Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici  in
Roma, via dei Portoghesi n. 12 e'  domiciliato  nei  confronti  della
Regione Abruzzo in persona del Presidente della Giunta regionale  pro
tempore per la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  della
legge della regione Abruzzo del 12 maggio 2010, n. 17, pubblicata nel
B.U.R. n. 32 del 19  maggio  2010 recante  «Modifiche  alla  l.r.  16
luglio  2008,  n.  11  "Nuove  norme  in  materia  di  Commercio"   e
disposizioni per favorire il superamento della crisi nel settore  del
commercio»; 
        nell'art. 5, rubricato «Modifiche all'art. 1, comma 44, della
l.r. n. 11/2008», ove si  prevede  al  comma  1  che:  «Il  comma  44
dell'art. 1 della l.r. 16  luglio  2008,  n.  11  e'  sostituito  dal
seguente: "44. (Vendita di farmaci). Gli esercizi commerciali di  cui
al comma 3, lettere d), e), f), g) e m) possono effettuare  attivita'
di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione come
previsto  all'art.  5  del  decreto-legge  4  luglio  2006,  n.   223
(Disposizioni urgenti per il rilancio economico  e  sociale,  per  il
contenimento e la razionalizzazione  della  spesa  pubblica,  nonche'
interventi  in  materia  di  entrate  e  di  contrasto   all'evasione
fiscale), convertito con modificazioni in legge  4  agosto  2006,  n.
248. La superficie minima destinata alle attivita' di cui al comma  2
dell'art. 5 della legge 4 agosto 2006, n. 248 deve essere: 
        a) non inferiore a mq 40 per gli esercizi di cui al comma  3,
lettera d); 
        b) non inferiore a mq 80 per gli esercizi di cui al comma  3,
lettera e); 
        c) non inferiore a mq 120 per gli esercizi di cui al comma 3,
lettere f) e g)", 
        nell'art. 34, rubricato "Disposizioni in materia di  chiusura
domenicale e festiva", ove si  prevede  al  comma  2  che  "Entro  il
periodo di cui al comma 1 gli esercenti  il  commercio,  con  propria
libera scelta, possono derogare dall'obbligo di chiusura domenicale e
festiva, escluse le giornate obbligatorie di chiusura di cui all'art.
1, comma 131, della l.r. n. 11/2008, per un  numero  di  40  giornate
nell'arco dell'anno,  stabilito  con  apposita  Ordinanza  Sindacale,
previa concertazione con i  Sindacati  e  con  le  Organizzazioni  di
categoria delle giornate di chiusura infrasettimanale. Nella fase  di
prima applicazione della presente legge la Conferenza dei Servizi  di
cui al comma 132 dell'art. 1 della l.r. n. 11/2008 e' convocata,  per
la definizione dei calendari delle deroghe,  entro  30  giorni  dalla
data di entrata in vigore della legge stessa», 
ed al comma 3 che 
    "Nel caso in cui i Comuni, sentite  le  Associazioni  provinciali
delle  imprese  del  commercio,  dei  consumatori  e  dei  lavoratori
dipendenti, aderenti alle Organizzazioni maggiormente rappresentative
a livello nazionale, deliberino usufruendo delle deroghe previste dal
presente articolo, nonche' di ulteriori  deroghe  previste  dall'art.
23, gli stessi, limitatamente alla grande distribuzione, si impegnano
ad inserire nei propri atti la garanzia di assicurare a rotazione  il
riposo ai lavoratori per almeno la meta' delle giornate  di  apertura
domenicale o festiva, e  a  sostituire  i  lavoratori  a  riposo  con
assunzioni temporanee nelle giornate domenicali e festive, al fine di
garantire e implementare l'occupabilita' del settore".». 
    Le disposizioni riportate in epigrafe vengono  impugnate,  giusta
delibera del Consiglio dei Ministri in data 9 luglio 2010, perche' in
contrasto con l'art. 117, secondo comma della  Costituzione,  perche'
in contrasto con i principi in materia di tutela della concorrenza  e
dell'ordinamento civile. 
    La  legge  regionale  in  esame  si  propone  di  ridisciplinare,
modificando in parte la precedente legge regionale n. 11/2008  «Nuove
norme  in  materia  di  commercio»,  il  settore  del  commercio  con
l'intento di prevedere misure atte a favorire  il  superamento  della
crisi economica. 
    A tal fine il legislatore regionale ha dettato una disciplina  di
dettaglio tesa a rivedere tutto l'ambito del  commercio,  dalla  fase
del   rilascio   delle   necessarie   autorizzazioni    all'esercizio
commerciale alla disciplina della vendita dei diversi beni. 
    In questa ristrutturazione del settore si  inseriscono  le  norme
denunciate, le quali presentano tuttavia elementi  tali  da  palesare
l'invasione del legislatore regionale in materie attribuite, ex  art.
117, secondo comma Cost., alla competenza esclusiva statale. 
    1)  In  particolare  si  osserva  che  l'art.  5,  comma  1,  nel
modificare il comma 44 - Vendita di farmaci,  dell'articolo  1  della
precedente legge regionale n. 11/2008, ha disposto che  gli  esercizi
commerciali che possono effettuare attivita' di vendita  al  pubblico
dei farmaci da banco o di automedicazione, come previsto all'articolo
5 del decreto-legge 4  luglio  2006,  n.  223,  debbano  avere  delle
superfici minime prestabilite dalla norma stessa. 
    La normativa statale di  riferimento,  in  subjecta  materia,  e'
costituita dall'art. 5 d.l. n. 223/2006, come modificato dalla  legge
di conversione n.  248/2006,  che  ha  derogato  al  principio  della
esclusivita' della vendita dei farmaci  presso  le  farmacie,  e  dal
d.lgs. n. 114/1998 che ha «espressamente posto quali finalita'  della
disciplina  in  materia  di  commercio,  tra  le  altre,  quella   di
realizzare la trasparenza del mercato, la  concorrenza,  la  liberta'
d'impresa e la libera circolazione delle merci, ... in un processo di
modernizzazione, all'evidente scopo di rimuovere i residui profili di
contrasto della disciplina di settore con il principio  della  libera
concorrenza», (cosi' Corte cost. n. 430/2007). 
    La ratio sottesa dunque alla disciplina statale di riferimento e'
quella di incentivazione e tutela della libera concorrenza,  nonche',
come  sottolineato  dalla  Consulta  nella  sentenza   n.   430/2007,
perseguire obiettivi di tutela della salute, mirando a garantire  una
maggiore  facilita'  nel  reperimento  dei  medicinali.   In   questa
prospettiva deve inquadrarsi  la  norma  denunciata,  la  quale,  pur
inserita nell'ambito di un testo legislativo diretto alla  disciplina
del commmercio e, nello specifico, diretta a disciplinare la  vendita
dei farmaci e le modalita' con la quale questa deve avvenire, involge
in realta' profili di esclusivo rilievo statale, laddove dispone  che
gli esercizi abilitati alla  vendita  di  farmaci  debbano  avere  le
limitazioni di superficie ivi determinate. 
    Tali limiti spaziali infatti,  non  previsti  dalla  disposizione
nazionale di riferimento - l'art. 5 della legge 4 agosto 2006, n. 248
- determinano una non giustificabile disparita' di trattamento con  i
soggetti  esercenti  la  medesima  attivita'  nelle  altre  zone  del
territorio nazionale. La previsione regionale quindi, ponendo  limiti
e vincoli alla distribuzione commerciale concernente la  vendita  dei
farmaci  da  banco,  risulta  eccedere  dalle  competenze  regionali,
incidendo sull'assetto concorrenziale nel mercato della distribuzione
commerciale, cosi' da invadere la competenza statale  in  materia  di
tutela della concorrenza di  cui  all'articolo  117,  secondo  comma,
lettera e) Cost. 
    Ne' potrebbe argomentarsi, in senso  contrario,  che  essendo  la
«tutela della concorrenza» una materia «trasversale», la disposizione
regionale censurata sarebbe legittima  in  quanto  espressione  della
competenza legislativa concorrente o residuale  delle  regioni.  Osta
infatti a tale conclusione il rilievo per cui interventi  legislativi
regionali di tal genere presuppongono una necessaria sintonia con  la
realta' produttiva regionale, che nella specie appare assente. 
    Per tali motivi non  pare  revocabile  in  dubbio  che  la  norma
censurata contrasti con il principio di  libera  concorrenza,  intesa
quale pari opportunita' e  corretto  ed  uniforme  funzionamento  del
mercato, tanto piu' qualora la si  esamini  alla  luce  dei  principi
fissati dalla  giurisprudenza  costituzionale  in  materia,  per  cui
«l'espressione "tutela della concorrenza" comprende, tra l'altro,  le
misure legislative di promozione che mirano ad aprire un mercato o  a
consolidarne l'apertura, eliminando barriere  all'entrata,  riducendo
od  eliminando  vincoli  al   libero   esplicarsi   della   capacita'
imprenditoriale e della competizione tra  imprese,  e,  in  generale,
vincoli alle modalita' di esercizio delle  attivita'  economiche.  In
tale maniera vengono perseguite finalita' di ampliamento dell'area di
libera scelta sia dei cittadini che delle imprese»  (Corte  cost.  n.
430/2007 cit.). 
    Ed e' sufficiente esaminare la disposizione regionale  alla  luce
di tale consolidato orientamento, per verificare come essa  si  ponga
in contrasto con  il  concetto  di  tutela  della  concorrenza  sopra
delineato, di cui all'art. 117, secondo comma,  lettera  e),  poiche'
tende a creare limiti e  barriere  all'accesso  al  mercato  ed  alla
libera esplicazione dell'attivita'  imprenditoriale  in  maniera  del
tutto discriminatoria, ad esclusivo detrimento dei cittadini e  degli
operatori regionali e senza alcuna valida  ragione,  giustificata  da
particolari esigenze regionali, ad essa sottesa. 
    2) L'articolo 34 comma 2 della legge regione Abruzzo in  epigrafe
indicata dispone, previa sospensione dell'efficacia della  previgente
norma regionale in materia di apertura domenicale e festiva, art.  1,
comma 129, 1.r. Abruzzo n. 11/2008, che gli esercenti  il  commercio,
con propria libera scelta, possano derogare dall'obbligo di  chiusura
domenicale  e  festiva,  per  un  numero  di  40  giornate  nell'arco
dell'anno, stabilito con Ordinanza Sindacale,  previa  concertazione,
con i Sindacati e con le Organizzazioni di categoria, delle  giornate
di   chiusura   infrasettimanale.   La   possibilita'   di   apertura
straordinaria per un numero di 40 giornate nell'arco  dell'anno,  non
prevista dalla disposizione nazionale di riferimento,  l'articolo  11
del d.lgs n. 114/1998, da concertare in  via  autonoma  ed  esclusiva
prescindendo dal  parametro  normativo  statale,  determina  una  non
giustificabile disparita' di trattamento con i soggetti esercenti  la
medesima attivita' nelle altre zone del territorio nazionale.  L'art.
11 in  esame  infatti  dispone  al  comma  5  che  la  detta  "deroga
all'obbligo di chiusura deve comunque comprendere il mese di dicembre
nonche' ulteriori otto domeniche o festivita' nel corso  degli  altri
mesi dell'anno". 
    Diversamente  la  disposizione  regionale  in  esame  prevede  la
possibilita' di deroga per un numero superiore di giorni 40  rispetto
a quelli stabiliti dall'art. 11  cit.  -  mese  di  dicembre  +  8  -
peraltro fruibili in qualunque mese dell'anno. Per tale via, la norma
si pone in contrasto  con  l'art.  117,  secondo comma,  lettera  e),
laddove viene ad eliminare solo in ambito regionale  i  vincoli  e  i
limiti  posti  dalla  disciplina  statale  in   punto   di   apertura
straordinaria degli esercizi commerciali. 
    Sotto questo profilo si rileva infine  come  la  norma  regionale
avrebbe dovuto limitarsi a richiamare la norma statale piuttosto  che
intervenire di nuovo su una materia  gia'  compiutamente  regolata  a
livello generale. 
    3) Il successivo comma 3  dell'art.  34  prevede  che  i  Comuni,
sentite le Associazioni provinciali delle imprese del commercio,  dei
consumatori e dei lavoratori dipendenti, aderenti alle Organizzazioni
maggiormente rappresentative  a  livello  nazionale,  nel  deliberare
relativamente alle deroghe di cui  al  secondo  comma,  limitatamente
alla grande distribuzione si impegnino ad inserire nei propri atti la
garanzia di assicurare a rotazione il riposo ai lavoratori per almeno
la meta'  delle  giornate  di  apertura  domenicale  o  festiva  e  a
sostituire i lavoratori a  riposo  con  assunzioni  temporanee  nelle
giornate domenicali e festive, al fine di  garantire  e  implementare
l'occupabilita' del settore. 
    Scopo della norma e' quello di favorire il commercio, consentendo
la riduzione delle giornate annuali di  chiusura  obbligatoria  degli
esercizi commerciali, e, di seguito, favorire l'occupazione  mediante
la previsione di  turni  di  riposo  obbligatori,  di  rotazione  dei
lavoratori e di sostituzione dei lavoratori a  riposo  con  personale
assunto in via temporanea. 
    Preme tuttavia rilevare che la  norma  regionale  pone  a  carico
unicamente degli operatori  della  grande  distribuzione  commerciale
tali previsioni contenenti in definitiva veri e  propri  obblighi  da
attuarsi nell'ambito dei rapporti contrattuali che  essa  intrattiene
con i propri lavoratori, obblighi  che  tuttavia  non  sono  previsti
dalla corrispondente  norma  generale,  articolo  11  del  d.lgs.  n.
114/1998, e sono quindi tali da determinare alterazioni  dell'assetto
concorrenziale nel settore. 
    Il comma 1 dell'art. 11 cit., nel prevedere  che  «gli  orari  di
apertura  e  chiusura  al  pubblico  degli  esercizi  di  vendita  al
dettaglio sono rimessi alla libera  determinazione  degli  esercenti,
nel rispetto delle disposizioni  del  presente  articolo  sentite  le
organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del commercio  e
dei lavoratori dipendenti», enuncia in via preliminare  un  principio
di ordine generale, fondato su un'ampia liberta' di contrattazione  e
di scelta, in punto sia di an che  di  modus,  rimessa  alle  diverse
parti del rapporto di lavoro, limitata solo dal  rispetto  di  quanto
fissato nei successivi commi della stessa disposizione. 
    La normativa statale infatti lungi dall imporre vincoli specifici
tende verso  la  concreta  realizzazione  del  principio  di  «libera
concorrenza»,  in  materia  di   orario   di   lavoro   ed   apertura
straordinaria degli esercizi commerciali, mediante  la  rimozione  di
tutta  quella  disciplina  di  dettaglio  contenuta  nella  pregressa
legislazione in materia di commercio e  nulla  dispone  in  punto  di
organizzazione delle forze lavorative in ragione dell'adesione  delle
parti alla deroga ai normali orari lavorativi. 
    In  questa  prospettiva  la  norma  regionale  contrasta  con  il
principio di libera concorrenza sotto tre profili: in via preliminare
perche' pone vincoli in ordine alla possibilita' ed alla modalita' di
deroga alla  chiusura  obbligatoria  non  previsti  da  alcuna  norma
statale; perche' tali vincoli sono posti a  carico  unicamente  della
grande distribuzione operante nella realta'  della  regione  Abruzzo,
laddove analoghe strutture  commerciali,  in  difetto  di  una  norma
statale di tal fatta, appaiono libere di organizzare le  giornate  di
apertura straordinaria mediante il ricorso a  modalita'  direttamente
concertate con le proprie organizzazioni sindacali e non  imposte  da
vincolo legislativo. Perche' infine contrasta con il principio  della
libera concorrenza anche sotto il profilo del rapporto tra la  grande
distribuzione e gli operatori commerciali  non  appartenenti  a  tale
categoria, anche questi ultimi liberi di modulare in base ad esigenze
non soggette ad obbligo di rendiconto i propri turni di apertura. 
    Il comma 3 della disposizione in esame appare infine essere anche
in contrasto con l'art. 117, secondo  comma,  lett.  L),  qualora  si
consideri che le  disposizioni  regionali  vanno  ad  incidere  sulle
modalita' di svolgimento e sugli aspetti che regolano il rapporto  di
lavoro subordinato, rapporto che deve essere invece  disciplinato  in
via generale dagli appositi contratti collettivi di categoria,  quali
atti dotati di «portata generalizzata», e  per  tale  motivo  risulta
invadere   la   competenza   esclusiva    statale    nella    materia
dell'ordinamento civile.