Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma  2,
secondo periodo, del decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30  della  legge  30  dicembre  1991,  n.
413) - come modificato dall'art. 3-bis,  comma  1,  lettera  b),  del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2  dicembre  2005,  n.  248  -,  promosso  con  ordinanza
depositata l'8 luglio 2008  dalla  Commissione  tributaria  regionale
della Toscana nel giudizio vertente tra l'appellante s.r.l.  Societa'
Generale Ristoranti e Alberghi - SOGENERAL  e  gli  appellati  S.p.A.
Ambiente, Servizi, Mobilita' - A.S.M. e Comune di Prato, iscritta  al
numero 55 del registro ordinanze 2009  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 9, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella Camera di consiglio del 23 settembre 2009 il  giudice
relatore Franco Gallo. 
    Ritenuto che nel corso di un giudizio di appello,  con  ordinanza
depositata l'8 luglio 2008, la Commissione tributaria regionale della
Toscana ha sollevato, in riferimento al secondo comma  dell'art.  102
della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 2,  comma  2,
secondo periodo, del decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30  della  legge  30  dicembre  1991,  n.
413) - come modificato dall'art. 3-bis,  comma  1,  lettera  b),  del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui attribuisce
alla  giurisdizione  delle  commissioni  tributarie  le  controversie
riguardanti la debenza  della  tariffa  di  igiene  ambientale  (TIA)
disciplinata dall'art. 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
22  (Attuazione  della  direttiva  91/156/CEE  sui   rifiuti,   della
direttiva  91/689/CEE  sui  rifiuti  pericolosi  e  della   direttiva
94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio); 
        che,  secondo  quanto  premesso  in  punto  di  fatto   dalla
Commissione tributaria rimettente: a) la  S.p.A.  Ambiente,  Servizi,
Mobilita' - A.S.M. aveva emesso, nei  confronti  di  una  societa'  a
responsabilita' limitata esercente attivita' alberghiera,  un  avviso
di pagamento del saldo, per l'anno  2006,  della  tariffa  di  igiene
ambientale (TIA) istituita dal Comune di Prato; b) la suddetta S.r.l.
aveva impugnato l'avviso di pagamento nei confronti sia del Comune di
Prato sia della S.p.A.  A.S.M.;  c)  l'adita  Commissione  tributaria
provinciale   di   Prato   aveva   dichiarato   inammissibile    tale
impugnazione, in quanto riguardante un atto non ricompreso tra quelli
indicati come impugnabili dall'art. 19 del d.lgs. 31  dicembre  1992,
n. 546; d) la S.r.l. aveva appellato, nei confronti  della  S.p.A.  e
del Comune resistenti, la suddetta sentenza di primo grado, deducendo
che l'avviso di pagamento era impugnabile ed invalido; e) l'appellata
s.p.a. aveva eccepito l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 546  del  1992,  perche',  in
violazione dell'art. 102,  secondo  comma,  Cost.,  attribuisce  alla
giurisdizione tributaria la cognizione  delle  controversie  relative
alla TIA, che non ha natura di tributo; 
        che, secondo quanto premesso in punto di diritto dalla stessa
Commissione tributaria regionale: a) diversamente  da  quanto  deciso
dal giudice di primo  grado,  l'avviso  di  pagamento  della  TIA  e'
«assimilabile ad un atto di imposizione»,  cosi'  da  rientrare  «tra
quelli menzionati dall'art. 19 del d.lgs. n. 546/92 del  1992,  lett.
i)»; b) la Corte costituzionale, con le sentenze n. 130 e n.  64  del
2008  e  con  l'ordinanza  n.  34  del  2006,  ha  sottolineato   che
l'attribuzione della giurisdizione  alle  commissioni  tributarie  e'
imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto; c)
l'«art. 238 d.lgs. n. 152/2006,  gia'  art.  49  d.lgs.  n.  22/1997,
costruisce  la  tariffa  in  questione  come  "corrispettivo  per  il
servizio di raccolta,  recupero  e  smaltimento  dei  rifiuti  solidi
urbani" (comma 1) e prevede che la tariffa medesima sia costituita da
due quote, una commisurata alle componenti essenziali del  costo  del
servizio (investimenti,  ammortamenti)  e  l'altra  "rapportata  alla
quantita' dei rifiuti conferiti" (comma 4), cosi' da  assicurare  "la
copertura integrale dei costi di investimento e  di  esercizio"»;  d)
«tali disposizioni (e  quelle  ulteriori  relative  alla  modulazione
della tariffa e al  coefficiente  di  riduzione  corrispondente  alla
dimostrazione della quantita' di rifiuti avviati al recupero: comma 9
e 10) sembrano  offrire  elementi  sufficienti  per  attribuire  alla
tariffa in questione la natura di corrispettivo di un servizio»; 
        che, su tali premesse, il  giudice  a  quo,  in  accoglimento
dell'eccezione  proposta  dalla  s.p.a.  appellata,  afferma  che  la
disposizione   censurata -   nell'attribuire    alla    giurisdizione
tributaria le controversie in materia di TIA, cioe'  di  un  prelievo
avente natura non tributaria - autorizza il dubbio  della  violazione
dell'evocato parametro costituzionale; 
        che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata; 
        che infatti, ad avviso della difesa erariale, la  tariffa  in
esame ha natura di «tassa», perche': a) «la "tariffa" di cui all'art.
238  del  d.lgs.  152  del  2006  non  presenta  [...]  caratteri  di
sostanziale diversita' rispetto alla previgente "tassa di smaltimento
dei rifiuti", considerata la sostanziale  identita'  del  presupposto
oggettivo   e   dei   soggetti   passivi,   nonche'   la   confermata
obbligatorieta' del prelievo»; b) l'obbligo del privato di pagare  la
tariffa scaturisce, pertanto, da un  fatto  individuato  direttamente
dalla legge e non da un titolo contrattuale o,  comunque,  negoziale;
c) inoltre, in base alla  «previsione  contenuta  nel  medesimo  art.
238», la tariffa deve essere determinata in modo  da  consentire  «la
copertura anche di costi accessori alla gestione dei rifiuti urbani -
quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade - vale a dire
di costi estranei  alla  logica  della  corrispondenza  tra  costi  e
benefici,    in    quanto    non    direttamente    riferibili     al
contribuente-utente,    ma,     piuttosto,     alla     collettivita'
complessivamente considerata»; d) in considerazione della doverosita'
e del fondamento solidaristico  della  prestazione,  la  tariffa  «si
configura come una forma di finanziamento  di  un  servizio  pubblico
attraverso l'imposizione dei relativi costi sull'area sociale che  da
tale servizio riceve, nel suo insieme, un beneficio» e,  dunque,  non
presenta quel carattere di corrispettivita' tra  prestazione  imposta
al privato e prestazione resa dall'ente pubblico che, invece, connota
il canone per l'occupazione  di  suolo  pubblico  (COSAP),  il  quale
costituisce la remunerazione per l'uso speciale di un  bene  pubblico
(Corte costituzionale, sentenza n. 64 del 2008). 
    Considerato che la Commissione tributaria regionale della Toscana
dubita,  in  riferimento  al  secondo  comma  dell'art.   102   della
Costituzione, della legittimita' del  secondo  periodo  del  comma  2
dell'art.  2  del  decreto  legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30  della  legge  30  dicembre  1991,  n.
413) - come modificato dall'art. 3-bis,  comma  1,  lettera  b),  del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dal comma 1 dell'art.  1
della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui dispone che
«Appartengono alla giurisdizione  tributaria  [...]  le  controversie
relative alla debenza del canone [...] per lo smaltimento di  rifiuti
urbani»  e,  quindi,  della  tariffa  di  igiene   ambientale   (TIA)
disciplinata dall'art. 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
22  (Attuazione  della  direttiva  91/156/CEE  sui   rifiuti,   della
direttiva  91/689/CEE  sui  rifiuti  pericolosi  e  della   direttiva
94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio); 
        che, nonostante i riferimenti,  contenuti  nell'ordinanza  di
rimessione,  anche  alla  tariffa   integrata   ambientale   prevista
dall'art. 238 del d.lgs. 3 aprile 2006,  n.  152  (Norme  in  materia
ambientale), va rilevato che la sollevata questione - in coerenza con
la  res  litigiosa  del   giudizio   principale -   ha   ad   oggetto
esclusivamente la norma che attribuisce alla giurisdizione tributaria
la cognizione delle controversie relative alla debenza della  tariffa
di igiene ambientale prevista dall'art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997; 
        che,  secondo  il   giudice   rimettente,   la   disposizione
denunciata, attribuendo alle  commissioni  tributarie  la  cognizione
delle controversie concernenti la debenza  della  TIA,  cioe'  di  un
prelievo non qualificabile, a suo avviso, come  «tributo»,  fa  venir
meno l'imprescindibile collegamento, richiesto dall'evocato parametro
costituzionale,  tra  la  giurisdizione  tributaria   e   la   natura
tributaria dei rapporti oggetto di tale giurisdizione e  si  risolve,
pertanto, nella violazione del divieto di  creare  un  nuovo  giudice
speciale; 
        che la questione e' manifestamente inammissibile,  per  avere
il giudice  gia'  fatto  applicazione,  nel  giudizio  a  quo,  della
censurata disposizione  o,  comunque,  per  contraddittorieta'  della
prospettazione; 
        che il rimettente,  infatti,  prima  di  sollevare  la  sopra
riferita questione di legittimita' costituzionale,  ha  espressamente
dichiarato ammissibile l'impugnazione dell'avviso di pagamento  della
TIA proposta, in primo grado,  davanti  alla  Commissione  tributaria
provinciale di Prato ed ha  motivato  tale  dichiarazione  affermando
che, contrariamente  a  quanto  ritenuto  da  detta  Commissione,  il
suddetto avviso e' «assimilabile ad un atto di imposizione», cosi' da
rientrare tra gli  atti  menzionati  come  impugnabili  davanti  alle
commissioni tributarie dall'art.  19,  comma  1,  «lettera  i)»,  del
d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 («ogni altro atto  per  il  quale  la
legge ne preveda l'autonoma impugnabilita' davanti  alle  commissioni
tributarie»); 
        che   il   giudice   tributario   a   quo,   con   l'indicata
dichiarazione, ha implicitamente affermato la propria  giurisdizione,
facendo cosi applicazione del denunciato secondo periodo del comma  2
dell'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992  e  rendendo  conseguentemente
irrilevante la sollevata questione; 
        che, inoltre, la qualificazione, nella  stessa  ordinanza  di
rimessione, dell'avviso di pagamento della  TIA  sia  come  «atto  di
imposizione» sia come richiesta di un «corrispettivo» privatistico e'
intrinsecamente  contraddittoria,  tanto  da  rendere  la   sollevata
questione manifestamente inammissibile anche sotto tale profilo; 
        che,  ove  fosse  possibile  prescindere  da  tali  cause  di
manifesta   inammissibilita',   la   questione    sarebbe    comunque
manifestamente infondata, avendo questa Corte, con la sentenza n. 238
del  2009,  gia'  dichiarato  non  fondata  identica   questione   di
legittimita' costituzionale, proposta  dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Prato, sul rilievo che la TIA  disciplinata  dall'art.
49 del d.lgs. n.  22  del  1997  costituisce  non  gia'  una  entrata
patrimoniale di diritto privato, ma una  mera  variante  della  TARSU
disciplinata dal d.P.R. n. 507 del 1993 e conserva  la  qualifica  di
tributo  propria  di  quest'ultima,  con  la   conseguenza   che   le
controversie aventi ad oggetto la  debenza  della  TIA  hanno  natura
tributaria  e  che  la  loro  attribuzione  alla   cognizione   delle
commissioni tributarie e' conforme al disposto dell'evocato art. 102,
secondo comma, Cost.; 
        che, al riguardo,  il  rimettente  non  ha  prospettato,  nel
merito, argomentazioni e  profili  diversi  rispetto  a  quelli  gia'
esaminati da questa Corte con la citata sentenza o comunque idonei ad
indurre ad una differente  pronuncia  sulla  sollevata  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.