IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso RG. n. 6586  del
2009, proposto dai signori on. Oliviero Diliberto, nella qualita'  di
candidato  per  le  elezioni  europee   nella   Lista   «Rifondazione
Comunista-Sinistra  Europea-Partito  dei  Comunisti  Italiani»  nella
Circoscrizione III-Italia Centrale e di  cittadino  elettore  per  le
elezioni europee del 6 e 7 giugno  2009,  dal  sig.  Danilo  Berardi,
nella qualita' di  delegato  per  le  elezioni  europee  della  Lista
«Rifondazione  Comunista-Sinistra   Europea-Partito   dei   Comunisti
Italiani» nella Circoscrizione III-Italia  Centrale  e  di  cittadino
elettore per le elezioni europee del 6 e 7 giugno 2009, e dai signori
Sergio  Boccadutri  e   on.le   Roberto   Soffritti,   quali   legali
rappresentanti   dell'Associazione    denominata    «Partito    della
Rifondazione   Comunista-Sinistra   Europea-Partito   dei   Comunisti
Italiani»,   tutti   rappresentati   e   difesi   dall'avv.    Silvio
Crapolicchio, con domicilio eletto presso lo studio dello  stesso  in
Roma, via Belsiana, 100; 
    Contro: 
        l'Ufficio  Elettorale  Nazionale   e   l'Ufficio   Elettorale
Centrale, istituiti entrambi presso la Corte di  cassazione,  Ufficio
Elettorale  Circoscrizionale  della  Circoscrizione  I  Italia.  Nord
Occidentale, Ufficio Elettorale Circoscrizionale della Circoscrizione
II Italia Nord Orientale, Ufficio Elettorale  Circoscrizionale  della
Circoscrizione    III    Italia    Centrale,    Ufficio    Elettorale
Circoscrizionale della Circoscrizione IV Italia Meridionale,  Ufficio
Elettorale Circoscrizionale della Circoscrizione V  Italia  Insulare,
in persona dei rispettivi  legali  rappresentanti  pro  tempore,  non
costituiti in giudizio; 
        il  Ministero  dell'Interno,  in  persona  del  Ministro  pro
tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato,
domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Nei confronti di: 
        del sig. on.le Giommaria Uggias,  residente  in  Olbia  (OT),
proclamato eletto al Parlamento Europeo nella qualita'  di  candidato
nella Lista denominata «Italia  dei  Valori-Lista  Di  Pietro»  nella
Circoscrizione V-Italia insulare, rappresentato e difeso in proprio e
dagli avv. Giorgio Carta, Silvio Pinna, con domicilio  eletto  presso
lo studio del secondo in Roma, viale Bruno Buozzi, 87; 
        del sig. on.le Claudio Morganti, residente  in  Vaiano  (PO),
proclamato eletto al Parlamento Europeo nella qualita'  di  candidato
nella Lista denominata «Lega Nord»  nella  Circoscrizione  III-Italia
Centrale, non costituito in giudizio; 
        del sig. on.  le  Oreste  Rossi,  detto  Tino,  residente  ad
Alessandria, proclamato eletto al Parlamento Europeo  nella  qualita'
di candidato nella Lista denominata «Lega Nord» nella  Circoscrizione
I-Italia Nord Occidentale, non costituito in giudizio; 
    e con l'intervento di ad opponendum: 
        dell'avv. Sonia Viale, quale cittadina elettrice e  candidata
nella  lista  Lega  Nord  per  la  Circoscrizione  III  Italia   Nord
Occidentale, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati  Luigi  Manzi,
Pietro Piciocchi, Giampaolo Parodi, con domicilio  eletto  presso  lo
studio del primo in Roma, via F. Confalonieri, 5; 
        dell'Associazione  politica   denominata   «Lega   Nord   per
l'Indipendenza della Padana», con  sede  legale  in  Milano,  via  C.
Bellerio, n. 41, in persona del Segretario  e  legale  rappresentante
pro tempore on. le Umberto Bossi, il quale agisce  anche  in  proprio
nella qualita' di cittadino elettore, rappresentati  e  difesi  dagli
avv. Andrea Manzi, Chiara  Troubetzkoy  Hahn,  con  domicilio  eletto
presso lo studio del primo in Roma, via F. Confalonieri, 5; 
        dell'«Italia dei Valori», in persona del Tesoriere  e  legale
rappresentante pro tempore, on.le Silvana Mura, con sede  in  Milano,
via Felice Casati, n. 1/A, rappresentata e  difesa  dall'avv.  Sergio
Scicchitano, con domicilio eletto presso lo studio  dello  stesso  in
Roma, via E. Faa' di Bruno, 4; 
    Per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia, del verbale
delle operazioni del 26 giugno 2009 dell'Ufficio Elettorale Nazionale
istituito presso la Corte Suprema di cassazione per le  elezioni  dei
membri del Parlamento Europeo spettanti all'Italia del 6 e  7  giugno
2009, nella parte in cui non e' stato assegnato un seggio alla  lista
denominato «Partito della Rifondazione Comunista -Sinistra Europea  -
Partito dei Comunisti Italiani nonche', per quanto necessario, -  del
verbale  dell'Ufficio  elettorale   Circoscrizionale   per   l'Italia
centrale istituito presso la Corte d'Appello di Roma nella parte  nel
quale  e'  stato   proclamato   eletto   l'on.   Umberto   Bossi;   -
dell'attestato inviato dell'Ufficio Elettorale  Circoscrizionale  per
l'Italia Centrale istituito presso la Corte d'Appello di Roma all'on.
Umberto Bossi, con il quale si e' provveduto a comunicare  l'avvenuta
elezione al Parlamento Europeo; - del verbale dell'Ufficio elettorale
Circoscrizionale per l'Italia  Insulare  istituito  presso  la  Corte
d'Appello di Palermo nella parte nel quale e' stato proclamato eletto
l'on.  Antonio  Di  Pietro;  -  dell'attestato  inviato  dall'Ufficio
Elettorale Circoscrizionale per l'Italia Insulare istituito presso la
Corte d'Appello di Palermo all'on. Antonio Di Pietro, con il quale si
e' provveduto a comunicare l'avvenuta elezione al Parlamento Europeo;
- del verbale dell'Ufficio elettorale Circoscrizionale per  l'Italia.
Nord Occidentale nella parte nel quale  e'  stato  proclamato  eletto
l'on. Umberto Bossi; - dell'attestato inviato dall'Ufficio Elettorale
Circoscrizionale per l'Italia Nord Occidentale, con il  quale  si  e'
provveduto a comunicare l'avvenuta  elezione  al  Parlamento  Europeo
all'on. Umberto Bossi; - del verbale  delle  operazioni  dell'Ufficio
Elettorale Nazionale istituito presso la Corte di cassazione  con  il
quale si e' dato atto delle rinunce dell'on. Umberto Bossi,  dell'on.
Antonio Di Pietro, dell'on. Leoluca Orlando e delle  opzioni  per  le
altre circoscrizioni dell'on.  Mario  Borghezio,  dell'on.  Luigi  De
Magistris e dell'on. Sonia  Alfano;  -  del  Comunicato  dell'Ufficio
Elettorale Nazionale presso la Corte Suprema di Cassazione pubblicato
nella Serie Generale della G.U. n. 158 del 10  luglio  2009,  con  il
quale e' stata resa nota l'elezione dell'on. Claudio Morganti  ovvero
dell'on. Oreste Rossi, detto Tino ovvero dell'on.  Giommaria  Uggias,
nonche' per la dichiarazione  dell'avvenuta  elezione  al  Parlamento
Europeo nelle elezioni dei membri spettanti  all'Italia  del  6  e  7
giugno 2009  dell'on.  prof.  Oliviero  Diliberto  anziche'  dell'on.
Claudio Morganti ovvero  dell'on.  Oreste  Rossi  detto  Tino  ovvero
dell'on. Giommaria Uggias. 
    Visto il ricorso con i relativi allegati; 
    Visto  l'atto  di  costituzione   in   giudizio   del   Ministero
dell'Interno - Ufficio Elettorale Centrale; 
    Visti gli  atti  di  intervento  dell'avv.  Sonia  Viale  nonche'
dell'Associazione politica denominata «Lega Nord  per  l'indipendenza
della Padania»; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio  dell'on.  le  Giommaria
Uggias; 
    Visto l'atto di intervento in giudizio dell'Italia dei Valori; 
    Viste le memorie difensive prodotte dalle parti; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2009  il  1°
Referendario Mariangela Caminiti e  uditi  per  i  ricorrenti  l'avv.
Crapolicchio, per l'Amministrazione intimata l'avvocato  dello  Stato
M. Borgo,  per  l'avv.  S.  Viale  l'avv.  Reggio  D'Aci  per  delega
dell'avv. L. Manzi, l'avv. G. Parodi e l'avv.  P  Piciocchi,  per  la
Lega Nord e per l'on.Umberto Bossi l'avv. A. Manzi e l'avv. G. Parodi
per delega dell'avv. C. Troubetzkoy Hahn,  per  l'Italia  dei  Valori
l'avv. V. Di Benedetto per delega dell'avv. S.Scicchitano, l'avv.  G.
Uggias, che si difende in proprio,come specificato nel verbale; 
    Visti l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge cost. 9
febbraio 1948, n. 1 e succ. mod., l'art.  23  della  legge  11  marzo
1953, n. 87 e succ. mod.; 
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue. 
 
                              F a t t o 
 
    1.  -  Con  il  ricorso  indicato  in   epigrafe,   gli   istanti
rappresentano che in data 1°  aprile  2009,  con  decreto  pubblicato
nella G.U. del 3 aprile  2009,  il  Presidente  della  Repubblica  ha
convocato i comizi per l'elezione dei membri del  Parlamento  Europeo
da svolgersi nei giorni 6 e 7 giugno 2009.  Precedentemente,  con  la
legge 20 febbraio  2009,  n.  10,  e'  stato  modificato  il  sistema
elettorale vigente per l'elezione dei membri del  Parlamento  europeo
spettanti all'Italia, prevedendosi la ripartizione dei seggi  tra  le
liste che abbiano superato  lo  sbarramento  del  4  per  cento,  con
l'introduzione nell'art. 21, primo  comma,  della  legge  24  gennaio
1979, n. 18, dopo il n. 1, il successivo n. 1-bis e  la  sostituzione
del n. 2 dello stesso primo comma. 
    Concluse le votazioni, l'Ufficio Elettorale Nazionale,  istituito
presso la Corte di cassazione, ha redatto il verbale delle operazioni
individuando le liste  che  hanno  conseguito  una  cifra  elettorale
nazionale pari almeno al 4 per cento dei voti validi  espressi.  Dopo
aver  rilevato  che  il  totale  delle  cifre  elettorali   nazionali
conseguite  da  tutte  le  liste  stato  pari  a  n.30.623.840  voti,
l'Ufficio  ha  attestato  il  4  per  cento  di  tale  cifra  pari  a
1.224.953,60 corrispondente  a  1.224.954,  con  approssimazione  per
eccesso all'unita'. 
    L'Ufficio Elettorale Nazionale ha individuato poi, ai  sensi  del
predetto  art.  21,  primo  comma,  n.  1-bis,  le  liste  che  hanno
conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti  validi
espressi, poi ha proceduto al  riparto  dei  seggi  tra  le  medesime
liste, applicando la disposizione di  cui  al  successivo  n.  2  del
predetto primo comma: 
        ha diviso il totale delle cifre  elettorali  nazionali  delle
liste ammesse alla ripartizione dei seggi, pari a 26.572.238, per  il
numero dei seggi da attribuire, pari a  72,  ottenendo  il  quoziente
elettorale nazionale, pari dunque a 369.058  (tralasciando  la  parte
frazionaria); 
        ha diviso poi la cifra elettorale di ciascuna lista per  tale
quoziente, attribuendo ad ogni lista  tanti  seggi  quante  volte  il
quoziente  elettorale  nazionale  risultava  contenuto  nella   cifra
elettorale nazionale di ciascuna lista; 
        i restanti  seggi,  nella  specie  2,  sono  stati  assegnati
dall'Ufficio Elettorale Nazionale «alle liste per le quali le  ultime
divisioni hanno dato maggiori  resti»  (in  particolare,  Italia  dei
Valori-Lista Di Pietro, collegata nella  Circoscrizione  I  -  Italia
Nord Occidentale alla Lista autonomie Liberte' Democratie  che  aveva
ottenuto un resto di 263.494, e Lega  Nord,  che  aveva  ottenuto  un
resto di 173.717). 
    Lamentano i ricorrenti che  l'Ufficio  Elettorale  Nazionale  nel
fare detti conteggi non avrebbe tenuto conto della memoria presentata
in data 26 giugno 2009 dall'Associazione «Partito della  Rifondazione
Comunista-Sinistra   Europea-Partito   dei    Comunisti    Italiani»,
sull'applicazione della norma in questione. 
    In seguito, l'Ufficio  Elettorale  Nazionale  ha  provveduto,  ai
sensi del predetto art. 21, comma 1, n. 3, alla  distribuzione  nelle
singole circoscrizioni dei seggi attribuiti alle  predette  liste.  A
tal fine, l'Ufficio ha anzitutto diviso la cifra elettorale nazionale
di ciascuna lista per  il  numero  di  seggi  attribuiti  alla  lista
stessa, ottenendo cosi' il quoziente  elettorale  di  lista.  Ha  poi
attribuito a ciascuna lista tanti seggi  quante  volte  il  quoziente
elettorale di lista e' risultato  contenuto  nella  cifra  elettorale
circoscrizionale della lista ed ha assegnato i seggi non assegnati ad
ogni lista con  il  metodo  dei  quozienti  interi,  a  favore  delle
circoscrizioni nelle quali la lista ha conseguito il  maggior  numero
di resti. E cosi' l'Ufficio Elettorale ha assegnato  il  nono  seggio
spettante alla «Lega Nord» nella Circoscrizione III-Italia  Centrale,
con un resto di 186.988 e ha assegnato il  settimo  seggio  spettante
all'«Italia  dei  Valori-Lista  Di  Pietro»,   nella   Circoscrizione
V-Italia Insulare, con un resto di 186.326. 
    Con comunicato del  9  luglio  2009,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale - Serie  Generale  n.158  del  10  luglio  2009,  l'Ufficio
Centrale Nazionale presso la Corte di cassazione ha infine proclamato
gli eletti al Parlamento Europeo. A seguito delle rinunce  e  opzioni
ammesse nella Circoscrizione III-Italia Centrale per la  lista  «Lega
Nord» e' stato proclamato eletto l'on.  Claudio  Morganti  (con  2710
preferenze), nella Circoscrizione 1 - Italia Nord Occidentale, per la
lista «Lega Nord» e' stato  proclamato  eletto  l'on.  Oreste  Rossi,
detto Tino (con 14.390 preferenze), nella Circoscrizione V  -  Italia
Insulare per la lista «Italia dei Valori-Lista Di  Pietro»  e'  stato
proclamato eletto l'on. Giommaria Uggias (con 17.476 preferenze). 
    Ne  e'  derivato  che  alla  lista  «Partito  della  Rifondazione
Comunista-SinistraEuropea - Partito dei Comunisti Italiani»,  odierna
ricorrente, nonche' alla lista «Sinistra  e  Liberta-Federazione  dei
Verdi» non sono stati assegnati seggi, pur  avendo  le  stesse  avuto
candidati maggiormente votati rispetto a coloro che hanno beneficiato
dell'assegnazione dei due seggi  residuati  dopo  l'assegnazione  dei
seggi «a quoziente pieno». 
    Pertanto, i ricorrenti hanno impugnato gli atti, meglio  indicati
in epigrafe, con ricorso proposto a questo  Tribunale  amministrativo
regionale, deducendo le seguenti censure: 1)  Erronea  e  illegittima
applicazione degli arti. 21 e 22 della legge n. 18  del  1979,  cosi'
come modificati dalla legge 20  febbraio  2009,  n.  10;  Eccesso  di
potere per travisamento  dei  fatti,  contraddittorieta',  sviamento,
irragionevolezza,   illogicita',   carente,   assente   e/o   erronea
motivazione, vessatorieta', disparita' di trattamento, violazione del
principio  di  uguaglianza,  ingiustizia   manifesta,   assenza   del
presupposto, difetto di  istruttoria:  in  particolare,  non  sarebbe
stata correttamente applicata la  norma  di  cui  all'ultimo  periodo
della norma recata dall'art. 21, comma 1, n. 2, della citata legge n.
18 del 1979 e succ. mod., il quale prevede che «si considerano  resti
anche le  cifre  elettorali  nazionali  delle  liste  che  non  hanno
raggiunto il quoziente  elettorale  nazionale».  Questa  disposizione
imporrebbe di considerare, nell'assegnazione dei seggi che  rimangono
ancora da attribuire dopo  che  si  e'  divisa  la  cifra  elettorale
nazionale di ciascuna lista per il  quoziente  elettorale  nazionale,
non solo le liste  per  le  quali  le  ultime  divisioni  hanno  dato
maggiori resti, ma anche le cifre elettorali  nazionali  delle  liste
che non hanno  partecipato  all'attribuzione  dei  seggi  non  avendo
raggiunto il quoziente elettorale nazionale: ossia  delle  liste  che
non hanno conseguito sul piano nazionale il  4  per  cento  dei  voti
validi e non hanno dunque partecipato all'assegnazione  dei  seggi  a
coefficiente c.d. pieno. 
    Secondo i ricorrenti l'intenzione del legislatore sarebbe  quella
di prevedere un meccanismo tale da consentire a quelle liste che  non
hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 4 per cento  un  diritto
di tribuna, consentendo alle stesse di  partecipare  all'assegnazione
di quei seggi attribuiti con il meccanismo dei resti. 
    Cio'  si  evincerebbe  anche   dal   comunicato   del   Ministero
dell'Interno del 24 febbraio 2009 che, nell'annunciare  l'entrata  in
vigore del quoziente elettorale del 4 per cento, ha segnalato che  in
virtu' di tale sbarramento sono individuate  «le  liste  che  abbiano
conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti  validi
espressi»,  ma  pure  che  «si  considerano  _resti  anche  le  cifre
elettorali nazionali delle liste che non hanno raggiunto il quoziente
elettorale nazionale». 
    Inoltre, secondo i ricorrenti la  circostanza  per  la  quale  la
norma ammetterebbe al riparto dei seggi residui da attribuire  con  i
resti anche le liste che non hanno raggiunto il 4 per cento dei  voti
validi risulterebbe confermata,«a contrario», dai lavori  preparatori
della legge 20 febbario 2009, n. 10 e, in particolare dalla relazione
accompagnatoria all'A.S. n. 1360-A, disegno di legge di  approvazione
delle modifiche alla legge n. 18 del 1979. Secondo  detta  relazione,
in assenza dell'ultimo periodo, vi sarebbe  il  rischio  di  ritenere
escluse dall'assegnazione dei resti anche liste che avessero superato
lo sbarramento, ma che non avessero raggiunto il quoziente elettorale
nazionale, che in quel caso sarebbe superiore al 4 per  cento:  caso,
questo, che potrebbe verificarsi nell'ipotesi in cui  il  numero  dei
seggi spettanti all'Italia - non  fissato  per  legge  e  determinato
sulla base di un rinvio alle competenti fonti europee - scendesse  al
di sotto delle venticinque unita'. 
    Ma in realta', secondo i ricorrenti, il legislatore,  al  momento
dell'approvazione della norma, non puo' non  aver  tenuto  conto  del
numero dei seggi spettanti  all'Italia;  e  anche  del  fatto  che  a
regime, sulla base del Trattato di Lisbona, detto numero sara' pari a
73. 
    Quindi la lettura  data  dai  relatori  della  legge  apparirebbe
slegata sia dalla realta' che dalla lettera della  norma.  Secondo  i
ricorrenti, occorrerebbe far riferimento al significato proprio delle
parole e dall'intenzione del  legislatore:  ove  esso  avesse  voluto
escludere le suddette liste dall'assegnazione dei seggi restanti  con
il  meccanismo  dei  maggiori   resti,   lo   avrebbe   potuto   fare
esplicitamente, non inserendo tale ultimo periodo nella  disposizione
in questione. 
    L'interpretazione accolta dai ricorrenti intende rispondere anche
a principi di ragionevolezza ed equita', nonche'  al  criterio  della
«non ridondanza»,  che  impone  di  evitare  -  fino  ai  limiti  del
possibile -  di  intendere  come  inutili  le  parole  impiegate  dal
legislatore. 
    2. - Profili di manifesta illegittimita' costituzionale  rispetto
agli artt. 3, 48 e 49 della Costituzione Italiana: l'introduzione  di
una soglia di sbarramento del 4 per cento  che  impedirebbe  ad  ogni
lista che non ha raggiunto tale limite la  possibilita'  di  ottenere
degli eletti, seppure solo per attribuire loro di ottenere un diritto
di  tribuna,  presenterebbe  profili  di   manifesta   illegittimita'
costituzionale rispetto agli artt. 3, 48 e 49  della  Cost.  Infatti,
una soglia di sbarramento cosi' alta, non mitigata  dall'introduzione
di un c.d. diritto di tribuna, finirebbe per non dare alcun valore ai
voti  di  milioni  di  elettori,  che  in  tal  modo  non  potrebbero
concorrere con metodo democratico a determinare la politica italiana,
ai sensi dell'art. 49 della Cost., con la conseguenza  che  la  norma
per superare lo scoglio dell'illegittimita'  costituzionale  dovrebbe
essere  interpretata  nel  senso  proposto  dai  ricorrenti,  con  la
conseguente assegnazione dell'ultimo seggio attribuito  con  i  resti
nelle  circoscrizioni  III-Italia  Centrale  ovvero  I-Italia,   Nord
Occidentale e V-Italia Insulare. 
    Concludono con la richiesta di  annullamento  in  parte  qua  dei
provvedimenti impugnati e la proclamazione del candidato on. Oliviero
Diliberto in sostituzione del candidato on. Claudio Morganti,  ovvero
dell'on. Oreste Rossi, detto Tufo ovvero dell'on. GiommariaUggias. 
    Hanno proposto analoghi atti di intervento ad  opponendum  l'avv.
Sonia Viale, elettrice candidata nella Lista Lega Nord alle  predette
elezioni europee, nonche'  l'Associazione  politica  «Lega  Nord  per
l'Indipendenza  della  Padana»;   in   particolare,   la   prima   ha
rappresentato di aver proposto parallelo gravame a  questo  Tribunale
avverso gli atti con cui l'Ufficio Elettorale Nazionale ha attribuito
il seggio spettante alla lista «Lega Nord» nella  circoscrizione  III
Italia Centrale all'on. Morganti, secondo  non  eletto  della  Lista,
proclamandolo eletto, per effetto dell'esercizio di opzione  dell'on.
Borghezio. Tale  circostanza  avrebbe  impedito  alla  ricorrente  di
potere confidare nell'esercizio del diritto di opzione per l'elezione
nella Circoscrizione III da parte dell'on. Borghezio, collocandosi in
posizione   utile   per   essere   eletta   in   surrogazione   nella
Circoscrizione I, nella quale ella in seguito alla rinuncia  dell'on.
Bossi,  era  risultata  prima  dei  non  eletti,  ovvero   di   poter
beneficiare  in  caso  di   inerzia   dell'on.   Borghezio   rispetto
all'esercizio  dell'opzione,  dell'eventuale   sorteggio   favorevole
previsto dall'art. 41, primo comma, secondo periodo della legge n. 18
del 1979. Gli intervenienti evidenziano  che  la  situazione  in  cui
versa la  Lista  istante  sarebbe  completamente  diversa  da  quella
evocata dalla norma citata che si riferisce alle liste che non  hanno
raggiunto il quoziente elettorale nazionale, sul presupposto che -  a
seguito dell'introduzione dello sbarramento del 4 per  cento  -  esse
abbiano  superato  tale  soglia  integrando   cosi'   la   condizione
principale per l'ammissione  al  riparto  dei  seggi.  La  lista  it4
questione pur avendo superato il quoziente elettorale nazionale (pari
a369.058), avrebbe tuttavia ottenuto un numero di voti inferiore al 4
per cento di quelli validi. Inoltre, precisa l'interveniente  che  la
disposizione evocata  non  sarebbe  stata  inserita  dal  legislatore
elettorale del 2009, contestualmente alla  clausola  di  sbarramento,
risultando gia' presente nella legge n. 18 del 1979. Essa in  seguito
all'introduzione  della  soglia  di  sbarramento  presenterebbe   una
diversa e piu' ridotta portata. Infine, nel replicare  agli  asseriti
profili  di   incostituzionalita'   sollevati,   l'interveniente   ha
evidenziato che l'introduzione  della  clausola  di  sbarramento  non
rappresenterebbe  una  scelta  irragionevole,  in  quanto   volta   a
rafforzare la stabilita' delle maggioranze parlamentari e del  potere
esecutivo evitando eccessive frammentazioni. 
    Si e' costituito in giudizio  il  Ministero  dell'Interno-Ufficio
Elettorale Centrale eccependo il difetto di legittimazione passiva di
quest'ultimo, trattandosi di organo straordinario e temporaneo che si
scioglie subito dopo  la  proclamazione  degli  eletti  esaurendo  la
propria   funzione,   mentre   l'unica   legittimata    passiva    e'
l'Amministrazione interessata. 
    Si e' costituito in giudizio l'avv. Giommaria Uggias, in proprio,
per resistere al ricorso e  ha  controdedotto  alle  censure  attoree
eccependo   l'inammissibilita'   del   ricorso   per    carenza    di
legittimazione dei ricorrenti atteso  che  la  lista  ricorrente  non
avrebbe diritto ad alcun seggio in quanto avrebbe ottenuto una  cifra
elettorale nazionale superiore al quoziente elettorale nazionale pari
a 369.058, non: sussistendo cosi' i  presupposti  per  l'applicazione
della disposizione - invocata. La lista non ha conseguito  il  4  per
cento dei  voti  validi  e,  pertanto,  sarebbe  stata  correttamente
esclusa dal riparto dei seggi. Lamenta il controinteressato che parte
avversa sembrerebbe sovrapporre la nozione  di  quoziente  elettorale
nazionale  con  la  nozione  di  soglia  di  sbarramento,  mentre  si
tratterebbe di  concetti  giuridicamente  ematematicamente  distinti.
Inoltre, il  legislatore  elettorale  del  2009  non  avrebbe  inteso
riconoscere alcun diritto di tribuna, ma pur introducendo  la  soglia
dello sbarramento del 4per cento avrebbe mantenuto invariata la norma
di  chiusura  nella  sua  formulazione  originaria,   e   cioe'   che
costituiscono  «resto»  anche  i  voti  delle  liste  che  non  hanno
raggiunto almeno una volta il quoziente elettorale nazionale. 
    Con  atto  ritualmente  notificato  l'«Italia  dei   Valori»   e'
intervenuta in giudizio, sostenendo la  legittimita'  della  clausola
dello sbarramento nella ripartizione dei seggi introdotta dalla legge
n. 10 del 2009 e ha concluso per la reiezione del ricorso. 
    Con memoria conclusionale i ricorrenti hanno ribadito le  proprie
posizioni riguardo  la  illegittimita'  degli  atti  impugnati  e  la
richiesta di annullamento  degli  stessi  insistendo  sugli  asseriti
profili di incostituzionalita' dell'art. 21 della le gge  n.  18  del
1979. 
    All'udienza pubblica del 22 ottobre 2009, dopo la discussione  la
causa e' stata introitata per la decisione. 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. - Il Collegio deve preliminarmente esaminare,  ai  fini  della
decisione,  il  quadro  normativo  che  regola  la  materia   ponendo
l'attenzione   sulla   prospettata    questione    di    legittimita'
costituzionale avanzata dai  ricorrenti,  in  relazione  all'art.  21
della legge n. 18 del 1979, con particolare riferimento agli artt. 3,
48 e 49 della Costituzione. 
    1.1.  -  Al  riguardo,  occorre   richiamare   la   pregiudiziale
disciplina comunitaria e, nello specifico, la Decisione del Consiglio
76/787/CECA/CEE/EURATOM  del  20settembre1976,   che   all'art.   189
stabilisce che «Il Parlamento europeo, composto da rappresentanti dei
popoli degli Stati riuniti nella Comunita', esercita poteri  che  gli
sono attribuiti dal presente Trattato» e all'art. 190 prevede che  «I
rappresentanti al Parlamento europeo, dei popoli degli Stati  riuniti
nella Comunita' sono eletti a suffragio universale diretto. Il numero
dei rappresentanti eletti in ogni Stato membro e' fissato come segue:
... (...). il numero dei  rappresentanti  eletti  in  ciascuno  Stato
membro deve garantire un'adeguata  rappresentanza  dei  popoli  degli
Stati riuniti nella Comunita'. ». 
    La materia elettorale europea e'  stata  disciplinata  a  livello
nazionale con la legge n. 18 del 1979, la quale  dispone  all'art.  1
che «i membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia sono eletti
a suffragio universale con voto diretto, libero e segreto  attribuito
a liste di candidati concorrenti. L'assegnazione  dei  seggi  tra  le
liste concorrenti e' effettuata  in  ragione  proporzionale,  con  le
modalita' previste dai successivi  artt.  21  e  22»,  e  all'art.  2
prevede che «Le circoscrizioni elettorali ed i loro  capoluoghi  sono
stabiliti  nella  tabella  A.  Il  complesso   delle   circoscrizioni
elettorali forma il  collegio  unico  nazionale.  L'assegnazione  del
numero dei seggi alle singole circoscrizioni, di cui alla tabella  A,
e'  effettuata,  sulla  base  dei  risultati  dell'ultimo  censimento
generale   della   popolazione,   riportati   dalla   piu'    recente
pubblicazione ufficiale dell'Istituto  centrale  di  statistica,  con
decreto del Presidente della Repubblica,  su  proposta  del  Ministro
dell'interno,  da   emanarsi   contemporaneamente   al   decreto   di
convocazione  dei  comizi.  La  ripartizione  dei  seggi  di  cui  al
precedente collima si effettua dividendo  il  numero  degli  abitanti
della Repubblica per il numero  dei  membri  spettante  all'Italia  e
distribuendo  i  seggi  in  proporzione  alla  popolazione  di   ogni
circoscrizione, sulla base dei  quozienti  interi  e  dei  piu'  alti
resti». 
    Il successivo art. 21 della citata legge n. 18 del  1979  prevede
il computo dei voti e il riparto dei seggi secondo il seguente schema
seguito dall'Ufficio Elettorale  Nazionale,  il  quale,  compiuto  lo
scrutinio: 
        a) riceve gli estratti dei verbali  degli  uffici  elettorali
circoscrizionali costituiti presso le corrispondenti circoscrizioni; 
        b) sulla base di tali atti, procede a  determinare  la  cifra
nazionale di ciascuna lista, ottenuta dalla  somma  dei  voti  validi
conseguiti da ciascuna lista su tutto il territorio nazionale; 
        c) individua  le  liste  che  abbiano  conseguito  sul  piano
nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi; 
        d) procede al riparto dei seggi  tra  le  liste  che  abbiano
superato la soglia del 4 per cento  in  base  alla  cifra  elettorale
nazionale ciascuna lista. A tal fine si divide il totale delle  cifre
elettorali nazionali delle liste ammesse alla ripartizione dei  seggi
per il numero dei seggi da attribuire, ottenendo cosi'  il  quoziente
elettorale nazionale; il quoziente nazionale cosi' ottenuto,  di  cui
si tralascia l'eventuale parte frazionaria indica, in buona sostanza,
il numero dei voti necessari per ottenere un seggio; 
        e) infine, per conoscere il numero dei seggi da  assegnare  a
ciascuna lista, provvede a dividere la cifra elettorale nazionale  di
ciascuna lista (cioe' la suddetta somma dei  voti  ottenuti  da  ogni
lista) per tale quoziente elettorale nazionale; 
        f) attribuisce, quindi, ad  ogni  lista  tanti  seggi  quante
volte il quoziente elettorale nazionale risulti contenuto nella cifra
elettorale di ciascuna lista  (assegnazione  dei  seggi  a  quoziente
intero); 
        g)  i  seggi  che  rimangono  ancora   da   attribuire   sono
rispettivamente assegnati alle liste per le quali le ultime divisioni
hanno dato maggiori resti e, in caso di parita' di  resti,  a  quelle
liste che abbiano avuto la maggiore  cifra  elettorale  nazionale;  a
parita' di cifra elettorale nazionale si procede  per  sorteggio.  Si
considerano resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che
non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale. 
    Dopo aver determinato, a livello nazionale, l  numero  dei  seggi
spettanti a ciascuna lista si procede alla  distribuzione  successiva
nelle singole circoscrizioni. A tal fine: 
        si divide la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per
il totale dei seggi ad essa gia' attribuiti,  determinando  cosi'  il
quoziente elettorale di lista; 
        si dividono i voti  ottenuti  da  ogni  lista  nella  singola
circoscrizione (cifra elettorale circoscrizionale) per  il  quoziente
elettorale di lista. In tal modo si assegnano  i  seggi  a  quoziente
intero; i seggi che eventualmente rimangono ancora da attribuire sono
assegnati alle circoscrizioni per le quali le divisioni hanno dato  i
maggiori resti e, nel caso di parita' di questi ultimi, si prende  in
considerazione la circoscrizione con il piu' alto numero di voti;  si
ricorre al sorteggio nell'ipotesi di ulteriore parita'; 
        se in una circoscrizione ad una lista spettano piu' seggi  di
quanti siano i suoi componenti, risultano eletti  tutti  i  candidati
della lista e di procede ad un nuovo riparto dei seggi per  tutte  le
altre circoscrizioni  sulla  base  del  secondo  quoziente  di  lista
ottenuto dividendo i voti di lista nelle circoscrizioni per il numero
dei seggi che sono rimasti da assegnare. 
    Il richiamato art. 21 della legge n. 18 del 1979 ha subito  delle
modificazioni e integrazioni per  effetto  della  legge  20  febbraio
2009, n. 10, che ha aggiunto il n. 1-bis al primo comma del  predetto
articolo, stabilendo una soglia di sbarramento non superiore al 4 per
cento dei suffragi espressi per le  liste  che  partecipano  al  voto
(alla luce di quanto consentito dalla Decisione 2002/772/CE,  EURATOM
del 25 giugno 2002). 
    Secondo i ricorrenti, tale meccanismo  derogatorio  va  applicato
unitamente al criterio della proporzionalita' che contraddistingue il
sistema elettorale del Parlamento europeo (rapporto tra popolazione e
numero di seggi che varia in funzione  della  popolazione)  e,  nella
specie, censurano il fatto che i voti raccolti dalle  liste  che  non
superano il 4 per cento non concorrano all'assegnazione dei seggi con
il meccanismo dei resti. 
    Nel verbale  delle  operazioni  del  26  giugno  2009,  l'Ufficio
Elettorale Nazionale ha  replicato  alle  Osservazioni  avanzate  dai
candidati esclusi, che hanno contestato tra l'altro  l'antinomia  tra
l'art. 2 e l'art. 21 della legge n. 18 del 1979  sul  meccanismo  del
riparto dei seggi, precisando che l'assegnazione dei seggi alle liste
e' un'operazione che presuppone che vi siano dei voti da ripartire in
seggi,  e  che  pertanto  avviene  dopo  aver  individuato  la  cifra
elettorale nazionale superiore al 4 per cento con successivo  travaso
a livello circoscrizionale sulla base dei voti conseguiti. 
    I candidati esclusi contestano il mancato rispetto del  carattere
proporzionale del voto e la necessita' di rendere operativo  l'ultimo
periodo del n. 2 del primo comma dell'art. 21 in esame, il quale, pur
essendo stato  confermato  anche  a  seguito  della  novella  di  cui
all'art. 1 della legge n. 10 del 2009,  non  sarebbe  stato  tuttavia
applicato dall'Ufficio Elettorale. 
    Secondo detti candidati esclusi,  pertanto,  sarebbe  illegittima
l'applicazione della norma fatta dal predetto Ufficio Elettorale,  il
quale precisa che «i resti prodotti dai quozienti  di  lista  possono
essere utilizzati coerentemente per confrontare le performances della
stessa   lista   nelle   diverse   circoscrizioni,    ma    risultano
inutilizzabili, per la loro  disomogeneita',  per  il  confronto  dei
risultati   conseguiti   nelle    diverse    liste    nella    stessa
circoscrizione». Alcontrario, secondo parte ricorrente,  il  rispetto
del carattere  proporzionale  del  voto  porterebbe  a  ritenere  che
nell'assegnazione dei seggi da attribuire dopo che si  e'  divisa  la
cifra  elettorale  nazionale  di  ciascuna  lista  per  il  quoziente
elettorale nazionale, andrebbero considerate non solo le liste per le
quali le ultime divisioni hanno ottenuto maggiori resti, ma anche  le
cifre elettorali nazionali delle  liste  che  non  hanno  partecipato
all'attribuzione  dei  seggi  non  avendo  raggiunto   il   quoziente
elettorale nazionale per il mancato conseguimento sul piano nazionale
di almeno il 4 per cento dei voti validi. 
    Il risultato elettorale derivato, al contrario, dall'applicazione
dell'art. 21 della citata legge n.18 del 1979 ad  opera  dell'Ufficio
Elettorale ha fatto si' che i ricorrenti abbiano ottenuto  un  numero
di voti superiore, in termini di resti, rispetto  a  quelli  ottenuti
dalla «Lega Nord» e «IDV», senza che agli stessi sia stato attribuito
alcun seggio. Conseguenza di cio' e' che i voti delle  liste  escluse
per effetto dello sbarramento, espressi da cittadini  elettori  della
UE, non appaiono aver avuto alcun peso nella competizione elettorale,
con  pregiudizio  del  principio   di   rappresentanza   parlamentare
(territoriale e politica). 
    Tale  effetto   discorsivo   sarebbe   derivante   dalla   scelta
legislativa adottata da ultimo con la modifica del predetto art.  21.
L'introduzione della soglia di sbarramento, seppur  consentita  dalla
decisione del Consiglio del 1976 e non contestata dai ricorrenti  nel
ricorso,  andrebbe  tuttavia  ponderata,   relativamente   alle   sue
modalita'  di  attuazione  -  e  soprattutto  qualora   vi   sia   la
combinazione con il meccanismo di suddivisione in circoscrizioni, nel
senso di non svilire il principio di proporzionalita' e di consentire
che il Parlamento europeo, risultante a seguito delle elezioni svolte
negli Stati membri, sia composto  «di  rappresentanti  dei  cittadini
dell'Unione» 
    2. - Nel merito, assume rilievo, in via preliminare  la  verifica
della possibilita' di attribuire al primo comma, n. 2,  dell'art.  21
citato,   il   significato   invocato   dai   ricorrenti,   ai   fini
dell'eventuale accoglimento del ricorso. 
    2.1. - In particolare secondo i ricorrenti,  come  si  e'  detto,
l'Ufficio Elettorale Nazionale, nel  procedere  all'assegnazione  dei
seggi, avrebbe applicato in maniera erronea e illegittima il disposto
dell'art. 21, primo comma, n. 2) della legge n.  18  del  1979,  come
modificato dalla legge 20 febbraio  2009,  n.  10,  secondo  cui  «si
considerano resti anche le cifre elettorali nazionali delle liste che
non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale».  La  corretta
applicazione  di   questa   disposizione   avrebbe   dovuto   portare
all'attribuzione di un  seggio  a  ciascuna  delle  liste  denominate
«Partito della Rifondazione Comunista Europea-Partito  dei  Comunisti
Italiani» (nella Circoscrizione II-Italia  Centrale)  e  «Sinistra  e
Liberta-Federazione   dei   Verdi»   (Circoscrizione    IV    -Italia
Meridionale).  Cio'  in  quanto  dell'assegnazione  dei   seggi   che
rimangono ancora da attribuire,  dopo  che  si  e'  divisa  la  cifra
elettorale nazionale di ciascuna lista per  il  quoziente  elettorale
nazionale, beneficiano non solo le  liste  per  le  quali  le  ultime
divisioni hanno dato maggiori resti, ma anche le liste che non  hanno
partecipato  all'attribuzione  dei  seggi  non  avendo  raggiunto  il
quoziente elettorale nazionale (4 per cento dei voti validi). 
    Secondo i ricorrenti, quindi, il legislatore avrebbe previsto  un
«diritto di tribuna», consentendo  anche  alle  liste  escluse  dalla
soglia di  sbarramento  di  partecipare  all'assegnazione  dei  seggi
attribuiti con il meccanismo dei resti. 
    Il predetto contenuto applicativo della norma sarebbe  confermato
da  molteplici  elementi.  In  primo  luogo,  in  caso  contrario  il
legislatore si sarebbe dovuto limitare a non inserire il  periodo  in
esame, che non potrebbe  avere  altro  significato:  in  particolare,
secondo  i  ricorrenti  andrebbe  considerato  come  del  tutto   non
plausibile il tentativo di spiegazione «postuma« della norma  fornito
dai relatori al Disegno di legge  A.S.  n.  1360-A,  di  approvazione
delle modifiche alla legge n. 18 del 1979, secondo i quali si sarebbe
trattato di una sorta di norma  di  chiusura  volta  a  garantire  il
funzionamento del sistema di riparto anche nel caso  di  liste  prive
del quorum necessario ad  ottenere  un  seggio  «pieno»,  pur  avendo
superato il 4 per cento dei voti. 
    Infatti - argomentano i ricorrenti - si tratterebbe di un'ipotesi
allo stato del tutto teorica, avendo oggi l'Italia ben 72  seggi  fra
cui ripartire i voti ottenuti dalle  molto  meno  numerose  liste  in
lizza, e comunque irrealistica  anche  per  il  futuro,  in  base  al
rispetto del metodo proporzionale. 
    In secondo luogo, la clausola in  esame,  secondo  i  ricorrenti,
risponderebbe in realta' all'esigenza costituzionale di introdurre un
correttivo alla citata clausola di sbarramento, la  quale  altrimenti
vanificherebbe del tutto la volonta' di circa 3 milioni  e  400  mila
elettori italiani (cifra ottenuta sommando tutte le liste sotto al  4
per cento). 
    In  terzo  luogo,  secondo  la  prospettazione  dei   ricorrenti,
l'attuazione della norma nel senso indicato sarebbe doverosa, essendo
l'unica che consentirebbe di evitare l'illegittimita'  costituzionale
dell'intera disposizione, con particolare  riguardo  alla  violazione
degli artt. 3, 48 e 49 della Costituzione. 
    2.2. - In realta', a giudizio del  Collegio  occorre  evitare  di
fraintendere il concetto di «cifra elettorale nazionale» (presupposto
previsto, nel minimo del 4 per cento, per l'ammissione al riparto dei
seggi) con quello di  «quoziente  elettorale  nazionale»  (frutto  di
un'elaborazione matematica per l'assegnazione in concreto dei seggi). 
    Ne  consegue  che  il  riferimento   della   norma   al   mancato
raggiungimento del quoziente elettorale  nazionale  non  puo'  essere
esteso al caso  del  mancato  raggiungimento  del  quorum  elettorale
nazionale del 4 per cento da parte di una lista: non  sembra  infatti
possibile assimilare i risultati delle liste che in ipotesi non hanno
raggiunto un quoziente elettorale nazionale intero nel meccanismo  di
ripartizione dei seggi, da un lato, a  quelli  delle  liste  che  non
hanno affatto partecipato all'attribuzione dei seggi, in  quanto  non
hanno raggiunto il 
    quorum  minimo  del  4  per  cento  dei  voti  validi   espressi,
dall'altro. 
    Infatti, secondo l'inequivocabile lettera della legge, si ricorre
ai maggiori resti per l'attribuzione eventuale dei seggi che  non  si
siano potuti assegnare con i quozienti interi, ma  senza  con  questo
poter derogare alla esplicita previsione normativa dello  sbarramento
del 4 per cento: nel senso che  partecipano  all'assegnazione  con  i
resti solo quei partiti o gruppi che, pur avendo superato  il  4  per
cento, non abbiano eventualmente raggiunto  un  quoziente  elettorale
intero, ovvero abbiano i maggiori resti  tra  i  voti  riportati  dai
partiti ammessi all'assegnazione dei seggi per aver superato il 4 per
cento. 
    La lettura testuale  della  norma  e'  confermata  dall'oggettiva
ratio legis, atteso che la clausola invocata dai ricorrenti era  gia'
presente nel testo della  legge  elettorale  prima  dell'introduzione
della soglia del 4 per  cento,  ed  e'  ora  stata  mantenuta,  nella
complessiva  riformulazione  dell'articolo   interamente   novellato,
presumibilmente per le stesse  ragioni  che  a  suo  tempo  portarono
all'introduzione della stessa come  norma  di  chiusura  del  sistema
(coerentemente con il carattere  generale  e  astratto  della  legge,
rivolta in ipotesi anche alle  possibili  per  quanto  improbabili  -
evenienze del futuro); mentre nessun  indizio  sembra  consentire  di
attribuirle una  nuova  e  ulteriore  funzione  di  correttivo  degli
effetti del previsto sbarramento, a fronte del chiaro tenore testuale
della disposizione che  -  nel  testo  ora  sostituito  -  limita  la
ripartizione dei seggi alle liste che abbiano superato la soglia  del
4 per cento. 
    2.3. - Conclusivamente,  a  giudizio  del  Collegio  il  disposto
dell'art. 21, comma 1, n. 2), ultimo periodo, della legge n.  18  del
1979, come modificato dalla legge 20 febbraio 2009,  n.  10,  secondo
cui «si considerano resti anche le cifre elettorali  nazionali  delle
liste che non hanno raggiunto il quoziente elettorale nazionale»,  in
base al suo  tenore  letterale,  alla  sua  collocazione  sistematica
nell'ambito dell'art. 21, e alla oggettiva ratio della legge, non  si
presta all'applicazione evolutiva auspicata dai ricorrenti,  volta  a
porre un correttivo alla soglia del 4 per cento in  conformita'  alla
disciplina costituzionale richiamata dai medesimi: di conseguenza, la
prospettazione  contenuta  al  riguardo  nel  ricorso   deve   essere
disattesa in applicazione del citato art. 21, che diventa cosi' norma
rilevante ai fini della decisione del giudizio a quo. 
    3. - Premessa la indicata rilevanza della norma ai fini del detto
giudizio, diviene  allora  necessario  che  il  Collegio  esamini  la
questione di legittimita' costituzionale sollevata in via subordinata
dai ricorrenti. 
    3.1. - Preliminarmente, e' necessario chiarire che  la  questione
sollevata riguarda, in realta', non la specifica  disposizione  (art.
21, comma 1, n. 2, ultimo periodo), che come si e' visto non  risulta
affatto applicabile alla  fattispecie  (non  assumendo  quindi  alcun
rilievo nel giudizio in epigrafe) e neppure la mancata previsione  di
quel «correttivo» (alla soglia di  sbarramento)  rappresentato  dalla
medesima  clausola  nel   significato   attribuito   dai   ricorrenti
(questione di merito, suscettibile di una valutazione  «quantitativa»
e, quindi,  riconducibile  alla  discrezionalita'  del  legislatore),
bensi' la piu' complessiva previsione dell'art. 21 della legge n.  18
del 1979 che, nel testo sostituito dalla legge 20 febbraio  2009,  n.
10, al n.  1-bis  del  comma  1,  stabilisce  una  rigida  soglia  di
sbarramento pari al 4 per cento  dei  voti  validi  per  l'ammissione
delle liste alla ripartizione dei seggi e  al  rimborso  delle  spese
elettorali, e impedisce l'accoglimento della domanda dei  ricorrenti,
presentando pero' profili, a giudizio del Collegio non manifestamente
infondati,  di  possibile  incostituzionalita'   per   la   manifesta
irragionevolezza e ingiustizia (nei  confronti  di  quegli  elettori)
della previsione di legge, e per il conseguente possibile  eccesso  o
sviamento  di  potere  del  legislatore  rispetto   alle   dichiarate
finalita' di maggiore  razionalita'  ed  efficacia  del  sistema,  in
violazione delle norme costituzionali  che  disciplinano  l'esercizio
della sovranita' popolare nel nostro Paese. 
    3.2. - E' quindi opportuno un  secondo  chiarimento  preliminare,
concernente il profilo di illegittimita' costituzionale che  riguarda
- in primo luogo e in via diretta - non la compatibilita' della norma
in esame con il  diritto  dell'Unione  europea  bensi'  la  possibile
violazione, da parte della stessa, della nostra Corte costituzionale,
con  riguardo  al  procedimento  relativo  allo   svolgimento   delle
operazioni  elettorali  la  cui  disciplina  e'  rimessa  al  diritto
nazionale alla stregua del noto  criterio  di  sussidiarieta'.  Sotto
tale ultimo  aspetto,  risulta  poi  confermata  la  rilevanza  della
questione, atteso che una eventuale pronuncia di  incostituzionalita'
della Corte costituzionale, imporrebbe di decidere la  posizione  dei
ricorrenti, ancora non definitiva in ragione del giudizio  in  corso,
alla stregua della nuova disciplina che ne risulterebbe. 
    3.3. - Cio' premesso, il Collegio deve necessariamente richiamare
le disposizioni costituzionali e comunitarie di riferimento rilevanti
in questa sede. 
    3.4. - Viene dunque in primo luogo in rilievo  l'art.  11  Cost.,
che  secondo  la  piu'   autorevole   dottrina   e   la   consolidata
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  costituisce   la   base
giuridica dell'adesione dell'Italia all'Unione Europea, e secondo  il
quale «L'Italia (...) consente, in  condizioni  di  parita'  con  gli
altri  Stati,  alle  limitazioni  di  sovranita'  necessarie  ad   un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le  Nazioni».  Lo
stesso tenore letterale della norma  richiama  alla  mente  l'art.  1
Cost., secondo cui  «La  sovranita'  appartiene  al  popolo,  che  la
esercita nelle forme e nei limiti della  Costituzione»,  risultandone
confermata la  necessita'  -  comunque  rinvenibile  dal  complessivo
sistema giuridico - che anche l'esercizio delle  procedure  nazionali
relative  all'attribuzione  di  profili  di   sovranita'   all'Unione
Europea,  quali  l'elezione  degli   europarlamentari,   avvenga   in
conformita' al principio democratico, cosi' come  disciplinato  dalla
nostra Costituzione, in modo analogo a quanto accade per  l'esercizio
della sovranita' popolare in ambito nazionale  mediante  le  elezioni
politiche, partecipando quindi i due momenti (elezioni nazionali e al
Parlamento europeo) alla medesima esigenza di rispetto  dei  principi
costituzionali che disciplinano l'esercizio della sovranita' popolare
ai sensi dell'art. 1 della Costituzione. 
    3.5. - Peraltro, la  Costituzione  italiana  non  prevede  alcuna
disposizione in materia di sistema  elettorale  strettamente  inteso,
limitandosi a sancire, all'art. 48, che  «Il  voto  e'  personale  ed
eguale, libero e segreto» e a prescrivere, all'art. 56, il  suffragio
universale e diretto per l'elezione della Camera dei Deputati. 
    Da  cio'   discende,   come   ricordato   dai   controinteressati
intervenuti in giudizio, che «la determinazione delle formule  e  dei
sistemi elettorali costituisce un ambito nel quale si esprime con  un
massimo  di  evidenza  la  politicita'  della   scelta   legislativa,
censurabile in sede di  giudizio  di  costituzionalita'  solo  quando
risulti manifestamente irragionevole» (Corte cost., ord. n.  260  del
2002). 
    La Corte costituzionale ha, altresi', precisato che i  correttivi
che possono essere introdotti nell'ambito di  un  sistema  elettorale
«non  incidono  sulla  parita'  di   condizione   dei   cittadini   e
sull'eguaglianza del voto, che non si estende al  risultato  concreto
della manifestazione di volonta' dell'elettore, rimessa ai meccanismi
del sistema elettorale determinati  dal  legislatore»  (Corte  cost.,
sent.  n.  356  del  1998).  In  altri  termini,  «il  principio   di
eguaglianza non si estende al risultato concreto della manifestazione
di volonta' dell'elettore. Risultato che dipende, invece, dal sistema
che il legislatore ordinario, non avendo la Costituzione disposto  al
riguardo, ha adottato per le elezioni politiche ed amministrative, in
relazione  alle   mutevoli   esigenze   che   si   ricollegano   alle
consultazioni elettorali» (Corte cost. sent. n. 43 del 1961). 
    3.6. - Nel caso specifico, inoltre, la  decisione  del  Consiglio
dell'Unione europea del 25 giugno 2002 e  del  23  settembre  2002  -
recante modifiche alla  decisione  del  Consiglio  76/787/CECA,  CEE,
EURATOM (Atto relativo all'elezione dei rappresentanti nel Parlamento
europeo a suffragio universale e diretto) - ha consentito agli  Stati
membri  di  prevedere  la  fissazione  di  una  soglia   minima   per
l'attribuzione dei seggi, precisando solo che non deve essere fissata
a livello nazionale oltre il 5 per cento  dei  suffragi  espressi,  e
molti Paesi comunitari risultano averla introdotta. 
    Ne consegue che, a giudizio del Collegio, la disciplina di  legge
nazionale che ha introdotto una clausola di  sbarramento  del  4  per
cento  -  inferiore,  quindi,  al  limite  massimo   consentito   dal
legislatore comunitario - non  puo'  solo  per  questo  ritenersi  in
contrasto con  il  citato  articolo  48  Cost.  e  con  le  ulteriori
disposizioni costituzionali sopra richiamate. 
    Ne discende, sotto tale profilo, la manifesta infondatezza  della
relativa questione di legittimita' costituzionale. 
    4. - Il Collegio ritiene, tuttavia, di dover approfondire,  anche
«d'ufficio»,  gli  ulteriori  profili  di   costituzionalita'   della
questione sollevata dai ricorrenti, e Osserva, pertanto, che  proprio
la sopra richiamata giurisprudenza costituzionale ha chiarito che  la
determinazione dei sistemi elettorali e' comunque censurabile in sede
di  giudizio  di  costituzionalita'  quando  risulti  «manifestamente
irragionevole». La valutazione del Collegio in ordine alla  sollevata
questione di legittimita' costituzionale deve, quindi, estendersi  ai
possibili  ulteriori  profili  direttamente  connessi  della  dedotta
manifesta irragionevolezza e ingiustizia della  previsione  normativa
di cui al citato art. 21 (in quanto non riconosce il c.d.«diritto  di
tribuna» anche alle liste escluse  dalla  soglia  di  sbarramento  di
partecipare all'assegnazione dei seggi attribuiti con  il  meccanismo
dei resti)  rispetto  alla  dichiarata  finalita'  di  garantire  una
maggiore  razionalita'  ed  efficacia  del  sistema  rafforzando   la
stabilita' delle maggioranze parlamentari e del  potere  esecutivo  e
favorendo le aggregazioni politiche nella sede comunitaria. 
    4.1. - Anche in questo caso il Collegio ritiene, in conformita' a
quanto osservato al precedente paragrafo n. 3.4., che il rispetto del
principio costituzionale democratico che disciplina l'esercizio della
sovranita' popolare ai sensi dell'art. 1 Cost. debba essere  valutato
(cosi' per le  elezioni  nazionali  come  per  quelle  al  Parlamento
europeo) alla stregua della ragionevolezza della norma di  legge  con
esclusivo riguardo alle  specifiche  disposizioni  costituzionali  di
riferimento. 
    5. - Appare allora  necessario  partire  dalla  ricognizione  dei
diversi modi di esercizio della  sovranita'  popolare:  innanzitutto,
«tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti
per concorrere con  metodo  democratico  a  determinare  la  politica
nazionale» (art. 49 Cost.);  essi  possono,  inoltre,  partecipare  a
sindacati (art. 39 Cost.), associazioni e  comitati  (artt.  2  e  18
Cost.),  impegnarsi  direttamente  nel  sociale  (alla  stregua   del
principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118 Cost.)  ed  hanno  il
diritto di manifestare  il  proprio  pensiero,  informare  ed  essere
informati (art. 21 Cost.). Diverso e' il caso,  in  cui,  tramite  il
voto (uguale, libero e segreto ai sensi dell'art. 48  Cost.)  ciascun
componente del corpo elettorale (organo del Popolo) puo'  partecipare
agli strumenti di democrazia diretta e  rappresentativa,  poiche'  in
questo caso, evidentemente, la disciplina di legge  ordinaria  (quale
quella in esame) deve essere coerente e non contraddittoria  rispetto
al ruolo  attribuito  dall'ordinamento  costituzionale  all'assemblea
rappresentativa che viene in tal modo eletta. 
    6.  -  Per  quanto  concerne   l'ambito   nazionale   la   nostra
Costituzione delinea uno Stato di diritto democratico  caratterizzato
da una forma di governo parlamentare, ovvero in cui il Parlamento  e'
eletto direttamente dal Popolo e lo rappresenta, e quindi  adotta  le
leggi  e  accorda  la  fiducia  all'Esecutivo,  operando  secondo  le
previste maggioranze (art 64 Cost.). La duplice conseguenza di questo
sistema e' costituita, da un lato, dalle  prerogative  d'indipendenza
garantite  ad  «ogni  membro   del   Parlamento»,   poiche'   ciascun
parlamentare «rappresenta la Nazione  ed  esercita  le  sue  funzioni
senza vincolo di  mandato»  (art.  67  Cost.)  e,  dall'altro,  dalla
latitudine dei compiti conferiti, nel rispetto  del  principio  della
separazione dei Poteri, al Parlamento e a ciascuno dei  parlamentari,
mediante il  potere  d'iniziativa  legislativa,  di  proposizione  di
mozioni,  d'inchiesta  (art.  82  Cost.)  e  di  sindacato  ispettivo
(mozioni, interrogazioni, interpellanze). Questi elementi sfuggono al
principio  maggioritario   e   valorizzano,   invece,   la   funzione
autonomamente  e  personalmente   svolta   di   ogni   rappresentante
democraticamente eletto al Parlamento. 
    7. - Per il Parlamento europeo, fermo restando  quanto  osservato
circa la necessaria conformita' delle norme nazionali  di  disciplina
delle elezioni europee al principio  democratico  disciplinato  dalla
nostra Costituzione, valgono analoghe considerazioni, atteso che: 
        ai sensi dell'art. 9  A  del  Trattato  europeo  tale  organo
esercita,   oltre   alle   funzioni   legislativa   e   di   bilancio
(congiuntamente al Consiglio) anche le funzioni di controllo politico
e consultive alle condizioni stabilite dai Trattati; 
        le sopra richiamate Decisioni del Consiglio del  1976  e  del
2002 hanno imposto l'adozione di un sistema elettorale proporzionale,
consentendo  la  ripartizione  nazionale  in  circoscrizioni  purche'
«senza pregiudicare complessivamente il carattere  proporzionale  del
voto». 
    8.  -  Da  quanto  finora  osservato  discende,  a  giudizio  del
Collegio, la possibile illegittimita' costituzionale di una norma  di
legge elettorale che pregiudichi  la  garanzia  di  indipendenza  dei
parlamentari nella rappresentanza  della  Nazione  senza  vincoli  di
mandato e che, quindi, offuschi nei loro confronti  il  principio  di
responsabilita' diretta e personale di  ogni  soggetto  investito  di
pubbliche funzioni.  Principio  che  costituisce  invece  il  cardine
fondante di ogni moderna democrazia liberale, sia  al  momento  della
presentazione delle  candidature,  che,  come  nella  fattispecie  in
esame,  nei  momenti  successivi   senza   interrompere   il   «filo»
democratico che, secondo la Costituzione, lega i seguenti momenti:  -
la possibilita' di ciascun cittadino di concorrere a  determinare  la
politica nazionale associandosi  in  un  partito  politico  (art.  49
Cost.); - il diritto di ciascun componente del corpo elettorale,  nel
determinare  la  politica  nazionale,  di   concorrere   direttamente
(mediante il proprio voto uguale, libero e segreto ai sensi dell'art.
48 Cost.) all'elezione dei  Parlamentari;  -  il  potere  di  ciascun
Parlamentare, in tal modo eletto,  di  rappresentare  la  Nazione  ed
esercitare le  sue  funzioni  senza  vincolo  di  mandato  (ai  sensi
dell'art. 67 Cost.); - il conseguente esercizio, da parte di  ciascun
parlamentare dei propri poteri d'iniziativa legislativa,  d'indirizzo
politico  e  di  sindacato   ispettivo   previsti   (direttamente   o
indirettamente)  dalla  Costituzione,  che  sfuggono   al   principio
maggioritario e che postulano, viceversa, un'adeguata «rappresentanza
politica» dell'intera «Nazione» (e non solo di una piu' o meno  ampia
cerchia,  politica,  territoriale   o   economico-professionale,   di
elettori). 
    Resta, pertanto, preclusa, secondo la ricostruzione  del  vigente
ordinamento  costituzionale  operata  dal  Collegio,   la   legittima
introduzione di clausole maggioritarie o di sbarramento, come  quella
in esame, le quali non si limitino a conformare i  risultati  pratici
della  competizione  elettorale   secondo   i   previsti   meccanismi
elettorali (cosi' come espressamente consentito dalla  giurisprudenza
costituzionale), ma che, al contrario, pongano piu' radicalmente  nel
nulla la volonta' popolare  di  una  piu'  o  meno  ampia  platea  di
elettori, che viene in  tal  modo  privata,  di  fatto,  del  proprio
diritto di concorrere alla politica nazionale (in questo caso  svolta
in ambito comunitario mediante gli europarlamentari italiani); e cio'
in modo non ragionevole e non  proporzionato  rispetto  al  superiore
interesse ad un piu' efficace funzionamento del sistema democratico. 
    9. - Sotto il profilo da ultimo considerato,  appare  quindi  non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale,
per manifesta irragionevolezza e ingiustizia, dell'art.21 della legge
n. 18 del 1979, come sostituito dalla legge 20 febbraio 2009, n.  10,
in  quanto  la  novella  legislativa  del  2009,  pur  mantenendo  la
suddivisione del territorio nazionale in piu'  collegi  territoriali,
richiede il raggiungimento da parte di ciascuna lista  di  un  rigido
quorum minimo  complessivo  nazionale,  per  poi  ripartire  i  seggi
nuovamente su  base  territoriale,  pero'  in  relazione  alla  cifra
elettorale nazionale dei soli partiti che hanno superato la soglia di
sbarramento. Questi ultimi cosi' si vedono  attribuire,  in  sede  di
computo  dei  resti  eccedenti  il  quorum  elettorale  intero,   con
riferimento    a    ciascun    collegio    territoriale,    ulteriori
europarlamentari  (nella  fattispecie,  due)  sulla  base  di   cifre
elettorali irragionevolmente ben piu' modeste  (nel  caso  specifico,
circa 263 mila voti complessivi per «Italia dei Valori»  e  173  mila
per «Lega Nord») rispetto a quelle  riportate  dalle  liste  che  non
hanno raggiunto la soglia di  sbarramento  del  4  per  cento  e  che
vengono escluse dalla norma in esame anche dal predetto  riparto  dei
resti (nella fattispecie e con riguardo ai diversi ricorrenti,  circa
1 milione e 40 mila voti complessivi  per  «Rifondazione  Comunista»,
960 mila per «Sinistra e Liberta«). Si creano, in tal modo,  evidenti
alterazioni dell'iniziale  ripartizione  dei  seggi  fra  i  previsti
collegi territoriali e, per  quanto  interessa  in  questa  sede,  si
lascia irragionevolmente priva di ogni rappresentanza e di ogni altro
effetto la volonta' politica espressa  da  molti  elettori  (circa  3
milioni e 400 mila, sommando tutte le liste sotto al  4  per  cento),
premiando, in sede di riparto dei resti, quorum molto piu'  bassi  in
modo  non  congruo  e,  comunque,  non  proporzionato  rispetto  alle
finalita' di razionalizzazione del sistema  politico  perseguite  con
l'introduzione di una soglia di sbarramento. 
    10. - Conclusivamente, il citato art. 21 della legge  n.  18  del
1979, nel testo vigente, stabilisce una rigida soglia di  sbarramento
nazionale,  estesa  alla  ripartizione  (prevista  invece   su   base
territoriale) dei resti eccedenti i  quorum  elettorali  «interi»,  e
cosi' nega la  sussistenza  del c.d.  «diritto  di  tribuna»  di  una
consistente  parte  dell'elettorato,  ai  fini  dell'esercizio  degli
indicati poteri di iniziativa,  indirizzo  e  controllo  sull'operato
dell'Esecutivo, in rappresentanza della Nazione, da parte dei singoli
parlamentari in tal modo eletti. Occorre, altresi',  evidenziare  che
un ulteriore possibile profilo di  irragionevolezza  della  norma  in
esame e' costituito dal denegato  accesso  al  rimborso  delle  spese
effettuate dai partiti che hanno partecipato con proprie  liste  alla
competizione elettorale, ma che non hanno  raggiunto  il  quorum,  in
quanto  cio'  appare  suscettibile  di  determinare   una   possibile
disparita' di trattamento fra i diversi attori politici operanti alla
stregua del citato art. 49 della Costituzione. 
    Relativamente agli effetti descritti, lo stesso art. 21 palesa, a
giudizio del  Collegio,  un  possibile  profilo  di  irragionevolezza
manifesta, in quanto le illustrate ulteriori conseguenze della  norma
potrebbero ritenersi non giustificate dalle dichiarate  finalita'  di
rafforzamento della stabilita' delle maggioranze parlamentari  e  del
potere esecutivo in favore di piu' ampie aggregazioni politiche nella
sede comunitaria, atteso che tali esigenze  vengono  gia'  assicurate
dalla generale  esclusione  delle  liste  minori  dal  meccanismo  di
ripartizione dei seggi fra le liste che hanno superato lo sbarramento
del 4  per  cento,  palesando  una  possibile  e  non  manifestamente
infondata questione di costituzionalita'  della  norma  di  legge  in
esame  sotto  il  profilo  di  eccesso  o  sviamento  di  potere  del
legislatore in violazione degli  artt.  1,  3,  48,  49  e  51  della
Costituzione. 
    11. - Inoltre, per le medesime considerazioni sopra svolte,  deve
essere altresi' valutata la possibile violazione dell'art. 11  Cost.,
sotto il diverso profilo della compatibilita' del citato art. 21  con
l'art. 8 A del Trattato, secondo cui «il funzionamento dell'Unione si
fonda  sulla  democrazia  rappresentativa»  (paragrafo  1)  e   «ogni
cittadino  ha  diritto   di   partecipare   alla   vita   democratica
dell'Unione» (paragrafo 3):  disposizioni  recepite  dall'ordinamento
italiano  ai  sensi  dello  stesso  art.  11  Cost.  e  ulteriormente
specificate dalla decisione del Consiglio, dell'Unione Europea del 25
giugno 2002  e  del  23  settembre  2002  -  recante  modifiche  alla
decisione del Consiglio 76/787/CECA,  CEE,  EURATOM,  che  impone  il
«rispetto complessivo del carattere proporzionale del voto». Si puo',
pertanto, seriamente dubitare che una norma di legge nazionale che ha
consentito di nominare  due  europarlamentari  sulla  base  di  resti
elettorali di poco superiori a 400 mila voti, lasciando senza  alcuna
rappresentanza politica i circa due milioni  di  elettori  delle  due
principali liste rimaste sotto alla soglia del  4  per  cento,  possa
corrispondere al predetto criterio. 
    12. - Infine, deve essere valutata oltre la richiamata  possibile
violazione  dell'art.  11  Cost.  sotto  il  diverso  profilo   della
compatibilita' del predetto art. 21 con la citata norma del  Trattato
anche il contrasto con quei principi che trovano conferma nell'acquis
communautaire di cui sono espressione gli artt. 10, 11, 39 e 40 della
CEDU - i quali  non  possono  non  porsi  anche  a  fondamento  della
necessita' di rappresentanza degli elettori comunitari nel Parlamento
europeo. Tali articoli della  Convenzione,  sanciscono,  infatti,  il
diritto di ciascun individuo di manifestare le proprie convinzioni  e
di godere dell'elettorato attivo e passivo per il Parlamento europeo,
diritto strettamente connesso a quelli tutelati  dagli  articoli  che
nella Carta Costituzionale affermano la regola democratica secondo il
principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. 
    13. - In conclusione, la questione di costituzionalita' dell'art.
21, comma 1°, n. 2, della legge 24 gennaio 1979,  n.  18,  nel  testo
vigente, viene ritenuta dal Collegio rilevante e  non  manifestamente
infondata in quanto la predetta norma, prevedendo la soglia nazionale
di sbarramento  nell'ambito  di  un  sistema  che  gia'  disciplinava
l'attribuzione dei seggi su base  circoscrizionale,  senza  stabilire
alcun correttivo, anche in sede di  ripartizione  dei  «resti»,  osta
all'accoglimento, da parte di questo  Tribunale,  della  domanda  dei
ricorrenti di  partecipare  con  i  propri  voti  (superiori  a  tali
«resti») a detta ripartizione (c.d. diritto di  tribuna)  e  comporta
una  irragionevolezza  e  non   proporzionalita'   della   previsione
legislativa rispetto alle perseguite finalita' di maggiore  efficacia
del sistema politico democratico nonche' la violazione  del  circuito
democratico  che,  secondo  gli  art.  1,  3,  48,  49  e  51   della
Costituzione, deve assicurare la partecipazione attiva dei  cittadini
alla vita politica  nazionale  nonche'  a  quella  delle  Istituzioni
comunitarie alla stregua del  richiamo  operato  dall'art.  11  della
Costituzione. 
    14. - Per le ragioni fin qui esposte, a giudizio del Collegio, la
delineata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21 della
legge 24 gennaio 1979, n. 18 e succ. mod. e integr.  con  riferimento
agli art. 1, 3, 11, 48, 49 e 51 della Costituzione  e'  rilevante  ai
fini del decidere e non e' manifestamente infondata. 
    Pertanto, essa va sottoposta al vaglio della Corte costituzionale
nei termini che precedono. 
    Deve  conseguentemente  disporsi  la  sospensione  del   presente
giudizio  con  l'immediata  trasmissione  degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Deve ordinarsi, altresi',  che  a  cura  della  Segreteria  della
Sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri   nonche'   comunicata   ai
Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
    Rimane riservata alla decisione definitiva  ogni  statuizione  in
rito, in merito e in ordine alle spese.