Ordinanza 
 
nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  4-bis,  del
decreto legislativo  6  settembre  2001,  n.  368  (Attuazione  della
direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro  a  tempo
determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), come introdotto
dall'art. 21, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla  legge
6 agosto  2008,  n.  133,  promosso  dal  Tribunale  di  Pistoia  nel
procedimento vertente tra B.R. e C.I.S. s.p.a. con  ordinanza  del  6
novembre 2008 iscritta al  n.  169  del  registro  ordinanze  2009  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 2009  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella. 
    Ritenuto che,  nel  corso  del  giudizio  promosso  da  B.R.  nei
confronti della C.I.S. s.p.a. perche' fosse dichiarata  l'invalidita'
del termine apposto ai contratti di lavoro sottoscritti tra le parti,
il Tribunale di Pistoia, con ordinanza del 6 novembre 2008,  n.  169,
ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
4-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.  368  (Attuazione
della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul  lavoro  a
tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e  dal  CES)  -  come
aggiunto dall'art. 21, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008,
n.  112  (Disposizioni  urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della  finanza
pubblica   e   la   perequazione   tributaria),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, per  contrasto  con
gli artt. 3, 24, primo comma, 111, primo comma, e 117,  primo  comma,
della Costituzione, nella parte in cui dispone che, per i giudizi  in
corso alla data della sua entrata in vigore, in  caso  di  violazione
degli artt. 1, 2 e 4 del decreto legislativo  n.  368  del  2001,  il
datore di lavoro e' tenuto unicamente ad indennizzare  il  prestatore
di lavoro secondo predeterminati criteri di calcolo dell'indennita'; 
        che,  secondo  il  giudice   a   quo   la   norma   censurata
contrasterebbe sia con il principio di uguaglianza sancito  dall'art.
3 Cost., poiche' prevede una tutela  attenuata  per  i  lavoratori  a
termine che siano parti in un giudizio in corso, rispetto a tutti gli
altri lavoratori a  tempo  determinato,  sia  con  l'art.  24  Cost.,
perche' un intervento legislativo che, come  nella  specie,  riguarda
solo un certo tipo di controversie pendenti ad una certa data sarebbe
privo del carattere di  astrattezza  proprio  della  legislazione  ed
assumerebbe  carattere  provvedimentale  generale  con  riguardo   ai
giudizi  in  corso,  invadendo  cosi'  l'area  riservata  al   potere
giudiziario. Con la conseguenza che ne sarebbero pregiudicati i  soli
ricorrenti che, per ragioni assolutamente casuali, abbiano introdotto
la causa prima dell'entrata in vigore  della  legge  censurata  e  la
stessa non sia stata definita prima della medesima data; 
        che, secondo il Tribunale rimettente la  norma  in  questione
irragionevolmente distingue tra coloro che  per  motivi  indipendenti
dalla loro volonta' (attivita' del sindacato o del legale, durata dei
processi) hanno ottenuto una sentenza non piu' impugnabile  e  coloro
che hanno ancora un  giudizio  in  corso,  pur  avendo  stipulato  un
contratto a termine in pari data con lo stesso  datore  di  lavoro  e
nello stesso periodo; e, ancora, tra coloro che hanno  depositato  il
ricorso introduttivo del giudizio prima o dopo  l'entrata  in  vigore
della legge; 
        che a giudizio del rimettente l'art. 4-bis si  pone  altresi'
in contrasto con l'art.  117,  primo  comma,  Cost.  e,  per  il  suo
tramite, con l'art. 6, par.  1,  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  del
4 novembre 1950, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955,  n.  848,
il quale, nell'affermare il diritto al  «giusto  processo»  e'  stato
interpretato dalla Corte Europea  di  Strasburgo  nel  senso  che  il
principio dello stato di diritto e  la  nozione  di  giusto  processo
sanciti dal predetto art. 6  della  Convenzione  impedisce  qualsiasi
ingerenza del legislatore  -  salvo  che  per  impellenti  motivi  di
interesse generale - con l'amministrazione della giustizia  volta  ad
influenzare le decisioni giudiziarie di una controversia; 
        che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
eccependo l'irrilevanza della questione in quanto il  giudice  a  quo
non si e' pronunciato sulla  illegittimita'  del  termine,  prima  di
affrontare la norma censurata; 
        che, secondo  la  difesa  erariale,  la  norma  censurata  si
giustifica  per  l'enorme  dilatazione  del  contenzioso  diretto   a
contestare la validita' dell'apposizione del termine ai contratti  di
lavoro, con possibile vanificazione, a  causa  dell'incertezza  delle
conseguenze  economiche  delle  dichiarazioni  di  invalidita'  delle
clausole appositive del termine, delle finalita' della riforma  della
disciplina del contratto a tempo determinato introdotta  dal  decreto
legislativo n. 368 del 2001. 
    Considerato che con ordinanza del 6 novembre 2008 il Tribunale di
Pistoia ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, primo comma,  24,
primo comma, 111, primo comma e 117, primo comma Cost. - questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, del decreto  legislativo
6 settembre 2001,  n.  368  (Attuazione  della  direttiva  1999/70/CE
relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo  determinato  concluso
dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), come introdotto dall'art. 21,  comma
1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita',  la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; 
        che secondo la  norma  censurata  «Con  riferimento  ai  soli
giudizi in corso alla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente
disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso
di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2  e  4,  il
datore di lavoro e' tenuto unicamente ad indennizzare  il  prestatore
di lavoro con un'indennita' di importo compreso tra un minimo di  2,5
ed un massimo di sei mensilita' dell'ultima retribuzione  globale  di
fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'art. 8 della legge  15
luglio  1966,  n.  604  (Norme  sui  licenziamenti  individuali),   e
successive modificazioni»; 
        che l'art. 4-bis e' stato gia'  giudicato  costituzionalmente
illegittimo da questa Corte con sentenza n. 214 del 2009, sicche'  va
dichiarata  la  manifesta  inammissibilita'  della  questione   sopra
indicata. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  davanti  alla
Corte costituzionale.