IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 2351 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da Luisa Serranti, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Temperanza, con domicilio eletto Amina L'Abbate in Roma, Corso del Rinascimento n. 11; Contro Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresento e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12; Per l'annullamento: 1) del bando di concorso a 350 posti di magistrato ordinario indetto con d.m. 15 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª s.s., n. 99 del 29 dicembre 2009, nella parte in cui, all'art. 2, comma 1, lett. g), n. 6 e art. 2, comma 2, esclude dalla partecipazione alla procedura selettiva i soggetti abilitati all'esercizio della professione di avvocato, ma non iscritti all'Albo, ovvero gli avvocati che siano stati iscritti all'Albo anteriormente alla pubblicazione del bando di concorso; 2) di ogni altro presupposto, connesso e consequenziale; nonche' dei seguenti atti impugnati con motivi aggiunti: 1) provvedimento prot. n. 1917g/513 del 22 aprile 2010, di esclusione della d.ssa Serranti dal concorso a n. 350 posti da magistrato ordinario, indetto con d.m. del 15 dicembre 2009 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 29 dicembre 2009, 4ª s.s., «Concorsi ed esami»; 2) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale. Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia; Relatore alla camera di consiglio del giorno 26 maggio 2010 la d.ssa Silvia Martino; Uditi gli avv.ti delle parti, come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. Fatto e diritto 1. - La ricorrente ha chiesto di partecipare al concorso per esami a 350 posti da magistrato ordinario, indetto con bando pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 99 del 29 dicembre 2009. Rappresenta di avere conseguito la, laurea in giurisprudenza e, altresi' di avere superato, in data 20 ottobre 2009, l'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense. Precisa ancora di essersi iscritta, all'Albo degli avvocati tenuto presso l'Ordine degli avvocati di Perugia, ma di essersi dovuta cancellare a decorrere dal 9 novembre 2009, in quanto assunta presso l'Agenzia delle Entrate. Il bando di concorso impugnato, all'art. 2, lett. g) punto 6, ammette, tra gli altri «i dipendenti dello Stato con qualifica dirigenziale o appartenenti ad una delle posizioni dell'area C prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro, comparto Ministeri, con almeno cinque anni di anzianita' nella qualifica, che hanno costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e che non siano incorsi in sanzioni disciplinari»; «gli avv.ti iscritti all'Albo che non sono incorsi in sanzioni disciplinari», «i laureati in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e del diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali previste dall'art. 16 del d.lgs. 17 novembre 1997, n. 398 e successive modifiche». La ricorrente ritiene che siffatte previsioni configurino una ingiusta discriminazione e, all'uopo, denuncia l'illegittimita' del bando nella parte in cui l'ammissione al concorso degli abilitati all'esercizio della professione forense e' stata condizionata all'iscrizione al relativo Albo professionale. Si e' costituito, per resistere, il Ministero della giustizia. La d.ssa Serranti ha quindi proposto motivi aggiunti avverso il provvedimento, successivamente intervenuto, con cui l'amministrazione ne ha formalmente disposto l'esclusione dal concorso. Con ordinanza n. 2343/2010 del 26 maggio 2010, e' stata provvisoriamente accolta la domanda di tutela cautelare. La ricorrente e' stata pertanto ammessa con riserva a partecipare al procedimento di concorso, in attesa - dopo la pronuncia da parte della Corte costituzionale sulla questione di costituzionalita' che viene sollevata con la presente ordinanza - della pronunzia definitiva sull'istanza cautelare e della decisione di merito. 2. - La controversia in esame e' del tutto analoga ad altra, concernente l'impugnativa del precedente bando di concorso per l'ammissione in magistratura ordinaria, ed in relazione alla quale la Sezione ha gia' sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 160/2006, cosi' come modificato dalla legge n. 111/2007 (ordinanza n. 20 dell'11 novembre 2008). La questione, allo stato, non risulta, ancora definita dalla Corte costituzionale. 2.1. - Cio' premesso, deve anzitutto rilevarsi che anche il bando odiernamente impugnato rappresenta, in parte qua, la pedissequa riproduzione delle disposizioni di cui all'art. 2, comma 1, lett. f) del d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, cosi' come modificato dall'art. 1 della legge n. 111 del 30 luglio 2007. Esso non rappresenta, pertanto, il frutto di una scelta discrezionale dell'amministrazione, ma, il risultato dell'applicazione di puntuali previsioni legislative, di talche' la sostanza delle censure dedotte si risolve nella questione di legittimita' costituzionale della norma citata, nella parte in cui richiede, per l'ammissione al concorso, che gli abilitati all'esercizio delle professione forense siano anche iscritti all'Albo professionale. Giova, al riguardo, premettere il complessivo quadro normativo in cui si inserisce il ricorso in esame. 2.2. - Con il d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, in attuazione della delega di cui dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, e' stata introdotta la «nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonche' in materia di progressione economia e di funzioni dei magistrati». Per quanto qui interessa, l'art. 2, comma 1, decreto cit., ha previsto che al concorso siano ammessi coloro che: «a) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni. [...]; b) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata, non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche; c) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense; d) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto, dopo il superamento del relativo concorso, funzioni direttive nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni; e) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno quattro anni senza demerito e senza essere stati revocati o disciplinarmente sanzionati; f) hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata, non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi della durata non inferiore a due anni presso le scuole di' specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162.». L'efficacia di tali disposizioni, e' stata dapprima sospesa sino alla data del 31 luglio 2007, ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 1, legge 24 ottobre 2006, n. 269. Le disposizioni medesime sono state successivamente parzialmente modificate con legge 30 luglio 2007, n. 111, pervenendosi all'attuale formulazione del sistema di accesso che prevede l'ammissione delle seguenti categorie di soggetti: a) i magistrati amministrativi e contabili; b) i procuratori dello Stato che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; c) i dipendenti dello Stato, con qualifica dirigenziale o appartenenti ad una delle posizioni dell'area C prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro, compatto Ministeri, con almeno cinque anni di anzianita' nella qualifica, che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; d) gli appartenenti al personale universitario di ruolo docente di materie giuridiche in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; e) i dipendenti, con qualifica dirigenziale o appartenenti alla ex area direttiva, della pubblica amministrazione, degli enti pubblici a carattere nazionale e degli enti locali, che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso per il quale era richiesto il possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, con almeno cinque anni di anzianita' nella qualifica o, comunque, nelle predette carriere e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; f) gli avvocati iscritti all'albo che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; g) coloro i quali hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno sei anni senza demerito, senza essere stati revocati e che non sono incorsi in sanzioni disciplinari; h) i laureati in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito, salvo che non si tratti di seconda laurea, al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni e del diploma, conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali previste dall'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni; i) i laureati che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, salvo che non si tratti di seconda laurea, ed hanno conseguito il dottorato di ricerca in materie giuridiche; l) i laureati che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, salvo che non si tratti di seconda laurea, ed hanno conseguito il diploma di specializzazione in una disciplina giuridica, al termine di un corso di studi dea durata non inferiore a due anni presso le scuole di specializzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162. Ai sensi del comma 5 della medesima disposizione, inoltre; «5. Ai concorsi per l'accesso in magistratura indetti fino al quinto anno successivo alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui all'articolo l, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, sono ammessi, oltre a coloro che sono in possesso dei requisiti per l'ammissione al concorso di cui al presente articolo, anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all'anno accademico 1998-1999. L'accesso al concorso avviene con le modalita' di cui al presente articolo.». Il raffronto tra le disposizioni teste' riportate evidenzia che, anche con le modifiche apportate dalla legge n. 111/2007, e' stato mantenuto l'impianto di fondo del sistema di accesso della riforma c.d. Castelli, ed in particolare l'opzione in favore del concorso di secondo grado, riservato quindi a soggetti aventi requisiti culturali e/professionali specifici. Tale opzione, peraltro, non costituisce un'assoluta novita', bensi' l'approdo di un travagliato progetto di riforma che si e' snodato per diverse legislature ma le cui diverse modulazioni appaiono tutte accomunate dall'affermazione dell'inadeguatezza del tradizionale sistema di accesso, aperto a tutti i laureati in giurisprudenza. Le origini di tale disegno riformatore risalgono all'art. 17, comma 113, della legge 15 maggio 1997, n. 127, con la quale il Governo veniva delegato ad emanare uno o piu' decreti legislativi per modificare la disciplina del concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: «semplificazione delle modalita' di svolgimento del concorso e introduzione graduale, come condizione per l'ammissione al concorso, dell'obbligo di conseguire un diploma esclusivamente presso scuole di specializzazione istituite nelle universita', sedi della facolta' di giurisprudenza». In attuazione della, delega veniva emanato il d.lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Il decreto in questione prevedeva - relativamente agli iscritti al corso di laurea in giurisprudenza a decorrere dall'anno accademico 1998/1999 - che l'ammissione al concorso per uditore giudiziario fosse condizionata al possesso del diploma di specializzazione per le professioni legali; esso prevedeva altresi', in via residuale, la possibilita' di ammissione al concorso di candidati in possesso della sola laurea in giurisprudenza (art. 6, che ha novellato l'art. 124 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12). In particolare, il cit. art. 124 veniva cosi' modificato: «al concorso sono ammessi i laureati in giurisprudenza in possesso, relativamente agli iscritti al relativo corso di laurea a decorrere dall'anno accademico 1998/1999, del diploma di specializzazione rilasciato da una delle scuole di cui all'art. 17, comma 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127, che, alla data della pubblicazione del bando di concorso, risultino di eta' non inferiore agli anni ventuno e non superiore ai quaranta, soddisfino alle condizioni previste dall'art. 8 del presente ordinamento e abbiano gli altri requisiti previsti dalle leggi vigenti» (comma 1); il successivo terzo comma prevedeva peraltro che, qualora le domande di partecipazione al concorso presentate dai candidati in possesso del diploma fossero inferiori a cinque volte il numero dei posti per i quali il concorso e' bandito, fossero altresi' ammessi, «previo superamento della prova preliminare di cui all'art. 123-bis ed in misura pari al numero necessario per raggiungere il rapporto anzidetto, anche i candidati in possesso della sola laurea in giurisprudenza» (comma 3). Con la legge 13 febbraio 2001, n. 48 quest'ultima disposizione veniva modificata eliminando - in armonia con la sua prevista soppressione e con l'introduzione del sistema dei «correttori esterni» - il riferimento alla prova preliminare. 2.3. - In applicazione della previsione relativa all'introduzione graduale del possesso del diploma di specializzazione nelle professioni legali come condizione per l'ammissione al concorso, veniva quindi prevista, per i laureati in giurisprudenza non in possesso del diploma di specializzazione nelle professioni legali, l'ammissione al concorso subordinatamente al superamento di una prova - preliminare da svolgersi con l'ausilio di strumenti informatici e consistente nella risposta ad un questionario. La prova in questione era disciplinata dall'art. 2 del d.lgs. n. 398 che introduceva nel r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, l'art. 123-bis. 2.4. - Il sistema veniva nuovamente modificato per effetto della cit. 13 febbraio 2001, n. 48, in particolare con l'eliminazione della, prova preliminare. Venivano quindi abrogate le disposizioni disciplinanti la prova in questione e l'obiettivo di semplificazione e di accelerazione dello svolgimento del concorso, prima garantito dalla stessa, veniva affidato ai c.d «correttori esterni». In via transitoria, nelle more dell'introduzione di tale sistema, l'art. 22 della legge n. 48/2001 stabiliva, in via transitoria, il mantenimento della prova preliminare, da svolgersi in conformita' alla disciplina dell'art. 123-bis. 2.5. - Il sistema teste' delineato e' stato abrogato dall'art. 54 del d.lgs. n. 106/2006 e sostituito da quello di cui si controverte, nella versione derivante dalle modifiche introdotte dalla legge n. 111/2007. Nella nuova disciplina e' chiaramente venuta meno la preferenza accordata, quale canale privilegiato di accesso alla selezione, alla frequenza delle scuole di specializzazione nelle professioni legali, le quali erano state in origine concepite quale strumento di formazione post universitaria comune a tutti i futuri operatori del diritto. Risulta, poi di immediata evidenza - come si ammette anche nella relazione di accompagnamento al d.d.l, poi divenuto la legge n. 111/2007 - l'eterogeneita' dei titoli di ammissione al concorso rispetto alla qualificazione tecnico-professionale propria del magistrato («si e' ritenuto opportuno riconoscere un valore di ammissione al concorso anche ad esperienze, se pur in parte eterogenee rispetto alla professione di magistrato, comunque caratterizzate dall'esercizio di specifiche pubbliche funzioni, come per i funzionari della carriera direttiva della p.a. e per i docenti in materie giuridiche tra il personale di ruolo delle universita' [...]»). Relativamente agli avvocati, l'originario progetto governativo richiedeva l'esercizio della professione per almeno tre anni («la considerazione della presenza di un comune humus culturale e' stata ritenuta condizione necessaria e sufficiente per una previsione analoga in favore degli avvocati con almeno tre anni di iscrizione all'albo professionale»), in adesione alle osservazioni svolte dal C.S.M., nel parere reso, ai sensi dell'art. 10, comma 2, della legge n. 195 del 1958, in data 31 maggio 2007. L'Organo di autogoverno aveva infatti positivamente valutato l'originaria formulazione, in tale parte, del progetto governativo, in quanto ritenuta effettivamente idonea a ridurre la potenziale platea dei candidati, tenendo conto del fatto che coloro i quali abbia iniziato «questo percorso» possono «aver gia' maturato in modo adeguato una propria scelta professionale e nel contempo» debbono «aver mantenuto a un livello elevato la propria preparazione per poter affrontare congruamente una prova selettiva, cui partecipano concorrenti che hanno sicuramente curato la preparazione teorica». Nel corso dell'iter parlamentare, il requisito relativo all'esercizio della professione per almeno tre anni e' stato soppresso in quanto ritenuto non coerente con l'ampio ventaglio dei titoli di accesso contestualmente previsti, tra i quali ve ne sono alcuni che rappresentano indubbiamente un quid minus rispetto all'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato. Nel testo definitivamente licenziato e' stato pero' inserito il requisito dell'iscrizione all'Albo, del quale e' invero arduo comprendere la finalita', avendo esso valenza puramente formale. La mera iscrizione all'Albo non aggiunge infatti alcunche' alla particolare qualificazione e/o esperienza richiesta agli aspiranti magistrati ordinari che hanno conseguito l'abilitazione, atteso che l'iscrizione medesima non e' subordinata all'effettivo esercizio della professione di avvocato e non postula, quindi, nemmeno l'attualita' dell'esperienza dalla stessa derivante. L'irragionevolezza di siffatta previsione emerge con nettezza ove si ponga mente al fatto che la peculiare formazione giuridica degli abilitati all'esercizio della professione forense e' omogenea o comunque affine a quella richiesta al magistrato, laddove, viceversa, l'accesso al concorso e' consentito anche ai possessori di titoli che non necessariamente denotano il possesso di peculiari competenze tecniche (come i funzionari e dirigenti amministrativi aventi l'anzianita' prescritta) ovvero ancora hanno natura prettamente scientifica (come i dottori di ricerca). Se, dunque, il criterio ispiratore della riforma e' di stampo pluralistico, al punto da valorizzare anche il possesso di esperienze pregresse sicuramente «eterogenee rispetto alla professione di magistrato», l'estromissione degli abilitati all'esercizio della professione forense che non possono (o non vogliono) iscriversi all'Albo, appare irrazionale ed arbitraria. Significativo, al riguardo, risulta il raffronto con l'accesso consentito ai diplomati presso le scuole di specializzazione delle professioni legali. E' sufficiente richiamare, al riguardo, quanto gia' osservato da questa stessa Sezione, in relazione al precedente sistema di accesso introdotto con la legge n. 48/2001 (sopra brevemente sintetizzato), la, cui originaria formulazione, come noto, non prevedeva l'esonero dal test preliminare per gli abilitati all'esercizio della professione forense. In quella occasione il Tribunale rilevo' che, secondo la previsione del d.m. 11 dicembre 2001, n. 475 (tuttora vigente), il diploma rilasciato dalle scuole di specializzazione per le professioni legali e' valutato ai fini del compimento della pratica per l'accesso alla professione (oltre che di notaio) per il periodo di un anno. La circostanza che i diplomati in questione, allora come ora, «accedano direttamente al concorso di uditore giudiziario, mentre sono comunque tenuti a compiere un anno di tirocinio per l'ammissione all'esame di avvocato, lascerebbe intendere che il superamento dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato costituisca un quid pluris rispetto al diploma, con la conseguenza che appare irrazionale che i diplomati siano ammessi direttamente al concorso ad uditore giudiziario e che lo stesso non sia previsto per coloro che abbiano conseguito l'abilitazione alla professione di avvocato» (cosi', le numerosissime ordinanze di rimessione emanate tra il 30 luglio e il 7 ottobre 2004). La disposizione in questione attua, del resto, la specifica previsione dell'art. 17, comma 114, della cit. legge n. 127 del 1997, secondo cui «anche in deroga alle vigenti disposizioni relative all'accesso alla professione di avvocato e notaio, il diploma di specializzazione di cui al comma 113 costituisce, nei termini che saranno definiti con decreto del Ministro di grazia e giustizia, adottato di concerto con il Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica, titolo valutabile ai fini del compimento del relativo periodo di pratica». Le considerazioni allora svolte (sulle quali, per inciso, la Corte costituzionale non ebbe modo di esprimersi in quanto il legislatore con d.l. 7 settembre 2004, n. 234, conv. in legge 5 novembre 2004, n. 262, incluse, tra i candidati esonerati dalla prova preliminare, anche i laureati in giurisprudenza in possesso dell'abilitazione all'esercizio della professione forense), assumono ben maggiore pregnanza nel mutato sistema di accesso alla magistratura ordinaria, in cui il possesso dei titoli prescritti non esonera semplicemente dalla prova preliminare ma condiziona, in quanto requisito di ammissione, la stessa possibilita' di competere per assumere siffatta elevata e delicata funzione «in condizioni di uguaglianza», secondo i canoni dettati dalla Carta fondamentale. Non deve, altresi', essere dimenticato che la disciplina dell'accesso alla magistratura ordinaria ha incidenza diretta sui valori costituzionali dell'autonomia e dell'indipendenza dell'Ordine giudiziario. Il sistema congegnato dal Legislatore appare ispirato dalla necessita', si e' osservato in dottrina, di trovare un punto di equilibrio tra il perseguimento di una composizione pluralistica e paritaria del potere giudiziario e la creazione di un corpo magistratuale altamente qualificato e professionale. Alla ricerca di siffatto punto di equilibrio, nel caso oggi in rilievo, non sembra rispondere la previsione di un requisito di ordine meramente formale il quale viene in definitiva a costituire soltanto una incomprensibile, e ingiusta, barriera e' apposta a soggetti i quali posseggono una formazione tecnica omogenea a quella richiesta per l'esercizio della funzione cui aspirano. Ad essi viene cioe' preclusa in radice la chance di pianificare un nuovo percorso di vita e professionale sol perche', allo stato, si trovano ad esercitare attivita' per le quali e' stabilita l'incompatibilita' con l'esercizio della professione di avvocato (cfr. l'art. 3 del r.d.l. n. 1578 del 1933) e cioe' per una ragione del tutto estrinseca al concorso in magistratura. 3. - Quanto appena argomentato giustifica la valutazione di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in relazione agli artt. 3, 51 e 104 della Costituzione, dell'art. 2, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 160/2006, cosi' come modificato dalla legge n. 111/2007, nella, parte in cui richiede, ai fini dell'ammissione al concorso per magistrato ordinario, che gli abilitati all'esercizio della professione di avvocato siano anche iscritti al relativo Albo professionale. Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale affinche' si pronunci sulla questione.