuata»; 
        13) Corte costituzionale, sentenza 15- 21 novembre  2000,  n.
516, recante  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della
tabella O,  lettera  b),  terzo  comma,  della  legge  della  Regione
Siciliana 29 ottobre 1985,  n.  41  (Nuove  norme  per  Il  personale
dell'amministrazione regionale), nella parte in cui non determina  la
misura del trattamento complessivo oltre il quale  diventi  operante,
per i titolari di pensioni ed assegni vitalizi, il divieto di  cumulo
della indennita' di contingenza ed indennita' similari; 
        14) Corte costituzionale, ordinanza 15-21 novembre  2000,  n.
517, con cui e' stata dichiarata la manifesta inammissibilita'  della
questione di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  2,  settimo
comma, della legge 27 maggio 1959, n. 324, e 130, ultimo  comma,  del
citato Testo unico n. 1092 del 1973, nel  presupposto  che,  «tra  le
diverse interpretazioni sulla persistenza  del  divieto,  il  giudice
poteva scegliere una interpretazione diversa, da quella che lo stesso
giudice dimostra di ritenere incostituzionale»; 
        15) Corte dei conti,  sezioni  riunite,  sentenza  11  luglio
2003, n. 14/QM, con cui sono state affermate le seguenti massime: «1)
in ipotesi di fruizione di doppio  trattamento  di  pensione  non  e'
consentito il cumulo della indennita'  integrativa  speciale;  2)  il
titolare di  due  pensioni  ha  diritto  a  percepire  la  indennita'
integrativa speciale  sulla  seconda  pensione  soltanto  nei  limiti
necessari per ottenere l'integrazione della pensione sino all'importo
corrispondente al trattamento minimo previsto per il  Fondo  pensioni
lavoratori dipendenti (c.d. minimo I.N. P.S.)»; 
        16) Corte costituzionale, ordinanza  19-23  maggio  2003,  n.
179, con cui e' stata dichiarata la manifesta inammissibilita'  della
questione di legittimita' costituzionale del citato art. 99,  secondo
comma, Testo unico n. 1092 del 1973, per difetto di  rilevanza  della
questione nel giudizio a quo; 
        17) Corte costituzionale, ordinanza 24 febbraio-8 marzo 2005,
n. 89, con cui e'  stata  dichiarata  la  manifesta  inammissibilita'
della questione di legittimita' costituzionale del  citato  art.  99,
secondo  comma,  Testo  unico  n.  1092  del  1973,   sollevata,   in
riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dalla Corte dei conti, in quanto
«i remittenti, pur non  ignorando  l'esistenza  nella  giurisprudenza
contabile successiva  agli  ultimi  interventi  di  questa  Corte  in
materia di indennita' integrativa speciale (cfr. ordinanza n. 438 del
1998, sentenza n. 516 del 2000, ordinanza n. 517 del 2000) di diversi
orientamenti non tutti affermativi della persistenza del  divieto  di
cumulo delle indennita' integrative speciali in caso  di  titolarita'
di piu' pensioni, non spiegano le ragioni per le quali  ritengono  di
non  adottare  l'opzione  interpretativa  che  siffatta   persistenza
esclude»; 
        18) Corte dei conti, sezioni riunite,  sentenza  22  febbraio
2006, n. 2/QM, con cui e' stato ribadito  il  seguente  principio  di
massima: «Per il titolare di due pensioni, resta fermo il divieto  di
cumulo delle indennita' integrative speciali  di  cui  dall'art.  99,
secondo comma, del d.P.R. n. 1092/1973,  con  l'integrazione  operata
con la sentenza manipolativa della Corte costituzionale n. 494/1993 e
cioe'  con   salvezza   comunque   dell'importo   corrispondente   al
trattamento  minimo  di  pensione  previsto  per  il  Fondo  pensioni
lavoratori dipendenti». 
    4. - Nel descritto scenario giurisprudenziale, all'indomani della
pubblicazione della citata sentenza  n.  2/QM/2006  la  questione  di
costituzionalita'  del  citato  art  99,  secondo  comma,  era  stata
nuovamente rimessa alla Corte costituzionale per  asserito  contrasto
con gli artt. 3 e 36 Cost (Sez. Abruzzo, ordinanza n. 14 del 10 marzo
2006) ovvero con gli artt. 3, 36 e 38 cost. (sez. Toscana,  ordinanza
n. 33 del 30 marzo 2006) o anche soltanto con l'art.  3  cost.  (sez.
terza appello n. 153 del 16 aprile 2006); invero, le  stesse  sezioni
riunite della Corte dei  conti  «non  si  nascondevano»  perplessita'
sulla situazione venutasi a  creare  (ritenuta  insuperabile  in  via
interpretativa) avendo cura, peraltro, di precisare che alle  sezioni
riunite  medesime  non  e'  consentita   la   proposizione   di   una
(evidentemente auspicata) questione  di  legittimita'  costituzionale
(sent. n. 2/QM/2006, cit.). 
    Cio' posto, anche questa Sezione ha condiviso  la  necessita'  di
attendere un intervento dirimente, in un senso o nell'altro, da parte
della Corte costituzionale. Nel diritto vivente (quale  scolpito  dal
sovrapporsi delle riepilogate pronunce della Corte  costituzionale  e
delle sezioni riunite dei giudici  contabili)  e'  infatti  venuta  a
delinearsi  -  almeno  in  apparenza  -  un'aporia   dell'ordinamento
pensionistico pubblico.  La  Corte  costituzionale,  in  particolare,
sembra aver risolto  in  maniera  difforme  due  questioni  tra  loro
apparentemente analoghe, come  pare  desumersi  dal  raffronto  delle
citate sentenze n. 434 del 1993 e n. 376 del 1994 (da  un  lato)  con
l'orientamento successivamente espresso nella  sentenza  n.  516  del
2000 (dall'altro lato). Le prime due sentenze, specificamente, paiono
tenere distinte le fattispecie del cumulo di pensione e  retribuzione
(per la quale si pronuncia una  declaratoria  di  illegittimita'  con
effetto «ablatorio») rispetto a quella del cumulo tra  piu'  pensioni
(per la quale si ha invece una pronuncia  con  effetto  «additivo»  o
«manipolativo»,  introducendo  nella  norma  il  criterio-soglia  del
minimo INPS  per  adeguare  il  divieto  di  «cumulo»  ai  canoni  di
legittimita' costituzionale); la terza sentenza, al contrario, sembra
equiparare le due  fattispecie  (pensione  piu'  retribuzione  versus
plurime pensioni), ritenendole entrambe  illegittime,  senza  dettare
alcun criterio di adeguamento. 
    Se  l'analisi  sopra  delineata  e'  corretta,  e'  evidente   la
discrasia: la Corte costituzionale sembrerebbe, nel 2000, aver mutato
orientamento in tema di cumulo di i.i.s. su plurime pensione; mentre,
da un lato, per il citato art. 99, secondo comma, Testo unico n. 1092
del 1973 (riguardante gli statali in generale) il divieto  di  cumulo
resterebbe tuttora (con il temperamento del «minimo INPS»  introdotto
nel 1993),  dall'altro,  nel  caso  della  legge  della  Sicilia,  la
corrispondente norma - di contenuto pressoche' equivalente -  sarebbe
stata giudicata irrimediabilmente incompatibile con la  Costituzione,
senza che la Corte ritenesse  di  poter  introdurre  il  criterio  di
adeguamento al «minimo INPS» pur adottato precedentemente proprio con
riferimento agli  stessi  dipendenti  dell'amministrazione  regionale
siciliana (sent. n. 376 del 1994, cit.). 
    Cio' potrebbe spiegarsi, in ipotesi,  alla  luce  delle  radicali
innovazioni legislative intervenute,  anche  in  tema  di  indennita'
integrativa  speciale,  nel   considerevole   intervallo   di   tempo
intercorso tra le diverse pronunce della Consulta dinanzi citate (tra
gli altri, merita segnalare l'art. 15 della legge 23  dicembre  1994,
n. 724 e dall'art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995,  n.  335).
Invero,  se  dopo  le  riforme  della  meta'   degli   anni   novanta
l'indennita' integrativa speciale ha ormai perso  la  propria  natura
«accessoria» costituendo parte integrante della pensione  (entro  cui
e' «conglobata»), la citata sentenza n. 516 del 2000 potrebbe  essere
ritenuta  espressiva   di   un   nuovo   orientamento   della   Corte
costituzionale  secondo  cui  perde  di  significato  la   precedente
distinzione tra cumulo di pensione e retribuzione, da  una  parte,  e
cumulo di pensione e pensione, dall'altra parte, essendo ormai  privo
di pregnanza anche il riferimento al c.d. «minimo Inps», a suo  tempo
utilizzato  nelle  sentenze  c.d.  «manipolative»  per  riportare   a
legittimita' costituzionale le citate norme sul divieto di cumulo. 
    D'altra parte, come accennato, non  puo'  ignorarsi  che  con  la
citata sentenza n. 376 del  1994  la  Corte  costituzionale  medesima
aveva   pronunciato   declaratoria   di    parziale    illegittimita'
costituzionale dell'art. 4  della  legge  della  Regione  Sicilia  24
luglio  1978  n.  17  (avvalendosi  del  riferimento   al   parametro
correttivo del «minimo Inps») laddove successivamente,  nella  stessa
materia ridisciplinata dalla legge della Regione Siciliana 29 ottobre
1985, n. 41 (tabella O, lettera b), terzo  comma),  e'  stata  invece
pronunciata una sentenza  di  illegittimita'  tout  court.  Sembra  a
questo Giudice che la radicale  diversita'  di  pronunciamenti  della
Corte costituzionale, insistenti sulla  stessa  normativa  siciliana,
non possa essere semplicisticamente attribuita dall'interprete ad una
«svista» o ad un lapsus calami, dovendosene  piuttosto  ricercare  le
ragioni in profonde rimeditazioni di ordine sistematico (dovute,  per
l'appunto, all'intervento delle riforme degli anni 1994 e 1995). 
    5. - E' accaduto ancora, tuttavia, nelle  more  del  giudizio  di
legittimita' costituzionale introdotto con le  citate  tre  ordinanze
del 2006, che il legislatore, con legge  27  dicembre  2006,  n.  296
(legge finanziaria 2007),  all'art.  1,  comma  774,  ha  dettato  la
seguente norma  di  interpretazione  autentica:  «L'estensione  della
disciplina del trattamento pensionistico a favore dei  superstiti  di
assicurato e  pensionato  vigente  nell'ambito  del  regime  prevista
dall'art. 1, comma  41,  della  legge  8  agosto  1995,  n.  335,  si
interpreta nel senso che per le pensioni di  reversibilita'  sorte  a
decorrere dall'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995,  n.  335,
indipendentemente dalla data di decorrenza  della  pensione  diretta,
l'indennita' integrativa speciale gia'  in  godimento  da  parte  del
dante   causa,   parte   integrante   del   complessivo   trattamento
pensionistico  percepito,  e'  attribuita  nella  misura  percentuale
prevista per il trattamento di reversibilita'». Al  successivo  comma
776, per  quanto  qui  interessa,  la  stessa  legge  finanziaria  ha
previsto che «e' abrogato l'art. 15, comma 5, della legge 23 dicembre
1994, n. 724». 
    5.1. - Giova rammentare che l'art. 15  della  legge  23  dicembre
1994, n. 724, al comma 3 disponeva che «in attesa dell'armonizzazione
delle  basi  contributive  e  pensionabili  previste  dalle   diverse
gestioni obbligatorie dei settori pubblico e privato, con  decorrenza
dal 1° gennaio 1995, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche
di cui all'art. 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.  29,  e
successive modificazioni ed  integrazioni,  iscritti  alle  forme  di
previdenza  esclusive   dell'assicurazione   generale   obbligatoria,
nonche' per le altre categorie di dipendenti iscritti  alle  predette
forme di previdenza, la pensione spettante  viene  determinata  sulla
base degli elementi retributivi  assoggettati  a  contribuzione,  ivi
compresa l'indennita' integrativa speciale [...]». 
    Al comma 4 prevedeva poi che «la pensione di cui al comma  3,  e'
reversibile con riferimento  alle  categorie  dei  superstiti  aventi
diritto in base all'aliquota in vigore nel regime  dell'assicurazione
generale  obbligatoria  per   l'invalidita',   la   vecchiaia   e   i
superstiti». 
    Al comma 5, infine, dettava una norma di salvaguardia secondo cui
«le  disposizioni  relative  alla  corresponsione  della   indennita'
integrativa speciale sui trattamenti di pensione previste dall'art. 2
della legge 27 maggio 1959, n. 324,  e  successive  modificazioni  ed
integrazioni, sono applicabili limitatamente  alle  pensioni  dirette
liquidate fino a1 31 dicembre 1994 e alle pensioni di  reversibilita'
ad esse riferite». 
    5.2. - E' dunque evidente che,  in  base  al  combinato  disposto
delle disposizioni appena richiamate, un problema di cumulo di i.i.s.
non poteva e non puo' ulteriormente porsi per tutte  quelle  pensioni
in  cui  la  i.i.s.   e'   stata   effettivamente   «conglobata»,   e
segnatamente: 
        per le pensioni dirette liquidate dopo il 31 dicembre 1994  e
per le pensioni di reversibilita' ad esse riferite (legge n. 724  del
1994, art. 15, commi 3 e 4, citati); 
        per le pensioni di reversibilita' sorte con decorrenza pari o
successiva al 17 agosto 1995 (legge n. 335 del 1995,  art.  1,  comma
41, citato,  alla  luce  dell'interpretazione  autentica  recata  dal
citato comma 774), ancorche' riferite a pensioni dirette ante 1995. 
    Il problema restava  aperto,  invece,  per  le  pensioni  dirette
liquidate  entro  il  31  dicembre  1994  e  per   le   pensioni   di
reversibilita' ad esse riferite, se sorte entro  il  16  agosto  1995
(legge n. 724 del 1994, art. 15, comma  5,  citato);  restava  aperto
perche', dopo l'abrogazione del menzionato art. 15, comma 5 (ad opera
del citato comma 776), non era chiaro in giurisprudenza se per queste
ultime pensioni l'i.i.s. potesse ancora considerarsi,  come  si  suoi
dire, «voce accessoria» ed autonoma rispetto alla pensione base. 
    5.3. - La Corte costituzionale, ritenendo  evidentemente  che  le
richiamate disposizioni della legge finanziaria 2007 potessero  avere
offerto  nuovi  spunti  interpretativi  anche   in   relazione   alla
problematica  del  cumulo  di  piu'  i.i.s.  su  piu'  pensioni,   ha
restituito gli atti alle remittenti sezioni  della  Corte  dei  conti
affinche'  valutassero  la  persistente  rilevanza  delle   sollevate
questioni di legittimita' costituzionale. 
    In particolare, nella citata ordinanza n. 119  del  14-24  aprile
2008 la Corte ha osservato «che la  citata  abrogazione  dell'art.15,
comma 5, della legge n. 724 del 1994 ha, di fatto, eliminato anche il
riferimento alla perdurante applicabilita'  -  quanto  alle  pensioni
dirette  liquidate  fino  al  31   dicembre1994   e   a   quelle   di
reversibilita' ad esse riferite - delle  disposizioni  relative  alla
corresponsione dell'indennita' integrativa speciale  sui  trattamenti
di pensione previste dall'art. 2 della  legge  n.  324  del  1959,  e
successive modificazioni» (in tema, v. anche la  precedente  sentenza
Corte cost., n. 74 del 12-28 marzo 2008). 
    5.4. - Dopo la restituzione  degli  atti  da  parte  della  Corte
costituzionale, pero', la giurisprudenza della  Corte  dei  conti  e'
pervenuta a soluzioni variegate. 
    Le prime pronunce delle tre Sezioni centrali  d'appello  si  sono
attestate, con motivazioni piu' o  meno  diffuse,  sulla  persistente
vigenza  del   citato   art.   99,   secondo   comma,   confermandosi
conseguentemente la sussistenza del divieto di cumulo (per tutte cfr.
sez. prima, sent. 295 del 7 luglio 2008; sez. seconda, sent. 252  del
25 luglio 2008; sez. terza, sent. 238 del 22 agosto 2008). La Sezione
d'appello per la Sicilia, all'opposto, ha continuato  a  seguire  una
propria linea «regionale» di coerenza  affermando,  indipendentemente
dallo ius superveniens del 2007, la tesi della caducazione tout court
del divieto in discorso e  dunque  riconoscendo  il  cumulo  di  piu'
i.i.s. senza limitazioni di sorta (cfr. sentenza n. 176 del 2  maggio
2008). 
    La stessa antitesi si e' riscontrata in primo grado: a fronte  di
motivate pronunce di segno negativo (per tutte, merita segnalare sez.
Lombardia,  sent.  n.  829  del  17  novembre  2008),   altre   hanno
riconosciuto la possibilita' di cumulo integrale assumendo, tuttavia,
posizioni diverse circa la data di decorrenza  o  di  cessazione  del
«cumulo» stesso (tra le molte, cfr.  sez.  Toscana,  n.  350  del  19
maggio 2008; sez. Abruzzo, n. 348 del 22 settembre 2008; sez. Puglia,
n. 553 dell'8 luglio 2008; sez. Liguria, n. 606 del 22 ottobre  2008;
sez. Marche, n. 489 del 15 dicembre 2008). 
    5.5.  -  A  fronte  della  richiamata,  diuturna,   inaccettabile
situazione di incertezza del diritto, invero disarmante (va ricordato
che, a tutt'oggi, a parita' di ogni altra condizione,  una  parte  di
pensionati percepisce ogni mese due indennita', mentre l'altra  parte
ne percepisce soltanto una, per effetto di opposte  sentenze  passate
in giudicato, senza che l'ordinamento giuridico si mostri in grado di
assicurare un'uguaglianza sostanziale di trattamento), questo giudice
aveva infine maturato la ferma convinzione  che  la  questione  della
piena cumulabilita' di piu' i.i.s.  su  piu'  pensioni  potesse  -  e
dovesse - essere risolta positivamente (v. sez.  Piemonte,  sent.  29
del 12 febbraio 2009). 
    5.5.1. - Alla predetta conclusione era - erroneamente - pervenuto
avvalendosi di un'interpretazione  costituzionalmente  orientata  con
cui, nell'intenzione, potesse superarsi non  solo  l'evidente  aporia
che, diversamente ragionando, emergeva dal raffronto  tra  le  citate
diverse decisioni assunte  dalla  Corte  costituzionale  in  tema  di
plurime i.i.s. come interpretate dalle sezioni  riunite  della  Corte
dei conti (cumulo pieno tra pensione e retribuzione; cumulo pieno tra
pensione  e  pensione  per  i  soli  pensionati  dell'amministrazione
regionale sicula; cumulo parziale ma, di fatto, inesistente  per  gli
altri pensionati), ma anche le perplessita'  e  le  riserve  espresse
nella citata sentenza n. 2/QM/2006 delle sezioni riunite  stesse  (in
particolare, laddove si tenga a mente che i pensionati che godono  di
almeno un trattamento successivo alle riforme del 1995 cumulano,  nei
fatti, due i.i.s., cioe' quella asseritamente «accessoria»  e  quella
«conglobata», mentre cio' non sarebbe possibile per quanti godono  di
due pensioni liquidate ante riforme, indipendentemente dal fatto  che
l'indennita' dopo il 17 agosto 1995 e' ormai  divenuta  pacificamente
reversibile secondo le aliquote ordinarie, anziche' essere attribuita
per intero quale voce «accessoria» al coniuge superstite; sotto altro
profilo,  come  gia'  accennato,   l'i.i.s.   sarebbe   integralmente
cumulabile tra pensione e retribuzione, mentre non  lo  sarebbe  piu'
tra pensione e pensione, cioe'  dopo  il  definitivo  collocamento  a
riposo dell'interessato). 
    Ad avviso di questo giudice, a favore di una  soluzione  positiva
non poteva disattendersi l'ennesimo, autorevole  invito  della  Corte
costituzionale, secondo cui il citato comma 776, abrogando l'art. 15,
comma 5, della citata legge n. 724 del 1994 «ha, di fatto,  eliminato
anche il riferimento alla perdurante  applicabilita'  -  quanto  alle
pensioni dirette liquidate fino al 31 dicembre 1994  e  a  quelle  di
riversibilita' ad esse riferite - delle  disposizioni  relative  alla
corresponsione dell'indennita' integrativa speciale  sui  trattamenti
di pensione previste dall'art. 2 della  legge  n.  324  del  1959,  e
successive modificazioni». Neppure poteva trascurarsi  che,  a  norma
del citato comma 774, «indipendentemente  dalla  data  di  decorrenza
della pensione diretta»,  l'indennita'  integrativa  speciale  e'  da
considerare  come  «parte  integrante  del  complessivo   trattamento
pensionistico percepito» (con sicuro effetto, al piu' tardi,  dal  17
agosto 1995). 
    Tanto era parso sufficiente per  affermare  che,  almeno  dal  17
agosto 1995, l'indennita' integrativa speciale  aveva  in  ogni  caso
perso la propria  natura  di  voce  «autonoma»  ed  «accessoria»  (di
«contingenza»), formando piuttosto «parte integrante del  complessivo
trattamento pensionistico». 
    5.5.2. - In aggiunta, questo giudice aveva valorizzato  il  venir
meno   dello   stesso   riferimento   normativo    alla    perdurante
applicabilita' delle disposizioni relative alla corresponsione  della
i.i.s. stessa (tra le quali va annoverato, indubbiamente, il  secondo
comma  del  nostro  art.  99  che,   per   l'appunto,   impediva   la
corresponsione di due i.i.s. in aggiunta a due pensioni, come pure il
quinto  comma  dello  stesso  articolo).   Infatti,   essendo   state
definitivamente  abrogate  le  norme  sulla  «corresponsione»   della
i.i.s., anche per le pensioni dirette  ante  1995  e  per  quelle  di
reversibilita'  ad  esse  riferite,  non   potrebbe   trovare   utile
applicazione la norma sul  divieto  di  cumulo  che,  per  l'appunto,
sospende o vieta la «corresponsione» della seconda i.i.s. in caso  di
contestuale godimento di due trattamenti. L'art. 99, secondo,  comma,
in  parola,  in   quanto   disposizione   comunque   concernente   la
«corresponsione» della i.i.s., sarebbe rimasta  tacitamente  abrogata
dal citato comma 776, insieme al menzionato art. 15, comma 5. 
    5.5.3. - D'altra parte, come osservato nella citata  sentenza  n.
29 del  2009,  il  legislatore  stesso  sembrava  aver  chiarito  che
l'i.i.s. non si «aggiunge» piu',  di  mese  in  mese,  alla  pensione
(«integrandola»),  ma  viene  ormai  a  costituire  una  delle   voci
«strutturali» che «compongono» la pensione stessa; in altri  termini,
cessato il riferimento alle peculiari modalita'  di  «corresponsione»
della i.i.s., quest'ultima (pur restando ovviamente «attribuita» agli
interessati) viene a formare  un  tutt'uno  con  la  pensione  «base»
(anche sotto il profilo perequativo), distinguendosene  solo  per  il
nomen e per  le  specifiche  modalita'  di  liquidazione  (recte,  di
originaria attribuzione in favore dei pensionati ante 1995, dovendosi
per essi prescindere dall'aliquota di pensionabilita'  ai  sensi  del
citato  art.  15,  comma  3,  della  legge  n.  724  del  1994).   In
quest'ottica interpretativa, l'abrogazione del citato art. 15,  comma
5, non avrebbe comportato alcuna necessita' di «riliquidare» tutte le
pensioni ante 1995 (e relative reversibilita')  conglobando  l'i.i.s.
nella  base  pensionabile;   l'i.i.s.   sarebbe   rimasta,   infatti,
attribuita  agli  interessati  nella  misura   gia'   precedentemente
liquidata, ma sarebbe stata  considerata  in  tutto  equiparata  alla
pensione «base». 
    5.5.4. - Sotto il profilo temporale, ancora, si era osservato che
le  due   disposizioni   della   legge   finanziaria   2007   (quella
interpretativa, al  comma  774;  quella  abrogativa,  al  comma  776)
apparivano strettamente collegate nel perseguire un  unico  «disegno»
sistematico. 
    Infatti,  come  autorevolmente  spiegato   dalla   stessa   Corte
costituzionale (sent. 74  del  2008,  cit.),  «la  linea  ispiratrice
dell'intervento  del  legislatore  (...)  emerge  in  tutta  la   sua
chiarezza dalla prima lettura della disposizione (...), la quale pone
in rilievo (...) la  decorrenza  della  estensione  della  disciplina
della pensione di reversibilita' prevista dall'assicurazione generale
obbligatoria a tutte le forme esclusive o sostitutive di detto regime
dalla data di entrata in vigore della legge n. 335 del 1995».  Quanto
alla «decorrenza della  evidenziata  estensione  di  disciplina»,  il
legislatore «ha ritenuto di intervenire (...) interpretando l'art. 1,
comma 41, della legge n. 335 del 1995» ed «ha scelto, in  definitiva,
uno dei possibili significati della norma interpretata». Ne deriva  -
conclude la Corte costituzionale -  che  «nel  contesto  di  siffatta
operazione,   non   puo'   reputarsi   contraddittoria,   e    dunque
irragionevole, l'abrogazione - ad opera del  comma  776  dell'art.  1
della legge n. 296 del 2006  -  del  comma  5  dell'art.  15  citato,
giacche'  essa  risulta  rispondente  ad  una  esigenza   di   ordine
sistematico imposta proprio dalle vicende che hanno  segnato  la  sua
applicazione». 
    Alla luce di cio', all'abrogazione disposta con il  citato  comma
776 non sembrava potersi  attribuire  efficacia  ex  nunc,  dovendosi
evidentemente  ricollegare  questa  abrogazione  (per   le   unitarie
«esigenze  di   ordine   sistematico»   enunciate   dalla   Consulta)
all'interpretazione autentica recata dal  precedente  comma  774;  si
tratta, infatti, di una stessa  «operazione»  normativa  (nell'ambito
della quale neppure rileva, ad avviso della Consulta, se la norma sia
effettivamente interpretativa o innovativa con effetto  retroattivo).
Nel caso di specie, d'altra parte, ben poco  senso  avrebbe  abrogare
con effetto ex nunc una clausola transitoria di salvaguardia che,  di
fatto, ha ormai pressoche' completamente esaurito il proprio  effetto
(difficile pensare che nel 2007 ancora vi sia un rilevante numero  di
pensioni ante 1995  da  liquidare);  e'  evidente,  per  contro,  che
l'abrogazione di una clausola di salvaguardia  transitoria  non  puo'
che avere valenza retroattiva in re ipsa, a maggior ragione quando si
ricolleghi ad una norma di interpretazione autentica con implicazioni
indubbiamente «retroattive». 
    5.5.5. - In definitiva, questo giudice - cercando  di  addivenire
in  punto  di  diritto  ad  una  interpretazione   costituzionalmente
orientata  e  sistematicamente  soddisfacente  della   normativa   in
questione, in adesione all'invito della Corte costituzionale -  aveva
espresso il convincimento che, per espressa interpretazione autentica
del legislatore, fin dal 17 agosto 1995 (data di  entrata  in  vigore
della citata legge n. 335 del 1995) l'indennita' integrativa speciale
avesse perso la propria natura «integrativa» od «accessoria» rispetto
alla  pensione  divenendone,  tal  quale,   componente   strutturale,
pienamente cumulabile. 
    A ben vedere, con la riforma del  1995  era  mutato  radicalmente
anche  il  sistema  dei  limiti  al  cumulo   di   piu'   trattamenti
pensionistici e retributivi. Con la «tabella F» allegata alla  citata
legge n. 335 del 1995 (art. 1, comma 41), tra  gli  altri  interventi
(costituzione  del  «casellario»  delle  pensioni,  nuovi  meccanismi
perequativi basati su fasce di reddito, aliquote  decrescenti  per  i
trattamenti piu' elevati), il legislatore ha  infatti  introdotto  un
nuovo e fondamentale accorgimento volto a modulare tendenzialmente il
trattamento pensionistico in funzione della capacita' reddituale  del
beneficiario; in questa prospettiva,  e  nel  quadro  generale  della
progressiva  trasposizione  nel   settore   pubblico   delle   regole
previdenziali vigenti per i lavoratori privati,  ben  puo'  ritenersi
ampiamente superata la normativa sui limiti al cumulo di piu' i.i.s.,
essendo entrati in vigore ben altri limiti alla reversibilita'  e  al
cumulo di piu' trattamenti. I piu' moderni  criteri,  d'altra  parte,
attribuendo rilievo sostanziale al reddito complessivo  del  soggetto
(piuttosto che al dato formale di una duplice «indennita'» che, quale
residuo storico, restava  «integrativa»  e  «speciale»  soltanto  nel
nome) hanno disegnato un sistema senz'altro piu' equo e razionale  di
gestione del "cumulo" di piu' trattamenti, soppiantando nei  fatti  i
previgenti criteri, per molti versi insoddisfacenti e percio' oggetto
di ripetute censure di costituzionalita'. 
    Il 1995 segna, quindi, il punto di svolta a partire dal quale  la
tematica  del  «cumulo»  e'  stata  affrontata  ancorando   l'effetto
limitativo al quantum complessivo, piuttosto che al formale nomen  di
una singola  voce  del  trattamento.  Le  eventuali  «penalizzazioni»
pensionistiche derivano, infatti, dal profilo reddituale  complessivo
del soggetto piuttosto che dalla composizione analitica e formale del
trattamento,  verosimilmente  con  maggior  aderenza  sostanziale  ai
parametri costituzionali di solidarieta' sociale ed economica (art. 2
Cost.), di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di proporzionalita'  rispetto
alle proprie  esigenze  di  sostentamento  nonche'  alla  qualita'  e
quantita' del lavoro svolto (artt. 36 e 38 Cost.), nell'ambito  della
discrezionalita' di cui gode il legislatore. 
    Dai citati commi 774 e 776, in definitiva, poteva trarsi conferma
ex post del mutamento di prospettiva del legislatore  (e,  con  esso,
della   Corte    costituzionale),    sembrando    implicitamente    e
definitivamente  consacrata  l'interpretazione  che  da  tempo  aveva
ritenuto superata,  dopo  le  riforme  del  1995,  la  questione  del
«divieto di cumulo» alla luce del «conglobamento« della i.i.s.  nella
pensione  e  della   connessa   perdita   della   previgente   natura
propriamente  «accessoria».  Con   cio',   poteva   anche   spiegarsi
l'apparente «aporia» tra la citata sentenza n.  516  del  2000  della
Corte costituzionale (priva di qualsivoglia riferimento  al  criterio
del «minimo INPS») e le precedenti pronunce della Corte medesima (che
quel  criterio  avevano  affermato  per  il  solo  caso  del   cumulo
pensione-pensione), essendo sentenze maturate in  contesti  normativi
assai differenti. 
    Alla luce dello ius superveniens non  sembrava  esservi,  quindi,
alcuna necessita' di sollevare nuovamente una  questione  incidentale
di legittimita'  costituzionalita'  in  quanto  il  citato  art.  99,
secondo comma, poteva ritenersi non piu' vigente almeno dal 17 agosto
1995. 
    6. - Sennonche', in ragione  della  grandissima  rilevanza  della
questione  nonche'  dei  contrasti  giurisprudenziali  immediatamente
registrati  in  sede  di  prima  applicazione  del   richiamato   ius
superveniens,  la  sezione  prima   Giurisdizionale   centrale,   con
ordinanza n.  73  depositata  il  21  novembre  2008,  ha  nuovamente
investito  le  sezioni  riunite,  in  funzione  nomofilattica   della
soluzione della relativa «questione di massima»; analoga questione e'
stata rimessa al supremo consesso della giurisdizione contabile dalla
sezione Giurisdizionale per la regione Toscana, con ordinanza n.  170
del 2008. 
    Con sentenza n. 1/QM del 26 febbraio  2009,  alle  cui  complesse
motivazioni si fa integrale rinvio,  le  sezioni  riunite  hanno  tra
l'altro affermato (dopo ampia disamina della questione)  il  seguente
principio di massima:  «per  il  periodo  precedente  all'entrata  in
vigore della legge 27 dicembre 2006,  n.  296  resta  applicabile  la
disciplina della IIS con riferimento  al  titolare  di  due  pensioni
decorrenti entrambe da data anteriore al 1° gennaio 1995». 
    In motivazione, le sezioni riunite hanno respinto con fermezza il
riferito orientamento favorevole alla  cumulabilita'  dell'i.i.s.  su
plurime pensioni, maturato  «sulla  suggestione  di  alcuni  passaggi
delle pronunce n. 74 e n. 119 della Corte costituzionale» (pag. 37). 
    Segnatamente secondo l'insegnamento delle sezioni riunite: 
        «va considerato che il  tema  della  disposizione  in  esame»
(cioe' della citata legge finanziaria  2007,  art.  1,  commi  774  e
seguenti) «non e' quello della natura  della  indennita'  integrativa
speciale, divenuta parte  costitutiva  del  trattamento  di  pensione
ormai dal 1° gennaio 1995, ma la aliquota del complessivo trattamento
di pensione di reversibilita'» (pagg. 37/38); 
        «deve  puntualizzarsi  che  l'abrogazione  del  quinto  comma
dell'art.  15  in  esame»  (legge  n.  1724  del  1994)  «ha  effetti
dall'entrata in vigore della legge n. 296/2006 (1°  gennaio  2007)  e
quindi i non ha rilievo per il periodo anteriore a tale  data»  (pag.
39); 
        «la mancata abrogazione di tale norma» (cioe' del comma 3 del
citato art. 15)  «che  avvia  il  processo  di  omogeneizzazione  del
trattamento di pensione dei pubblici dipendenti, in regime  esclusivo
e  sostitutivo  di  quello  vigente  nel  sistema  dell'assicurazione
generale obbligatoria, mantenendo cosi' in vita il discrimine tra  le
pensioni antecedenti e quelle successive al 1°  gennaio  1995,  anche
nella  fase  della  compiuta  omogeneizzazione  delle   pensioni   di
reversibilita',  e'  la  manifestazione  chiara,  a  chi  ne   voglia
intendere i  dettami,  della  intenzione  del  legislatore  di  voler
continuare, per le pensioni liquidate fino al  31  dicembre  1994,  a
considerare tuttora applicabile la precedente disciplina, divieto  di
cumulo della indennita' integrativa su  due  o  piu'  trattamenti  di
pensione, di cui al mai abrogato, e  neppure  annullato  dalla  Corte
costituzionale, secondo comma dell'art. 99  del  d.P.R.  29  dicembre
197R n. 1092; per le pensioni liquidate prima del  1°  gennaio  1995,
per le quali l'indennita' integrativa  speciale  costituiva  un  mero
assegno accessorio, la legge n.  296  non  ha  in  realta'  apportato
alcuna innovazione» (pag. 40); 
        «il   mantenimento,    in    tal    modo,    del    carattere
"accessorio"delle  indennita'  integrative  speciali  sulle  pensioni
liquidate prima del 1°  gennaio  1995  ha  comportato  anche,  per  i
titolari di piu' pensioni tutte anteriori a tale data  la  permanenza
dei limiti del cumulo delle indennita'  stesse  posti  dall'art.  99,
comma 2 del d.P.R. n. 1092 del 1973, nel testo modificato dalla Corte
costituzionale» (pag. 41); 
        «in definitiva, in ragione dell'art. 99 comma 2,  del  d.P.R.
n.  1042  del  1973,  vigente  nel  testo  modificato   dalla   Corte
costituzionale tuttora non sussiste, in caso di  pensioni  liquidate,
come nella deferita questione, prima del 1° gennaio. 1995, il diritto
al cumulo della indennita' integrativa speciale in misura  intera  su
due  trattamenti  di  pensione,  dovendosi  assicurare  sul   secondo
trattamento solo il minimo INPS» (pagg. 41/42); 
        «il legislatore, in effetti, non  ha  mai  stabilito  che  il
principio  del  divieto  di  cumulo,  consacrato  nella  disposizione
contenuta nel secondo comma dell'art. 99 succitato, sia  venuto  meno
anche per le  pensioni  liquidate  prima  della  data  suindicata;  e
neppure  ha  previsto  che  per  tali  pensioni  si  procedesse  alla
riliquidazione  dalla  stessa  data,  corrispondendo  per  intera  la
indennita' integrativa speciale anche  sulla  seconda  pensione,  pur
nella forma di emolumento accessorio della pensione e non costitutivo
della base pensionabile» (pag. 42); 
        «eliminata la norma  transitoria  non  si  elimina  anche  il
precedente ordinamento che essa raccordava al nuovo, il quale  rimane
qual'era con la tuttora vigenza del divieto di cumulo  come  previsto
dalle disposizioni che lo contemplano  cosi'  come  conformate  dalla
Corte costituzionale» (pag. 46). 
    7. - All'insegnamento delle sezioni riunite, espresso in funzione
nomofilattica  nella  soluzione  della  sottopostagli  «questione  di
massima», questo giudice  e'  chiamato  -  in  mancanza  di  elementi
«nuovi»  -  a   conformarsi   doverosamente   (in   tema,   cfr.   le
considerazioni di C. Conti, SS.RR sent. 5/QM del 18 novembre 2008, in
parte motiva; in tema v. anche Cass., ss.uu., sent. n.  28653  del  3
dicembre  2008).  Questo  giudice   non   puo',   quindi,   sottrarsi
all'applicazione  del  «diritto   vivente»,   quale   inequivocamente
affermato da tre conformi successive pronunce delle  sezioni  riunite
(n. 14/QM/2003, cit.; 2/QM/2006, cit.; n.  1/QM/2009,  cit.)  nonche'
dall'attuale  univoco  orientamento  delle   tre   sezioni   centrali
d'appello della Corte dei conti (cfr. sez. prima,  sent.  295  del  7
luglio 2008; sez. seconda, sent. 252 del 25 luglio 2008; sez.  terza,
sent. 238 del 22 agosto  2008,  gia'  citate;  fa  eccezione,  ma  in
relazione ai soli ricorrenti  residenti  in  Sicilia,  App.  Sicilia,
sent. 100 del 6 marzo 2009). 
    Ne deriva, in primo luogo, che il (parziale) «divieto di  cumulo»
di piu' i.i.s. corrisposte su piu' pensioni - diversamente da  quanto
aveva erroneamente opinato questo giudice con la citata  sentenza  n.
29 del 2009 - e' da ritenere tuttora vigente, non avendo influito  lo
ius  superveniens recato  dalla  legge  finanziaria   per   il   2007
sull'applicazione o sull'interpretazione del citato  art.  99,  comma
secondo, del citato testo unico n. 1092 del 1973  (come  «manipolato»
dalla Corte costituzionale con sent. 494 del 1993, citata). 
    Ne deriva, in secondo  luogo,  per  elementare  conseguenza,  che
restano intatte tutte le censure di legittimita'  costituzionale  del
citato art. 99,  secondo  comma,  gia'  a  suo  tempo  sollevate  per
contrasto con gli artt. 3 e 36 cost. (sez. Abruzzo, ordinanza  n.  14
del 10 marzo 2006) ovvero con gli  artt.  3,  36  e  38  cost.  (sez.
Toscana, ordinanza n. 33 del 30 marzo  2006)  o  anche  soltanto  con
l'art. 3 cost. (sez. terza appello n. 153 del 16 maggio  2006).  Alle
citate ordinanze di remissione, i cui contenuti devono intendersi qui
integralmente richiamati, in  quanto  condivisi  da  questo  giudice,
viene ad aggiungersi, da ultimo, l'ordinanza sez. Toscana, n. 49  del
3 aprile 2009, anch'essa sostanzialmente condivisa da questo  giudice
e da intendersi qui recepita. 
    8. - Per tutto quanto fin qui esposto, va osservato, in punto  di
rilevanza della questione, che i  giudizi  riuniti  in  epigrafe  non
possono essere decisi prescindendo  dall'applicazione  del  censurato
art. 99, secondo comma (come integrato dalla  citata  sentenza  Corte
cost., n. 434 del 1993), in quanto concernenti fattispecie di  cumulo
di i.i.s. relative a pensioni liquidate anteriormente alla  data  del
1° gennaio 1995, con domanda di  riconoscimento  di  ratei  arretrati
comunque  ricadenti  (tenuto  conto  del  termine   quinquennale   di
prescrizione) in data anteriore al 2007. 
    Ancora, in punto di rilevanza, pare a questo  giudice  di  merito
che nessuna altra interpretazione  costituzionalmente  orientata  del
citato art. 99, secondo comma, sia ormai concretamente  percorribile,
dovendosi osservare il chiarissimo principio di  diritto  piu'  volte
affermato e ribadito dalle sezioni riunite nonche', in ultimo,  dalle
sezioni prima, seconda e terza centrali d'appello di questa Corte dei
conti, le cui conformi pronunce  sostanziano  il  «diritto  vivente»,
almeno nei confronti di questa Sezione Piemonte le cui  decisioni  al
vaglio di quei giudici d'Appello sono sottoposte. 
    In punto  di  «non  manifesta  infondatezza»,  vanno  anzi  tutto
richiamate le considerazioni gia' svolte nelle  citate  ordinanze  di
remissione del 2006 nonche' nella recente ordinanza n. 49/2009  della
sezione Toscana (i cui condivisibili contenuti, per brevita', non  e'
opportuno qui riportare per esteso). In estrema sintesi,  sono  state
poste in rilievo le molteplici  incongruenze  derivanti  dalla  piena
cumulabilita'  della  i.i.s.  per  i  pensionati  che  siano   ancora
lavoratori attivi (cumulo pensione-retribuzione) con  cessazione  del
favorevole regime di cumulo  all'atto  del  successivo  pensionamento
(divieto di cumulo pensione-pensione) ma solo per i  pensionati  ante
1995 (e per le relative pensioni di reversibilita', se maturate entro
il 17 agosto 1995), cosi' introducendo, tra  l'altro,  una  forte  ed
irragionevole  cesura  sul  piano  temporale  senza  la   contestuale
previsione di alcun meccanismo di graduale adeguamento dal  «vecchio»
al «nuovo» sistema di computo della i.i.s., con particolare  riguardo
alla  salvaguardia  delle  posizioni   pregresse.   Irragionevolmente
distonico appare, poi, il «conglobamento» della i.i.s. nelle pensioni
di reversibilita' comunque sorte dopo il 17 agosto 1995  dal  momento
che quella  stessa  i.i.s.,  in  capo  al  dante  causa,  e'  tuttora
considerata voce «accessoria» di contingenza. 
    Oltre a cio',  questo  giudice  ritiene  di  dover  rimarcare  il
profilo,   invero   singolare,   dell'irragionevole   disparita'   di
trattamento venutasi a creare tra i pensionati della Regione  Sicilia
(interessati ad oggi dalla citata pronuncia «ablatoria»  n.  516  del
2000; v. tabella O,  lettera  b),  terzo  comma,  della  legge  della
Regione Siciliana 29 ottobre 1985, n. 41) e il resto  dei  pensionati
pubblici   (interessati   per   contro   dalla    citata    pronuncia
«manipolativa» n. 434 del 1993; v.  art.  99,  secondo  comma,  Testo
unico n. 1092 del 1973). 
    In verita', se nel 2000 il criterio del «minimo  INPS»  e'  stato
ritenuto non piu' idoneo a riportare a legittimita' costituzionale la
citata norma della Regione Sicilia  (corrispondente  sia  all'odierna
norma statale, valevole per il  resto  dei  pensionati,  sia  ad  una
precedente   norma   regionale   gia'   incisa   da    illegittimita'
costituzionale  parziale  con  citata  sentenza  n.  376  del  1994),
giudicandosi evidentemente quel parametro non piu'  significativo  ai
fini della circoscrizione del «divieto di  cumulo»,  non  appare  ne'
equo, ne' ragionevole, ne' coerente che a tutt'oggi (o  comunque  per
il periodo tra il 1995 e il 2007) quello stesso criterio  correttivo,
ormai  abbandonato  dalla  Corte  costituzionale  (verosimilmente  in
ragione dell'illustrata evoluzione del sistema previdenziale pubblico
dopo le riforme  del  1995),  sia  parzialmente  tenuto  fermo  dalla
giurisprudenza contabile nel «diritto vivente»  facendo  applicazione
dell'art. 99, secondo comma, del citato Testo unico n. 1092 del 1973,
norma gia' a  suo  tempo  incisa  da  pronuncia  di  (solo  parziale)
illegittimita' costituzionale. 
    Tanto piu' che, com'e' noto,  il  criterio  dell'integrazione  al
«minimo INPS» rappresenta un «correttivo»  solo  nominale,  di  fatto
quasi totalmente privo di pregnanza, considerato che pressoche' tutte
le pensioni dei dipendenti pubblici sono, in concreto,  superiori  al
«minimo in discorso, fatta eccezione per alcune pensioni privilegiate
tabellari. L'affermazione, quindi, che una pensione va «integrata» al
minimo INPS si risolve, nella generalita' dei casi, in un mero  gioco
di parole privo di qualsivoglia effetto economico. 
    Ad avviso di  questo  giudice  viene  quindi  a  concretarsi,  in
aggiunta ai  profili  di  incostituzionalita'  gia'  delineati  nelle
richiamate  ordinanze,  una  macroscopica  violazione  dei   principi
fondamentali di uguaglianza e ragionevolezza sottesi all'art. 3 della
Costituzione, non essendo di agevole percezione la ragione (salvo dar
rilievo,   per   l'appunto,    al    diverso    contesto    «storico»
dell'ordinamento  pensionistico  pubblico  entro   cui   sono   state
pronunciate   le   rispettive    declaratorie    di    illegittimita'
costituzionale)  per  cui  le  due  originarie   (e   sostanzialmente
equivalenti) norme (statale e regionale), entrambe recanti il divieto
totale di cumulo della siano poi venute paradossalmente a  dipanarsi,
per l'effetto di pronunce della Corte costituzionale (e non di scelte
legislative espressive di discrezionalita'  nella  materia),  in  due
regole giuridiche incommensurabilmente diverse (cumulo pieno  per  il
solo  personale  della  Regione  Sicilia;  cumulo  parziale  ma,   in
concreto,  inoperante  per  gli  altri);  cio'  pur  in  mancanza  di
apprezzabili   differenze   nelle   fattispecie   disciplinate,   non
constando,  ai  fini  che  qui   interessano,   alcuna   specificita'
originaria o sopravvenuta della previdenza  pubblica  dei  dipendenti
della  Regione  Sicilia  tale  da  costituire  un   valido   elemento
differenziale rispetto agli altri dipendenti pubblici. 
    Al   riguardo,   cade   opportuno   rammentare   che   la   Corte
costituzionale ebbe ad affermare che le  stesse  «rationes  decidendi
debbono trovare applicazione» tanto per la normativa  statale,  tanto
per quella della Regione  Sicilia,  «posto  che  le  norme  regionali
impugnate dettano una disciplina  sostanzialmente  analoga  a  quella
prevista dalle norme legislative statali che la Corte ha rettificato»
(sent. 376 del 1994, cit.) e che «le questioni sollevate dal  giudice
a  quo  devono  quindi  essere  accolte  nei  termini  e  nei  limiti
precitati» nelle pronunzie precedenti. 
    Va rilevato infine che,  trattandosi  di  una  rendita  vitalizia
pubblica,  corrisposta  mensilmente  agli  interessati  per   importi
tutt'altro che irrilevanti, l'irragionevole perdurante  sperequazione
puo' finire, in concreto, per minare non soltanto l'effettivita'  del
canone di uguaglianza, ma anche il principio stesso  di  solidarieta'
sociale ed economica su cui si fonda la Repubblica (art. 2 Cost.). 
    9. - In definitiva, perdurante l'inerzia del legislatore,  appare
imprescindibile un intervento risolutivo della  Corte  costituzionale
la quale, pronunciandosi sulla sollevata questione,  non  importa  in
concreto con quale tipo  di  decisione,  possa  comunque  ristabilire
nella materia le auspicabili condizioni di uniformita' e certezza del
diritto. Condizioni che, in effetti, paiono irrinunciabili agli occhi
di «chiunque ravvisi il valore essenziale dell'ordinamento  giuridico
di un Paese civile nella coerenza tra le parti  di  cui  si  compone;
valore nel dispregio del quale le norme che ne fan parte degradano al
livello di gregge privo di pastore: canone di coerenza che nel  campo
delle norme di diritto e' l'espressione del principio di  eguaglianza
di trattamento tra eguali posizioni sancito dall'art. 3» (cosi' Corte
cost., sent. n. 204 del 29-30 novembre 1982). 
    Occorre quindi giudicare se l'art. 99, secondo comma, del  citato
testo  unico,  per  come  applicato  nel  «diritto   vivente»   ormai
univocamente affermato dalle sezioni  riunite  e  centrali  d'appello
della Corte dei conti, sia o meno  costituzionalmente  legittimo  con
riferimento agli artt. 2, 3, 36  e  38  della  Costituzione.  Ritiene
questo giudice che, nella fattispecie, come  efficacemente  affermato
nella sentenza n. 376 del 1994, citata, possano trovare  applicazione
le stesse «rationes decidendi» sottese alla successiva  pronuncia  n.
516 del 2000, citata. 
    10. - La statuizione  sulle  spese  e'  riservata  all'esito  del
giudizio.