IL GIUDICE DI PACE 
 
    Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento penale n.  19/10
RGGP 573/09 RGPM a carico di Jardini Mustapha, nato il 3 aprile  1970
in Kasba Tadia (Marocco) e  domiciliato  in  Reggio  Calabria,  fraz.
Rosario Valanidi C.da Casale n.  35,  assistito  e  difeso  dall'avv.
Rosario Giuffre' di fiducia con studio in Reggio  Calabria  alla  via
Demetrio Tripepi n. 57/c. 
    Esaminati gli atti rileva. 
    Con decreto di citazione  a  giudizio  emesso  dalla  Procura  di
Reggio Calabria, Jardini Mustapha e' stato tratto a giudizio  dinanzi
a questo Giudice di Pace per rispondere del reato p. e  p.  dall'art.
10-bis della legge 15 luglio 2009, n. 94 «per  avere  soggiornato  in
Italia  in  forma  illegale,  essendo  sprovvisto  del  permesso   di
soggiorno». 
    All'udienza  del  14  maggio  2010,  la   difesa   dell'imputato,
sollevando,   in   via   preliminare,   questione   di   legittimita'
costituzionale,  ha  avanzato  richiesta   volta   a   provocare   la
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale   per   vedere
riconosciuta l'illegittimita' dell'art. 10-bis della legge 15  luglio
2009, n. 94 con la contestuale sospensione del processo in corso. 
    Sul punto e' stato sentito il P.M. di udienza,  il  quale  si  e'
espresso come da verbale in atti. 
    All'esito di tanto, il Giudicante 
 
                               Osserva 
 
    Dal  chiaro  dettato  della  norma  (art.10-bis  della legge   n.
94/2009) si evince che, salvo che il  fatto  costituisca  piu'  grave
reato,  lo  straniero  che  fa  ingresso  ovvero  si  trattiene   nel
territorio dello Stato, in violazione delle  disposizioni  del  Testo
Unico sull'immigrazione e dell'art. 1 legge n. 68/2007, e' punito con
l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro. 
    Orbene, ritiene  il  Giudicante  che  la  proposta  eccezione  di
incostituzionalita'  della  suddetta  norma  non  sia  manifestamente
infondata e, nel caso in esame, sia  sicuramente  rilevante,  essendo
l'imputato, per come gia' avvertito, chiamato a rispondere del  reato
di ingresso/soggiorno illegale nel territorio dello Stato. 
    Ed invero, l'art. 10-bis legge  n. 94/2009  appare  anzitutto  in
contrasto con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della irragionevolezza
della scelta legislativa di criminalizzare l'ingresso e la permanenza
dei clandestini nello Stato Italiano: 
        la  irragionevolezza  della  nuova   figura   di   reato   e'
evidenziata dalla mancanza di una ratio giustificatrice,  poiche'  la
sua sfera applicativa e'  destinata  a  sovrapporsi  integralmente  a
quella dell'espulsione amministrativa; 
        la  irragionevolezza  emerge  anche  sotto  il  profilo   del
trattamento sanzionatorio, giacche' la norma prevede una  pena  priva
di effettivita', di funzione deterrente e di  efficacia  rieducativa:
chi e' spinto ad emigrare da condizioni di  vita  insostenibili,  per
sfuggire alle quali e' disposto  anche  a  rischiare  la  morte,  non
cambia  certamente  idea  di  fronte  al  rischio  di  una   sanzione
pecuniaria, per quanto elevata  e  non  oblazionabile;  in  concreto,
prevedibilmente, la pressoche' totalita' degli  stranieri  irregolari
condannati risultera' insolvibile, rendendo inutile anche ogni  forma
di esecuzione coattiva. 
    L'art. 3 Cost. appare violato sotto un altro  specifico  profilo,
dato che non viene tenuta in alcuna  considerazione  la  possibilita'
della esimente della permanenza determinata da «giustificato motivo»:
invero, la mancata attribuzione di rilevanza, nella nuova fattispecie
criminosa,  di  eventuali  «giustificati  motivi»,  come  e'   invece
espressamente previsto nell'analoga  (e  molto  piu'  grave)  ipotesi
delittuosa di cui all'art. 14 comma 5-ter  del  d.lgs.  n.  286/1998,
determina un'ingiustificata disparita' di trattamento tra gli  autori
dei  due  reati,  entrambi  tesi  a  colpire  la  stessa   situazione
soggettiva (lo straniero ab origine o divenuto clandestino). 
    La nuova fattispecie incriminatrice appare poi in  contrasto  con
il principio di personalita'  della  responsabilita'  penale  sancito
dall'art. 27 della Costituzione, non potendosi di  certo  individuare
il fondamento giuridico di detta figura di reato sulla  base  di  una
presunta  pericolosita'  sociale  della   condizione   del   migrante
irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del  2007)  ha  infatti
gia' escluso che la condizione di mera irregolarita' dello  straniero
sia sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso, sicche' la
criminalizzazione di tale condizione stabilita dalla legge si  rileva
anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo. 
    Ancora, la disposizione dell'art. 10-bis appare in contrasto  con
l'art. 25 della Costituzione. 
    Per  vero,  l'ingresso  o  la  permanenza  illegale  del  singolo
straniero non  rappresentano,  di  per  se',  fatti  lesivi  di  beni
meritevoli di tutela penale, ma sono l'espressione di una  condizione
individuale, la condizione di migrante: la  relativa  incriminazione,
pertanto,  assume  un  connotato  discriminatorio  ratione   subiecti
contrastando non solo con il principio  di  eguaglianza,  ma  con  la
garanzia costituzionale in materia penale, in base alla quale si puo'
essere puniti solo per fatti materiali. 
    Infine, l'introduzione del reato in esame, produce  una  crescita
abnorme di ineffettivita' del sistema penale, gravato a dismisura  di
ulteriori processi privi  di  reale  utilita'  sociale  e  condannato
percio' alla paralisi. 
    Ne' questo effetto sarebbe scongiurato dalla  attribuzione  della
relativa cognizione al  giudice  di  pace:  da  un  lato  perche'  la
paralisi non e' meno grave se investe il settore di giurisdizione del
giudice di pace, dall'altro per la ricaduta sul  sistema  complessivo
delle impugnazioni, gia' in grave sofferenza.