Ricorso del Presidente del Consiglio  dei  Ministri  pro  tempore
rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato presso  i
cui Uffici in Roma, via dei  Portoghesi  n.  12  e'  domiciliato  nei
confronti  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  in   persona   del
Presidente della Giunta regionale pro  tempore  per  la  declaratoria
dell'illegittimita' costituzionale in parte  qua  della  legge  della
Regione Friuli-Venezia Giulia n. 24 pubblicata nel B.U.R. n. 1 del  7
gennaio 2010 recante «Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio
pluriennale e annuale della regione  (legge  finanziaria  2010)»  con
riferimento all'art. 9, comma 51, comma 52 e comma 53. 
    La proposizione del presente  ricorso  e'  stata  deliberata  dal
Consiglio dei ministri  nella  seduta  del  1°  marzo  2010  come  da
estratto conforme del verbale e motivazione di sintesi  del  Ministro
proponente che si depositano. 
    La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 24 del 2010 viene
impugnata quanto agli articoli indicati in epigrafe per i seguenti: 
1)   Violazione   dei   diritti   fondamentali   riconosciuti   dalla
Costituzione dagli artt. 2 e 3 e 38 Cost. nonche' dell'art. 97 Cost. 
    L'art. 4 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 6 del
2006 nel disciplinare il «Sistema integrato di interventi  e  servizi
per la promozione e la tutela dei  diritti  di  cittadinanza  sodale»
disponeva,  prima  dell'intervento  della   legge   finanziaria   qui
impugnata, che: «Hanno diritto  ad  accedere  agli  interventi  e  ai
servizi del  sistema  integrato  tutte  le  persone  residenti  nella
Regione.». 
    Il medesimo articolo, al comma successivo garantiva,  inoltre,  i
medesimi interventi e i servizi di cui al comma  1  anche  ad  alcune
categorie di persone comunque presenti nel territorio  della  Regione
ovvero: 
        a) ai cittadini italiani temporaneamente presenti; 
        b)  agli  stranieri  legalmente  soggiornanti  ai  sensi  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero); 
        c) ai richiedenti asilo, rifugiati e apolidi; 
        d)  ai  minori  stranieri  e  donne  straniere  in  stato  di
gravidanza e nei sei mesi successivi  alla  nascita  del  figlio  cui
provvedono. 
    In virtu' del recente intervento  normativo  regionale  ad  opera
dell'art. 9 comma 51 della l.r. n.  1  del  2010  ,  il  primo  comma
dell'art. 4 della l.r. n. 6 del 2006  e'  sostituito  dalla  seguente
disposizione: «Hanno diritto ad accedere agli interventi e ai servizi
del sistema integrato  tutti  i  cittadini  comunitari  residenti  in
regione da almeno trentasei mesi». 
    L'art. 9, comma 52, della legge finanziaria regionale  in  esame,
al contempo, abroga il secondo comma dell'art. 4 della l.r. n. 6  del
2006, il quale riconosceva ad alcune categorie di persone, a  diverso
titolo presenti sul territorio regionale, l'accesso  agli  interventi
ed ai servizi del sistema integrato. 
    La disposizione regionale, nella nuova  complessiva  formulazione
risultante  dalle  modifiche  cosi'   intervenute   appare,   dunque,
ingiustificatamente discriminatoria innanzitutto, nei confronti degli
extracomunitari residenti o non,  tenuto  conto  che  l'accesso  agli
interventi e servizi e'  limitato  dall'art.  9,  comma  51  ai  soli
cittadini comunitari. 
    La  medesima  ingiustificata  discriminazione,  in   ogni   caso,
sussiste anche nei confronti dei cittadini  comunitari,  inclusi  gli
stessi cittadini italiani, i quali non siano  comunque  residenti  da
almeno trentasei mesi, l'art. 9, comma 51 subordinando l'accesso  non
solo alla  sussistenza  dello  status  di  cittadino  comunitario  ma
altresi' all'ulteriore circostanza dell'aver risieduto nella  regione
per un periodo temporale pari a trentasei mesi. 
    Tale   lasso   di   tempo   appare   particolarmente   ampio   ed
eccessivamente limitativo ai fini  del  godimento  di  prestazioni  e
servizi che attengono al soddisfacimento di diritti fondamentali  che
pertanto, dovrebbero essere garantiti, con carattere di  generalita',
a tutti gli aventi diritto. 
    Tali diritti, ci  ricorda  l'insegnamento  di  questa  Corte,  in
quanto strettamente inerenti alla tutela  del  nucleo  irrinunciabile
della dignita' della persona umana, deve potere essere  garantito  su
tutto  il  territorio  nazionale  in  modo  uniforme,  appropriato  e
tempestivo, mediante una regolamentazione coerente e congrua rispetto
a tale scopo (sentenze  n.  166  del  2008  e  n.  94  del  2007,  in
riferimento al caso della  determinazione  dei  livelli  minimali  di
fabbisogno  abitativo,  a   tutela   di   categorie   particolarmente
svantaggiate) (In tal senso Corte cost. n. 10 del 2010). 
    Con l'intento di introdurre una disposizione di salvaguardia  che
potesse compensare tali ingiustificate  limitazioni  nell'accesso  al
sistema integrato di interventi e  servizi  presenti  nella  regione,
l'art. 9, comma 53, ha modificato anche il terzo conuna  dell'art.  4
della l.r. n. 6 del 2006, riconoscendo a tutte  le  persone  comunque
presenti sul territorio  regionale  il  diritto  agli  interventi  di
assistenza previsti dalla normativa statale e comunitaria vigente. 
    Tale previsione, che sostituisce il testo precedente, in base  al
quale era assicurato  a  «Tutte  le  persone  comunque  presenti  nel
territorio della Regione» «il diritto agli interventi  di  assistenza
urgenti, come individuati dal Piano regionale degli interventi e  dei
servizi sociali di cui all'articolo 23» comunque esclude,  di  fatto,
dal sistema  regionale  assistenziale  intere  categorie  di  persone
reiterando l'ingiustificata discriminazione di  cui  ai  commi  sopra
censurati. 
    Al  fine  di  comprendere  esattamente  quali  interventi   siano
riservati alle persone non rientranti nelle categorie di cui all'art.
9, comma 51, della legge regionale qui censurata  occorre  richiamare
la legge quadro n. 328 del 2000 volta alla realizzazione del  sistema
integrato di interventi e servizi sociali che, all'art. 1 dispone nel
senso che «la Repubblica assicura alle persone  e  alle  famiglie  un
sistema  integrato  di  interventi  e   servizi   sociali,   promuove
interventi per garantire la qualita' della vita,  pari  opportunita',
non discriminazione e diritti di cittadinanza,  previene,  elimina  o
riduce  le  condizioni  di  disabilita',  di  bisogno  e  di  disagio
individuale e  familiare,  derivanti  da  inadeguatezza  di  reddito,
difficolta' sociali e condizioni di non autonomia,  in  coerenza  con
gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione. 
    La medesima normativa statale, nel disporre all'art. 2 , comma 1,
che hanno diritto ad usufruire delle prestazioni e  dei  servizi  del
sistema  integrato  di  interventi  e  servizi  sociali  i  cittadini
italiani,  delega  alle  leggi  regionali  la  determinazione   delle
modalita' e  dei  limiti  di  accesso  (nel  rispetto  degli  accordi
internazionali)  anche  per  i  cittadini   di   Stati   appartenenti
all'Unione europea  ed  i  loro  familiari,  nonche'  gli  stranieri,
individuati ai sensi dell'articolo 41  del  testo  unico  di  cui  al
decreto legislativo 25 luglio 1998,  n.  286,  ovvero  gli  stranieri
titolari di permesso o carta di soggiorno che, unitamente  ai  minori
iscritti,  sono  equiparati  ai  cittadini  italiani  ai  fini  della
fruizione delle provvidenze e delle prestazioni anche  economiche  di
assistenza sociale. 
    Tale  delega,  tuttavia,  non  risulta  attuata   dalla   Regione
Friuli-Venezia Giulia ne' in conformita' ai  principi  costituzionali
di cui all'art. 2 3 e 38 Cost. ne' alla stessa  normativa  di  delega
statale che si pone  quale  norma  interposta,  traducendosi  in  una
ingiustificata ed indiscriminata esclusione di  intere  categorie  di
persone. 
    Va infatti  rilevato,  innanzitutto,  che  l'art.  9,  comma  53,
nell'innovare il comma terzo dell'art. 4 della l.r.  n.  4  del  2006
pare riconoscere a tutte le persone comunque presenti sul  territorio
regionale il diritto ai soli interventi di assistenza previsti  dalla
normativa statale e comunitaria, in  tal  modo  escludendo  l'accesso
all'intero complesso  di  interventi  e  servizi  facenti  parte  del
sistema integrato di cui beneficiano, in virtu'  dell'art.  9,  comma
51, l.r. n. 24/2010, tutti i cittadini comunitari  ivi  residenti  da
trentasei mesi. 
    L'art.  4  della  legge  regionale,  nella   nuova   formulazione
risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 9, commi 51, 52 e  53
della l.r. n. 24 del 2010,  introduce  pertanto,  una  ingiustificata
discriminazione escludendo intere categorie di cittadini - siano essi
extracomunitari  ovvero  comunitari  ma  non  residenti  ovvero   non
residenti  da  almeno  trentasei  mesi  -  dal  godimento  di  quelle
rilevanti prestazioni  sociali  che,  in  quanto  volte  a  rimuovere
situazioni  di  bisogno  di   precarieta'   economica,   di   disagio
individuale  o  sociale,  rientrano  nella  categoria   dei   diritti
inviolabili dell'uomo. 
    Tali  prestazioni  sono  quelle  individuate  dall'art.  128  del
decreto legislativo  n.  112  del  1998  richiamato  dalla  legge  n.
328/2000, che, per «interventi e servizi sociali» intende riferirsi a
«tutte le attivita' relative alla predisposizione  ed  erogazione  di
servizi,  gratuiti  ed  a  pagamento,  o  di  prestazioni  economiche
destinate a rimuovere e  superare  le  situazioni  di  bisogno  e  di
difficolta' che la persona umana incontra nel corso della  sua  vita,
escluse soltanto quelle assicurate dal  sistema  previdenziale  e  da
quello   sanitario,   nonche'   quelle   assicurate   in   sede    di
amministrazione della giustizia». 
    La sottrazione dalla gran parte di esse - se non per i non meglio
precisati «interventi di  assistenza»  riconosciuti  dalla  normativa
statale e comunitaria  -  di  intere  categorie  di  cittadini  dalle
prestazioni  di  cui  si  e'   detto   senza   una   adeguata   ratio
giustificatrice,  e'  dunque,   lesiva   di   principi   fondamentali
dell'ordinamento giuridico. 
    Tale ingiustificata discriminazione si traduce, innanzitutto,  in
una  violazione  dell'art.  2  della  Costituzione  che  riconosce  e
garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, e richiede  l'adempimento
dei doveri inderogabili di solidarieta' politica economica e  sociale
- richiesti anche al legislatore regionale -  nonche'  nella  lesione
dell'art. 38 Cost. che assicura ad ogni cittadino inabile al lavoro e
sprovvisto dei mezzi necessari per vivere il diritto al  mantenimento
e all'assistenza sociale 
    (v.  anche  art.  4  dello   Statuto   speciale   della   Regione
Friuli-Venezia Giulia  che  richiede  ai  fini  dell'esercizio  della
potesta' legislativa regionale l'armonia con la Costituzione e con  i
principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica). 
    Il legislatore regionale, oltretutto, abrogando con il  comma  52
dell'art. 9 il secondo comma dell'art.  4  della  l.r.  n.  6/2006  e
sostuitendo con la piu' limitata  formulazione  il  terzo  comma  del
medesimo art. 4, non si e'  premunito  neanche  di  salvaguardare  la
sussistenza  di  specifiche  situazioni   di   particolare   bisogno,
necessita', o urgenza, come invece specificato dal  secondo  e  terzo
comma dell'art. 4 della l.r. n.  6  del  2006  nella  sua  precedente
formulazione (con riferimento, ad  esempio,  al  particolare  status,
eta' , condizioni del cittadino extracomunitario -  art.  4,  secondo
comma - ovvero ai caratteri di urgenza dell'intervento  assistenziale
richiesto - art. 4, terzo comma). 
    Risulta palese, pertanto, anche  la  lesione  dell'art.  3  Cost.
sotto il profilo della violazione del principio  di  eguaglianza,  le
nuove disposizioni introducendo discriminazioni per intere  categorie
di persone - quali i  cittadini  extracomunitari  ovvero  gli  stessi
cittadini comunitari  se  non  residenti  da  trentasei  mesi  -  non
giustificate da specifiche esigenze o situazioni  di  fatto  tali  da
rendere ragionevole la richiesta, da parte del legislatore regionale,
del particolare requisito della cittadinanza comunitaria ovvero della
residenza per almeno trentasei mesi. 
    Nelle disposizioni  qui  censurate,  infine,  e'  dato  ravvisare
altresi' una violazione dell'art. 97 Cost. l'esclusione  dall'accesso
al sistema integrato di intere categorie di persone  non  assicurando
il buon andamento e l'imparzialita' della Pubblica Amministrazione.