Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  4,  comma  25,
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 23 luglio 2009, n. 12
(Assestamento del bilancio 2009 e del bilancio  pluriennale  per  gli
anni 2009-2011  ai  sensi  dell'art.  34  della  legge  regionale  n.
21/2007), che inserisce gli articoli  16-bis  e  16-ter  nella  legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 5 dicembre  2008,  n.  16  (Norme
urgenti in materia di ambiente,  territorio,  edilizia,  urbanistica,
attivita'   venatoria,   ricostruzione,   adeguamento    antisismico,
trasporti, demanio marittimo e turismo), promosso dal Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28  settembre  -  1°
ottobre 2009, depositato in cancelleria l'8 ottobre 2009 ed  iscritto
al n. 86 del registro ricorsi 2009. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia; 
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  maggio  2010  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico  Falcon  per  la
Regione Friuli-Venezia Giulia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
notificato il 1° ottobre 2009 e depositato il successivo  8  ottobre,
ha sollevato questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,
comma 25, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia  23  luglio
2009,  n.  12  (Assestamento  del  bilancio  2009  e   del   bilancio
pluriennale per gli anni 2009 - 2011  ai  sensi  dell'art.  34  della
legge regionale n. 21/2007), che  inserisce  gli  articoli  16-bis  e
16-ter nella legge della Regione  Friuli-Venezia  Giulia  5  dicembre
2008, n. 16  (Norme  urgenti  in  materia  di  ambiente,  territorio,
edilizia,   urbanistica,    attivita'    venatoria,    ricostruzione,
adeguamento antisismico, trasporti, demanio marittimo e turismo),  in
riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera s), e 118 della
Costituzione, e agli articoli da 101 a 108,  124,  commi  2  e  7,  e
Allegato 5 del decreto legislativo 22 gennaio 2006, n. 152 (Norme  in
materia ambientale). 
    1.1.- Il ricorrente, premessa una sintetica  ricostruzione  della
giurisprudenza costituzionale in  materia  di  tutela  dell'ambiente,
ritiene che l'art. 4, comma 25, della 1egge regionale  Friuli-Venezia
Giulia n. 12 del 2009, nella parte  in  cui  inserisce  gli  articoli
16-bis e 16-ter nella legge regionale n. 16 del 2008, violerebbe  gli
articoli 117, secondo comma, lettera s), e l18 Cost. 
    1.1.1.-  Innanzitutto,  l'art.  16-bis,   secondo   il   Governo,
consentirebbe  alla  Regione  di  individuare  un  soggetto   privato
(gestore del servizio idrico integrato) competente  alla  valutazione
delle richieste  di  autorizzazione  presentate  dai  titolari  degli
scarichi, ed al  rilascio  delle  stesse,  in  contrasto  con  quanto
previsto dalla norma statale (di cui, peraltro,  sarebbe  attuazione)
che stabilisce,  invece,  per  le  Regioni  si'  la  possibilita'  di
scegliere  un  soggetto  diverso  dalla  Provincia  e  dall'Autorita'
d'ambito ai fini del rilascio dell'autorizzazione agli  scarichi,  ma
purche' sia un soggetto pubblico o un ente locale (ad es. il Comune).
Pertanto, la disposizione regionale censurata verrebbe a ledere,  per
il ricorrente, la competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
materia di tutela dell'ambiente, di cui all'art. 117, secondo  comma,
lettera s), Cost. 
    1.1.2.- Inoltre, prosegue l'Avvocatura, l'art. 16-bis della legge
regionale in esame - la' dove devolve al gestore del servizio  idrico
integrato la competenza a rilasciare l'autorizzazione agli scarichi -
violerebbe, altresi', l'art. 118 Cost., poiche', in base al principio
di sussidiarieta', non sembra  «adeguato  conferire  ad  un  soggetto
privato una funzione amministrativa che  da'  il  potere  di  creare,
modificare  o  estinguere  una   determinata   situazione   giuridica
soggettiva  in  relazione  ad  un  interesse  pubblico  "primario"  e
"assoluto",  come  la  tutela  dell'ambiente,  che   deve   ritenersi
costituzionalmente    affidato    alla    cura     della     pubblica
amministrazione». 
    1.1.3.- La stessa norma censurata si porrebbe  in  contrasto  con
l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. anche per  un  ulteriore
profilo, in quanto «nel prevedere che "sono autorizzati  dal  gestore
del  servizio  idrico  integrato  tutti  gli  scarichi  in   pubblica
fognatura" consentirebbe un  rilascio  incondizionato  ed  automatico
dell'autorizzazione a  tutti  i  titolari  di  scarichi  in  pubblica
fognatura», con conseguente «snaturamento dell'atto autorizzativo, il
quale, come delineato dal d.lgs.  n.  152  del  2006,  presuppone  la
necessita' di esaminare  in  concreto,  a  monte  del  suo  rilascio,
l'ammissibilita'  di  uno  scarico  in  fognatura  sulla  scorta   di
valutazioni di carattere tecnico-ambientale, cosi' come sancito dagli
articoli  101  a  108,  124  del  d.lgs.  n.  152  del  2006  nonche'
dall'Allegato  5  (Tabella  -  parte   III)   dello   stesso   codice
dell'ambiente». 
    La disposizione regionale denunciata sarebbe, dunque, illegittima
per violazione del citato  parametro,  in  quanto  le  Regioni  e  le
Province autonome non possono derogare o  peggiorare  il  livello  di
tutela ambientale stabilito dallo Stato, come  piu'  volte  affermato
dalla giurisprudenza costituzionale. 
    1.2.- Il ricorrente ritiene, poi, che anche l'art. 16-ter venga a
violare l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  poiche',
stabilendo l'obbligatorieta' della richiesta dell'autorizzazione solo
da parte del titolare dello scarico  finale,  contrasterebbe  con  il
comma 2 dell'art. 124  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  che  prevede
l'esonero dall'autorizzazione solo a condizione che  il  conferimento
delle acque reflue al  terzo  gestore  dell'impianto  di  depurazione
avvenga «tramite condotta», in tal  modo  abbassando  il  livello  di
tutela ambientale garantito dalla normativa statale. 
    Infatti, dall'analisi comparativa  del  testo  di  questa  ultima
disposizioni con quello del comma 2 dell'art. 124 del d.lgs.  n.  152
del 2006, si evincerebbe  chiaramente,  secondo  il  ricorrente,  che
l'art. 16-ter introdurrebbe nella Regione Friuli-Venezia  Giulia  una
disciplina difforme da quella prevista dalla norma statale alla quale
deve dare attuazione. 
    2.- Si e'  costituita  nel  giudizio  la  Regione  Friuli-Venezia
Giulia, chiedendo il rigetto del ricorso in  quanto  inammissibile  e
infondato. 
    2.1.- Con riferimento a  quanto  previsto  dall'art.  16-bis,  la
difesa  regionale  ritiene  non  fondate  le  censure  avanzate   dal
ricorrente relativamente all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost., poiche' basate sia su un'erronea  interpretazione  restrittiva
che il Governo da' della norma statale in esame - vale a dire che  le
Regioni non potrebbero attribuire a privati il potere  autorizzatorio
- interpretazione apoditticamente affermata e ritenuta  «preferibile»
senza argomentazioni in merito, sia sulla ritenuta devoluzione ad  un
soggetto privato - quale il ricorrente ritiene essere il gestore  del
servizio  idrico   integrato   -   della   competenza   al   rilascio
dell'autorizzazione. 
    L'affidamento della gestione del  servizio  idrico  integrato  da
parte dell'Autorita' d'ambito e' invece devoluto - prosegue la difesa
della Regione -  a  «soggetti  sostanzialmente  pubblici  gia'  sotto
diversi  profili  chiamati   a   svolgere   attivita'   di   pubblica
amministrazione in quanto meri strumenti di essa e  concessionari  di
servizio pubblico», secondo quanto stabilito dall'art. 23 della legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 23 giugno 2005,  n.  13,  recante
«Organizzazione del servizio idrico integrato e individuazione  degli
ambiti territoriali ottimali in  attuazione  della  legge  5  gennaio
1994,  n.  36  (Disposizioni  in  materia   di   risorse   idriche)».
Quest'ultima e' una disposizione attuativa della  procedura  prevista
in materia dall'art. 113, comma 5, del decreto legislativo 18  agosto
2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'  ordinamento  degli  enti
locali),  e  riguarda  solamente  «societa'  a  capitale  interamente
pubblico», le quali  presentino  le  caratteristiche  della  gestione
cosiddetta in house,  cioe'  di  un  tipo  di  gestione  riconosciuto
equivalente alla  gestione  diretta  da  parte  dell'amministrazione.
Conseguentemente,  il  rapporto  tra  queste  ultime  e   l'Autorita'
d'ambito  sarebbe  «quello  tipico  della  concessione  di   pubblico
servizio», per cui la societa' concessionaria (ex art. 23,  comma  1,
della legge regionale n.  13  del  2005)  presenterebbe  i  requisiti
«dell'organismo di diritto pubblico». 
    2.2.- L'art. 16-bis, poi, a detta della Regione, non risulterebbe
neppure irragionevole, ne' diminuirebbe la tutela dell'ambiente, come
ritenuto  dal  ricorrente,  poiche'  il  concessionario  verrebbe  ad
applicare i limiti previsti per gli scarichi allo stesso modo  di  un
ente pubblico, essendo vincolato al rispetto degli  standard  fissati
nel contratto di servizio e soggetto a controlli. 
    Inoltre, la norma regionale in esame non violerebbe  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., neanche sotto  il  secondo  profilo
denunciato  dal  ricorrente.   Difatti,   l'esatto   significato   da
attribuire  al  testo  normativo   censurato   non   e'   quello   di
un'autorizzazione concessa dal gestore indistintamente a tutti coloro
che  la  richiedano,  bensi'  quello  di  estendere   la   competenza
autorizzatoria a tutti i tipi di scarico in fognatura,  rilasciandola
solo dopo un'attenta verifica dell'esistenza dei requisiti necessari. 
    2.3.- Inammissibile sarebbe la censura formulata  dal  ricorrente
in riferimento all'art. 118 Cost., in  quanto  estremamente  generica
(non risulterebbe neanche chiaro dal ricorso se sia invocato il primo
od il  quarto  comma  dell'art.  118  Cost.)  e  meramente  assertiva
riguardo alla pretesa attribuzione di funzione amministrativa  ad  un
privato. 
    Nel caso, comunque, si volesse ritenere evocato dal ricorrente il
primo comma dell'art. 118 Cost., la censura sarebbe,  in  ogni  caso,
non fondata, poiche', venendo tale comma a regolare la  distribuzione
delle funzioni amministrative tra i diversi enti,  il  richiamo,  nel
caso di specie, non  solo  non  sarebbe  pertinente,  ma  verrebbe  a
coincidere con quella avanzata in  relazione  all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. 
    2.4.-  Infine,  i  rilievi   di   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 16-ter della legge in esame sarebbero anch'essi  infondati,
in quanto la censurata disposizione,  per  la  difesa  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia, non avrebbe un significato diverso  da  quello
della disposizione statale. Infatti, non vi sarebbe differenza tra il
prevedere che gli «scarichi (siano) conferiti a un depuratore», e  il
prevedere che il conferimento avvenga «tramite condotta, ad un  terzo
soggetto, titolare dello scarico finale» di acque reflue. 
    Nel  momento  in  cui  la  norma  regionale  censurata  parla  di
«scarichi conferiti ad un depuratore», e' necessariamente presupposta
l'esistenza della «condotta» cui fa riferimento l'art. 124, comma  2,
del Codice dell'ambiente. Se si  tiene  presente  la  definizione  di
scarico fornita all'art. 74, comma 1, lettera ff), del d.lgs. n.  152
del 2006, l'espressione usata nella  norma  regionale  non  puo'  che
equivalere a quella prevista nella  norma  statale.  Il  concetto  di
«scarico»  equivale,  cioe',  a  quello  di   «conferimento   tramite
condotta». 
    3.- In prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio  dei
ministri  ha  depositato   memoria   con   la   quale   insiste   per
l'accoglimento del  ricorso,  ribadendo  quanto  gia'  sostenuto  nei
motivi dello stesso. 
    3.1.- Riguardo all'osservazione della  difesa  regionale  secondo
cui il gestore del servizio idrico integrato sarebbe una societa'  in
house, concessionaria della  pubblica  amministrazione  e,  pertanto,
soggetto sostanzialmente pubblico, sicche' il  legislatore  regionale
con la norma censurata non avrebbe violato il dettato dell'art.  124,
comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006, l'Avvocatura  fa  presente  che,
con  l'art.  15  del  decreto-legge  25  settembre   2009,   n.   135
(Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari  e  per
l'esecuzione di sentenze della Corte  di  giustizia  delle  Comunita'
europee), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge 20 novembre 2009, n.  166,  al  31  dicembre  2011  verranno  a
cessare tutti gli affidamenti in house e  potranno  proseguire  «fino
alla naturale estinzione del contratto solamente quelle societa'  che
si trasformeranno in una  societa'  mista  con  un  40%  in  mano  ai
privati». Pertanto,  alla  luce  di  tale  sopravvenienza  normativa,
secondo  il  Governo,  tale  tipo  di  gestione  sembra  destinato  a
diventare «assolutamente eccezionale e residuale poiche' la  gestione
del servizio idrico dovra' essere affidata, di regola, ad un soggetto
privato scelto tramite gara  ad  evidenza  pubblica,  oppure  ad  una
societa' mista (pubblico-privato) nella quale il  privato  sia  stato
scelto mediante gara». 
    3.2.- Inoltre, per il ricorrente,  l'attuazione  degli  interessi
legati all'erogazione del servizio pubblico (ai sensi dell'art.  113,
comma 11, del d.lgs. n. 267 del  2000  e  dell'art.  24  della  legge
regionale n. 13 del 2005) avviene  sulla  base  di  un  contratto  di
servizio e non di una concessione amministrativa, cioe' con una  vera
e propria convenzione, in cui le parti «assumono obblighi reciproci a
contenuto   patrimoniale».   Permarrebbero,   pertanto,   valide   le
considerazioni  che  hanno  portato  all'impugnazione   della   norma
regionale la' dove si affida  ad  un  privato  l'autorizzazione  allo
scarico in pubblica fognatura. 
    3.3.- La censura relativa all'art. 118 Cost.,  poi,  prosegue  lo
Stato, non sarebbe affatto  generica,  come  sostenuto  dalla  difesa
regionale, in quanto  si  richiamerebbe  espressamente  il  parametro
relativo al principio di sussidiarieta'. 
    4.- Anche la Regione  Friuli-Venezia  Giulia  ha  depositato  una
memoria con la quale - riportandosi  a  quanto  dedotto  ed  eccepito
nell'atto di costituzione - ribadisce  l'infondatezza  delle  censure
formulate dallo Stato, chiedendo che la Corte respinga il ricorso. 
    4.1.-  In  particolare  -  a  conforto  dell'assimilazione  delle
societa' a  partecipazione  pubblica,  gestori  del  servizio  idrico
integrato, agli enti pubblici e dell'erroneita'  dell'interpretazione
restrittiva sostenuta  dall'Avvocatura  in  relazione  all'art.  124,
comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006, secondo la quale il  legislatore
regionale    non    avrebbe    potuto     prevedere     l'affidamento
dell'autorizzazione allo scarico in  pubblica  fognatura  a  soggetti
che, appunto, la parte  ricorrente  ritiene  «privati»  -  la  difesa
regionale   cita   ulteriore   giurisprudenza   costituzionale    che
confuterebbe tale tesi (sentenze n. 322 del 2009, n. 29 del 2006,  n.
363 del 2003). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   proposto
questione  di  legittimita'  costituzionale  -  in  riferimento  agli
articoli 117, secondo comma, lettera s), e 118 della  Costituzione  e
agli articoli da 101 a 108, 124, commi 2 e 7, e  all'Allegato  5  del
decreto legislativo  22  gennaio  2006,  n.  152  (Norme  in  materia
ambientale) - dell'art.  4,  comma  25,  della  legge  della  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  23  luglio  2009,  n.  12  (Assestamento  del
bilancio 2009 e del bilancio pluriennale per gli  anni  2009-2011  ai
sensi dell'art. 34 della legge regionale n. 21/2007),  che  inserisce
gli articoli 16-bis e 16-ter nella legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia 5 dicembre 2008, n. 16 (Norme urgenti in materia di  ambiente,
territorio,    edilizia,    urbanistica,     attivita'     venatoria,
ricostruzione, adeguamento antisismico, trasporti, demanio  marittimo
e turismo), in quanto tale norma eccederebbe le competenze  regionali
sotto vari profili. 
    1.1.- Ad avviso del ricorrente, infatti, la  norma  regionale  in
oggetto - nella parte in cui  introduce  l'art.  16-bis  nella  legge
regionale n. 16 del 2008 -  violerebbe  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost. sia perche' «devolvendo la competenza  al  rilascio
dell'autorizzazione agli scarichi  al  gestore  del  servizio  idrico
integrato (che e' un soggetto  privato)»,  ha  invaso  la  competenza
legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente; sia
perche' - stabilendo che sono «autorizzati dal gestore  del  servizio
idrico  integrato  tutti  gli  scarichi  in  pubblica  fognatura»   e
permettendo,  quindi,  «un  rilascio  incondizionato  ed   automatico
dell'autorizzazione a  tutti  i  titolari  di  scarichi  in  pubblica
fognatura»  -  si  e'  posta  in  contrasto  con   quanto   affermato
costantemente in proposito dalla  giurisprudenza  costituzionale,  la
quale ritiene che «le Regioni e  le  Province  autonome  quando  sono
abilitate a dettare norme legislative  in  materia  di  ambiente  non
possono in alcun modo derogare o  peggiorare  il  livello  di  tutela
ambientale stabilito dallo Stato». 
    1.2.-  La  disposizione  denunciata  si  porrebbe,  altresi',  in
contrasto   con   l'art.   118   Cost.,   in   quanto   non   sarebbe
costituzionalmente legittimo, in base al principio di  sussidiarieta'
ed adeguatezza,  «conferire  ad  un  soggetto  privato  una  funzione
amministrativa che da' il potere di creare, modificare  o  estinguere
una determinata situazione soggettiva in relazione  ad  un  interesse
"primario" e "assoluto" come la tutela dell'ambiente, che deve essere
affidato alla pubblica amministrazione». 
    1.3.- La norma regionale censurata, inoltre, sarebbe  illegittima
anche  nella  parte  in  cui  introduce  l'art.  16-ter  nella  legge
regionale n. 16 del 2008, poiche' - consentendo il conferimento degli
scarichi ad  un  depuratore,  anche  in  assenza  di  autorizzazione,
essendo quest'ultima richiesta solo nei confronti del  gestore  dello
scarico finale, si porrebbe in contrasto con il comma 2 dell'art. 124
del   d.lgs.   n.   152   del   2006,   che    autorizza    l'esonero
dall'autorizzazione solo a condizione che il conferimento delle acque
reflue al terzo gestore dell'impianto di depurazione avvenga «tramite
condotta». In tal modo, secondo la parte ricorrente, si  abbasserebbe
il livello di tutela ambientale garantito dalla normativa statale. 
    Secondo l'Avvocatura,  in  sintesi,  la  normativa  regionale  in
esame,  nel  dettare  disposizioni  confliggenti  con  la   normativa
nazionale vigente, espressione della potesta'  legislativa  esclusiva
statale in materia di  tutela  dell'ambiente  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., eccederebbe  dalle  sue  competenze
regionali  ed  andrebbe,   pertanto,   dichiarata   illegittima   per
violazione dei suddetti parametri. 
    2.- Il ricorso riguarda norme  in  tema  di  autorizzazione  agli
scarichi  riconducibili  alla  materia  della  tutela   dell'ambiente
(sentenza n. 254 del 2009) e, pertanto, rientrante  nella  competenza
legislativa esclusiva dello  Stato,  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. 
    Sempre in via preliminare,  e'  opportuno  precisare  che,  anche
recentemente (sentenza n. 101 del 2010), questa  Corte  ha  affermato
che  «La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  [...]  non  ha  competenza
primaria nella materia della tutela del  paesaggio,  ma  ha  solo  la
facolta', ai sensi dell'art. 6 dello statuto speciale e  dell'art.  1
del decreto legislativo 2 marzo 2007,  n.  34  (Norme  di  attuazione
dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia,
in materia di beni culturali e paesaggistici), di adeguare  alle  sue
particolari esigenze le disposizioni delle  leggi  statali,  emanando
norme di integrazione e di attuazione». 
    Con riferimento a questo quadro generale vanno, quindi, esaminate
le singole censure che la parte ricorrente ha sollevato. 
    Le questioni aventi ad oggetto l'art. 4, comma  25,  della  legge
regionale n. 12 del 2009, nella parte in cui  introduce  nella  legge
regionale n. 16  del  2008  l'art.  16-bis  (attuativo  del  comma  7
dell'art. 124 del d.lgs. n. 152 d.lgs. 2006), non sono fondate. 
    La norma impugnata, difatti, sotto il  primo  profilo  denunciato
dal ricorrente, non  contrasta  con  quanto  stabilito  dal  comma  7
dell'art. 124 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale prevede che «Salvo
diversa  disciplina  regionale,  la  domanda  di  autorizzazione   e'
presentata alla provincia ovvero all'Autorita' d'ambito se lo scarico
e' in  pubblica  fognatura.  L'autorita'  competente  provvede  entro
novanta  giorni  dalla  ricezione  della  domanda».  E'   lo   stesso
legislatore statale, infatti, ad autorizzare, espressamente, con  una
norma cedevole, le Regioni a prevedere forme  diverse  da  quelle  da
esso stesso individuate per la scelta dell'organo al quale presentare
la domanda di autorizzazione agli scarichi. 
    E', quindi, da disattendere l'interpretazione data alla normativa
statale dal ricorrente, in base alla quale le Regioni non  potrebbero
attribuire a privati il potere autorizzatorio in questione,  ma  solo
ad un  ente  locale  o,  comunque,  ad  un  soggetto  pubblico;  tale
interpretazione e' non sufficientemente motivata e, comunque, conduce
ad una erronea restrizione. 
    Anche prescindendo da quanto  sostenuto  dalla  difesa  regionale
relativamente  alla  natura  di  soggetti  pubblici  rivestita  dalle
societa' che  gestiscono  il  servizio  idrico  integrato,  le  quali
presenterebbero  le  caratteristiche  della  gestione  cosiddetta  in
house, cioe' di un tipo di  gestione  riconosciuto  equivalente  alla
gestione diretta da parte dell'amministrazione - come  stabilito,  in
via di massima, dall'art. 23 della legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia  n.  13  del  2005,  disposizione  attuativa  della  procedura
prevista in materia dall'art. 113, comma 5, del  d.lgs.  n.  267  del
2000, successivamente integrata dall'art. 23-bis,  del  decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita', la  stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (sentenze n. 246 del
2009 e n. 29 del 2006) -,  non  e'  fondato  il  presupposto  da  cui
discende la censura della ricorrente, che sussista, cioe', nel nostro
ordinamento un non superabile divieto ad affidare a soggetti  privati
lo svolgimento di funzioni amministrative. Svariati sono  i  casi  in
cui cio' e' stato previsto proprio da leggi  che  hanno  superato  lo
scrutinio di costituzionalita' ad opera di questa Corte. 
    Per soffermarci solo sui casi piu' recenti, nella sentenza n. 322
del  2009  -  avente  ad   oggetto   l'esame   della   questione   di
costituzionalita',  sollevata  in  via   principale   dalla   Regione
Emilia-Romagna, dell'art. 30, commi 1, 2 e 3, del  d.l.  n.  112  del
2008 nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla  legge  di
conversione n. 133 del 2008 - questa Corte ha giudicato  non  fondate
le censure  soffermandosi  proprio  su  questo  aspetto.  Ha  infatti
affermato, tra l'altro, che  la  lettera  della  norma  «rende  [...]
chiaro che essa mira a realizzare, ad un  tempo,  la  semplificazione
degli   adempimenti,   gravanti   sulle   imprese,   strumentali   al
conseguimento  delle  certificazioni  nella  stessa  previste,  e  la
garanzia della verifica della  effettiva  conformita'  del  prodotto,
servizio o sistema di gestione aziendale  fornito  dalle  imprese  ai
requisiti minimi di qualita' fissati da  specifiche  norme  o  regole
tecniche europee  ed  internazionali.  Siffatto  obiettivo  e'  stato
realizzato, come e' esplicitato anche nella Relazione al  disegno  di
legge di  conversione  del  d.l.  n.  112  del  2008,  stabilendo  il
principio che  "per  le  certificazioni  ambientali  o  di  qualita',
rilasciate dai soggetti certificatori accreditati, i controlli  degli
enti certificatori sostituiscono quelli degli organi amministrativi",
affidando inoltre  le  suindicate  verifiche  ad  appositi  organismi
dotati di specifici requisiti». 
    Analoghe considerazioni questa Corte ha formulato nella  sentenza
n. 165 del 2007 nella quale ha esaminato la questione di legittimita'
dell'art. 1, commi 366 e 368, della legge 23 dicembre  2005,  n.  266
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2006), pervenendo ad una declaratoria
di incostituzionalita' per la mancata previsione della previa  intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni
e le Province autonome di Trento e Bolzano.  Per  cio'  che  concerne
l'attribuzione di funzioni amministrative  ai  distretti  produttivi,
definiti dalla legge «libere aggregazioni di imprese  articolate  sul
piano  territoriale  e  sul  piano  funzionale,  con  l'obiettivo  di
accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori  di  riferimento,  di
migliorare  l'efficienza  nell'organizzazione  e  nella   produzione,
secondo principi di sussidiarieta' verticale  ed  orizzontale,  anche
individuando  modalita'  di  collaborazione   con   le   associazioni
imprenditoriali»,  questa  Corte  ha   invece   affermato   che   «In
riferimento alle materie interessate  dalle  disposizioni  impugnate,
spettanti alla competenza regionale - sia concorrente, sia  residuale
-, le considerazioni sopra svolte dimostrano  che  sussistono  quelle
"esigenze di carattere  unitario"  che  legittimano  l'avocazione  in
sussidiarieta' sia delle  funzioni  amministrative  che  non  possono
essere adeguatamente svolte  ai  livelli  inferiori  (tra  le  molte,
sentenze n. 214 del 2006; n. 383, n. 270, n. 242 del 2005; n.  6  del
2004), sia della relativa potesta' normativa per  l'organizzazione  e
la disciplina di tali funzioni (sentenza n. 285  del  2005),  che  e'
stata realizzata con modalita' tali da escluderne l'irragionevolezza,
alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita'». 
    La tesi posta dalla ricorrente a base della sua censura  non  e',
quindi, fondata. 
    2.1.- Ugualmente non fondata risulta la censura relativa all'art.
16-bis, in riferimento all'art. 118 Cost. 
    Preliminarmente, e' da rigettare l'eccezione di  inammissibilita'
formulata dalla difesa regionale in  ordine  alla  genericita'  della
censura  quanto  al  parametro   evocato,   attese   le   sufficienti
indicazioni ricavabili in tal senso dal ricorso. 
    Il richiamo, da parte del ricorrente,  della  pretesa  violazione
del principio di sussidiarieta'  non  appare  pertinente,  in  quanto
l'evocato principio di cui al primo comma dell'art. 118 Cost. viene a
regolare la distribuzione delle funzioni amministrative tra i diversi
enti territoriali, la'  dove,  invece,  la  censura  non  concerne  i
criteri attraverso i quali questa distribuzione  e'  attuata,  ma  la
circostanza che  la  norma  regionale  impugnata  assegni  il  potere
autorizzatorio a soggetti privati. 
    In realta' - come osservato dalla Regione -  la  censura  non  e'
fondata perche' si viene sostanzialmente  a  riproporre  la  medesima
censura lamentata in relazione all'art. 117, secondo comma, lettera s
), Cost., di cui si e' gia' motivata  l'infondatezza,  cosi'  che  il
richiamo all'art. 118, primo comma, Cost. risulta inconferente. 
    2.2.-  Resta  da   esaminare   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  della  sopra  citata  norma,  sempre  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., la'  dove  stabilisce
che siano autorizzati «dal  gestore  del  servizio  idrico  integrato
tutti gli scarichi in pubblica  fognatura».  Essa  verrebbe,  per  il
ricorrente, a concedere  senza  alcun  discrimine  e  controllo  tale
autorizzazione  «a  tutti  i  titolari  di   scarichi   in   pubblica
fognatura», con cio' violando il citato parametro,  poiche',  secondo
giurisprudenza costituzionale consolidata, le Regioni e  le  Province
autonome non possono  mai  venire  a  dettare  norme  legislative  in
materia di ambiente derogative o peggiorative del livello  di  tutela
stabilito dalla normativa statale. 
    La denunciata violazione dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera
s), Cost., anche sotto questo ulteriore profilo, non e' fondata. 
    Va  osservato  che,  con  la  disposizione  censurata,   la   cui
formulazione non e', peraltro, chiarissima, il legislatore  regionale
non ha certo voluto prevedere la  concessione  di  un'autorizzazione,
generalizzata ed indiscriminata, agli scarichi  che  dovrebbe  essere
rilasciata dal gestore del servizio idrico integrato  a  chiunque  la
richieda, ma ha  inteso  solo  sottolineare  che  ogni  richiesta  di
autorizzazione relativa ad attivita'  di  scarico  e'  soggetta  alla
procedura  ivi  indicata,  cioe'  che  deve  essere  attribuita  alla
competenza del gestore del servizio idrico integrato. E' evidente che
deve essere concessa solo previa positiva  verifica  della  esistenza
dei requisiti necessari al rilascio della stessa,  come  dimostra  il
successivo secondo comma che detta la disciplina provvisoria  per  il
«rilascio delle autorizzazioni» in  attesa  dell'adozione  di  quella
definitiva. 
    3.- La questione relativa all'art. 16-ter e' fondata. 
    Il comma 2 dell'art. 124 del d.lgs. n. 152 del 2006 definisce  la
titolarita' dell'autorizzazione allo scarico, regolando tale  materia
in modo  uniforme  su  tutto  il  territorio  nazionale  e  prestando
particolare attenzione ai casi piu' complessi, in cui le acque reflue
vengono conferite a soggetti terzi. 
    Il soggetto obbligato ad ottenere il rilascio dell'autorizzazione
allo scarico e' identificato dal legislatore nazionale in  colui  che
svolge l'attivita' che  produce  lo  scarico  stesso,  come  definito
dall'art. 74, comma 1, lettera ff), del d.lgs. n. 152 del 2006. 
    Il  legislatore  statale,  nel  prevedere  la   possibilita'   di
effettuare scarichi in comune, stabilisce  che  sia  identificato  il
soggetto terzo titolare dello scarico. Il predetto comma 2  dell'art.
124 del d.lgs. n. 152 del 2006 prevede, altresi', che -  in  presenza
di conferimento degli scarichi ad un soggetto  terzo  (anche  qualora
esso sia un consorzio) con propria  responsabilita'  giuridica  -  le
responsabilita' dei singoli consorziati, se ve ne sono,  non  vengano
meno. 
    Diversamente, secondo il ricorrente, la norma regionale censurata
consente ai soggetti che conferiscono gli scarichi ad  un  depuratore
di non richiedere l'autorizzazione,  ritenendosi  sufficiente  quella
richiesta e concessa  al  titolare  dello  scarico  finale.  Essa  si
porrebbe, quindi, in contrasto con  il  comma  2  dell'art.  124  del
d.lgs. n. 152 del 2006, che stabilisce l'esonero  dall'autorizzazione
solo a condizione che il conferimento delle  acque  reflue  al  terzo
gestore dell'impianto di depurazione avvenga «tramite  condotta».  La
mancanza di questo ultimo presupposto  nella  disposizione  regionale
censurata diminuirebbe il  livello  di  tutela  ambientale  garantito
dalla normativa statale. 
    La Regione obietta che la  norma  regionale  -  se  correttamente
intesa - in realta' non si discosta da  quanto  previsto  nel  citato
comma 2  dell'art.  124,  poiche'  -  ove  essa  parla  di  «scarichi
conferiti ad un  depuratore»  -  assume  la  definizione  di  scarico
prevista dall'art. 74, comma 1, lettera ff), del d.lgs.  n.  152  del
2006, che identifica come scarico  «qualsiasi  immissione  effettuata
esclusivamente  tramite  un  sistema  stabile  di  collettamento  che
collega senza soluzione di continuita' il  ciclo  di  produzione  del
refluo con il corpo ricettore  acque  superficiali,  sul  suolo,  nel
sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente  dalla  loro  natura
inquinante,   anche   sottoposte   a   preventivo   trattamento    di
depurazione.[...]». 
    Quindi,  la  norma  censurata  presupporrebbe,  per  la  Regione,
necessariamente, l'esistenza  della  «condotta»  richiesta  dall'art.
124, comma 2, del Codice  dell'ambiente:  il  concetto  di  «scarico»
sarebbe equivalente al conferimento «tramite condotta»  di  cui  alla
norma statale. 
    Anche ad aderire a questa lettura della  disposizione  impugnata,
risulta evidente che essa presenta una disciplina diversa  da  quella
statale  la  quale,  a  differenza  di  quella  regionale,   consente
l'esonero dell'autorizzazione solo se esistono  opere  materiali  (le
«condotte») che colleghino direttamente le acque reflue  all'impianto
deputato allo scarico finale, permettendo, in questo modo, anche  una
precisa individuazione di ogni singolo produttore di acque reflue. 
    Secondo quanto piu' volte affermato da questa Corte, «in  materia
di tutela  dell'ambiente  e  del  paesaggio,  la  disciplina  statale
costituisce un limite minimo di tutela non derogabile dalle  Regioni,
ordinarie o a statuto speciale, e dalle Province  autonome  (sentenze
n. 272 del 2009 e n. 378 del 2007)», in quanto «lo  Stato  stabilisce
"standard minimi di tutela"» intendendosi «tale espressione nel senso
che  lo  Stato  assicura  una  tutela  "adeguata  e  non  riducibile"
dell'ambiente (sentenza n. 61 del 2009) valevole anche nei  confronti
delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome» (sentenza
n. 101 del 2010). 
    La  norma  censurata  e',  pertanto,  illegittima,  recando   una
disciplina afferente alla materia  tutela  dell'ambiente,  attribuita
alla legislazione esclusiva  dello  Stato  ai  sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., che eccede la competenza regionale,
accordando,  peraltro,  al  predetto  bene  ambientale   una   tutela
inferiore rispetto a quella statale (sentenza n. 12 del 2009).