IL TRIBUNALE Esaminata la richiesta del Magistrato del pubblico ministero di inoltro al Senato della Repubblica della richiesta di autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni telefoniche nei confronti del parlamentare, on. sen. Clemente Mastella, nato a Ceppaloni il 5 febbraio 1947 ed elett.te dom.to in Napoli alla via Toledo, n. 282 presso lo studio dell'avv.to Severino Nappi, imputato in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 81 cpv., 317 c.p., 110, 81 cpv., 56, 317 c.p., 110, 56, 323 c.p., 110, 326, comma 1, c.p., 110, 323 c.p.; Rilevato che: in data 11 maggio 2009 veniva esercitata l'azione penale nei confronti di Mastella Clemente e di altri 22 imputati; unitamente alla predetta richiesta, l'organo inquirente depositava intercettazioni telefoniche aventi ad oggetto la posizione del Mastella e ne chiedeva l'utilizzo previa autorizzazione raccolta ai sensi dell'art. 6 legge n. 140/2003; all'esito dell'udienza del 18 settembre 2009, fissata ex art. 6, comma 2, legge 20 giugno 2003, n. 140 e nelle forme di cui all'art. 127 cpp, questo Giudice riservava la propria decisione; O s se r v a Le intercettazioni di cui si chiede l'utilizzazione attraverso l'adozione della procedura prevista dall'art. 6, legge n. 140/2003 (la cui applicazione nell'attuale fase del procedimento e', dunque, assolutamente indispensabile) attengono al contenuto di conversazioni intercorse tra l'imputato Mastella Clemente ed un altro imputato. Ovviamente, la richiesta dell'organo inquirente non riguarda la posizione degli imputati non parlamentari. Per costoro, infatti, in ragione della pronuncia n. 390/2007 resa dalla Consulta, non e' piu' necessaria alcuna preventiva autorizzazione della Camera di appartenenza del parlamentare che con essi abbia eventualmente interloquito. La richiesta ha ad oggetto, dunque, la posizione del solo Mastella, atteso che, all'epoca dei fatti contestati, questi rivestiva la carica di Senatore della Repubblica. Orbene, Ritiene, in primo luogo, questo Giudice che l'utilizzazione delle conversazioni telefoniche si appalesi assolutamente «necessaria» (rectius: rilevante). Le intercettazioni in parola, infatti, non solo attengono ai fatti contestati al Mastella, ma rappresentano anche un fondamentale strumento per svelare il legame che intercorre tra le condotte attribuite al parlamentare e quelle contestate agli altri imputati. Insomma, e' certo che il contenuto delle conversazioni intercettate influira' sulla scelta del provvedimento da adottare, ex art. 424 c.p.p., all'esito dell'udienza preliminare o all'esito del rito alternativo che eventualmente lo stesso imputato volesse attivare. Le intercettazioni in esame, inoltre, lungi dall'essere frutto di captazioni «dirette» delle comunicazioni del parlamentare, sono state effettuate sol perche' quest'ultimo, del tutto occasionalmente, interloquiva con un soggetto le cui utenze erano sottoposte a legittimo controllo ex artt. 266 e ss. cpp. Senonche', poiche' la disposizione - contemplata nell'art. 6 legge n. 140/2003 -, che subordina l'utilizzabilita' delle comunicazioni del parlamentare intercettate «occasionalmente» (e ritenute «necessarie» dal Giudice) all'autorizzazione della Camera di appartenenza, non risulta espressamente prevista dall'art. 68, comma 3, Cost. (che si riferisce esclusivamente all'autorizzazione «preventiva») sorge la necessita' di verificare se effettivamente la «riservatezza» del parlamentare - che quella norma palesemente tutela anche a discapito del principio di eguaglianza dei cittadini innanzi alla giurisdizione - rappresenti, nella gerarchia dei valori costituzionalmente protetti, un bene giuridico che possa assumere un peso maggiore rispetto al richiamato principio sancito dall'art. 3, Cost. Il quesito indiscutibilmente impone la rimessione della questione di legittimita' costituzionale al vaglio della Corte costituzionale. Tanto piu' che, come si e' gia' ricordato, a seguito della sentenza n. 390 del 2007 e' da ritenersi legittima l'utilizzabilita' nei confronti dei terzi delle comunicazioni effettuate dal parlamentare che siano state intercettate occasionalmente anche in assenza di una autorizzazione della Camera di appartenenza. Attualmente, dunque, l'ordinamento contempla una diversita' di trattamento la cui conformita' all'art. 3 della Cost. appare oltremodo dubbia. Da qui la non manifesta infondatezza della rappresentata questione. In considerazione, pertanto, delle argomentazioni svolte, si chiede che la Corte costituzionale voglia risolvere la questione sottopostale pronunciando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 2, 3, 4, 6, della legge n. 140 del 2003, per contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione.