Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 126-bis, comma
2, e 180, comma 8, del decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285
(Nuovo codice della strada), come  modificati  dal  decreto-legge  27
giugno 2003, n.  151  (Modifiche  ed  integrazioni  al  codice  della
strada), convertito, con modificazioni, dalla legge 1°  agosto  2003,
n. 214, promossi dal Giudice di pace di Recanati  con  due  ordinanze
del 27 ottobre 2009, iscritte ai nn. 46 e 47 del  registro  ordinanze
2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9,  1ª
serie speciale, dell'anno 2010. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Udito nella Camera di consiglio del 23  giugno  2010  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro. 
    Ritenuto che, con due ordinanze  di  identico  contenuto  del  27
ottobre 2009, il Giudice di pace di Recanati ha  sollevato  questione
di legittimita' costituzionale degli articoli  126-bis,  comma  2,  e
180, comma 8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.  285  (Nuovo
codice della strada), come modificati  dal  decreto-legge  27  giugno
2003, n. 151 (Modifiche ed  integrazioni  al  codice  della  strada),
convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto  2003,  n.  214,
per violazione degli articoli 3, 24 e 27 della Costituzione; 
        che  il  rimettente  riferisce  che  C.A.,  proprietario   di
un'autovettura, aveva proposto opposizione avverso  il  provvedimento
emesso dal Comune di Montelupone con il quale gli era stata  irrogata
la sanzione amministrativa di cui  all'art.  126-bis,  comma  2,  del
d.lgs. n. 285 del  1992,  per  avere  omesso,  senza  giustificato  e
documentato motivo, di fornire i dati personali e della  patente  del
conducente al momento della commessa violazione e che parimenti aveva
fatto C.D.,  altro  proprietario  di  autovettura,  per  la  medesima
contestazione, nei confronti del Comune di Recanati; 
        che i ricorrenti avevano dichiarato,  in  considerazione  del
lasso di tempo trascorso,  di  non  essere  in  grado  di  fornire  i
nominativi dei conducenti, in quanto i veicoli  erano  utilizzati  da
piu' persone; 
        che  le  amministrazioni  costituite  avevano  contestato  la
circostanza; 
        che il giudice a  quo  ha  affermato  che,  a  seguito  della
sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005, quando si  tratti
di violazione che implica la decurtazione di punti, il proprietario o
l'obbligato  in  solido  -  ora  indistintamente  persona  fisica   o
giuridica  -  che  non  siano  autori  della  violazione,  hanno  due
possibilita': a) comunicare i dati anagrafici e quelli della  patente
del conducente; b) assoggettarsi alla sanzione di cui  all'art.  180,
comma 8, del nuovo codice della strada, senza essere, in quest'ultimo
caso, soggetti alla detrazione dei punti; 
        che, in sostanza, l'art. 180, comma 8, del nuovo codice della
strada, basandosi sul principio della  collaborazione  del  cittadino
con lo Stato, prevede la sanzione  amministrativa  per  l'ipotesi  di
inottemperanza all'invito di presentarsi presso gli organi di polizia
per fornire informazioni o esibire documenti; 
        che il problema di costituzionalita'  delle  norme  impugnate
sorge, pero', nell'ipotesi  in  cui  il  proprietario  non  riesca  a
rintracciare i dati dell'effettivo  conducente  ed  a  fornirli  agli
uffici  di  polizia,  perche'  egli  dovrebbe,  senza  alcuna  colpa,
soggiacere alle sanzioni previste dal citato art. 180, comma 8; 
        che, continua il rimettente, ove il proprietario del  veicolo
abbia  ottemperato  all'obbligo   di   cooperare   con   l'autorita',
rispondendo all'invito rivoltogli, non  puo'  essergli  imputata  una
responsabilita' per omissione; 
        che   sarebbe    assolutamente    contraria    ai    principi
costituzionali   ogni   disposizione   che   preveda    ipotesi    di
responsabilita' oggettiva per le sanzioni  amministrative  personali,
come nel caso dell'art. 126-bis, comma 2; 
        che una simile norma risulterebbe contraria al  principio  di
ragionevolezza, per essere  la  sanzione  applicata  ad  un  soggetto
diverso  da  quello  che  ha   commesso   l'illecito,   nonche'   per
l'automatismo della applicazione della sanzione, visto che  l'art.  3
della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al  sistema  penale),
stabilisce che «nelle violazioni in cui e' applicabile  una  sanzione
amministrativa ciascuno  e'  responsabile  della  propria  azione  od
omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa  o  colposa»,  dal
momento che anche nell'ambito delle sanzioni amministrative  vige  il
principio della responsabilita' personale; 
        che, in considerazione di quanto precede, e' censurabile,  in
riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, la  norma
che prevede l'obbligo di denuncia a carico  del  proprietario  quando
gli organi di polizia non siano riusciti  ad  identificarlo,  laddove
l'imposizione al proprietario di denunciare il conducente del veicolo
responsabile della violazione appare limitare il  diritto  di  difesa
del cittadino, perche' si risolverebbe in una violazione del  diritto
«al silenzio»; 
        che nei giudizi innanzi a  questa  Corte  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
dichiarata inammissibile e, in subordine, infondata, sulla base della
costante giurisprudenza di questa Corte. 
    Considerato che il Giudice di pace di Recanati, con due ordinanze
di identico contenuto, dubita della legittimita' costituzionale degli
artt. 126-bis, comma 2, e 180, comma 8, del  decreto  legislativo  30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificati  dal
decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche  ed  integrazioni  al
codice della strada), convertito, con modificazioni, dalla  legge  1°
agosto 2003,  n.  214,  nella  parte  in  cui  prevedono  che,  anche
nell'ipotesi in cui il proprietario non riesca a rintracciare i  dati
dell'effettivo conducente,  lo  stesso  sia  soggetto  alle  sanzioni
previste dall'art. 180, comma 8, per  violazione  dell'art.  3  della
Costituzione, in quanto contrari al principio di ragionevolezza,  non
comprendendosi perche' la sanzione  vada  applicata  ad  un  soggetto
diverso da quello che ha commesso  l'illecito;  dell'art.  27,  primo
comma, della Costituzione, perche' si tratterebbe  di  un'ipotesi  di
responsabilita' oggettiva; nonche' dell'art. 24, secondo comma, della
Costituzione, perche' l'imposizione al proprietario  dell'obbligo  di
denunciare il conducente del veicolo  responsabile  della  violazione
appare limitare il diritto di difesa del cittadino,  risolvendosi  in
una violazione del diritto «al silenzio»; 
        che i due  giudizi,  proponendo  identiche  questioni,  vanno
riuniti per essere decisi con unico provvedimento; 
        che, con riferimento alla  violazione  degli  artt.  3  e  24
Cost., la questione e' manifestamente infondata, e  cio'  sulla  base
della costante giurisprudenza di questa Corte  secondo  cui  sussiste
«la possibilita' di discernere il caso di chi, inopinatamente, ignori
del tutto l'invito "a fornire i dati personali e  della  patente  del
conducente al momento della commessa violazione", da quello di  colui
che "presentandosi o scrivendo", adduca invece l'esistenza di  motivi
idonei a giustificare l'omessa trasmissione di tali  dati»  (sentenza
n. 165 del 2008; ordinanza n. 244 del 2006); 
        che  questa  Corte  ha  anche  affermato  che   deve   essere
riconosciuta al proprietario del veicolo la  facolta'  di  esonerarsi
dalla responsabilita', dimostrando l'impossibilita'  di  rendere  una
dichiarazione diversa da quella  «negativa»  (cioe'  a  dire  di  non
conoscenza dei dati personali e della patente del  conducente  autore
della  commessa  violazione),  trattandosi  di  una  conclusione  che
discende dalla necessita' di offrire dell'art. 126-bis, comma 2,  del
codice della strada, nella parte in cui richiama l'art. 180, comma 8,
del medesimo codice,  un'interpretazione  coerente  proprio  con  gli
indirizzi ermeneutici formatisi  in  merito  alla  norma  richiamata,
secondo i  quali  essa  sanzionerebbe  il  «rifiuto»  della  condotta
collaborativa (e non gia' la mera omessa  collaborazione)  necessaria
ai fini dell'accertamento delle infrazioni stradali (sentenza n.  165
del 2008); 
        che, dunque, resta confermata, nell'applicazione  del  citato
art. 126-bis, comma  2,  del  codice  della  strada,  sia  nel  testo
originario che in quello modificato, «la necessita' si distinguere il
comportamento di chi si disinteressi della richiesta di comunicare  i
dati personali e della  patente  del  conducente,  non  ottemperando,
cosi', in alcun modo all'invito rivoltogli (contegno  per  cio'  solo
meritevole di sanzione) e  la  condotta  di  chi  abbia  fornito  una
dichiarazione di contenuto negativo, sulla base  di  giustificazioni,
la idoneita' delle quali ad  escludere  la  presunzione  relativa  di
responsabilita' a carico del dichiarante dovra' essere  vagliata  dal
giudice  comune,  di  volta  in  volta,   anche   alla   luce   delle
caratteristiche delle singole fattispecie concrete sottoposte al  suo
giudizio» (sentenza n. 165 del 2008); 
        che il richiamo all'art. 27  Cost.  non  e'  pertinente,  dal
momento che la norma e' applicabile alla sola responsabilita'  penale
e non anche a quella amministrativa (ordinanza n. 434 del 2007). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.