Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma  2,
secondo periodo, del decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
come  modificato  dall'art.  3-bis,  comma   1,   lettera   b),   del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre  2005,  n.  248,  promosso  dalla  Commissione
tributaria provinciale di Genova nel giudizio vertente  tra  Patrizio
Mastrangelo, «gia' socio accomandatario» della s.a.s. Bar  Mignon  di
Mastrangelo Patrizio & C., ed il  Comune  di  Genova,  con  ordinanza
depositata il  19  agosto  2008,  iscritta  al  n.  67  del  registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 10,_1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 2009  il  giudice
relatore Franco Gallo. 
    Ritenuto che, con ordinanza depositata  il  19  agosto  2008,  la
Commissione  tributaria  provinciale  di  Genova,  nel  corso  di  un
giudizio riguardante l'impugnazione di una cartella di pagamento  del
canone per l'installazione di mezzi pubblicitari nel Comune di Genova
relativamente all'anno 2001, ha sollevato,  in  riferimento  all'art.
102,  secondo  comma,  ed  alla  VI  disposizione  transitoria  della
Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 2, comma 2, secondo
periodo,  del  decreto  legislativo  31   dicembre   1992,   n.   546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.  413)
-  come  modificato  dall'art.  3-bis,  comma  1,  lettera  b),   del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248 - nella parte in  cui  stabilisce
che «Appartengono alla giurisdizione tributaria [...] le controversie
attinenti  [...]  il  canone  comunale  sulla  pubblicita'»  previsto
dall'art. 62 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446; 
        che la Commissione tributaria rimettente premette,  in  punto
di fatto,  che:  a)  un  soggetto,  qualificatosi  come  «gia'  socio
accomandatario» di una societa' in accomandita semplice  destinataria
di una cartella di pagamento del canone per l'installazione di  mezzi
pubblicitari per il 2001, aveva impugnato tale  atto,  deducendo  che
sin dall'anno 1998 l'attivita'  sociale  era  cessata  e  che,  nello
stesso anno, la societa' si era sciolta senza essere stata  messa  in
liquidazione; b)  il  resistente  Comune  di  Genova  aveva  eccepito
pregiudizialmente il difetto di giurisdizione del giudice tributario,
per  essere  la  controversia  devoluta  alla  cognizione   del   TAR
competente; 
        che il medesimo giudice  rimettente  premette,  in  punto  di
diritto, che: a) la controversia portata al suo esame ha  ad  oggetto
il pagamento non dell'imposta sulla pubblicita' disciplinata dal capo
I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, ma del canone per
l'installazione di mezzi pubblicitari  introdotto  dall'art.  62  del
d.lgs.  n.  446  del  1997  (CIMP);  b)  in  forza  del  comma  1  di
quest'ultima disposizione, i Comuni hanno la  potesta'  regolamentare
«di escludere  l'applicazione  nel  proprio  territorio  dell'imposta
comunale sulla pubblicita' di cui al capo I del  decreto  legislativo
15 novembre 1993, n. 507, sottoponendo  le  iniziative  pubblicitarie
che  incidono  sull'arredo  urbano  o  sull'ambiente  ad  un   regime
autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base  a
tariffa»; c) tale regola dell'alternativita' tra l'«imposta  comunale
sulla pubblicita'»  ed  il  «canone  per  l'installazione  dei  mezzi
pubblicitari»  e'  spiegabile  solo   con   la   diversa   natura   -
rispettivamente, tributaria e patrimoniale -  dei  due  prelievi;  d)
pertanto, il predetto canone costituisce il corrispettivo, in base  a
tariffa,    dell'autorizzazione    all'installazione    del     mezzo
pubblicitario, con la conseguenza che la  controversia  sul  medesimo
canone ha natura non tributaria, ma di entrata pubblica patrimoniale;
e)  non  sussiste  la  giurisdizione  amministrativa   invocata   dal
resistente, perche' questa e' esclusa dal tenore letterale  dell'art.
2, comma 2, secondo  periodo,  del  d.lgs.  n.  546  del  1992,  come
modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge n.
203 del 2005, convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge n. 248 del 2005, il quale  espressamente  attribuisce  la
cognizione delle controversie in materia di CIMP  alla  giurisdizione
delle  commissioni  tributarie;  f)  in  una   analoga   ipotesi   di
controversia non tributaria, la Corte costituzionale, con sentenza n.
64 del  2008,  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale,  per
violazione del secondo comma dell'art. 102 Cost., del citato art.  2,
comma 2,  secondo  periodo,  del  d.lgs.  n.  546  del  1992  -  come
modificato dall'art. 3-bis,  comma  1,  lettera  b),  del  menzionato
decreto-legge n. 203 del 2005 - nella parte  in  cui  stabilisce  che
«Appartengono alla giurisdizione  tributaria  anche  le  controversie
relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi  ed  aree
pubbliche  previsto  dall'articolo  63  del  decreto  legislativo  15
dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni»; 
        che su tali  premesse,  il  giudice  a  quo  afferma  la  non
manifesta infondatezza della questione, perche' la norma censurata  -
nell'attribuire  alla  giurisdizione   tributaria   le   controversie
attinenti al canone comunale sulla  pubblicita',  aventi  natura  non
tributaria e che, pertanto, dovrebbero  «appartenere  non  gia'  alla
giurisdizione tributaria bensi' a quella del giudice ordinario» - «fa
venire meno il  fondamento  costituzionale  della  giurisdizione  del
giudice tributario» e si risolve, come  sottolineato  dalla  sentenza
della   stessa   Corte   n.   130   del   2008,   nella    creazione,
costituzionalmente vietata, di un nuovo giudice speciale; 
        che, infine, per la  Commissione  tributaria  rimettente,  la
questione e'  rilevante,  perche'  la  decisione  sulla  controversia
oggetto di ricorso «postula che la stessa abbia natura  tributaria  e
che il relativo difetto e' rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado
del processo, a norma dell'art. 3 d.l.vo 546/92»; 
    Considerato che la Commissione tributaria provinciale  di  Genova
dubita  della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma  2,
secondo periodo, del decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
come  modificato  dall'art.  3-bis,  comma   1,   lettera   b),   del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248, nella parte in cui  dispone  che
«Appartengono alla giurisdizione  tributaria  [...]  le  controversie
attinenti [...]  il  canone  comunale  sulla  pubblicita'»,  previsto
dall'art. 62 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446; 
        che,  per  la  suddetta  Commissione  tributaria,  la   norma
denunciata viola l'art. 102, secondo  comma,  e  la  VI  disposizione
transitoria della Costituzione,  perche',  attribuendo  espressamente
alla cognizione delle commissioni tributarie controversie non  aventi
ad  oggetto  un  tributo,  quali  quelle  relative  al   canone   per
l'installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP),  «fa  venire  meno  il
fondamento costituzionale della giurisdizione del giudice tributario»
e si risolve nella creazione, costituzionalmente vietata, di un nuovo
giudice speciale; 
        che questa Corte, con la sentenza n. 141 del  2009,  ha  gia'
dichiarato   non   fondata   identica   questione   di   legittimita'
costituzionale  sollevata   dalla   stessa   Commissione   tributaria
provinciale, rilevando che il suddetto CIMP costituisce non gia'  una
entrata patrimoniale  di  diritto  privato,  ma  «una  mera  variante
dell'imposta comunale sulla pubblicita' e conserva  la  qualifica  di
tributo  propria  di  quest'ultima»,  con  la  conseguenza  che   «le
controversie aventi ad oggetto la debenza del CIMP [...] hanno natura
tributaria e la loro attribuzione alla cognizione  delle  commissioni
tributarie [...] rispetta l'evocato» art. 102, secondo comma, Cost.; 
        che tale conclusione e' stata ribadita da questa stessa Corte
con l'ordinanza n. 218 del 2009, con la quale e' stata dichiarata  la
manifesta infondatezza di  identica  questione,  anch'essa  sollevata
dalla Commissione tributaria provinciale di Genova; 
        che il rimettente non ha prospettato argomentazioni e profili
diversi rispetto a quelli gia' esaminati dalla Corte  con  le  citate
sentenza e ordinanza o comunque idonei ad indurre ad  una  differente
pronuncia sulla sollevata questione di legittimita' costituzionale; 
        che,  pertanto,   la   questione   deve   essere   dichiarata
manifestamente infondata. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.