Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  435,  secondo
comma, del codice di procedura civile promossi dalla Corte  d'appello
di Genova - sezione per le controversie in materia di lavoro, con sei
ordinanze del 3 marzo 2009 iscritte ai nn. 139, da 157 a  160  e  180
del registro ordinanze 2009 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica, 1ª serie speciale, nn. 20, 23 e 26 dell'anno 2009; 
    Visti gli atti  di  costituzione  dell'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale (INPS) e della Banca  Carige  S.p.A.  nonche'  gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 2010 e nella Camera di
consiglio del 13 gennaio 2010 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro; 
    Uditi  gli  avvocati  Alessandro  Riccio  per   l'INPS,   Camillo
Paroletti e Giampaolo Parodi per la Banca Carige S.p.A. e  l'Avvocato
dello Stato Daniela Giacobbe per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Ritenuto che la Corte  d'appello  di  Genova  -  sezione  per  le
controversie in materia di lavoro,  nel  corso  di  un  procedimento,
promosso dall'Istituto nazionale della previdenza  sociale  (INPS)  -
avente ad oggetto la corresponsione di somme da  parte  del  predetto
Istituto  in  favore  di  un  lavoratore  a  titolo   di   differenze
pensionistiche, procedimento nel  quale  l'appellato  aveva  eccepito
preliminarmente la improcedibilita' del gravame per non essere  stato
rispettato il termine previsto  dall'art.  435,  secondo  comma,  del
codice di procedura civile, per la notifica all'appellato del ricorso
e del decreto di nomina del relatore e di fissazione dell'udienza  di
discussione - ha sollevato, con ordinanza del 3 marzo 2009 (reg. ord.
n. 139 del 2009), questione di legittimita' costituzionale del citato
art. 435, secondo comma, cod. proc. civ., nella parte  in  cui  fissa
all'appellante un  termine  per  provvedere  a  detta  notifica,  per
contrasto con gli artt. 24 e 111 della Costituzione; 
        che i difensori dell'appellante hanno  sollecitato  la  Corte
d'appello a rimeditare  l'orientamento  giurisprudenziale  inaugurato
dalle Sezioni unite della Corte di  cassazione  con  la  sentenza  n.
20604 del 30 luglio 2008, alla stregua  del  quale  gli  effetti  del
tempestivo deposito del ricorso e la tempestivita'  dell'impugnazione
non si stabilizzano, in mancanza di valida notifica all'appellato del
ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di  discussione  nel
termine imposto dalla legge; 
        che, in conseguenza, la Corte  d'appello  dovrebbe  ritenere,
sempre secondo  i  difensori  dell'appellante,  che  alla  violazione
dell'art. 435,  secondo  comma,  cod.  proc.  civ.  non  consegua  la
sanzione della decadenza e dell'improcedibilita'  del  giudizio,  non
espressamente prevista dalla legge; 
        che il Collegio rimettente ritiene che  il  mancato  rispetto
del termine previsto dall'art. 435, secondo comma,  cod.  proc.  civ.
determini la preclusione della  possibilita'  di  potere  validamente
notificare il ricorso di impugnazione  e  il  decreto  di  fissazione
dell'udienza, con la conseguenza che il complesso  atto  unitario  di
introduzione del giudizio di impugnazione, caratterizzato da una fase
iniziale di  deposito  del  ricorso  e  da  una  successiva  fase  di
instaurazione del contraddittorio, non si perfeziona,  cosicche'  gli
effetti prodromici e preliminari conseguenti  alla  edictio  actionis
non si stabilizzano in assenza  di  una  valida  vocatio  in  ius,  e
l'impugnazione, anche se valida e tempestiva al momento del  deposito
del   ricorso,   non    si    perfeziona,    con    la    conseguenza
dell'improcedibilita' del giudizio di  appello,  pur  se  ritualmente
instaurato; 
        che dalle considerazioni sopra esposte il giudice  a  quo  fa
derivare la rilevanza della questione prospettata,  dal  momento  che
l'accoglimento  dell'eccezione  dell'appellato   determinerebbe   una
pronuncia di declaratoria dell'improcedibilita' dell'appello; 
        che, quanto alla non manifesta  infondatezza  del  dubbio  di
illegittimita'  costituzionale,  il  giudice  a  quo  assume  che  la
previsione del termine di dieci giorni per la notifica  all'appellato
del ricorso e del decreto di fissazione d'udienza non sia ragionevole
e tale da giustificare, in caso di suo vano decorso,  la  preclusione
che ne deriva e che non differisce da quella risultante  dal  decorso
di un termine perentorio; 
        che la sola funzione concreta che puo'  essere  attribuita  a
quel termine e' - secondo il collegio rimettente - quella di impedire
che l'udienza di discussione  possa  essere  fissata  dal  Presidente
della Corte di appello  in  tempi  cosi'  brevi  da  rendere  perfino
difficoltosa  la  notifica  all'appellato,  con  la  conseguenza  che
risulterebbe  irragionevole  gravare  l'appellante  di  un  onere  di
notifica in termini prestabiliti, non gia' per la loro brevita' - che
comunque e' idonea  a  consentire  di  provvedere  all'adempimento  -
bensi' per  la  gravita'  delle  conseguenze  derivanti  dal  mancato
rispetto del termine, comportanti la perdita del diritto  all'azione,
senza che cio' appaia  in  alcun  modo  giustificato  da  ragioni  di
equilibrio tra i poteri delle parti o di celerita' del processo; 
        che, pertanto, l'art. 435, secondo comma,  cod.  proc.  civ.,
nella parte in cui fissa all'appellante  un  termine  per  provvedere
alla notifica del ricorso e del decreto, appare  alla  rimettente  in
contrasto  con  gli  artt.  24  e  111  della  Costituzione,  poiche'
comporterebbe, quale sanzione della decorrenza del termine  medesimo,
«il pregiudizio del diritto alla difesa, come  diritto  ad  agire  in
giudizio»,  senza  che  ricorrano  motivi  ragionevoli  che   possano
giustificare tale  effetto,  cosi'  violando  il  diritto  al  giusto
processo; 
        che nel giudizio innanzi alla Corte si e' costituito  l'INPS,
che ha concluso per la inammissibilita' della  questione,  attesa  la
possibilita' di una esegesi della norma censurata diversa  da  quella
scaturente dalla sentenza delle Sezioni unite della Cassazione  sulla
quale si e' fondato il percorso  argomentativo  del  rimettente,  che
scongiuri il pregiudizio al diritto di difesa dallo stesso lamentato; 
        che - rileva l'Istituto -  la  fattispecie  al  vaglio  delle
Sezioni unite verteva in una ipotesi in cui, depositata opposizione a
decreto ingiuntivo per  crediti  di  lavoro,  l'opponente  non  aveva
affatto provveduto alla notificazione  del  ricorso  e  del  decreto,
laddove, nel giudizio in corso, la notifica era stata effettuata  sia
pure con ritardo; 
        che la inosservanza del termine di cui alla  norma  censurata
non inciderebbe sulla complessiva durata  del  processo,  poiche'  il
mero ritardo nella notificazione, purche' effettuata nel rispetto del
termine dilatorio di cui al terzo comma dello stesso  art.  435,  non
escluderebbe che l'udienza fissata con il decreto presidenziale possa
comunque  essere  deputata  alla  discussione  della  causa  ed  alla
immediata decisione; 
        che non sarebbe esatto il  presupposto  dal  quale  muove  il
rimettente, secondo cui la inutile scadenza del termine previsto  dal
secondo comma dell'art. 435 cod. proc. civ., in  difetto  di  proroga
accordata prima della scadenza, potrebbe comportare comunque il venir
meno del potere  di  compiere  l'atto,  trattandosi  di  affermazione
compiuta dalle Sezioni unite della Corte di cassazione  con  riguardo
alla fattispecie gia' descritta,  in  cui  al  mancato  rispetto  dei
termini per la  notifica  del  ricorso  ha  fatto  seguito  anche  la
sopravvenuta impossibilita' di osservare i termini a comparire per la
udienza di  discussione,  non  essendo  stati  notificati  l'atto  di
opposizione e il decreto di fissazione  non  solo  nel  rispetto  del
termine di cui all'art. 415, terzo comma, cod. proc. civ., ma neppure
alla data della stessa udienza di discussione; 
        che e' intervenuto nel giudizio il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato,
che  ha  concluso  per  la  inammissibilita'  o,  comunque,  per   la
infondatezza della questione; 
        che, sotto il primo profilo, rileva  l'Autorita'  intervenuta
che,  nel  giudizio  a  quo,  la  controparte  si  era   regolarmente
costituita nel giudizio e che il ricorso e il decreto  di  fissazione
dell'udienza erano stati notificati a questa nel rispetto del termine
di cui all'art. 435, terzo comma, cod. proc. civ, a differenza  della
fattispecie di cui alla decisione delle Sezioni unite, in cui era del
tutto mancata la  notifica  e  solo  all'udienza  di  discussione  il
ricorrente aveva chiesto un termine per rinnovare  la  notificazione,
con la conseguenza che la sanzione della decadenza  sarebbe  derivata
non  gia'  dal  mancato  rispetto  del  termine  ordinatorio  per  la
notifica, ma dalla circostanza che quest'ultima non era avvenuta; 
        che, nel merito, secondo la interpretazione giurisprudenziale
dell'art. 435,  secondo  comma,  cod.  proc.  civ.,  la  proposizione
dell'appello si perfezionerebbe con il deposito del  ricorso,  mentre
la notifica dello  stesso,  anche  se  nulla,  non  eliminerebbe  gli
effetti della litispendenza, con la conseguenza che  la  costituzione
dell'appellato sanerebbe la irrituale notifica dell'atto di appello e
del decreto per raggiungimento dello scopo (v. Cass., sent.  n.  5699
del 2007), attesa  la  natura  ordinatoria  e  non  perentoria  della
notifica del ricorso e del  decreto  di  fissazione  dell'udienza  di
discussione al convenuto; 
        che la medesima questione e'  stata  sollevata  nella  stessa
data, con ordinanza di contenuto sostanzialmente identico (reg.  ord.
n. 180 del 2009), dalla stessa Corte d'appello di Genova,  nel  corso
di un procedimento di appello avente ad oggetto il riconoscimento del
diritto agli aumenti di perequazione automatica; 
        che nel giudizio innanzi a questa Corte si e'  costituita  la
Banca CARIGE s.p.a., parte nel giudizio a quo; 
        che  nell'atto  di  costituzione  si  rileva   anzitutto   la
praticabilita'  di  una  interpretazione  adeguatrice   della   norma
censurata -  anche  sulla  base  dell'orientamento  giurisprudenziale
incontestato prima della sentenza n. 20604 del 2008, e in conformita'
al principio della ragionevole durata del processo - secondo la quale
i termini fissati nell'art.  435,  secondo  comma,  cod.  proc.  civ.
devono ritenersi tra loro coordinati  e  nessuna  variante  dilatoria
puo' derivare dal superamento del termine  ordinatorio  di  cui  alla
stessa norma tutte le volte in cui sia rispettato il termine a difesa
di cui all'art. 435, terzo comma,  cod.  proc.  civ.  e  sia  rimasta
immutata la data della discussione non sussistendo la  necessita'  di
una nuova udienza; 
        che, in ogni caso, la parte costituita  richiede  alla  Corte
una interpretazione costituzionalmente orientata tale da escludere la
sanzione della improcedibilita' qualora la notifica dell'appello  sia
comunque avvenuta, quanto  meno  se  perfezionata  nel  rispetto  del
termine di cui all'art. 435, terzo comma, cod. proc. civ.; 
        che,  peraltro,  nella  interpretazione   che   della   norma
censurata ha fornito la Corte rimettente, la  questione  appare  alla
parte fondata, specialmente se applicata ai  giudizi  in  corso  alla
data di pubblicazione della richiamata sentenza delle Sezioni  unite,
e cio' anche indipendentemente dalla brevita' del termine di  cui  si
tratta, avuto riguardo alla irreparabilita' delle conseguenze che  il
mancato rispetto dello stesso comporta qualora la  notificazione  sia
stata comunque eseguita nel rispetto del termine a comparire  di  cui
al terzo comma dell'art. 435 cod. proc. civ; 
        che  anche  in  tale  giudizio  ha  spiegato  intervento   il
Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura
generale dello Stato, concludendo nei termini gia' riferiti; 
        che la medesima questione e' stata sollevata,  con  identiche
ordinanze, nel corso di quattro giudizi pendenti innanzi  alla  Corte
d'appello di Genova - sezione  per  le  controversie  in  materia  di
lavoro (reg. ord. nn. 157, 158, 159 e 160 del 2009); 
        che, nell'imminenza dell'udienza pubblica e della discussione
in camera  di  consiglio,  le  parti  dei  giudizi  di  merito  e  il
Presidente del consiglio dei ministri hanno depositato  memorie,  con
le quali hanno illustrato le conclusioni in precedenza esposte; 
    Considerato che la Corte d'appello di Genova  -  sezione  per  le
controversie in materia di lavoro,  con  sei  distinte  ma  identiche
ordinanze (reg. ord. nn. 139, 157, 158, 159, 160  e  180  del  2009),
dubita  della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  435,  secondo
comma, cod. proc. civ., nella parte in cui impone  all'appellante  il
termine di dieci giorni per provvedere  alla  notifica  all'appellato
del ricorso e del decreto di nomina  del  relatore  e  di  fissazione
dell'udienza di discussione, per violazione  degli  artt.  24  e  111
Cost., comportando, quale sanzione dell'inutile decorso  del  termine
medesimo, l'improcedibilita' dell'appello, con  «il  pregiudizio  del
diritto di difesa, come diritto di  agire  in  giudizio»,  senza  che
ricorrano motivi ragionevoli che possano giustificare tale effetto, e
cosi' recando vulnus anche al diritto al giusto processo; 
        che i vari giudizi, comportando la soluzione  della  medesima
questione, vanno riuniti, perche' siano decisi con unica pronuncia; 
        che l'art. 435, secondo comma, cod. proc. civ.  dispone  che,
nei procedimenti in materia di lavoro e di previdenza,  l'appellante,
nei dieci giorni successivi al deposito del decreto con il  quale  il
Presidente della Corte d'appello,  a  norma  del  primo  comma  dello
stesso art. 435, nomina il giudice  relatore  e  fissa  l'udienza  di
discussione dinanzi al collegio, provvede alla notifica del ricorso e
del decreto all'appellato; 
        che l'art. 435, terzo comma, cod. proc. civ.  stabilisce  che
tra la data di notificazione all'appellato e quella  dell'udienza  di
discussione deve intercorrere un termine non  minore  di  venticinque
giorni; 
        che   il   giudice   rimettente   sospetta   l'illegittimita'
costituzionale della  norma  denunciata,  partendo  dall'affermazione
contenuta  nella  sentenza  delle  Sezioni  unite  della   Corte   di
cassazione (sentenza n. 20604 del 2008), secondo  cui  l'inosservanza
del termine di cui all'art.  435,  secondo  comma,  cod.  proc.  civ.
determina l'improcedibilita' dell'appello, senza tenere presente  che
nella fattispecie esaminata  dalle  S.U.  tale  improcedibilita'  era
stata affermata non  gia'  per  la  sola  violazione  dell'art.  435,
secondo comma, ma per la inosservanza dell'art. 435, terzo comma, per
non essere mai intervenuta la notifica ivi prevista; 
        che,   nelle   fattispecie   in   esame,   invece,   malgrado
l'inosservanza del termine di cui all'art.  435,  secondo  comma,  la
notifica del ricorso e del decreto era intervenuta nel  rispetto  del
termine di cui al successivo terzo comma, con la conseguente astratta
possibilita' dello svolgimento dell'udienza di  discussione  e  della
realizzazione del diritto di difesa dell'appellato; 
        che da tali rilievi discende la manifesta infondatezza  della
questione  proposta  per  la  evidente  erroneita'  del   presupposto
interpretativo (ex plurimis: ordinanze n. 301 e n. 97 del 2009); 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale;