IL TRIBUNALE Nella persona del giudice istruttore dott. L. Petrucci; Vista la richiesta di liquidazione dei compensi proposta da Cancemi Anna nel proc. civ. n. 13815-2/04; Letto il proprio provvedimento emesso il 9 agosto 2007, con il quale si era liquidata all'esperta in mediazione la somma di € 614,51 per onorari, oltre I.V.A. e contributi come per legge, e si era posto «a carico dell'Erario, salvo rivalsa ex art. 134 t.u. spese leali» l'onere del pagamento, sul presupposto che «la c.t.u. e' stata disposta nell'esclusivo interesse dei minori (che non sono parte del procedimento) e che, pertanto, in relazione al tipo di attivita' non e' possibile individuare la parte soccombente o, comunque, interessata all'esito della c.t.u., sicche' l'unico criterio di ripartizione delle spese appare essere quello della divisione per meta' ciascuno» (fra virgolette il testo del precedente provvedimento, emesso nell'ambito di procedimento incidentale per la modifica delle condizioni della separazione instaurato ai sensi dell'art. 709-ter c.p.c.); Rilevato che il funzionario delegato al pagamento delle spese di giustizia, con nota datata 3 dicembre 2007, ha sollecitato la modifica del provvedimento, nella parte in cui dispone che l'onere del pagamento sia posto a carico dell'Erario, anziche' prenotato a debito; Osservato che la legge non prevede l'anticipazione a carico dell'Erario degli onorari del c.t.u. nel processo civile, stabilendo che possano essere solo prenotati a debito, previa escussione della parte condannata al pagamento delle spese da parte del professionista; Ritenuto che il provvedimento deve essere modificato (la dottrina e' unanime nel ritenere che il potere di revoca dei decreti di natura camerale previsto dall'art. 742 c.p.c. possa essere esercitato solo di ufficio; sulla natura camerale del procedimento di liquidazione cfr. Cassazione civile, sez. I, 6 dicembre 2006, n. 26168, che giudicando su un'opposizione ne ha affermato la natura camerale contenziosa, rispetto a quella camerale amministrativa della fase iniziale) mediante eliminazione della dizione «pone a carico dell'Erario»; Rilevato che e' stata sollevata dal Tribunale di Trapani (cfr. ordinanza depositata l'8 gennaio 2007, iscritta al num. Reg. ord. 768 del 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 46 del 28 novembre 2007) la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 131 t.u. spese legali, nella parte in cui differenzia il trattamento fra il c.t.u. nel processo penale (il cui pagamento e' anticipato dallo Stato) da quello del c.t.u. nel processo civile (il cui pagamento e' solamente prenotato a debito); Ritenuto che il giudizio debba essere sospeso e rimesso alla Corte costituzionale per consentire agli interessati di costituirsi in detto procedimento (possibilita' non consentita in caso di mera sospensione in attesa della definizione della questione, perche' la costituzione di terzi non parte del procedimento a quo nel processo costituzionale e' inammissibile, cfr. ex multis Corte cost. n. 318/06); Ritenuto che la norma appare violare in modo non manifestamente infondato i parametri indicati nella predetta ordinanza per le motivazioni ivi enunciate, tutte pienamente condivise da questo giudicante e qui da intendersi integralmente trascritte; Ritenuto che l'art. 131 t.u. spese legali appare violare in modo non manifestamente infondato anche gli articoli 24, 111 Cost., anche in relazione alla disparita' di trattamento rilevante ex art. 3 Cost. rispetto al trattamento economico dei c.t.u. nel processo penale, perche': il diritto vivente e' tale per cui il sistema della prenotazione a debito priva, di fatto, il c.t.u. nominato nel processo civile del compenso per l'opera prestata. Al riguardo e' eloquente quanto si afferma nella relazione elaborata dal Ministero della giustizia, quale strumento interpretativo offerto agli uffici in sede di prima applicazione del t.u., a commento della norma de quo: «in generale, l'ipotesi della prenotazione a debito successivamente all'infruttuosa escussione da parte del professionista, appare un'ipotesi di scuola piuttosto che una concreta possibilita', ma in tal senso e' la norma originaria; in particolare, per quanto attiene ai consulenti tecnici: i soli onorari (le spese sostenute per l'incarico e le spese e indennita' di trasferta sono anticipate, v. comma successivo) sono a domanda prenotati a debito e riscossi con le spese solo dopo la vana escussione del condannato alle spese non ammesso e dell'ammesso in caso di revoca dell'ammissione, cui e' equiparata la vittoria della causa. Rispetto al r.d. del 1923, la disciplina incorporata nel testo unico e' uguale per le spese, mentre e' diversa per gli onorari, perche' prima erano automaticamente prenotati a debito e recuperati nei confronti del condannato non ammesso e dell'ammesso in caso di revoca o di vittoria a certe condizioni. Oggi, il consulente tecnico agisce direttamente e, solo se non recupera, chiede l'annotazione a debito e prova il recupero nelle forme ordinarie delle altre spese»; la rilevanza che l'impossibilita' di anticipare le spese possa di fatto provocare la lesione della norma costituzionale e' stata gia' ammessa da Corte cost. n. 194/92, quando ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 11, r.d. n. 3282/1923, nella parte in cui non prevedeva l'anticipazione da parte dell'Erario delle spese necessarie per l'esecuzione di condanna alla riduzione in pristino; il sistema della prenotazione a debito degli onorari del c.t.u. viola gli articoli 24 Cost. e 111 Cost., perche' non e' detto che gli esperti accettino l'incarico sapendo che non verranno pagati (ne' si puo' dire che tale pagamento possa essere ricompreso fra i rischi di appartenenza ad una ridotta schiera di professionisti, poiche' potenzialmente si applica a tutti i c.t.u., in qualsiasi ramo professionale, cfr. Corte cost. n. 355/2000), con i conseguenti ritardi nella definizione del procedimento o, addirittura, il rischio di non reperire esperti nel campo di interesse del giudice, pregiudicando in tal modo il diritto delle parti ad un giusto processo, qualora si renda di fatto impossibile al giudice di valersi delle professionalita' tecniche di cui possa aver bisogno nel processo; la violazione dei predetti parametri costituzionali e' a maggior ragione ingiustificabile per i provvedimenti di natura personale che riguardano minori, in quanto praticamente nella totalita' dei casi relativi ad incarichi finalizzati al reperimento del miglior assetto dei rapporti personali fra genitori e figli (interventi nei quali va, senz'altro, compreso quello di natura mediativa, ora espressamente previsto dalla legge, cfr. art. 155-sexies) non vi sara' soccombenza tra le parti, poiche' comunque i principali interessati al provvedimento sono i minori, per definizione terzi estranei al processo, rendendosi cosi' neppure prospettabile in astratto l'ipotesi del recupero dalla parte condannata prevista dalla norma; Ritenuto che la norma viola anche l'art. 36 Cost., anche in relazione alla disparita' di trattamento rilevante ex art. 3 Cost. rispetto al trattamento economico dei c.t.u. nel processo penale, poiche' - per il funzionamento concreto del meccanismo di prenotazione a debito gia' esposto - il sistema individuato dal legislatore priva - di fatto - il c.t.u. del compenso per il lavoro svolto. Va precisato che questa violazione appare ben diversa da quella decisa - in senso negativo - dalla Corte costituzionale relativamente al diverso trattamento fra processo civile e penale operato dall'art. 130 t.u. spese legali, perche' in quel caso si trattava di una riduzione del compenso (cfr. ordinanze n. 350/2005, n. 201/2006), mentre in questo il sistema opera una vera e propria confisca di tutto quanto e' dovuto al c.t.u. per lo svolgimento dell'incarico pubblico; Ritenuto che la disciplina appare violare in modo non manifestamente infondato anche gli articoli 30 e 31 Cost., poiche' rende piu' difficile o, come si e' detto prima, addirittura impossibile l'opera del giudice finalizzata ad assicurare il minor pregiudizio derivante dalla separazione ai minori che vi sono coinvolti loro malgrado, sol perche' figli di genitori non abbienti. Va, infatti, sottolineato che l'incarico di mediare fra i coniugi e' stato (e puo' essere) disposto solo nell'esclusivo interesse dei minori e non puo' dipendere dalle condizioni economiche dei genitori, tanto che le citate norme costituzionali e quelle ordinarie (cfr., soprattutto, gli articoli 1 e ss. legge n. 184/1983) impongono allo Stato l'onere di farsi carico di queste situazioni; ritenuto che la questione e' rilevante nel procedimento camerale instaurato a seguito della richiesta c.t.u. di liquidazione dei compensi maturati nel giudizio di separazione fra i coniugi, alla luce della (necessaria) revoca dell'inciso che li poneva a carico dell'Erario, essendo le spese della c.t.u. gia' state divise in parti uguali fra i coniugi, salvo rivalsa all'esito del giudizio di merito.