Ricorso del Presidente del Consiglio pro tempore rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici domicilia ope legis in Roma, via dei Portoghesi n. 12,nei confronti della Regione Puglia in persona del Presidente della Giunta pro tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 e 4 della legge della Regione Puglia del 25 febbraio 2010, n. 6 recante «Marina di Casalabate: modifica delle circoscrizioni territoriali dei Comuni di Lecce, Trepuzzi e Squinzano e integrazione della legge regionale 20 dicembre 1973, n. 26 (Norme in materia di circoscrizioni comunali)», per contrasto con l'art. 133 Cost. La legge della Regione Puglia n. 6/2010 viene impugnata giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 23 aprile 2010 per i seguenti Motivi La legge della Regione Puglia n. 6/2010, all'art. 1 prevede che «le circoscrizioni territoriali dei Comuni di Lecce, Trepuzzi e Squinzano sono modificate mediante l'aggregazione dei territori del Comune di Lecce ai Comuni di Squinzano e Trepuzzi» e definite in conformita' della planimetria allegata alla legge medesima. L'articolo successivo regola i rapporti patrimoniali ed economico finanziari conseguenti alla modificazione territoriale di cui all'art. 1 prevedendo che gli stessi siano regolati «di comune accordo». L'art. 3, correlato ai precedenti, stabilisce, inoltre, che «i Comuni interessati dalla modifica provvedono ad adeguare la pianificazione prevista dagli strumenti urbanistici vigenti alla nuova dimensione del territorio». L'art. 4 della medesima legge, infine, modifica, integrandola, la legge regionale n. 5 del 20 dicembre 1973, n. 26 per l'effetto aggiungendo, dopo il primo periodo del secondo comma dell'art. 5 il seguente periodo: «In caso di accordo tra comuni interessati si prescinde dalla consultazione popolare». Le disposizioni richiamate si pongono in evidente contrasto con l'art. 133, secondo comma, Cost. che attribuisce alla Regione la possibilita' di istituire con proprie leggi e nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni, a condizione che siano «sentite le popolazioni interessate». Per contro sulla base del richiamato art. 1 e dei correlati artt. 2 e 3, la legge regionale qui censurata opera le modifiche circoscrizionali attraverso l'aggregazione del territorio di un Comune a quello di altri, senza prevedere, al contempo, il necessario referendum popolare consultivo ne' tanto meno, altre forme di consultazione. Nella giurisprudenza della Corte costituzionale e' consolidato il principio secondo cui le variazioni del territorio del Comune sono demandate dalla menzionata disposizione costituzionale a leggi regionali ma fatto salvo, in ogni caso, il rispetto dell'obbligo di sentire le popolazioni interessate. L'art. 133 secondo comma Cost., attraverso la previsione di detto obbligo, pone infatti un vincolo nei confronti del legislatore regionale, al quale spettera' la competenza di definire, nel rispetto della Costituzione e dei principi fondamentali della legislazione statale, il procedimento che conduce alla variazione e, dunque, i criteri di individuazione delle popolazione interessate, «la cui consultazione in ogni caso e' da ritenersi obbligatoria». (In tal senso: Corte cost. sent. n. 94 del 3-7 aprile 2000). Non e', pertanto, illegittimo - , prosegue la menzionata decisione - che la legge regionale detti criteri per individuare, nelle varie ipotesi, le popolazioni da consultare. Ma i criteri dovranno essere tali da non comportare la possibilita' di una identificazione irragionevole delle colazioni interpellate, in relazione alle circostanze ed ai fattori che conducono ad individuare l'interesse su cui si fonda l'obbligo di consultazione. Soprattutto, detti criteri non potranno essere tali da condurre ad escludere dalla consultazione gruppi di popolazione per i quali non possa ragionevolmente ritenersi insussistente un interesse rispetto alla variazione territoriale proposta. Si altresi' precisato fin dalla giurisprudenza ancor piu' risalente (Corte cost. 10 dicembre 1981 n. 204), che, in ogni caso, la volonta' espressa nel referendum consultivo dalle popolazioni ritenute di volta in volta interessate deve avere autonoma evidenza nel procedimento, cosi' che il legislatore regionale ne possa tenere conto quando adotta la propria finale determinazione. Aggiunge ancora codesta ecc.ma Corte, nelle numerose sentenze in materia che, «in linea di principio, anche le popolazioni della restante parte del comune che subisce la decurtazione territoriale possono essere interessate alla variazione, cosi' che il legislatore regionale, nello stabilire i criteri per individuare l'ambito della consultazione, non puo' escludere tali ulteriori popolazioni se non sulla base di elementi idonei a fondare ragionevolmente una valutazione di insussistenza di un loro interesse qualificato in rapporto alla variazione territoriale proposta» (sent. Corte costituzionale n. 47/2003, cfr. n. 94/2000, n. 433/1995, n. 279/1994, n. 107/1983, n. 204/1981). E' palese, dunque, il contrasto delle disposizioni qui censurate atteso che ne' l'art. 1 della legge regionale in epigrafe (e, tanto meno, i correlati articoli 2 e 3), prevedono che le popolazioni siano sentite attraverso un referendum consultivo; ne', d'altra parte, e' alternativamente previsto alcun tipo di meccanismo di consultazione equivalente, escludendosi a priori dalla consultazione le popolazioni residenti nei comuni coinvolti. Nel caso di specie, giova sottolineare, la violazione e' massima in quanto l'esclusione concerne tutta la popolazione dei comuni a vario titolo interessati, ivi compresa quella residente nelle aree destinate ad essere trasferite da un Comune all'altro nei confronti della quale, peraltro, la giurisprudenza sopra menzionata, riconosce una posizione particolarmente qualificata tanto da non poter essere mai esclusa dalla consultazione (Corte cost. 453 del 1989; n. 94 del 2000). La previsione di cui all'art. 1 della legge regionale in esame oltretutto, contrasta con quanto stabilito dallo Statuto della Regione Puglia che, in linea con il parametro costituzionale qui invocato (art. 133, secondo comma, Cost.) prevede l'espletamento del referendum consultivo delle popolazioni interessate ai mutamenti delle circoscrizioni comunali (articolo 19, comma 2, dello Statuto della Regione Puglia: l.r. n. 7 del 2004: «Sono, altresi', sottoposte a referendum consultivo delle popolazioni interessate, secondo modalita' stabilite con legge regionale, le proposte di legge concernenti l'istituzione di nuovi comuni e i mutamenti delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali»). 2) Parimenti censurabile per le predette motivazioni e' l'articolo 4 che modifica, a regime, l'articolo 5, comma 2, della 1.r. n. 26/1973 (Norme in materia di circoscrizioni comunali), stabilendo che «In caso di accordo tra i comuni interessati si prescinde dalla consultazione popolare». Come dianzi osservato, pur riconoscendosi al legislatore regionale la possibilita', nell'ambito della competenza al medesimo demandata, di un margine di discrezionalita' in ordine ai criteri volti ad identificare, nelle varie ipotesi, le popolazioni da consultare, in relazione al loro essere interessate, secondo l'espressione utilizzata dalla Costituzione, detti criteri non potranno mai essere tali da portare ad escludere a priori e in modo automatico popolazioni residenti nei Comuni coinvolti dalla variazione. Nel caso di specie la previsione di «accordi» tra Comuni e' non e' tale da assicurare - anche per la assoluta genericita' del disposto normativo in ordine alle forme, tipologie o alle modalita' di stipulazione di detti accordi - una effettiva consultazione delle popolazioni residenti nei territori interessati dalla variazione territoriale. Per tali motivi si ritiene che la legge regionale in epigrafe, con riferimento alle disposizioni richiamate in epigrafe, meriti di essere dichiarata costituzionalmente illegittima per contrasto con l'art. 133 secondo comma Cost.