Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt.  6,  comma  3,
ultima parte, e 14, commi 1, 2 e 3, della legge 19 febbraio 2004,  n.
40  (Norme  in  materia  di  procreazione  medicalmente   assistita),
promossi dal Tribunale ordinario di Milano con ordinanze del 6 e  del
10 marzo 2009, iscritte ai nn. 235 e 236 del registro ordinanze  2009
e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  39,  1ª
serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visti gli atti di costituzione di A.M. ed altro e C.C. ed altro; 
    Udito nella Camera di consiglio del 10 febbraio 2010  il  Giudice
relatore Alfio Finocchiaro. 
    Ritenuto che nel corso di un procedimento ex art. 700 del  codice
di procedura civile, su ricorso dei coniugi A.M. e I.G., il Tribunale
ordinario di Milano, con ordinanza del 6 marzo 2009 (reg. ord. n. 235
del 2009), ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
degli articoli 14, commi 1, 2 e 3, e dell'art.  6,  comma  3,  ultima
parte, della legge 19 febbraio 2004,  n.  40  (Norme  in  materia  di
procreazione   medicalmente   assistita),   nella   parte   in    cui
rispettivamente  impongono  il  divieto  di  crioconservazione  degli
embrioni soprannumerari, la necessita' della creazione di  un  numero
massimo  di  tre  embrioni,  nonche'  la  necessita'   dell'unico   e
contemporaneo impianto di embrioni comunque non superiori  a  tre,  e
prevedono l'irrevocabilita' del  consenso  da  parte  della  paziente
all'impianto in utero degli embrioni creati, per  contrasto  con  gli
articoli 2, 3 e 32, primo e secondo comma, della Costituzione; 
        che il Collegio rimettente  fa  presente  che  i  ricorrenti,
premesso di essere considerati coppia infertile ai sensi della  legge
n. 40 del 2004 a causa di  problemi  di  salute  in  quanto  entrambi
portatori sani di B-talassemia, avevano chiesto che venisse accertato
e   dichiarato   il   proprio   diritto   ad   effettuare,   mediante
l'applicazione  delle  metodiche  della   procreazione   medicalmente
assistita, la c.d. fecondazione  in  vitro,  secondo  le  migliori  e
accertate pratiche mediche, previa diagnosi pre-impianto, nonche'  il
diritto  della  signora  A.  a  chiedere  che  venissero   trasferiti
nell'utero gli embrioni creati in base alle direttive impartite dalla
medesima paziente; il  diritto  alla  effettuazione  della  procedura
della fecondazione secondo i migliori canoni della scienza medica per
assicurare il migliore  successo  della  tecnica,  in  considerazione
dell'eta' e dello stato di salute della  paziente;  il  diritto  alla
crioconservazione, per un futuro impianto, degli  embrioni  risultati
sani e che non fosse stato possibile trasferire immediatamente; 
        che gli stessi  ricorrenti  avevano  eccepito  -  qualora  il
Tribunale avesse ritenuto non accoglibile la domanda cautelare  e  le
conclusioni  formulate  in  quanto  contrastanti  con  la  disciplina
contenuta  nella  legge   n.   40   del   2004   -   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 14, commi 2 e 3, della citata  legge  n.  40
del 2004 per violazione degli articoli 2, 3 e 32 Cost.; dell'art. 14,
comma  1,  della  stessa  legge,  limitatamente   alle   parole   «la
crioconservazione e», per violazione degli  articoli  3  e  32  della
Costituzione; dell'art. 6, comma 3, della legge citata per violazione
degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione; 
        che il giudice a quo, dopo  ampia  disamina  della  normativa
esistente, ha osservato di  non  potere  addivenire  ad  una  lettura
costituzionalmente orientata  della  stessa,  ma  di  dubitare  della
costituzionalita' dell'art. 14, commi 1, 2 e 3, della legge n. 40 del
2004, per violazione: a) dell'art. 2  Cost.,  perche'  «determina  la
reiterata esposizione della donna a trattamenti invasivi ed  a  basso
tasso di efficacia, con lesione  del  principio  del  rispetto  della
dignita' umana»; b) dell'art. 3 Cost., in quanto  «genera  disparita'
di trattamento fra situazioni eguali, che necessitano di  trattamenti
differenziati,   cosi'   violando   il   principio   di   eguaglianza
sostanziale»; c) dell'art. 32 Cost., perche' «genera  rischi  per  la
salute della donna sotto il profilo psicofisico e della coppia  sotto
il profilo psichico»; 
        che, secondo il giudice rimettente,  la  rigidita'  del  dato
normativo comporta, altresi', l'illegittimita'  costituzionale  anche
dell'art.  6,  comma  3,  ultima  parte,  della  citata  legge,   per
violazione dell'art. 32, secondo comma, Cost.,  nella  parte  in  cui
sancisce l'irrevocabilita' del consenso ad accedere alle tecniche  di
fecondazione assistita dal momento della fecondazione dell'ovulo,  in
evidente contrasto con  il  diritto  alla  procreazione  cosciente  e
responsabile di cui alla normativa ordinaria (legge 22  maggio  1978,
n. 194, recante «Norme per  la  tutela  sociale  della  maternita'  e
sull'interruzione volontaria della  gravidanza»  e  legge  29  luglio
1975, n. 405, recante «Istituzione dei consultori familiari») ed alla
Convenzione di Oviedo del 4 aprile  1997,  ratificata  con  legge  28
marzo 2001, n. 145 (Ratifica  ed  esecuzione  della  Convenzione  del
Consiglio d'Europa per la protezione dei diritti  dell'uomo  e  della
dignita' dell'essere umano riguardo all'applicazione della biologia e
della  medicina:  Convenzione   sui   diritti   dell'uomo   e   sulla
biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, nonche' del  Protocollo
addizionale del 12 gennaio 1998, n. 168, sul divieto di clonazione di
esseri umani); 
        che nel giudizio innanzi a questa Corte si sono costituiti  i
coniugi ricorrenti in sede di giudizio  di  merito,  che,  dato  atto
dell'intervento, successivamente all'ordinanza di  rimessione,  della
sentenza di questa  Corte  n.  151  del  2009,  hanno  insistito  per
l'assorbimento delle questioni relative ai commi 2 e 3  dell'art.  14
della legge ed hanno concluso,  in  relazione  alle  altre  questioni
sollevate (art. 6, comma 3, e art. 14, comma 1) per  la  declaratoria
di  incostituzionalita'  delle  norme  denunciate  ovvero   per   una
pronuncia interpretativa  di  rigetto,  o  ancora  per  la  manifesta
inammissibilita' per sopravvenuta irrilevanza; 
        che lo stesso Tribunale ordinario di  Milano,  con  ordinanza
del 10 marzo 2009 (reg. ord. n. 236 del  2009)  ha  sollevato,  sulla
base di analoghe argomentazioni, identiche questioni nel corso di  un
procedimento ex art. 700 cod. proc. civ. promosso dai coniugi C.C.  e
M.E.,  ammessi  alla  procedura  di  fecondazione  in  vitro,  ed  in
relazione ai quali la relazione medica prodotta aveva evidenziato  la
necessita' di  utilizzare  un  numero  minimo  di  nove  ovociti  per
ottenere almeno un embrione sano, e  consigliato,  in  considerazione
delle condizioni fisiche ed anagrafiche della donna, il trasferimento
in utero di tre embrioni; 
        che anche in tale giudizio si sono costituiti  i  ricorrenti,
svolgendo argomentazioni analoghe a quelle dei ricorrenti di  cui  al
reg. ord. n. 235 del 2009. 
    Considerato  che  il  Tribunale  ordinario  di  Milano,  con  due
distinte ordinanze (reg. ord. n. 235 e 236 del  2009),  dubita  della
legittimita' costituzionale degli artt. 6, comma 3, ultima  parte,  e
14, commi 1, 2, e 3, della legge 19 febbraio 2004, n.  40  (Norme  in
materia dei  procreazione  medicalmente  assistita),  per  violazione
degli artt. 2, 3 e 32, primo e secondo comma, Cost.; 
        che i due giudizi,  prospettando  questioni  analoghe,  vanno
riuniti per essere decisi con unica pronuncia; 
        che  questa  Corte,   successivamente   alle   ordinanze   di
rimessione, con sentenza n. 151  del  2009,  nel  decidere  identiche
questioni  relative  alla  legge  n.  40  del  2004,  ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 2,  della  stessa
legge,  limitatamente  alle  parole  «ad  un  unico  e  contemporaneo
impianto, comunque non superiore a tre»; 
        che,  con  la  richiamata  pronuncia,   questa   Corte,   nel
dichiarare manifestamente inammissibile la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 1, della stessa legge, per carenza
di motivazione sulla rilevanza, ha pero'  precisato  (punto  6.1  del
Considerato in diritto, in fine) che le raggiunte  conclusioni  circa
l'incostituzionalita' dell'art. 14, comma 2, introducono «una  deroga
al principio generale di divieto di crioconservazione di cui al comma
1 dell'art. 14,  quale  logica  conseguenza  della  caducazione,  nei
limiti indicati, del  comma  2»,  che  determina  la  necessita'  del
ricorso alla tecnica  di  congelamento  con  riguardo  agli  embrioni
prodotti, ma non impiantati per scelta medica; 
        che, sulla base della richiamata pronuncia, vanno  dichiarate
manifestamente   inammissibili   le   questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 14, commi 2 e 3, della legge n. 40 del 2004; 
        che va, parimenti, dichiarata manifestamente inammissibile la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1, della
stessa legge, ove si tenga presente che la richiamata sentenza n. 151
del 2009 ha affermato la deroga al principio generale di  divieto  di
crioconservazione, negli stessi termini richiesti dalle ordinanze  in
esame; 
        che e', infine, manifestamente inammissibile, per difetto  di
motivazione sulla rilevanza nel  giudizio  a  quo,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 3, della legge  n.  40
del 2004, nella parte in cui  «non  consente,  dopo  la  fecondazione
dell'ovulo, la revoca della volonta'  all'accesso  alle  tecniche  di
procreazione medicalmente assistita» (sentenza n. 151 del 2009). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  davanti  alla
Corte costituzionale.