IL GIUDICE DI PACE 
 
    Rilevato che il pubblico ministero ha sollevato la  questione  di
legittimita' costituzionale degli articoli 10-bis e  16  comma 1  del
d.P.R. n. 286/1998, art. 62-bis del d.P.R. n. 275/2000 e  art.  l-ter
legge 102/2009 per violazione degli articoli 3,  24  secondo  e terzo
comma, 27 terzo  comma  e  art.  97 primo  comma  della  Costituzione
deducendo le seguenti motivazioni: 
        a) l'art. 10-bis d.P.R. n. 286/98 (limitatamente alla ipotesi
di soggiorno illegale) viola l'art. 3 della Costituzione, inteso come
principio di uguaglianza dinnanzi alla legge: sia come necessita'  di
diverso trattamento per situazioni differenti sia come necessita'  di
pari trattamento per situazioni simili; 
        b) l'art. 10-bis d.P.R. n. 286/98 (limitatamente alla ipotesi
di  soggiorno  illegale)  viola   l'art.   24 secondo   comma   della
Costituzione, inteso come il diritto di difesa del  nemo  tenetur  se
detengere; 
        c) l'art 1-ter comma 1 e 8 della legge 102/2009 viola  l'art.
3 della Costituzione laddove prevede la sospensione del  procedimento
penale rispetto alla violazione delle norme relative  all'ingresso  e
soggiorno dello straniero (tra cui la contravvenzione ex art.  10-bis
d.P.R. n. 286/1998) limitatamente alla  categoria  di  lavoratori  in
nero cosiddette «badanti» disponibili alla emersione e non  anche  la
estensione a tutti gli altri lavoratori in nero parimenti disponibili
all'emersione; 
        d) l'art. 62-bis d.P.R. n.  275/2000  e  l'art.  16  comma  1
d.P.R. n. 286/1998 violano gli  articoli  della  Costituzione:  n.  3
quale  principio  di  ragionevolezza  che  deve  presiedere  a   ogni
normativa; n. 27, terzo comma quale principio per cui  la  pena  deve
tendere alla rieducazione del condannato; art. 97, primo comma  quale
principio del buon andamento della  pubblica  amministrazione  esteso
anche alla giurisdizione. 
    Ritenute le questioni sollevate non manifestamente infondate 
 
                            O s s e r v a 
 
    L'art. 3 Cost. appare violato sotto  il  profilo  concernente  la
irragionevole disparita' di trattamento tra la  nuova  fattispecie  e
quella di cui all'art. 14 comma 5-ter d.lgs n. 286/98 che prevede  la
punibilita'   dello   straniero    inottemperante    all'ordine    di
allontanamento del Questore solo quando lo stesso  si  trattenga  nel
territorio  dello  Stato  oltre  il  termine   stabilito   e   «senza
giustificato motivo». Tali condizioni non sono state richiamate nella
nuova figura criminosa, pertanto  e'  sufficiente,  per  esempio,  il
venir meno, per un qualunque motivo del permesso di soggiorno perche'
sia automaticamente integrata un'ipotesi di  trattenimento  illecito,
senza alcuna possibilita', per l'interessato, di addurre una  qualche
giustificazione o di usufruire di un termine per potersi allontanare. 
    A tale riguardo si  cita  la  sentenza  n.  5/2004  la  quale  al
riguardo ha statuito:  «Giova  peraltro  osservare  come  la  formula
"senza  giustificato  motivo"  e  formule  ad  essa  equivalenti   od
omologhe,  "senza  giusta  causa",  "senza  giusto  motivo",   "senza
necessita'",  "arbitrariamente"  etc.   Compaiono   con   particolare
frequenza nel corpo di norme incriminatici ubicate tanto  all'interno
dei codici che in leggi speciali. 
    Dette clausole sono destinate in linea di massima  a  fungere  da
«valvola di sicurezza» del meccanismo  repressivo,  evitando  che  la
sanzione penale scatti allorche' -  anche  al  di  fuori  di  vere  e
proprie cause di giustificazione - l'osservanza del  precetto  appaia
in  concreto  "inesigibile"  in  ragione,  a  seconda  dei  casi,  di
situazioni ostative a carattere oggettivo e soggettivo». 
    Dunque il nuovo reato  di  immigrazione  clandestina  non  appare
conforme    alla     Costituzione     proprio     perche'     punisce
indiscriminatamente   ed    automaticamente    tutti    i    soggetti
irregolarmente presenti nel  territorio  dello  Stato,  senza  tenere
conto  dell'eventuale  esistenza  di  situazioni  legittimanti   tale
presenza. 
    Ancora si assume in contrasto con il dettato  dell'art.  3  della
Costituzione l'art. 1-ter comma 1 e 8 della legge n. 102/2009 laddove
prevede  la  sospensione  del  procedimento  penale   rispetto   alla
violazione di norme relative all'ingresso e soggiorno dello straniero
(tra cui la  contravvenzione  ex  art.  10-bis  d.P.R.  n.  286/1998)
limitatamente  alla  categoria  di  lavoratori  in  nero   cosiddette
«badanti» disponibili alla emersione, e non  anche  la  estensione  a
tutti  gli   altri   lavoratori   in   nero   parimenti   disponibili
all'emersione. 
    La facolta' in capo al legislatore, di  cui  all'art.  10 secondo
comma della Costituzione,  pone  l'interrogativo  se  l'insindacabile
discrezionalita' del legislatore nella  disciplina  dell'immigrazione
possa spingersi fino al punto di discriminare, sul  piano  penale,  i
soggetti sulla base dell'attivita' svolta. 
    Si ritiene altresi' condivisibile e  rilevante  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  sollevata  dal  pubblico  ministero  in
violazione  dell'art.  27,  terzo comma  della   Costituzione   quale
principio  per  cui  la  pena  deve  tendere  alla  rieducazione  del
condannato.  Tale  finalita'  non  si  ritiene  perseguibile  con  la
facolta'  del  giudice  di   pace   attraverso   l'applicazione   del
provvedimento di espulsione, previsto dal comma 1 art. 16  d.lgs.  n.
286/98, in sostituzione della condanna al pagamento  dell'ammenda  di
cui al comma 1 art. 10-bis. 
    Quanto  infine  alla  questione  di  legittimita'  costituzionale
relativa  alla  violazione   dell'art.   24   secondo   comma   della
Costituzione, inteso come diritto  di  difesa  del  nemo  tenetur  se
detegere si condividono e si fanno proprie le  argomentazioni  svolte
dal p.m., nelle quali si evidenzia che lo straniero che si trovava in
Italia in modo irregolare alle 00,00 del  giorno  8  agosto  2009  ha
ricevuto direttamente dalla legge un ordine di  allontanamento  senza
indicazioni di come eseguirlo legalmente. 
    Per conformarsi al  dettato  normativo  lo  straniero  irregolare
dovrebbe (avrebbe dovuto) uscire clandestinamente, mentre era compito
del legislatore indicare forme di  allontanamento  senza  per  questo
autodenunciarsi secondo il brocardo nemo tenetur se detegere. 
    Non e' da trascurare la circostanza che la  norma  si  rivolge  a
soggetti  che  si  ritrovano  molto  spesso  nell'impossibilita'   di
adempiere spontaneamente all'allontanamento, per mancanza di mezzi  o
documenti. 
    Il legislatore nell'emanare un  precetto  penale  deve  presumere
nella platea dei destinatari una parte intenzionata ad adempiere, per
evitare la sanzione penale comminata. 
    Operando diversamente, come nel caso in esame, il legislatore  si
espone alla censura di  incostituzionalita'  non  lasciando  ai  suoi
destinatari alcuna possibilita' di ottemperare al dettato normativo. 
    Si riporta il riferimento del pubblico ministero alle innovazioni
alla normativa in tema di detenzione/porto d'armi che, con  la  legge
n. 895/1967 all'art. 8 stabili' la non  punibilita'  per  coloro  che
entro trenta giorni dall'entrata in vigore  della  legge  e  comunque
prima  di  un  eventuale   accertamento   del   reato,   consegnavano
spontaneamente le armi. 
    Per i motivi esposti l'art. 10  d.lgs.  n.  286/1998  risulta  in
contrasto con gli artt. 3, 24 secondo  comma,  27 terzo  comma  della
Costituzione;