Ricorso della  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
Presidente Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato
con deliberazione della Giunta provinciale 23  aprile  2010,  n.  945
(doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura  speciale  n.  rep.
27313  del  23  aprile  2010  (doc.  2),  rogata  dal  dott.  Tommaso
Sussarellu,  Ufficiale  rogante  della  Provincia,  dall'avv.   prof.
Giandomenico  Falcon  di   Padova,   dall'avv.   Nicolo'   Pedrazzoli
dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi  di
Roma, con domicilio eletto in Roma nello  studio  di  questi  in  via
Confalonieri, n. 5; 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  per  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 17; comma 1,
primo e secondo periodo, e comma 2, primo periodo, del  decreto-legge
30 dicembre 2009, n. 195  (Disposizioni  urgenti  per  la  cessazione
dello  stato  di  emergenza  in  materia  di  rifiuti  nella  regione
Campania, per l'avvio della fase  post  emergenziale  nel  territorio
della regione Abruzzo ed altre  disposizioni  urgenti  relative  alla
Presidenza del Consiglio dei ministri  ed  alla  protezione  civile),
come convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010,  n.
26, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27  febbraio  2010,
suppl. ord. n. 39, per violazione: 
        dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto  Adige  di
cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670,  e  precisamente  dell'art.  8,
comma primo, numeri 1, 5, 6, 13 e 24; dell'art. 9,  numeri  9  e  10;
dell'art. 16; dell'art. 14, commi 2 e 3, nonche' del titolo VI; 
        delle norme di attuazione di cui al d.P.R. 20  gennaio  1973,
n. 115; al d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; al d.P.R. 26 marzo 1977,  n.
235; al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, e al d.lgs. 16 marzo  1992,  n.
268; 
        del principio di leale collaborazione, 
    nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
 
                              F a t t o 
 
    Le Province autonome hanno  competenza  legislativa  primaria  in
materia di «opere di prevenzione e di pronto soccorso  per  calamita'
pubbliche» (art. 8, n. 13, dello Statuto), di «opere idrauliche della
terza, quarta e quinta categoria» (art. 8,  n.  24,  dello  Statuto),
nonche' in materia di «viabilita', acquedotti e  lavori  pubblici  di
interesse  provinciale»  (art.  8,  n.   17,   dello   Statuto),   di
«urbanistica e piani regolatori» (art. 8, n. 5, dello Statuto)  e  di
«tutela del paesaggio» (art. 8, n. 6,  dello  Statuto).  Inoltre,  le
Province sono dotate di competenza legislativa concorrente in materia
di «utilizzazione  delle  acque  pubbliche»  (art.  9,  n.  9,  dello
Statuto) e di «igiene e sanita'» (art. 9, n. 10, dello Statuto). 
    Ai sensi dell'art. 16 dello Statuto, nelle materie di  competenza
legislativa provinciale spettano alle Province autonome  le  relative
potesta' amministrative. 
    Il titolo VI dello  Statuto  speciale  e  le  relative  norme  di
attuazione (decreto legislativo 16 marzo  1992,  n.  268)  assicurano
altresi' alle Province autonomia finanziaria nelle materie di propria
competenza. 
    L'art. 14,  comma  2,  dello  Statuto  speciale  dispone  che  e'
«obbligatorio il parere della Provincia per le  opere  idrauliche  di
prima  e  seconda  categoria»,  e  che  «lo  Stato  e  la   Provincia
predispongono d'intesa un piano annuale di coordinamento delle  opere
idrauliche di rispettiva competenza»; inoltre, in base  al  comma  3,
«l'utilizzazione delle acque pubbliche da parte dello Stato  e  della
Provincia, nell'ambito della rispettiva competenza, ha luogo in  base
a un piano generale stabilito d'intesa  tra  i  rappresentanti  dello
Stato e della Provincia in seno a un apposito comitato». 
    Tali norme statutarie sono state attuate ed integrate dalle norme
di attuazione e, in particolare: 
        dal  d.P.R.  20  gennaio  1973,  n.  115,   in   materia   di
trasferimento  alle  Province   autonome   dei   beni   demaniali   e
patrimoniali dello Stato e della Regione, tra i quali rientrano anche
i beni appartenenti al demanio idrico  e  le  opere  di  sistemazione
idraulico forestale dei bacini montani; 
        dal d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, in materia  di  urbanistica
ed opere pubbliche, nonche' in materia di protezione  civile  (v.  in
particolare gli articoli 5, 7 e 8); 
        dal d.P.R. 26 marzo 1977, n.  235,  in  materia  di  energia,
compreso l'esercizio delle funzioni in materia di grandi  derivazioni
a scopo idroelettrico. 
    Fra le norme di attuazione viene in rilievo soprattutto il d.P.R.
n. 381/1974, il cui art. 1 trasferisce  alle  Province  autonome  «le
attribuzioni  dell'amministrazione  dello   Stato   in   materia   di
urbanistica, di edilizia  comunque  sovvenzionata,  di  utilizzazione
delle acque pubbliche, di opere idrauliche, di opere di prevenzione e
pronto  soccorso  per  calamita'  pubbliche,  di  espropriazione  per
pubblica utilita', di viabilita', acquedotti  e  lavori  pubblici  di
interesse  provinciale,  esercitate  sia  direttamente  dagli  organi
centrali e periferici dello Stato sia per il tramite  di  enti  e  di
istituti pubblici a carattere nazionale o sovra provinciali». 
    L'art. 5, comma 1, del medesimo  decreto  dispone  poi  che,  «in
relazione al trasferimento alle province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano del demanio idrico..., le province stesse esercitano tutte le
attribuzioni  inerenti  alla  titolarita'  di  tale  demanio  ed   in
particolare quelle concernenti la polizia idraulica e la difesa delle
acque dall'inquinamento», ed  il  comma  4  aggiunge  che  «il  piano
generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche previsto dall'art.
14 del decreto del Presidente della Repubblica  31  agosto  1972,  n.
670, vale anche, per il rispettivo territorio, quale piano di  bacino
di rilievo nazionale». 
    L'art. 7,  d.P.R.  n.  381/1974  delega  alle  Province  autonome
«l'esercizio delle funzioni statali in materia di opere idrauliche di
prima e seconda categoria». L'art. 8,  comma  1,  statuisce  che  «il
piano generale per  l'utilizzazione  delle  acque  pubbliche...  deve
programmare l'utilizzazione delle acque per i diversi usi e contenere
le linee fondamentali  per  una  sistematica  regolazione  dei  corsi
d'acqua con particolare riguardo alle esigenze di difesa  del  suolo,
nel reciproco rispetto delle competenze dello Stato e della provincia
interessata». 
    Con d.P.R. 15 febbraio 2006 e'  stato  reso  esecutivo  il  Piano
generale  di  utilizzazione  delle  acque  pubbliche  relativo   alla
provincia di Trento  (PGUAP),  ai  sensi  e  per  gli  effetti  degli
articoli 14 St. e 5 e 8 del d.P.R. n. 381 del 1974. 
    L'art.  1  (Piano  generale  per  l'utilizzazione   delle   acque
pubbliche), comma 2, delle norme di attuazione  P.G.U.A.P.  ribadisce
che il medesimo piano «e' diretto a programmare l'utilizzazione delle
acque per i diversi usi e contiene  le  linee  fondamentali  per  una
sistematica regolazione dei corsi d'acqua, con  particolare  riguardo
alle esigenze di difesa del suolo, e  per  la  tutela  delle  risorse
idriche»; il comma 3 dispone che il Piano «concorre  a  garantire  il
governo funzionalmente unitario dei  bacini  idrografici  di  rilievo
nazionale nei quali ricade il territorio provinciale», e «tiene luogo
dei piani di bacino di rilievo nazionale e di qualsiasi  altro  piano
stralcio degli  stessi,  ivi  compresi  quelli  prescritti  da  leggi
speciali dello Stato». A questo proposito, e' opportuno ricordare che
i «piani stralcio per la tutela dal rischio  idrogeologico»,  di  cui
all'art. 67, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, sono appunto piani stralcio
dei piani di bacino  («Nelle  more  dell'approvazione  dei  piani  di
bacino, le Autorita' di bacino adottano, ai sensi dell'art. 65, comma
8, piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che
contengano in  particolare  l'individuazione  delle  aree  a  rischio
idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di
salvaguardia e la determinazione delle misure medesime»). 
    L'art. 2 (Effetti  del  P.G.U.A.P.)  delle  norme  di  attuazione
P.G.U.A.P. dispone che, «ferme restando le competenze riservate  alla
Provincia autonoma di Trento dallo Statuto speciale e dalle  relative
norme di  attuazione,  il  P.G.U.A.P.  determina  le  direttive,  gli
indirizzi e i vincoli  ai  quali  devono  conformarsi  i  piani  e  i
programmi provinciali, con riferimento...  alla  tutela  dal  rischio
idrogeologico e alle misure di prevenzione per le  aree  a  rischio».
L'art. 2, comma 2, aggiunge che «i vincoli e le misure  espressamente
indicati dal piano generale hanno in  ogni  caso  effetto  immediato,
qualora siano piu' restrittivi rispetto ai corrispondenti  vincoli  e
misure previsti dai vigenti  piani  o  programmi  provinciali  ovvero
qualora si  configurino  come  vincoli  e  misure  non  previsti  dai
predetti piani o programmi». In base al comma 3, «le disposizioni  di
cui ai commi  1  e  2  si  applicano  anche  in  relazione  al  piano
urbanistico provinciale ed ai piani urbanistici ad esso  subordinati,
nonche' con riferimento ai piani e ai programmi degli enti locali». 
    Inoltre, il P.G.U.A.P. «sostituisce  ogni  altra  disposizione  e
indicazione,  anche  cartografica,  contenuta   nei   piani   e   nei
provvedimenti adottati o  approvati  dalle  Autorita'  di  bacino  di
interesse nazionale» (compresi, dunque,  e'  da  ritenere,  i  «piani
straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio
idrogeologico», richiamati dall'art. 17, comma 1, d.l. n. 195/2009  e
previsti dall'art. 67, comma 2, d.lgs. n. 152/2006). 
    Il capo IV del d.P.R. 15 febbraio 2006 e' dedicato alle  «aree  a
rischio idrogeologico». In base all'art. 15,  «il  presente  capo  si
applica, se  non  e'  diversamente  disposto,  alle  aree  a  rischio
idrogeologico   indicate   nella   cartografia    informatizzata    e
georeferenziata (GIS) descritta  nella  parte  IV  dell'elaborato  di
piano con riferimento al rischio idraulico, di frana e  di  valanga».
Il comma 2 dispone che «costituiscono aree a rischio idrogeologico le
porzioni di territorio nelle quali sono  presenti  persone  e/o  beni
esposti agli effetti dannosi o distruttivi di  esondazioni,  frane  o
valanghe»; le «aree a rischio sono suddivise  in  quattro  classi  di
gravosita' crescente (R1, R2, R3 ed R4) in funzione  del  livello  di
pericolosita' dell'evento, della  possibilita'  di  perdita  di  vite
umane e del valore dei beni presenti». 
    In base al comma 3, «l'individuazione,  la  perimetrazione  e  la
classificazione delle aree a rischio  idrogeologico  sono  effettuate
dal  presente  piano  in  attuazione  dell'art.  1,  comma   1,   del
decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 3 agosto 1998, n.  267,  e  in  conformita'  all'atto  di
indirizzo e coordinamento emanato  con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 29 settembre 1998»; l'art. 1, comma 1, d.l. n.
180/1998 e' stato poi abrogato dal d.lgs. n. 152/2006. 
    Infine, il comma 4 statuisce  che  «la  provincia  assicura,  nel
rispetto  dei  principi  generali   fissati   dal   presente   piano,
l'aggiornamento  delle  metodologie  per  la  classificazione   della
pericolosita'  idrogeologica  ed  il  conseguente  adeguamento  della
cartografia del rischio». 
    L'art. 16 regola  gli  «interventi  consentiti  nelle  aree  R4»,
l'art. 17 gli «interventi consentiti nelle aree R3» e l'art.  18  gli
interventi nelle «aree a rischio medio e moderato». 
    E' inoltre evidente che - a parte le  competenze  specifiche  ora
ricordate nel settore della difesa del suolo e delle acque - i lavori
connessi alla difesa del suolo si traducono tutti in lavori  pubblici
di interesse provinciale, di competenza piena della Provincia. 
    Risulta  dunque  evidente  che,  in  virtu'  delle   disposizione
statutarie, delle norme di attuazione  dello  Statuto  nonche'  delle
determinazioni assunte dalla Provincia e dallo Stato in attuazione di
esse, la  ricorrente  Provincia  autonoma  di  Trento  e'  dotata  di
competenza legislativa ed amministrativa nella materia  della  difesa
del suolo dal rischio idrogeologico. 
    Sono poi rilevanti, come si vedra',  il  decreto  legislativo  n.
266/1992, n.  266,  concernente  il  rapporto  tra  atti  legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, ed il d.lgs. n. 268/1992, in
materia di finanza regionale e provinciale. 
    Ricordate le competenze costituzionali della Provincia  autonoma,
occorre ora illustrare le norme statali che costituiscono - in quanto
riferite  alla  ricorrente  Provincia  -   oggetto   della   presente
impugnazione. 
    L'art. 17 (Interventi urgenti nelle  situazioni  a  piu'  elevato
rischio idrogeologico e al fine di salvaguardare la  sicurezza  delle
infrastrutture e il patrimonio ambientale e culturale), comma 1,  del
d.l. n. 195 del 2009, dispone quanto segue. 
    «In considerazione delle particolari ragioni di urgenza  connesse
alla necessita'  di  intervenire  nelle  situazioni  a  piu'  elevato
rischio idrogeologico e al fine di salvaguardare la  sicurezza  delle
infrastrutture e il patrimonio ambientale e  culturale,  in  sede  di
prima applicazione dei piani  straordinari  diretti  a  rimuovere  le
situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico e comunque non  oltre
i tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,  con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,  su  proposta  del
Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare,
sentiti il Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  e  il
Dipartimento della protezione civile per i profili di competenza,  ed
i presidenti delle regioni o  delle  province  autonome  interessate,
possono essere nominati commissari straordinari  delegati,  ai  sensi
dell'art. 20 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n.  2,  e  successive
modificazioni, con riferimento agli interventi  da  effettuare  nelle
aree settentrionale, centrale e meridionale del territorio nazionale»
(cosi' il primo periodo). 
    Esso aggiunge poi (secondo periodo) che «i commissari attuano gli
interventi, provvedono  alle  opportune  azioni  di  indirizzo  e  di
supporto promuovendo le occorrenti intese tra i soggetti  pubblici  e
privati  interessati  e,  se  del  caso,  emanano  gli   atti   e   i
provvedimenti  e  curano  tutte  le  attivita'  di  competenza  delle
amministrazioni  pubbliche  necessarie   alla   realizzazione   degli
interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, avvalendosi,
ove necessario, dei poteri di sostituzione e  di  deroga  di  cui  al
citato art. 20, comma 4, del citato decreto-legge n. 185 del 2008». 
    A chiarimento della nuova normativa, va  ricordato  che  i  piani
straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio
idrogeologico ai quali essa si riferisce, gia' previsti dall'art.  1,
comma 1-bis, d.l. n. 180/1998, sono ora  disciplinati  dall'art.  67,
comma 2, d.lgs. n. 152/2006,  in  base  al  quale  «le  Autorita'  di
bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'art. 66,  approvano
altresi' piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a  piu'
elevato  rischio  idrogeologico,  redatti  anche  sulla  base   delle
proposte delle regioni e degli enti locali». 
    Lo stesso testo  dispone  che  tali  piani  straordinari  «devono
ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le
quali e' stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'art. 5
della legge 24 febbraio 1992, n. 225»,  e  che  essi  «contengono  in
particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio
idrogeologico molto elevato per l'incolumita' delle persone e per  la
sicurezza  delle  infrastrutture  e  del  patrimonio   ambientale   e
culturale». 
    E' poi da segnalare che la legge 23 dicembre 2009, n. 191,  legge
finanziaria per l'anno 2010, dispone che «le  risorse  assegnate  per
interventi di risanamento ambientale con  delibera  del  CIPE  del  6
novembre 2009, pari a 1.000 milioni di euro,....  sono  destinate  ai
piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a  piu'  elevato
rischio idrogeologico individuate dalla direzione generale competente
del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
sentiti le autorita' di bacino.... e il Dipartimento della protezione
civile della Presidenza del Consiglio dei ministri»  (art.  2,  comma
240). 
    Quanto  ai  commissari  straordinari  l'art.  17,  comma  1,  del
decreto-legge impugnato  n.  195/2009  richiama  l'art.  20  d.l.  n.
185/1998,  che,  «in  considerazione  delle  particolari  ragioni  di
urgenza connesse con la contingente situazione  economico-finanziaria
del Paese», prevede l'individuazione con  dPCm  (o  con  decreto  del
Presidente  della  Regione,  per  «gli   interventi   di   competenza
regionale»)    degli    «investimenti    pubblici    di    competenza
statale,....ritenuti  prioritari  per  lo  sviluppo   economico   del
territorio»,  aggiungendo  che  sui  «tempi  di  tutte  le  fasi   di
realizzazione dell'investimento.... vigilano commissari  straordinari
delegati, nominati con i medesimi provvedimenti». L'art. 20, comma 3,
regola i compiti del commissario  ed  il  comma  4,  pure  richiamato
dall'art.  17,  comma  1,  d.l.  n.  195/2009,  dispone   che,   «per
l'espletamento dei compiti stabiliti al comma 3, il  commissario  ha,
sin  dal  momento  della  nomina,  con  riferimento  ad   ogni   fase
dell'investimento e ad ogni atto necessario per la sua esecuzione,  i
poteri, anche sostitutivi, degli organi ordinari o  straordinari»,  e
che «il commissario provvede in deroga ad ogni disposizione vigente e
nel rispetto comunque della normativa comunitaria sull'affidamento di
contratti  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture,  nonche'  dei
principi generali dell'ordinamento giuridico». 
    Infine,  l'art.  17,  comma  2,  del  decreto-legge  n.  195/2009
stabilisce che «l'attivita' di coordinamento delle fasi relative alla
programmazione e alla realizzazione degli interventi di cui al  comma
1, nonche' quella di verifica, fatte salve le  competenze  attribuite
dalla legge alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento
della protezione civile, sono curate dal  Ministero  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare, che vi  provvede  sentiti  il
Ministero delle infrastrutture e  dei  trasporti  e  il  Dipartimento
della protezione civile per i profili di competenza, con  le  proprie
strutture anche vigilate, ivi incluso un ispettorato generale» (primo
periodo). 
    Naturalmente la Provincia autonoma di Trento non avrebbe  ragione
di dolersi delle  disposizioni  sopra  illustrate  dell'art.  17  del
decreto-legge n. 195 del 2010,  ove  esse  non  fossero  destinate  a
trovare applicazione nel proprio territorio, in considerazione  delle
competenze  statutarie  e  delle  particolari  condizioni  della  sua
autonomia finanziaria. 
    Tuttavia, tali disposizioni statali appaiono invece  suscettibili
di  applicazione  nel  territorio  provinciale,  come   risulta   dal
riferimento  ai  «presidenti....  delle  Province  autonome»  di  cui
all'art. 17, comma 1, e mediante tale riferimento si  pongono  dunque
in  contrasto  con  le  norme  ed  i  principi  citati  in  epigrafe,
risultando lesive delle prerogative costituzionali della Provincia di
Trento per le seguenti ragioni di 
 
                            D i r i t t o 
 
1) Violazione delle competenze legislative  ed  amministrative  della
Provincia autonoma di Trento. 
    Nella  parte   narrativa,   da   intendersi   qui   integralmente
richiamata, si sono illustrate le disposizioni che conferiscono  alla
Provincia  autonoma  di  Trento  competenza  in  materia   di   opere
idrauliche e di «opere di prevenzione e pronto soccorso per calamita'
pubbliche», e che attribuiscono al P.G.U.A.P. lo scopo di difesa  del
suolo e lo equiparano  al  piano  di  bacino  di  rilievo  nazionale,
compreso  qualsiasi  altro  piano  stralcio  dello  stesso.  Da  tale
esposizione  risulta  chiaramente  la  specifica   competenza   delle
Province  autonome   nella   materia   della   difesa   dal   rischio
idrogeologico. 
    Sulla base di tale  competenza,  la  Provincia  si  e'  dotata  -
d'intesa con lo Stato - di  uno  strumento  completo  di  tutela  dal
rischio idrogeologico, che e' appunto il  P.G.U.A.P.  reso  esecutivo
col  d.P.R.  15  febbraio   2006,   che   sostituisce   «ogni   altra
disposizione... contenuta nei piani e nei  provvedimenti  adottati  o
approvati dalle Autorita' di bacino di interesse nazionale». 
    La difesa del  suolo  dal  rischio  idrogeologico  ha  dunque  in
relazione alla  Provincia  di  Trento  una  disciplina  speciale,  di
derivazione statutaria,  concordata  con  lo  Stato,  che  pienamente
riconosce la competenza della stessa Provincia. 
    Invece, le norme impugnate  regolano  gli  interventi  diretti  a
rimuovere  situazioni  di  rischio   idrogeologico,   prevedendo   la
possibilita' di attribuire  la  competenza  operativa  ad  un  organo
straordinario statale, dotato di ampi poteri sostitutivi e di  deroga
ad ogni disposizione vigente. L'ampiezza dei poteri  del  commissario
deriva, oltre che dal rinvio all'art.  20  d.l.  n.  185/2008,  dalla
genericita' dell'art. 17, comma 1 («attuano gli interventi»; «se  del
caso, emanano gli atti e i provvedimenti e curano tutte le  attivita'
di  competenza  delle  amministrazioni  pubbliche   necessarie   alla
realizzazione degli interventi»). 
    Nel caso in cui si nomini il commissario, in  base  al  comma  2,
«l'attivita' di coordinamento delle fasi relative alla programmazione
e alla realizzazione degli interventi di  cui  al  comma  1,  nonche'
quella di verifica, fatte salve le competenze attribuite dalla  legge
alla Presidenza del  Consiglio  dei  ministri  -  Dipartimento  della
protezione civile, sono curate dal Ministero dell'ambiente». 
    Tali norme risultano direttamente applicabili nella provincia  di
Trento  e  interferiscono  con  il  sistema   trentino   di   tutela,
contraddicendolo e sovrapponendosi in particolare al P.G.U.A.P. 
    Di qui la violazione delle norme statutarie e di attuazione sopra
citate, che attribuiscono alla Provincia la competenza legislativa ed
amministrativa in materia di difesa del suolo, e, inoltre,  dell'art.
2, d.lgs. n. 266/1992, che esclude la  diretta  applicabilita'  delle
leggi statali nelle materie di competenza provinciale. 
    Si noti che la competenza  provinciale  non  puo'  essere  negata
riconducendo la «difesa del suolo» alla materia ambientale, e traendo
da cio' la conclusione della competenza statale  in  forza  dell'art.
117, comma 2, lettera s), Cost. 
    Come   espressamente   ribadito   da   codesta    ecc.ma    Corte
costituzionale nella ancora  recente  sentenza  n.  45  del  2010  in
relazione alla parallela competenza provinciale in materia di  lavori
pubblici, la «maggiore  autonomia»  conferita  alla  Provincia  dallo
Statuto impedisce che ad essa possano essere applicate come  tali  le
clausole di competenza statale, fermi restando  invece  i  meccanismi
che nel quadro statutario prevedono il coordinamento delle competenze
provinciali con quelle statali. 
    Ed anche in un ulteriore caso, analogo al presente, la  Corte  ha
chiarito che «la competenza statale esclusiva di  cui  all'art.  117,
secondo  comma,  Cost.,  lettera  s),  Cost.  non  puo'  operare  nei
confronti della Provincia autonoma di Trento in materia di tutela del
paesaggio,  giacche'  essa  e'  espressamente  riservata   alla   sua
competenza legislativa primaria» (sent. n. 226/2009). 
    Inoltre, le opere in cui si  dovrebbe  tradurre  l'attivita'  dei
commissari  statali  rientrano  tutte  nella  categoria  dei   lavori
pubblici di interesse provinciale, di  competenza  provinciale  piena
sia legislativa che amministrativa. 
    Anche sotto questo  profilo  appare  evidente  che  la  normativa
impugnata, in quanto affida tali opere alla competenza statale, viola
lo Statuto di autonomia. 
    Una volta riconosciuta la competenza provinciale, risulta che  le
impugnate disposizioni violano anche l'art. 4, d.lgs. n. 266/1992, in
base al quale «nelle materie di competenza propria  della  regione  o
delle province autonome la legge  non  puo'  attribuire  agli  organi
statali funzioni amministrative, comprese  quelle  di  vigilanza,  di
polizia   amministrativa   e   di    accertamento    di    violazioni
amministrative, diverse da quelle spettanti  allo  Stato  secondo  lo
statuto speciale e  le  relative  norme  di  attuazione»  (comma  1).
Infatti, sia il comma 1 che il comma 2 conferiscono ad organi statali
(il   commissario   ed   il   Ministero    dell'ambiente)    funzioni
amministrative in una materia che, come sopra illustrato, spetta alla
competenza delle Province autonome. 
    Ne' la competenza statale potrebbe giustificarsi sulla  base  del
riferimento  alle  «particolari  ragioni  di  urgenza  connesse  alla
necessita' di intervenire nelle situazioni  a  piu'  elevato  rischio
idrogeologico». Tali circostanze non basterebbero a giustificare  una
competenza  statale  non  prevista  dalle  norme  statutarie   e   di
attuazione sopra citate. L'urgenza non e' un presupposto  sufficiente
per  superare  il  riparto  di  competenza  fissato  dalle  norme  di
attuazione: le situazioni  di  emergenza  vanno  affrontate  con  gli
strumenti previsti dalle norme di attuazione, cioe' con i  poteri  di
ordinanza fatti salvi  dall'art.  2,  comma  5,  d.lgs.  n.  266/1992
(«Restano fermi  i  poteri  di  ordinanza  amministrativa  diretti  a
provvedere a situazioni eccezionali di  necessita'  ed  urgenza,  nei
casi, nei modi e nei  limiti  previsti  dall'ordinamento»)  e  con  i
poteri sostitutivi statali, nei limiti in cui essi siano consentiti. 
    Con la propria contestazione la Provincia di Trento  non  intende
affatto,  ovviamente,  negare  le  competenze  che  -   nell'evidente
interesse  della  popolazione  provinciale  -  le  stesse  norme   di
attuazione  assegnano  allo  Stato  nella  materia  della  protezione
civile, quali sono previste dal d.P.R. n. 381 del 1974. 
    Al contrario, la  struttura  stessa  di  tali  competenze,  ed  i
rapporti che ne risultano tra  lo  Stato  e  la  Provincia  autonoma,
ulteriormente dimostrano  la  fondatezza  delle  censure  di  cui  al
presente ricorso. 
    In effetti, le  citate  norme  di  attuazione  dispone  che  «nel
territorio della regione Trentino-Alto Adige le  norme  di  cui  alla
legge 8 dicembre 1970, n. 996, trovano applicazione all'insorgere  di
situazioni di  danno  o  di  pericolo  che  per  la  loro  natura  ed
estensione non possono  essere  fronteggiate  con  l'esercizio  delle
competenze proprie o delegate delle province e  con  l'impiego  delle
organizzazioni di uomini e di mezzi di cui dispongono» (art. 33). 
    Ma le stesse norme dispongono altresi' che «alla dichiarazione di
cui all'art. 5 della legge 8 dicembre 1970, n. 996,  ed  alla  nomina
del  commissario  previsto  dal  medesimo  articolo  si   provvedera'
d'intesa con i presidenti delle giunte provinciali ove  la  calamita'
riguardi  i  territori  di  entrambe  le  province,  ovvero  con   il
presidente della giunta della  provincia  interessata  ove  solo  una
delle due sia stata colpita (art. 34, enfasi aggiunta). 
    E l'art.  35  precisa  che  «gli  interventi  dello  Stato  hanno
carattere aggiuntivo rispetto a  quelli  regionali  e  provinciali  e
l'applicazione delle norme di cui alla legge 8 dicembre 1970, n. 998,
non incide sulle  competenze  della  regione  e  delle  province  ne'
implica  sostituzione  di  organismi  regionali  e  provinciali   che
continuano ad operare alla stregua dei propri ordinamenti», e che «ai
fini dell'applicazione del quarto comma dell'art.  5  della  legge  8
dicembre 1970, n. 996, il  commissario  provvede  in  particolare  al
coordinamento degli interventi  dello  Stato  con  quelli  effettuati
dagli organismi della regione e  delle  province,  nel  rispetto  del
disposto di cui al comma precedente». 
    Altre  disposizioni  disciplinano  poi  piu'   in   generale   la
collaborazione tra Stato e Provincia nel settore. 
    E' dunque evidente che persino nel quadro della protezione civile
e' esclusa qualunque competenza dello Stato in casi diversi da quelli
specificamente indicati, e che il pur necessario  intervento  statale
in situazioni  che  superino  le  possibilita'  di  intervento  della
Provincia e' previsto in un quadro di intesa e di condivisione. 
    Resta  invece  fermo  che,  ove  gli  interventi  di   cui   alle
disposizioni qui impugnate potessero intendersi  come  riferiti  alle
situazioni di emergenza, come definite nel quadro della normativa ora
ricordata, la Provincia non negherebbe certo - in tali  limiti  -  la
competenza  statale,  a  condizione  ovviamente  che   si   intendano
richiamati anche i meccanismi di intesa e  di  coordinamento  di  cui
alle disposizioni ora ricordate. 
    Risulta dunque chiara - ad avviso della  ricorrente  Provincia  -
l'illegittimita' costituzionale  delle  norme  impugnate,  in  quanto
queste si riferiscono ad essa, al di fuori dei limiti  indicati,  per
violazione  delle  competenze  legislative  ed  amministrative  della
Provincia. 
2) Violazione del principio di leale collaborazione. 
    In   subordine,   ove   in   denegata   ipotesi   codesta   Corte
costituzionale  dovesse  ritenere  non  fondata  la   censura   sopra
illustrata, l'art. 17, comma 1,  primo  e  secondo  periodo,  sarebbe
comunque  illegittimo  per  violazione   del   principio   di   leale
collaborazione. 
    Infatti, tale comma 1,  pur  prevedendo  un  blando  -  e  dunque
anch'esso illegittimo - coinvolgimento delle regioni interessate  nel
momento  della  nomina  dei  commissari  nella   forma   della   mera
consultazione  dei  Presidenti  delle  regioni,  non  prevede   alcun
coinvolgimento delle Regioni interessate  nella  fase  di  attuazione
dell'intervento. Invece, dato l'evidente intreccio  (in  realta',  ad
avviso  della  Provincia,  la  sovrapposizione)  tra  gli  interventi
regolati dalle norme impugnate  e  le  competenze  provinciali  sopra
elencate, risulterebbe comunque  ed  evidentemente  -  anche  ove  la
sovrapposizione dovesse ritenersi legittima - necessaria l'intesa con
la Provincia, sia nel momento della nomina dei commissari  sia  nella
fase di attuazione dell'intervento, qualora il commissario, invece di
limitarsi alle «opportune azioni di indirizzo e di supporto», dovesse
pretendere  di  adottare  direttamente  gli   atti   necessari   alla
realizzazione degli interventi. 
    D'altronde, anche in relazione alle regioni ordinarie,  la  sent.
n. 232/2009 di codesta Corte  ha  riconosciuto  che  le  funzioni  di
difesa del suolo, pur  rientrando  (per  esse)  nella  materia  della
«tutela  dell'ambiente»,  incidono  sulle   materie   di   competenza
regionale e, percio', ha introdotto in  diversi  casi  meccanismi  di
raccordo fra lo Stato e le regioni. A  maggior  ragione,  dunque,  va
rispettato il principio di leale  collaborazione  in  relazione  alla
Provincia di Trento, che ha competenza autonoma nella  materia  della
difesa del suolo. Del resto, le stesse modalita' di deliberazione del
P.G.U.A.P.    dimostrano     l'importanza     della     concertazione
Stato-Provincia nella materia in questione. 
    Infine, anche l'art. 17, comma 2, si pone  in  contrasto  con  il
principio di leale collaborazione, per le  ragioni  appena  indicate,
perche' non prevede l'intesa con le regioni interessate  nel  momento
in cui il Ministero svolge l'attivita' di  coordinamento  e  verifica
degli interventi.