Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 1, 11 e 4-bis (introdotto dall'art. 21, comma 1-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, inserito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES) promosso dal Tribunale di Roma nel procedimento vertente tra C. M. e Poste Italiane s.p.a. con ordinanza del 23 ottobre 2008, iscritta al n. 246 del registro ordinanze 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40 - prima serie speciale - dell'anno 2009; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio del 27 gennaio 2010 il Giudice relatore Luigi Mazzella; Ritenuto che nel corso del giudizio promosso da C.M. contro la Poste Italiane S.p.A. perche' fosse dichiarata l'invalidita' del termine apposto al contratto di lavoro sottoscritto tra le parti, il Tribunale di Roma ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 1, e 11 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), introdotto dall'art. 21, comma 1-bis, della legge 6 agosto 2008, n. 133 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) per contrasto con gli artt. 76, 77 e 117, primo comma, Cost., nonche' dell'art. 4-bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 101, 102, secondo comma, e 117, primo comma, Cost. nella parte in cui: a) l'art. 1 dispone che e' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo anche se riferibili alla ordinaria attivita' del datore di lavoro, ma non e' richiesta l'indicazione del nome del lavoratore sostituito e della causa della sostituzione, come era invece previsto dall'art. 1, comma 2, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230 (Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato); b) l'art. 11 abroga quest'ultima legge; c) l'art. 4-bis dispone che per «i giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione», in caso di violazione delle disposizioni di cui agli artt. 1, 2 e 4 del d.lgs. n. 368 del 2001, il datore di lavoro e' tenuto unicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro secondo predeterminati criteri di calcolo dell'indennita'; che, ad avviso del rimettente, i vizi di legittimita' costituzionale sussistono, quanto agli artt. 1 e 11 cit., nell'arretramento della tutela del lavoratore almeno per le esigenze sostitutive, poiche', rispetto alla disciplina previgente, l'art. 1 non impone al datore di lavoro di indicare il nome del lavoratore sostituito ne' della causa della sostituzione; che, quanto all'art. 4-bis il vizio sussisterebbe nell'aver sostituito alla tutela risarcitoria reale una tutela di rango inferiore per i soli giudizi in corso; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, assistito e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale ha eccepito l'inammissibilita' delle questioni in quanto, riguardo agli artt. 1, comma 1, e 11 del d.lgs. n. 368 del 2001, il giudice rimettente non avrebbe adeguatamente motivato la rilevanza della questione, avendo sollevato la questione senza valutare preventivamente la fondatezza in fatto della domanda proprio sotto il profilo decisivo della questione sottopostagli; che, secondo la difesa erariale non e' configurabile alcuna difformita' degli artt. 1 e 11 dai criteri di delega che la legge 29 dicembre 2000, n. 422 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenze dell'Italia alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2000) ha tratto direttamente dalla citata direttiva. Considerato che il Tribunale di Roma dubita della legittimita' costituzionale degli artt. 1, e 11 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), per contrasto con gli artt. 76, 77 e 117, primo comma, Cost.; che la prima delle predette norme - come modificata dall'art. 21 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 - stabilisce che «E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attivita' del datore di lavoro»; che l'art. 11 del d.lgs. n. 368 del 2001, invece, dispone, al comma 1, l'abrogazione dell'intera legge 18 aprile 1962, n. 230 (Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato), la quale, all'art. 1, secondo comma, lettera b), consentiva l'apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato «quando l'assunzione abbia luogo per sostituire lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, sempreche' nel contratto di lavoro a termine sia indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione»; che ad avviso del rimettente, il combinato disposto delle norme censurate, nell'abolire l'onere dell'indicazione del nominativo del lavoratore sostituito quale condizione di liceita' dell'assunzione a tempo determinato di altro dipendente, contenuto nella legge n. 230 del 1962, violerebbe gli artt. 76 e 77 Cost., poiche' la legge di delega 29 dicembre 2000, n. 422 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' Europee - Legge comunitaria 2000), in esecuzione della quale e' stato emanato il d.lgs. n. 368 del 2001, attribuiva al Governo esclusivamente il potere di attuare la direttiva 1999/70/CE, la quale non conteneva alcuna disposizione in tema di presupposti per l'apposizione della clausola del termine; che, in particolare, sussisterebbe contrasto con l'art. 76 Cost., poiche' la menzionata legge n. 422 del 2000, non prevedeva principi direttivi ulteriori rispetto all'attuazione della direttiva 1999/70/CE la quale, alla clausola 8, punto 3, dell'accordo quadro da essa recepito, dispone che l'applicazione dell'accordo non puo' costituire un motivo per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell'ambito coperto dell'accordo stesso, mentre le disposizioni censurate, eliminando la necessita' dell'indicazione del nominativo del lavoratore sostituito, determinerebbero un arretramento della tutela garantita ai lavoratori dal precedente regime; che, ad avviso del Tribunale di Roma, sarebbe leso anche l'art. 117, primo comma, Cost. per violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario; che la questione e' gia' stata ritenuta infondata da questa Corte con la sentenza n. 214 del 2009 e l'ordinanza n. 325 del 2009, dalla cui motivazione non v'e' ragione di discostarsi; che con l'ordinanza in esame il Tribunale di Roma ha altresi' sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis del d.lgs. n. 368 del 2001, introdotto dall'art. 21, comma 1-bis, del decreto-legge del 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, per contrasto con gli artt. 3, 24, 101, 102, secondo comma, 104, primo comma, 117, primo e secondo comma, Cost.; che secondo la norma censurata «Con riferimento ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro e' tenuto unicamente ad indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennita' di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni»; che l'art. 4-bis e' stato giudicato illegittimo costituzionalmente da questa Corte con sentenza n. 214 del 2009, sicche' va dichiarata la manifesta inammissibilita' di tutte le questioni sopra indicate. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.